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Autore: Emily Doe    11/12/2004    14 recensioni
I tempi di Hogwarts per i nostri eroi sono terminati, la guerra infuria ed un particolare incontro tra Hermione e qualcuno che non vedeva da molto, molto tempo, potrebbe cambiare le sorti di tutti. Perché nessuno ha mai capito... e non potrà mai esserci qualcosa di più difficile.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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Capitolo 3° “È dolce ritrovarsi”

Could it be any harder to say goodbye and without you,
Could it be any harder to watch you go, to face what's true


Per la strada c’erano solamente due ragazzi. O meglio, tre. Uno di loro, o meglio, una di loro se ne stava raggomitolata sulla schiena del più alto dei due giovani, ad occhi chiusi. Il respiro lento e regolare, tipico di un sonno profondo, le mani strette a pugno sulla felpa dell’amico che la trasportava pazientemente, cercando di non farla svegliare.
“Cacchio, Harry, sbrigati ad aprire quella porta! Anche se non sembra, Hermione pesa… penso che stramazzerò in terra!”
Harry armeggiava freneticamente con l’apertura della porta; imprecò a bassa voce.
“Non farti sentire, Ron, potrebbe offendersi.”
Ron sorrise ironicamente.
“Come sei divertente, amico!”
“Di nulla, amico… vai, entra!” Replicò soddisfatto Harry spalancando la porta e facendo un teatrale gesto, seguito da un inchino scenografico, invitando Ron ad entrare. “Non ti facevo così mollaccione, Ronald Weasley!” Lo schernì divertito.
Ron lo fulminò con lo sguardo, ma non si negò un sorrisetto, felice per essersi riappacificato con il suo migliore amico, anche se dopo una bella rissa, ed adagiò con estrema delicatezza Hermione sul divano del salotto.
“Prova tu a trasportare la nostra Herm fino a qui dopo aver corso zuppo sotto la pioggia, anzi, no, sotto la tempesta, affamato e…”
“Ma sì, ma sì!” Un brillio divertito negli occhi verdi. “Da oggi in poi sarai il mio eroe!” Lo canzonò l’amico, gettandoglisi ai piedi e tirandolo per una caviglia. “Ti prego! Rivelami come diventare come te!”
“I segreti del mestiere non si svelano, mi spiace.”
“Hnn…” Il mugolio di Hermione li fece zittire, ed entrambi si chinarono sulla ragazza.
Non sembrava affatto tranquilla, anzi, si agitava ed il suo viso tradiva angoscia, persino nel sonno.
“Cosa le sarà successo?” Chiese Harry sedendosi sulla poltrona lì accanto. “Non ha parlato fino a che non si è addormentata…”
Ron sospirò.
“Li hai visti i suoi abiti? Le è successo qualcosa, ne sono sicuro. Spero solo che non sia stato quel bastardo di Malfoy.”
“COSA?!” Harry strabuzzò gli occhi sistemandosi poi gli occhiali sul naso. “Era con Malfoy?!”
Ron annuì, sembrava sconsolato.
“E tu… non hai fatto nulla?” Harry sembrava sconvolto oltre ogni limite.
Ron lo fissò con un’espressione così sincera che lo fece rimanere senza parole.
“Credimi, Harry, l’ho dovuto lasciare andare. Per non so quale motivo Hermione mi ha pregato di farlo… tu non hai visto i suoi occhi. Hermione non mi aveva mai guardato a quel modo.” Sospirò ancora. Nessuno può rifiutarle qualcosa, quando ti guarda con quegli occhi, pensò.
Harry rimase in silenzio, colpito dalle parole dell’amico, che ora fissava serio Hermione, ma sembrava pensare a qualcosa di grave.
“Non so cosa avrei fatto senza di lei, è una persona troppo importante per noi. Ci rendiamo conto delle cose veramente importanti solo quando queste se ne vanno…” Nella mente di Harry, un’immagine di ragazza dai lisci capelli rossi ed una simpatica manciata di lentiggini in viso. “Se ce ne vorrà parlare, noi saremo qui.” Disse volgendosi verso l’amico, il quale annuì.
“E se non vorrà… non la forzeremo. Verrà il momento in cui tirerà tutto fuori. Ognuno ha i suoi tempi.” Si alzò. “Senti, io mi vado ad asciugare i capelli, a cambiarmi ed a prepararmi qualcosa di caldo… così rischio di ibernarmi! Brr! Tu vuoi qualcosa?” Domandò sfregandosi furiosamente le mani, cercando un po’ di calore.
Ron annuì accendendo il fuoco nel caminetto.
“Direi che…”
“Ron?” Hermione aveva socchiuso gli occhi e se ne stava raggomitolata sotto la coperta che Ron le aveva sistemato addosso. “… sei tu?”
Ron sorrise ed in un secondo fu accanto a lei, inginocchiato, in modo che i loro visi fossero paralleli.
“Ehi…” Disse dolcemente.
“… Ehi,” Rispose Hermione abbozzando uno stanco sorriso.
“Vi lascio soli,” Disse Harry, sorridendo con l’aria di chi ha compreso tutto. “vado a preparare tre belle tazze fumanti di cioccolata calda.”
Nessuno dei due sembrò averlo ascoltato, ma il ragazzo non se la prese. Era palese che tra quei due ci fosse qualcosa che andava oltre una semplice amicizia, anche se molto profonda: c’era sempre stato qualcosa tra loro. Era ora che anche i diretti interessati se ne rendessero finalmente conto, anche se quei due sembravano veramente ottusi, riguardo a certe questioni. Il legame speciale tra loro due si intuiva dagli sguardi, dai gesti, dalle parole…
Dalla cucina, con un barattolo di cacao in mano, si sporse: Ron accarezzava piano i capelli a Hermione, che sorrideva timidamente, rossa in viso – non che Ron fosse da meno –, e le parlava piano piano. Harry sorrise raddrizzandosi gli occhiali sul naso e riprese a darsi da fare con i fornelli.
Ma dopo quella scena non poteva far altro che pensare ad un’altra persona…

