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Autore: Scarlett Carson    26/03/2014    1 recensioni
[IN SOSPESO] Questo è il secondo capitolo della mia storia. Stavolta è raccontata dal punto di vista di... un'altra persona, che, a seguito di complicanze, si ritrova a "convivere" per un periodo, con l'Immortale Ottavia, stabilitasi nella Foresta della Norvegia del 1000 A.C.. Stavolta la nostra protagonista se ne starà per un pò dietro le quinte per vedere cosa combina questo ragazzo, molto attraente, con grandi occhi verdi come smeraldi e capelli neri come il carbone.
Avrà un sacco di problemi quest'umano particolare, che lo porteranno al mistero di Ottavia, ma cosa accadrà una volta che lo scoprirà? Cosa cambierà tra loro? Cosa porterà il ragazzo ad un cambiamento che lo muterà per il resto della sua vita?
Tutto questo lui ancora non lo sa, ma sa che tutto ha avuto inizio in un giorno in cui la neve ricopre tutto ciò che c'è intorno a lui.
Genere: Dark, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga: La Ragazza Immortale'
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Capitolo 09. Permanenza

 

Non appena uscì, corsi verso la porta e la spalancai, per rendermi conto di dove fossi capitato. Quando lo feci, notai che la casetta da fuori era piccola quanto lo sembrava dentro, il paesaggio tutto in intorno era bianco per via della neve caduta in questi ultimi giorni, ma lei era già sparita in mezzo alla vegetazione che mi circondava. Come aveva fatto a sparire tanto in fretta? Era davvero misteriosa ma avrei capito chi fosse, avevo escluso l'eremita, tuttavia, il comportamento di Emily e da quello che mi aveva detto, risultava proprio essere il famoso eremita di cui si vociferava al mio paese.

Per il freddo richiusi la porta e mi andai a sedere vicino al fuoco per scaldarmi. L'intruglio che mi aveva obbligato a bere, stava davvero avendo effetto: la ferita ormai non mi procurava più dolore ed io iniziavo a sentirmi davvero meglio. Mi chiesi se, una volta che mi fossi ristabilito del tutto, mi avesse lasciato al mio destino. Sperai che sarebbe stato tanto generosa da permettermi o di rimanere o di accompagnarmi fino al villaggio più prossimo.

Per fare qualcosa, andai in cucina a vedere com'era visto che prima non ne avevo avuto l'occasione perchè ero stato distratto per tutto il tempo.

Varcai nuovamente la soglia e notai di quanto fosse minuscola, si vedeva che ci abitava solo lei, negli armadietti ricavati da arbusti molto vecchi, a giudicare dalle venature, erano riposte provviste ed erbe. C'erano diverse brocce molto grandi contenenti acqua, altre ciotole con bacche di diverse qualità, sapevo che ne esistevano di velenose e non mi fidai ad assaggiarle. Non sapendo a cosa le servivano, a parte per mangiare, tutte quelle bacche. Altro cibo non ce n'era, meno male che era andata a procurarlo allora!

Continuai a curiosare per casa e notai che c'era una stanzetta solo con la vasca per il bagno, una vasca di metallo, molto grezzo e molto vecchio. La stanzetta era accanto al caminetto, non l'avevo notata per via del colore della tendina identica a quello delle mura. Alcune pareti erano di pietra, altre di legno come la maggior parte della casa. Era molto tranquilla ma soprattutto essenziale. Difficile crede che l'avesse tirata su da sola, in soli due anni. Sembrava un'impresa impossibile, eppure c'era riuscita, contro ogni legge della natura.

Mi chiesi se aveva avuto a che fare con quei criminali che mi davano la caccia ma soprattutto in quale parte della foresta fossi. Quanto ero distante da casa? A parte quegli uomini, chi altri mi cercava? Chi per uccidermi e chi per portarmi indietro?

Improvvisamente, mi colse la stanchezza e senza farmi troppi problemi mi sedetti a terra usando la sedia come schienale, le ginocchia piegate e le gambe leggermente divaricate, con il capo all'indietro e chiusi gli occhi per riposare un altro po'.

Quella cosa che avevo bevuto, mi aveva letteralmente privato delle forze che mi erano rimaste, anche se avevo riposato abbastanza, non resistetti a fare un altra dormita.

 

Mi risvegliai lentamente, il mio era stato un sonno senza sogni, e ringraziavo per questo: l'ultimo che avevo fatto, non mi era piaciuto affatto.

Sentivo del movimento dall'altra parte della casa, che sia già tornata? Mi alzai, lentamente e mi accorsi che mi aveva messo il suo mantello come coperta, lo afferrai e lo riposi dove glielo avevo visto prendere, su un gancio posto vicino alla porta d'ingresso, dopodiché mi diressi in cucina dove la vidi preparare qualcosa.