*** *** ***

Could it be any harder to say goodbye and without you,
Could it be any harder to watch you go, to face what's true


“Ginevra Weasley!” Tuonò la signora Weasley affacciata dalla cucina della Tana. “Dove pensi di andare a quest’ora?”
La ragazza dai lisci capelli rosso fuoco si immobilizzò e sbuffò con rassegnazione. Charlie, lì di passaggio, la guardò e ridacchiò brevemente, memore delle scappatelle notturne che anche lui ed i suoi fratelli avevano fatto.
“Sto aspettando una risposta.” Disse imperativa Molly, portandosi con decisione le mani sui fianchi.
Ginny avrebbe voluto sprofondare: come poteva mentirle e sperare che credesse alla sua frottola, vestita a quel modo? Era imbacuccata esattamente come una perfetta eschimese, un cappello di lana le copriva buona parte delle orecchie, lasciando liberi i capelli rossi sulla schiena, le lentiggini risaltavano ancor di più sul viso leggermente arrossato per il freddo. Richiuse la finestra che aveva appena aperto.
“Mamma…”
“Ginny, non so più cosa fare con te.” Fece esasperata mamma Weasley, scuotendo la testa. “Non avrei mai pensato che saresti diventata così… così… così simile ai tuoi fratelli! E pensare che da piccina eri così dolce ed obbediente…”
Ginny alzò gli occhi al cielo all’espressione sognante e commossa della madre, immersa nei ricordi.
“Mamma, non sono più una bambina! Ho diciassette anni e mezzo, ormai!”
“Diciassette e cinque mesi!” Precisò Charlie ridacchiando sotto i baffi, passando nuovamente per il corridoio.
“Charlie!” protestò Ginny battendo un piede in terra
“Non è questo il punto, piccola mia…”
La ragazza sbuffò togliendosi il capello di lana e rigirandoselo tra le mani.
“Sì, sì, lo so… per te e papà sarò sempre la piccola Ginny…” Come se fosse una cosa di cui vantarsi…
Ma Molly scosse la testa e Ginny notò che aveva gli occhi lucidi.
“Mamma…”
“Non si tratta di quello…” Esitò. “Beh, non solo.” E Ginny sorrise spontaneamente. “Il fatto è che sai in che brutto periodo siamo, dobbiamo stare attenti! Secondo te perché hanno chiuso Hogwarts?”
Ginny abbassò lo sguardo, con un’espressione rattristata.
“Perché Tu-Sai-Chi è tornato in auge… neppure la mia scuola era più sicura…”
Molly si avvicinò e l’abbracciò.
“Oh, piccola mia!” Fece, commossa. “So quanto hai sofferto per l’aver dovuto lasciare i tuoi amici, gli studi…”
E Harry…
“… e Ron, Hermione e Harry…” Proseguì mamma Weasley come se le avesse letto nel pensiero. “Da quanto quei tre si sono trasferiti nella Londra Babbana, tu non sei più la stessa.”
Per forza! L’unica persona che ami è lontana da me, mio fratello anche e la mia migliore amica… idem con patate!
“Ma loro devono nascondersi perbene, almeno finché non avranno completato l’addestramento da Auror e gli studi speciali, lo sai…”
Certo… Harry e Ron presto diventeranno Auror, è questione di settimane, oramai, e Hermione entrerà a far parte di una speciale squadra di scienziati che collabora con loro. Manca pochissimo, ma… e io? Qualcuno si ricorda ancora di me?
Molly si staccò dalla figlia che si sistemò una ciocca di capelli color fiamma dietro l’orecchio sinistro. La osservò per un po’.
“Lo so che ormai sei grande, sei maggiorenne… potresti fare quel che ti pare, ma non posso permetterti questo. Lo sai, Ginny.”
La ragazza non la guardava. Gli occhi nocciola, identici a quelli della donna che aveva di fronte, fissi sul pavimento leggermente sporco di neve, quella neve che era riuscita a penetrare in casa quando lei non era riuscita a fuggirne.
Non cambierà mai…
“Vado in camera mia.” Disse la giovane senza sembrare particolarmente entusiasta dell’idea. “Non chiamarmi per cena, non ho fame…”
“Ma… Ginny…”
Niente cambierà mai…
Mamma Weasley la vide salire tristemente le scale, poi udì l’ aprire ed il chiudersi di una porta. Ginny si era isolata nuovamente. Una mano le si poggiò sulla spalla.
“Cara…”
Molly si voltò verso il marito e scoppiò in lacrime.
“Oh, Arthur, non so più che fare! Non mangia, non esce… non fa più niente! E’ come se le fosse passata la voglia… di vivere…”
“Non dire così… è una ragazza sensibile, lo sai, e questi ultimi avvenimenti non hanno giocato certo a suo favore… ma io sono sicuro che si riprenderà.”
“Io non credo.”
Charlie se ne stava in piedi all’entrata della cucina, appoggiato allo stipite della porta con fare serio.
“Papà, mamma… non credo che Ginny tornerà quella di prima se non la lasciate libera di fare ciò che vuole. Ormai ha diciassette anni, vuole solo stare con il ragazzo di cui è innamorata da quasi otto anni, con la sua migliore amica ed il fratello con cui ha sempre condiviso tutto…” Si fermò per un secondo osservando le espressioni dei due genitori. “Non vi sto chiedendo di farla diventare un Auror: non potrebbe, non ha ricevuto l’addestramento adatto, vi chiedo solo di permetterle di stare con Ron, Harry e Hermione.”
“Ma…” Lo interruppe Arthur.
“No, papà, fammi finire. Io stesso so che potrebbe essere pericoloso. Lo so benissimo, esattamente come lo sapete voi. Ma cosa ci guadagna Ginny a stare qui? E cosa ci guadagnate voi? Solo vedere vostra figlia deprimersi sempre più, non mangiare, non uscire… è diventata l’ombra di se stessa, ormai. E poi, scusate se ve lo faccio notare, ma… aprite gli occhi! Quei tre stanno per entrare nel mondo degli Auror. Ron e Harry lo diventeranno molto presto! Non si diventa Auror tutti i giorni e non tutti diventano Auror, e lo stesso vale per Hermione. Cavoli, nessuno ha una testa come la sua. Evidentemente ne hanno le capacità. Non credete che sarà più protetta con due Auror ed una scienziata che qui con voi?”
Molly ed Arthur si fissarono per un secondo che parve interminabile.
“Dobbiamo pensarci…”

*** *** ***

“Mi spiace disturbarvi,” Disse Harry sorridendo dolcemente a Hermione. “ma se non beviamo la nostra cioccolata, dubito che rimarrà calda a lungo.”
Porse una tazza fumante a Ron, aiutò Hermione a mettersi seduta e le pose delicatamente in mano la sua tazza di cioccolata. Si sedette accanto a lei, senza fissarla: non voleva che si sentisse in dovere di raccontar loro quanto fosse successo, anche se sarebbe stato un bene, perché almeno i due ragazzi avrebbero saputo come regolarsi. Sorseggiava lentamente la sua bevanda calda, sorridendo alla vista di Ron che balzava in piedi e imprecava per essersi ustionato la lingua, ma notò con piacere che l’amico non si era allontanato neppure fisicamente da Hermione. In quel momento più che mai, la ragazza aveva bisogno di loro. I due erano come legati da un tacito accordo: non avrebbero più commesso il loro grave errore del passato. Hermione non avrebbe più dovuto contare solo ed unicamente su se stessa, preoccupandosi per loro due.

*** *** ***

Senza fare nulla, se ne stava stesa sul suo letto, fissando il soffitto, in realtà senza vederlo. Quel letto… aveva dormito per quasi diciassette anni e mezzo in quel soffice letto, aveva vissuto una vita intera in quella casa. Okay, non era bella, non era ricca, ma era pur sempre casa. La sua casa. Socchiudendo appena gli occhi, sentì una fitta al cuore: nel suo animo si contrastavano sentimenti opposti. Amava quella casa, la sua famiglia, più di qualsiasi altra cosa, ma voleva anche imparare a cavarsela da sola. Non tanto, o meglio, non solo per far vedere a tutti che non era solo la piccola e dolce, la brava ed obbediente Ginevra Weasley, ma che sapeva arrangiarsi, poteva essere forte come gli altri, esattamente come suo fratello, Hermione e… Harry. Più che altro doveva dimostrare tutto ciò a se stessa in prima persona. Era conscia di non essere più una bambina, ma non era neppure un’adulta. E la ricerca di prove concrete che potessero rivelare a lei ed agli altri che, ormai, era cresciuta, stava diventando un’ossessione. Amava quel luogo e le persone che lo abitavano (ormai solamente Molly ed Arthur, ma il pensiero della giovane corse celermente ai tempi in cui abitavano tutti assieme, tempi ormai passati… gli occhi di Ginny si inumidirono), ma temeva che avrebbe potuto cominciare ad odiarlo se l’avessero costretta a rimanervi.
Aveva bisogno della sua indipendenza.
Si voltò su di un fianco e l’occhio le cadde sulla foto che teneva sul comodino: in primo piano un Ron trionfante, con un cappello troppo grande per lui calato quasi sugli occhi ed una enorme palla di neve in mano, poco più in là una Hermione dall’espressione indecifrabile, a metà tra l’arrabbiato ed il divertito, con il cappotto vermiglio coperto di neve. Hermione era sempre stata così: nessuno aveva mai capito cosa le passasse realmente nella testa. E questo, forse, non era un bene. Accanto a lei Harry, ridendo, indicava la persona che stava scattando la foto (Colin Canon) e… lei. Ginny Weasley in versione sedicenne, con le mani che stringevano leggermente la sciarpa rossa e gialla che aveva al collo, il viso arrossato dal freddo, ed un sorriso dolce sul viso… i suoi occhi, tuttavia, tradivano le emozioni del momento: erano rivolti verso Harry.
Come sempre.
Sorridendo con amarezza, Ginny aprì la cornice e sfilò la foto, poggiandola con estrema cura sul cuscino, poi tornò a fissare la cornice non ancora vuota: sotto quella foto aveva nascosto un’altra fotografia, scattata per errore. Ricordava perfettamente la faccia di Colin quando lei stessa l’aveva scongiurato di darle le foto venute male che intendeva cestinare. Represse a stento un risolino. La foto era decisamente venuta male: il soggetto non era stato inquadrato bene ed era leggermente sfocata, tuttavia Ginny riusciva perfettamente a vedere le espressioni di quei due giovani volti. Nonostante la comicità del momento, esprimevano tutto ciò che a parole non avevano mai saputo esprimere. In terra c’era Ginny, scivolata all’indietro, seduta nella neve, che porgeva timidamente la mano a Harry, curvo verso di lei; un sorriso, e quel gesto di aiuto… negli occhi verdi un qualcosa di misterioso, qualcosa che Ginny non era mai riuscita a capire, un segreto che non aveva mai potuto far suo.
Cos’è quella luce nei tuoi occhi, Harry? Cos’è quell’emozione, quel mistero che fugacemente, ogni tanto, attraversa i tuoi pensieri?
Non poteva illudersi, Ginny Weasley, non poteva sperare che fosse qualcosa che va oltre l’amicizia.
Non poteva sperare fosse quello che lei provava per lui.
Non poteva sperare fosse amore.
Era persa nei suoi pensieri a tal punto da non essersi resa conto del fatto che qualcuno avesse aperto la porta e la stesse fissando appoggiato allo stipite, anzi, se ne accorse solo quando questa persona emise un debole colpo di tosse per richiamare la sua attenzione. Sobbalzando spaventata, la ragazza nascose di corsa la foto dietro la propria schiena.
“Charlie?!” Disse in un soffio, sentendosi arrossire, il cuore stava lentamente riprendendo il normale ritmo dei suoi battiti.