“Sei già tornata” constatai.

“Ti sbagli, sei tu che hai dormito troppo” controbatté.

“Cosa? Perchè in che momento della giornata siamo?” chiesi. Non era possibile che avessi dormito un'altra giornata intera.

“Siamo ormai a sera inoltrata” disse senza mai abbandonare quello che stava facendo.

Andai di corsa alla prima finestrella, cioè quella della sala principale e guardai fuori: aveva ragione, il sole era tramontato da un pezzo lasciando spazio alle stelle. Le nuvole che avevano occupato il cielo in quegli ultimi giorni erano sparite.

“Non posso crederci” dissi, senza parole.

Tornai in cucina a vedere cosa stesse facendo. Aveva un animale di piccola taglia che stava accuratamente spolpando per poi mettere in una ciotola, notai che aveva anche tolto la pelliccia da esso e allora riconobbi l'animale: un piccolo coniglietto, come quello che avevo trovato io.

Chissà se avevo ancora quella pelliccia, provai a cercarla ma non la trovai. Lei dissipò i miei dubbi.

“Se cerchi la pelliccia del coniglio che hai trovato è in camera su un mobile vicino al letto” disse.

“Grazie, anche se non so ancora che farne” confessai.

“Potresti provare con un paio di guanti” disse, come se fosse la cosa più semplice del mondo.

“Magari mi insegni, ok?” dissi io.

“Va bene” disse, e sentì una leggera risata: allora sapeva ridere anche lei.

Non sopportavo stare con le mani in mano, mentre lei faceva tutto; mi offrì per fare qualcosa e lei mi propose di apparecchiare la tavola, per me da solo.

“E tu non mangi?” chiesi.

“Ho mangiato prima mentre dormivi” disse generalizzando.

“Capisco”, dopo che mi spiegò dove trovare tutto l'occorrente, preparai la tavola per me da solo. La tavola da apparecchiare non era altro che il tavolino che c'era davanti al camino.

Quando il coniglietto fu pronto, facendolo abbrustolire a dovere sul fuoco del camino, me lo mise nella ciotola e iniziai mangiare.

Lei si sedette davanti a me con, quella che sembrava essere, una tazza di tè.

Cercai di mantenere un certo contegno a tavola, non tanto per abitudine, ma per non mostrarmi troppo affamato: erano giorni che non mangiavo e mi sentivo piuttosto debole.

“Non c'è bisogno che ti trattieni” mi disse lei. Era incredibile, riusciva sempre a sapere quello che pensavo, “Mangia anche con le mani, non mi scandalizzo mica, sai” mi disse, continuando a sorseggiare la sua bevanda.

Non me lo feci ripetere due volte: abbandonai le posate che mi ero preparato e addentai con avidità la coscetta del povero coniglietto, passando poi al petto, più sostanzioso.

Mentre lei era intenta a bere il suo tè e a fissare intensamente il fuoco, cercai di guardarla più nel particolare, senza farmi notare.

Il fuoco illuminava la sua pelle chiara, che sembrava porcellana, le labbra erano piene e rosee, le mani piccole ed eleganti, con un anello d'oro che non riuscivo a capire da dove venisse, sembrava rappresentare un occhio molto delineato. Lo portava al dito medio della mano destra.

Era seduta rannicchiata su se stessa, le ginocchia piegate fino al petto, nascoste dal suo abito turchese, completamente rovinato. Non credevo che ne avesse altri oltre quello. Potevo vedere i suoi piedi nudi che si appoggiavano alla sedia per evitare di scivolare. Era perfettamente immobile, quasi come se non fosse reale.

Volevo cercare un argomento per spezzare quel silenzio che c'era, quell'atmosfera resa calda dal camino che scoppiettava, stava diventando troppo gelido per me.

“Ormai sono quasi guarito” iniziai a dire “cosa succederà quando lo sarò del tutto?”

“Non lo so, dipende da te cosa vuoi fare” mi disse.

Non sapevo se interpretarlo come un invito a restare o ad andarmene, era molto enigmatica sotto questo aspetto.

“Significa che posso restare ancora? Sai, sono stato esiliato e non conosco bene la zona dove mi trovo” dissi, sperando che accolse la mia richiesta di aiuto, formulata solo nella mia mente e resa pubblica solo con una scusa che fosse credibile.

Non avevo mentito a riguardo, ma mi sarebbe piaciuto che, prima di andare, mi avesse mostrato come vivesse lei, per essere il più possibile indipendente, caso mai fossi stato ancora attaccato.

“Se vorrai, per me va bene. Sono anni ormai che vivo sola, un po' di compagnia gioverà anche a me” disse.

Lo disse quasi come se fosse anche per lei un conforto avere qualcuno accanto, e a me non poteva che andar bene così.

“Mi insegnerai tutto quello che sai su come vivere qui?” la mia non era una supplica, ma una richiesta vera e propria.