Per un secondo, per un solo secondo, aveva creduto di vedere Harry lì, come il giorno in cui si erano trovati da soli nella Sala Comune e lei era quasi riuscita a rivelargli i suoi sentimenti. Ma no. Quelli erano tempi passati. Le immagini catturate da quella macchina fotografica erano volate via un anno prima.
“Non ti hanno detto che si bussa prima di entrare nella stanza di una ragazza?”
Il ragazzo le si avvicinò e lei infilò la foto sotto il cuscino, fingendo noncuranza.
“Devo farlo anche se la ragazza in questione è la mia sorellina?”
Ginny annuì, sperando di sembrare decisa.
“A maggior ragione!”
Charlie inarcò un sopracciglio, divertito.
“Cosa stai nascondendo?”
La sorella arrossì furiosamente.
“N-niente, che ti salta in mente?”
Con un movimento fulmineo Charlie riuscì a prendere la foto da sotto il cuscino, osservandola brevemente.
Lui è niente?” Disse sorridendo con dolcezza.
Ginny fece per controbattere, ma, stanca di negare, sospirò e fece spazio al fratello che si sedette accanto a lei. Sentiva come l’impulso di buttare tutto fuori, tutto quello che provava, tutto quello che l’aveva fatta soffrire in tutti quegli anni… ed ora che non c’era Hermione, con lei…
“Lui… non è niente. Lui è tutto.” Rispose meravigliandosi di come, per la prima volta, riuscisse a dire tali parole. Certo, non era Harry quel ragazzo davanti a lei, ma confidarsi con qualcuno che non sapesse già tutto, come Hermione, era un bel passo avanti.
Charlie le passò un braccio attorno alle spalle.
“Ci stai proprio male, eh, Ginny?”
“Ci sto come ci sono sempre stata,” Ribattè debolmente lei. “solo leggermente peggio.”
“Perché non puoi soffrire, non puoi piangere perché lui non ti vede, avendolo sotto i tuoi occhi, giusto? Non puoi commiserarti vedendolo ogni giorno… e questa mancanza, questa lontananza ti distrugge lentamente, vero? Anche se avresti sofferto ugualmente avendolo accanto a te, percepisci come un vuoto incolmabile, dico bene?”
La ragazza sgranò gli occhi, stupita.
“Come…?”
“Come faccio a saperlo?” Ridacchiò il suo fratellone. “Anche io ho avuto diciassette anni, Ginny. E, lo ammetto anche se lo negherò fino alla morte se qualcun altro verrà a saperlo, anche uno come me ha avuto problemi con le ragazze.”
Ginny sorrise.
“Non ci credo! Charlie Weasley era innamorato di una ragazza che non lo guardava neppure? Quel Charlie Weasley?”
Lui sospirò divertito.
“Ebbene sì. Josephine Hamilton, settimo anno, Tassorosso. Era più grande di un anno, non mi guardava neppure…” Poi le mise il dito indice sulle labbra. “Però non devi dirlo a nessuno, promesso?”
Negli occhi di Ginny un lampo guizzò repentino.
“Solo se tu prometti di non dire a nessuno quello che hai visto e sentito oggi.”
“Affare fatto,” Concluse il fratello. “anche se ormai lo sanno già tutti.”
La ragazza si alzò di scatto seguendo il fratello che si avviava verso la porta della stanza.
“Vuoi dire che è così evidente?”
Charlie si voltò per qualche secondo e rise incredulo.
“Ginny, lo vedono anche i muri che ce l’hai stampato in faccia!” La guardò per qualche attimo ancora, poi parlò di nuovo. “A proposito di Harry, credo che mamma e papà ti debbano dire qualcosina…” E le fece un occhiolino fin troppo chiaro.
Il viso di Ginny si schiarì improvvisamente, come un fiore che rialza il capo verso il sole, godendo appieno dei suoi raggi.
“Vuoi dire che si sono decisi a…”
Il fratello sorrise.
Ginny corse ad abbracciarlo e, poco prima di scendere in cucina per parlare con i suoi genitori, gli gridò.
“Ti adoro, fratellone!”

*** *** ***

Could it be any harder to say goodbye and without you,
Could it be any harder to watch you go, to face what's true


Harry fissava con sguardo vacuo il vuoto davanti a sé, ascoltando le leggere chiacchiere di Ron che cercava di far distrarre Hermione da qualsiasi cosa le fosse accaduta poco prima, ma ciò che riusciva a scorgere era tutt’altro che il vuoto. Una figura piccola e minuta, per la sua età, dei lunghi capelli rossi e due occhi castani in cui avrebbe potuto perdersi per sempre.
Ginny…
Scosse il capo con violenza: non poteva. Non poteva pensare a lei in quel modo, rischiando di metterla in pericolo. Già era troppo che i suoi due migliori amici dovessero combattere quello che era un pazzo omicida che voleva distruggere la sua vita, non poteva permettere che anche lei, lei che era quasi tutto per lui, rischiasse di rimetterci la pelle. Era dura. Era molto, molto dura fingere di non provare nulla per lei, ripetersi ossessivamente di non pensarla, di non sognarla, quando lei riviveva in ogni suo sguardo, in ogni suo gesto, in tutto. Era frustrante e faceva male. Ma era necessario.
Eppure…
Eppure c’erano momenti come quello, in cui Harry Potter avrebbe desiderato solamente di poterla osservare, anche da lontano, anche senza parlarle, di far suo ogni piccolo gesto della ragazza, per poterlo riavvolgere e rivedere come una videocassetta Babbana, fino alla nausea, fino ad una nausea che non sarebbe mai arrivata, per imparare a memoria ogni suo piccolo particolare, che probabilmente già sapeva.
E c’erano momenti in cui Harry Potter rimpiangeva di non averle mai detto nulla, neppure ai tempi di Hogwarts, quando lei era nella sua vita ogni giorno.
Lei è ancora nella tua vita, in ogni tuo giorno, Harry…
Ma era ancora nella sua vita ogni giorno, solo che era lontana…
E quella era una lontananza che faceva male, troppo male.

*** *** ***

Il fuoco nel caminetto scoppiettava dolcemente diffondendo il suo confortevole tepore in tutto il salotto; le lingue fiammeggianti creavano curiosi giochi di luce sulle pareti bianche della stanza, illuminando tre giovani volti; nessuno parlava, fuori si sentiva qualche auto Babbana passare. Hermione dormiva sul divano, ma la sua espressione non appariva più calma di prima, Ron era seduto distrattamente sul bracciolo di una poltrona fissando inutilmente il fondo della sua tazza dove giaceva ciò che restava della sua cioccolata calda, Harry era accanto alla finestra, osservando la neve che cadeva incessantemente, delicatamente. Il suo sguardo, riflesso solo di sfuggita dal vetro trasparente della finestra, trasmetteva una forte malinconia. Il fuoco poco a poco iniziò a spegnersi, così Ron si alzò ed andò a riattizzarlo. Alzandosi lanciò un’occhiata al suo migliore amico che, come per un tacito segnale ricevuto, si voltò lentamente.
“Dobbiamo stare attenti.” Disse piano. “Dobbiamo stare ancora più attenti.”
Ron gli si avvicinò ed osservò il cielo nero della notte passandosi stancamente una mano tra i capelli rossi.
“Me lo sento.” Aggiunse Harry, abbassando lo sguardo sulla tazza che l’amico aveva poggiato sul davanzale della finestra. “È strano…”
“Lo sento anch’io.” Lo interruppe Ron, facendolo voltare incuriosito. Al che il ragazzo sorrise brevemente. “Oh, no, nel mio caso non si tratta di cicatrici che bruciano, sogni orribili o atroci mal di testa… è qualcosa di più profondo, ma anche più vago. Credo sia istinto.” Si grattò una tempia, leggermente perplesso dalle sue stesse parole. “Mi sa che sto cominciando a…”
Harry però si allontanò e fece un rapido giro della poltrona dove poc’anzi era stato seduto l’amico, sembrava pensieroso.
“Ed invece potrebbe essere!” Esclamò mentre Ron gli faceva segno di abbassare la voce indicando con il capo Hermione, avvolta nella sua coperta di lana. “Dico… potrebbe essere che l’allenamento da Auror ci abbia acuito l’intuito!”
“Può essere…” Rispose Ron lanciando di sfuggita un’ultima occhiata alla finestra. “Può essere.”
Harry prese il suo cappotto e se lo infilò di corsa avvicinandosi al caminetto acceso.
“Ne vado subito a parlare con Silente e gli altri, potrebbero dirci qualcosa di utile e magari potrebbero anche svolgere delle indagini nel parco, lì dove hai visto Malfoy.”
L’amico annuì.
“Tu resta qui con Hermione…” Harry gli sorrise. “Ha bisogno di te più che di me.”
Ron inarcò perplesso un sopracciglio, ma non ebbe il tempo di replicare all’affermazione del ragazzo occhialuto esigendo migliori spiegazioni, perché questi aveva preso una manciata di Polvere Volante e stava accingendosi a lanciarla nel caminetto, quando una lingua di fuoco verde fiammeggiò più alta delle altre, si udì un’imprecazione sommessa e Harry venne letteralmente travolto da qualcuno.

*** *** ***

Un tonfo improvviso, rumore sordo seguito da un breve ed acuto gridolino, un’esclamazione soffocata fecero destare Hermione dal suo tiepido sonno febbrile; la ragazza aprì gli occhi lentamente, batté le lunghe ciglia nere un paio di volte, forse tre, e si guardò intorno con aria affaticata; tuttavia, nonostante la febbre che si sentiva addosso, il sonno e la stanchezza, non potè fare a meno di scattare a sedere spalancando gli occhi, riprendendosi totalmente dalla sonnolenza che l’aveva investita fino a quel momento. La scena che le si presentava davanti agli occhi era decisamente inusuale in casa loro… non doveva verificarsi una cosa del genere! Hermione, seduta sul divano, spostò lo sguardo su Ron, con la bocca semiaperta per lo stupore, che le restituì uno sguardo altrettanto sorpreso.
In terra si trovava disteso Harry che, puntellandosi con i gomiti sul parquet del salotto, fissava sbalordito la ragazza dai capelli rossi che gli era letteralmente piombata addosso. Quei capelli, quel profumo… avrebbe potuto riconoscerli tra mille, ma non poteva essere… non doveva essere! Eppure…
“Cosa ci fai tu qui?!” Riuscì a balbettare Ron, sempre più incredulo, mentre Hermione si alzava lentamente.
Harry guardò ancora la ragazza sopra di lui, che alzò timidamente lo sguardo nei suoi occhi. Non notò la pallida carnagione leggermente rosata tingersi di un rosso acceso, né le numerose lentiggini che le cospargevano simpaticamente le gote: quegli occhi… non si era sbagliato. Quegli occhi, in cui avrebbe voluto perdersi liberamente senza però poterlo fare, potevano essere solamente suoi.
Ginny…
Solo allora notò, riuscendo solo con molta fatica a celare un sorriso di tenerezza, il suo rossore; la ragazza scattò subitaneamente all’indietro, allontanandosi il più possibile da lui, rischiando quasi di finire nuovamente nel caminetto acceso, motivo per cui Harry si affrettò, rapido come era sempre stato, essendo stato un Cercatore, ad afferrarla per un polso ed a trarla con decisione verso di sé.
“Attenta,” Disse, piano, trovandosi il viso di Ginny a pochi centimetri di distanza dal proprio. “Il… il fuoco.” Aggiunse poi accennando al caminetto.
Un paio di occhi verdi ed un paio di occhi castani rimasero fissi l’uno nell’altro, come intrecciati, come legati da un sottilissimo file invisibile a tutti, anche a loro, solamente percepibile dai loro cuori. Bastava stare in silenzio, contemplarsi a vicenda, e scattava quella sensazione speciale…
“Oh mio Dio!” Esclamò Hermione avvicinandosi di scatto, tanto che Ron le corse accanto temendo di vederla crollare da un momento all’altro. “Ginny! Tu… non dovresti essere qui!”
Solo allora i due distolsero lo sguardo, sembrando alquanto imbarazzati.

*** *** ***

Ginny capitombolò proprio addosso alla persona che meno avrebbe voluto incontrare a quel modo. Non era possibile… capitavano sempre tutte a lei?
Perfetto! Perfetto, Ginny, bella figura. Adesso sì che Harry ti vedrà in chiave diversa!
Lui non si muoveva, Ginny poteva percepire il suo profumo di pulito, il suo respiro leggermente affannoso per la caduta e la sorpresa; non osava riaprire gli occhi e trovarsi addosso al ragazzo che aveva sempre amato e col quale stava facendo l’ennesima figuraccia.
È mai possibile che riesca sempre a combinare pasticci? Non so neppure usare la Polvere Volante! Mio Dio, ma perché proprio adesso? Perché proprio con… lui?!
Eppure sentiva il cuore batterle forte, esattamente come nell’attimo in cui, poco prima di cadergli addosso rovinosamente, aveva visto lo scintillio di quei suoi occhi verdi; si sentiva stranamente euforica, anche se tremendamente imbarazzata.
“Cosa ci fai tu qui?” Fece l’incredula voce di suo fratello Ron, il suo amato fratellone che, in certe situazioni, avrebbe potuto risparmiarsi certe domande cretine e cercare di venirle in aiuto
Grazie mille, fratellino!
Alzò titubante lo sguardo e scattò rapidamente all’indietro, accorgendosi solo troppo tardi di essersi pericolosamente diretta verso l’imboccatura del caminetto acceso. Vide Harry allungare prontamente una mano verso di lei, il cuore prese a battere sempre più violentemente nel suo petto.
Harry…
Lui l’afferrò saldamente per un polso e l’attirò accanto a sé, evitandole qualche brutta ustione.
“Attenta,” Disse quasi in un sussurro, i loro visi vicinissimi. “Il… il fuoco.”
Ed allora accadde ciò che Ginevra Weasley aveva sempre sperato e temuto allo stesso tempo: incrociando lo sguardo di Harry, non riuscì a separarsene, quasi vi fosse incatenata da una qualche forza esterna, quasi lei stessa fosse incapace di intendere e di volere… anzi, no! Una cosa la sapeva: avrebbe voluto rimanere a fissare quegli occhi per sempre, così, e sentirlo vicino, non solo mentalmente, anche fisicamente, avrebbe voluto dirgli tutto quello che le palpitava ferocemente nel cuore tutte le volte che lo vedeva, che costituiva la sua atroce ma dolce maledizione…
Adesso l’incanto finirà… adesso distoglierà lo sguardo, come sempre, da me…
Questi pensieri sconnessi vagavano faticosamente nella confusa mente della giovane adolescente, eppure Harry non accennava a smuoversi di lì: se ne stava semplicemente immobile, fissandola negli occhi.
Ti prego, smettila! Smettila… smettila o non riuscirò più a staccarmi da qui. No… non smettere, ti prego, continua a guardarmi… per una volta nella mia vita, guardami veramente per quello che sono… Dio, ti prego, fa che questo istante non finisca mai…
“Oh mio Dio!” Ginny e Harry videro con la coda dell’occhio Hermione avvicinarsi di scatto e Ron correrle accanto, preoccupato. In effetti, notò la ragazza più giovane, l’amica sembrava non stare molto bene. “Ginny! Tu… non dovresti essere qui!”
Nello stesso preciso istante, sia Harry che Ginny distolsero lo sguardo, imbarazzati, cercando di guardare altrove, cercando di vedere tutto eccetto l’altro, con il quale si era appena spezzato quel sottilissimo legame speciale.

*** *** ***

Hermione era seduta sul divano accanto a Ginny, che se ne stava tutta silenziosa in disparte, ogni tanto lanciava occhiate interrogative a Harry che, tuttavia, teneva lo sguardo basso; non sembrava voler incrociare né il suo, né tanto meno quello della ragazza appena arrivata, ancora avvolta nel suo cappotto e con ancora il suo berretto di lana calzato sul capo. A dirla tutta, Harry non sembrava neppure esattamente il ritratto della felicità. Se ne stavano tutti e tre in silenzio, Harry seduto sulla poltrona di fronte a loro, ascoltando distrattamente la voce di Ron che, nella stanza attigua, parlava al telefono – aveva finalmente imparato ad utilizzare quello strumento Babbano senza causare sordità improvvise al destinatario della telefonata ed a chi si trovava nei paraggi. Pochi minuti dopo, che sia a Ginny che a Harry sembrarono un’eternità, lo videro rientrare con un’espressione indecifrabile dipinta sul viso ancora arrossato dal freddo preso quella stessa notte, al parco.
“Allora?” Fece Harry, evitando accuratamente di voltarsi nella direzione di Ginny.
Ron si sedette sul bracciolo del divano accanto a sua sorella, si passò stancamente una mano tra i capelli.
“Mamma e papà hanno permesso a Ginny di venire qui con noi. Non è scappata di casa, questa volta.” Le lanciò un’occhiata. “Pensano che sarebbe più al sicuro con noi che con loro.”
Ci fu una pausa breve. Hermione comprese tutto nel giro di qualche secondo, sorrise e mise comprensivamente una mano sulla spalla dell’amica.
“Sentivi la nostra mancanza, vero, Gin?” Le fece un rapido occhiolino che solo lei poté vedere. Ginny sentì un calore diffondersi per tutto il suo corpo: aveva ritrovato la sua amica, Hermione Granger, la sua migliore amica, colei che le era stata sempre vicina e che, ne era certa, lo sarebbe sempre stata. Aveva ritrovato colei che sapeva comprenderla.
Grazie, Hermione.
“Oh, Herm! Mi sei mancata tantissimo!” Fece lei, scoppiando a piangere all’improvviso ed abbracciandola con tale impeto che Hermione stessa, poco incline a questi gesti affettivi, rimase per qualche secondo perplessa. “Voi eravate sempre lontani, e io non potevo fare nulla per aiutarvi… mi sentivo così inutile…” Proseguì la giovane Weasley tra i singhiozzi. “Mi siete mancati tanto!”
Soprattutto Harry…
Hermione le carezzò il capo e sorrise con dolcezza.
“Va tutto bene, Ginny, ora siamo di nuovo tutti insieme.”
Grazie, Hermione, per non aver fatto capire a Harry che era soprattutto lui a mancarmi…

*** *** ***

“Non doveva andare così!” Sbottò Ron facendo sussultare sua sorella. “Ginny, tu non dovresti essere qui! Sei in pericolo, lo capisci?”
Ginny si alzò, leggermente rossa in viso, i mani sui fianchi, la voce più alta del normale.
“Lo so benissimo, Ron! Ma ormai ho diciassette anni, sono maggiorenne, posso scegliere da sola! Quando la smetterai di considerarmi sempre la solita bimbetta con le treccine che non può dormire senza la sua bambola preferita e senza il suo fratellino nel letto accanto?”
Ron sembrò leggermente colpito da quelle parole.
“Quando la smetterai di cacciarti nei pasticci. Lo sai che così facendo hai cacciato nei guai anche me, Harry e Hermione?”
“Ah, sì? E perché mai?”
“Perché dobbiamo proteggerti.”
Ginny si bloccò all’istante, Ron si voltò nella direzione dalla quale proveniva quella voce: all’entrata della cucina, dove stavano animosamente discutendo i due fratelli, stava, leggermente cupo, Harry, le mani nelle tasche dei pantaloni; poco dietro di lui, Hermione, pallida e tremante, avvolta in una coperta di lana.
“Dobbiamo proteggerti, non possiamo permetterti che ti accada qualcosa di male. Dobbiamo proteggerti perché Voldemort cercherà di colpire le persone cui io tengo di più, e tra queste ci siete Ron, Hermione e te, la sorella del mio migliore amico…”
Sono solo ancora la sorellina del tuo inseparabile amico. Niente cambierà mai…
“Io non voglio che ti accada qualcosa di male, Ginny.” Proseguì Harry, la voce calda e bassa.
Non vuoi… Harry…
Ginny alzò lo sguardo verso di lui, si sentì arrossire, ma non interruppe il contatto visivo.
“Lo so, Harry. Però non sono più la ragazzina di undici anni che si lascia ingannare da uno stupido diario stregato… sono venuta con la ferma intenzione di proseguire i miei studi e di non intralciare in alcun modo il vostro lavoro. Per favore, permettetemi di rimanere con voi… giuro che non farò nulla di avventato! So anche difendermi abbastanza bene!” Esitò e fissò Harry con più veemenza. “Ti prego, Harry…”
Non mandarmi via, Harry, impazzirò in quella casa… non posso sapervi lontani da me. Non posso saperti lontano ed in pericolo… almeno lasciami affrontare questo pericolo, insieme a te, per quanto mi è possibile… ti prego…
Lui sospirò.
“Va bene, Ginny, ma mi devi promettere una cosa.”
Ginny per la gioia avrebbe voluto saltare e gridare al cielo quanto fosse felice, ma non lo fece anche perché Harry le si era pericolosamente avvicinato e la fissava nuovamente negli occhi, come a ristabilire il precedente contatto speciale andato perduto.
“C-cosa?”
Diamine, ma perché devi balbettare ed arrossire quando lui ti parla?!
“Promettimi che seguirai un corso di Difesa Personale presso il nostro Quartier Generale. Non è un corso difficile, anche Hermione lo frequenta.”
“Oh beh, grazie, Harry!” Fece Hermione, fingendosi offesa, e strappando un sorrisetto sia a Ron che all’altro amico. “Giusto per saperti più protetta. Potrai andarci insieme a Herm e poi tornare a casa mentre lei svolge il suo lavoro… che ne dici?”
Ginny annuì con un sorriso che Harry non avrebbe mai dimenticato.

*** *** ***

Stesa sul suo morbido letto, ripensava agli avvenimenti accaduti in giornata: la lite con Ron, un incontro veramente molto strano, un’aggressione, una lotta, una scampata cattura da parte di alcuni Mangiamorte e l’arrivo della sua migliore amica lì, in quella casa. Comprendeva benissimo i sentimenti di Ginny, ma non avrebbe mai osato parlarne con Harry, non finché l’amica non si fosse sentita pronta.
Sospirò ed un flash improvviso balenò nella sua mente… un paio di occhi grigio tempesta… si alzò a sedere.
“Dove sarà adesso?” Sussurrò osservando la neve fitta che cadeva fuori della finestra e udendo i rombi dei tuoni.
Qualcuno bussò alla porta.
“Sì?” Fece Hermione voltandosi verso l’entrata della sua camera.
La porta si aprì piano piano e ne spuntò fuori un Ron in un pigiama troppo piccolo per lui, che teneva in mano quella che a prima vista sembrava una fumante tazza di qualcosa e che si grattava il capo, con fare imbarazzato, con la mano libera.
“Posso entrare, Herm?” Disse, incespicando sulle parole.
Hermione lo osservò leggermente stupita e sorrise: quel modo di fare, quell’atteggiamento, quell’imbarazzo, quella goffaggine… tutto, persino il suo pigiama troppo corto, la riportava a pensare ai tempi di Hogwarts. Ron era ancora lo stesso, e ciò le procurava un inspiegabile piacere.
“Beh, ormai l’hai fatto…” Rispose ironicamente, accennando al fatto che Ron si fosse già avvicinato al suo letto.
“Ehm, sì, già…” Ammise lui, sempre più impacciato. “Senti, Herm, io volevo…” Poggiò distrattamente la tazza fumante sul comodino di lei e la ragazza, nella penombra, lo vide arrossire. “Scusami per oggi. Non volevo dirti quelle cose, io…non le penso realmente.” Lo sguardo basso. “Sai che non penserei mai neppure lontanamente certe cose di te, Hermione. Lo sai, vero? Tu sei sempre stata una dei miei due migliori amici; io non ho mai pensato che fossi…” Un secondo di pausa, Ron alzò lo sguardo incrociando gli occhi castani di lei, un brivido lungo la schiena, la sensazione di non riuscire più a respirare. “… un peso per me… per noi…”
La ragazza lo osservò brevemente, seduta sul letto, e Ron si rese conto, stupendosi di se stesso a quel pensiero, che era bellissima nonostante il pigiama troppo grande che indossava, i capelli scompigliati, gli occhi lucidi per la febbre. Le labbra rosee… cosa avrebbe dato per poterla baciare anche solo una volta?
Dio mio, Ron, che fai?! Lei è la tua migliore amica! Non puoi sperare di baciare Hermione! Hermione Granger, la tua migliore amica!
Scosse la testa come a voler cacciare quei pensieri, scrollandoseli di dosso con violenza, ma senza ottenere grandi risultati. Hermione, rimasta in silenzio fino ad allora, abbozzò un timido sorriso.
“Non fa niente, Ron, anche io ho esagerato. Lasciamo stare, è acqua passata.”
“No, aspetta, voglio che tu sappia che… per qualsiasi cosa, io ci sono. So di non essere esattamente la persona più affidabile del mondo, ma ci metto la buona volontà, perlomeno.” Non udendo alcuna risposta, alzò lo sguardo e vide Hermione con gli occhi lucidi, stavolta non per l’influenza; il suo cuore sembrò rallentare i battiti e saltarne addirittura alcuni. “Oh… ho… ho detto qualcosa di male?”
La ragazza scosse la testa in segno di diniego, asciugandosi frettolosamente le lacrime che principiavano a scenderle giù per le gote arrossate dalla febbre.
“Grazie…”
Sorridi più spesso, Hermione, perché solo quando sorridi, sapendoti felice, posso esserlo anch’io.
Ron sorrise, non dimenticandosi tuttavia di arrossire vistosamente.
“Ti ho portato una camomilla calda, so che ti piace berla quando hai l’influenza…”
“Te ne sei ricordato?”
Lui alzò ironicamente un sopracciglio sedendosi sul letto accanto a lei, che gli fece spazio.
“Vorrei ricordarle, signorina Granger, che a Hogwarts ero sempre io a portarle la camomilla quando stava male.”
Hermione ridacchiò brevemente, nonostante un brivido di tristezza avesse attraversato, lei ne era sicura, l’animo di entrambi, nel sentir pronunciare il nome della loro scuola.
“Guarda che a portarmi la camomilla erano tutt’al più Harry, Ginny o Luna, tu ti limitavi a rovesciarmela puntualmente addosso o, nella migliore delle ipotesi, addosso a Calì Patil!”
“Però ricordo esattamente la tua espressione soddisfatta quando Calì cominciava a gridare perché le avevo rovinato l’acconciatura!” Replicò lui, sorridendole sornione.
Hermione si sentì avvampare.
“Eh già,” Ammise distogliendo lo sguardo. “Erano bei tempi quelli…”
“Vedrai che torneranno.”
La ragazza lo guardò nuovamente, incurante delle guance che le andavano letteralmente in fiamme, come alla disperata ricerca di un appiglio, di un qualcosa per cui tirare avanti in quel periodo di guerre, lotte, distruzioni, uccisioni ed atrocità.
“Dici davvero?”
Lui le poggiò una mano sul capo, assumendo un comportamento maturo e responsabile, quasi protettivo, che Hermione non avrebbe mai creduto potesse assumere. E con amarezza, ma anche una sensazione di cupa dolcezza, si rese conto che i tempi erano cambiati. Ron stava crescendo, ma era ancora il suo amico pasticcione e goffo di sempre.
“Assolutamente.”
Rimasero in silenzio per un pochino, fissandosi negli occhi come fosse la prima volta dopo anni ed anni che si vedevano. Alla fine Hermione, accaldata e rossa in viso, distolse lo sguardo iniziando a sorseggiare con cautela la sua camomilla e Ron si grattò una tempia.
“È dolce ritrovarsi ancora tutti insieme…” Mormorò il ragazzo, osservando i candidi e soffici fiocchi di neve scendere dal cielo nero della notte.
Nella mente di Hermione ancora l’immagine di quel ragazzo, quel sorriso struggente… lui non aveva ritrovato nessuno. Forse non poteva sapere cosa potesse significare una cosa del genere, Draco Malfoy… gli occhi le si inumidirono.
“Stanotte sono successe tante cose…” Disse in un soffio, sperando che Ron cogliesse il suo desiderio di sfogarsi con qualcuno, ma non qualcuno qualsiasi… con lui.
E Ron lo colse.
“Vuoi parlarne?”


   
 
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