“Se vorrai, ti insegnerò a cacciarti il cibo da solo, a riconoscere le erbe medicinali, ad usare anche le armi che dispongo ed a orientarti qui” disse, guardandomi per un breve attimo per poi tornare alla sua tazza.

Perfetto, proprio quello che volevo sentirmi dire, mi ritenevo fortunato ad essere capitato qui con una persona che sapeva il fatto suo.

“Ci vorrà tempo” dissi solo.

“Ho tutto il tempo che vorrai” mi rispose, enormemente convinta delle sue parole.

“Significa che posso stare per tutto il tempo necessario?”

“Sì, sarà divertente” mi disse, come se sapesse che non sarebbe stato facile insegnarmi tutto, ma lei non sapeva che ero un eccellente allievo; imparavo molto in fretta.

Il nostro accordo ormai era stipulato: sarei diventato un bravo cacciatore, sia di bestie che di uomini, e sarei potuto tornare da Emily, ma stavolta per portarla via con me, lontano da quel paese ormai corrotto dalla menzogna e dalla crudeltà della gente.

“Cominceremo subito da domani, ormai sei quasi in forze” mi disse; ero d'accordo, non c'era tempo da perdere.

“Quindi ti consiglio di riposare ancora, non sarò magnanima, per niente” continuò e non so perchè ma nei suoi occhi potevo scorgere tutta la sua esperienza in quel mondo a me sconosciuto ancora per poco.

“D'accordo, anche tu dovrai riposare, non sarò un facile allievo” ammisi.

“Lo farò, non preoccuparti di ciò” mi disse.

Dopo quella breve conversazione, mi obbligò a tornare nell'unico letto di cui era disposta la casa.

“E tu dove dormi?” avevo chiesto.

“Tranquillo, mi arrangio” disse solo e mi spedì dritto in camera dove, una volta steso sul comodo letto, mi addormentai, anche se prima avrei giurato di sentire la porta d'ingresso aprirsi con un cigolio.

 

Il mattino dopo, mi alzai in forze. Mi sentivo davvero bene, come non mai. Ero pronto a qualsiasi sfida.

Andai nella sala dove c'era lei già sveglia, con una ciotola con altra carne per me.

“Buongiorno” dissi, mi resi conto solo allora che non sapevo ancora il suo nome.

“Buongiorno” disse lei “ti ho preparato la colazione, spero che tu gradisca” mi disse.

“Ti ringrazio. Sai mi stavo chiedendo, che non so nemmeno il tuo nome. È stata una grave mancanza da parte mia non chiedertelo”.

“Già, è vero” disse, notandolo anche lei solo allora, “mi chiamo Ottavia” mi disse.

“Io sono Cameron, ma tutti mi chiamano Cam” dissi io.

“Molto lieta, Cam” disse lei, ed io le fui immensamente grato per aver usato la parte del nome che preferivo.

“Il piacere è mio, Ottavia” risposi.

Aveva un nome che non avevo mai udito da queste parti, chissà da dove proviene davvero, mi chiesi io; mi piaceva quel nome, dopotutto, aveva un non so che di poco comune e a me, tutto ciò che non era comune, piaceva immensamente.

“Immagino che questa colazione mi serva per sopportare gli insegnamenti di oggi” ipotizzai io.

“Sì esatto, oggi ti mostrerò la foresta in generale i posti dove andare a cacciare e dove è meglio che tu stia alla larga” mi disse e, per una volta, la vidi sorridere, forse era contenta di condividere quel suo piccolo mondo con un quasi perfetto sconosciuto, quale sono io.

“Bene, imparerò ad orientarmici allora” dissi entusiasta anche io.

“Sì pressapoco” disse lei.

Mi spicciai a mangiare anche perchè ero ancora molto affamato: il coniglietto di ieri non mi aveva per niente saziato. Quello che stavo addentato, ero certo, che non fosse un altro coniglio, era un animale ancora più piccolo: era forse uno scoiattolo?

Non volevo saperlo, perchè era appetitoso, e non volevo guastarmi la colazione.

Finita la colazione, mi porse un mantello, sembrava essere usato, ma da chi non si sapeva.

“Mettilo, fuori fa un po' freddo” disse, e lo presi subito.

Lo infilai, era caldo e morbido.

“Di che animale è?” chiesi, era la prova per vedere se lo aveva fatto lei oppure lo aveva preso da qualche parte.

“Credo di un orso” disse, mentre era intenta ad indossare il suo solito, con tanto di cappuccio. Spalancò la porta, da cui entrò un po' di sole, dopo giorni di neve e nuvole.

C'era ancora delle neve a terra, ma non ne era rimasta molta.

Il paesaggio si apriva con una minuscola radura, circondata da alti pini e altri tipi di alberi. La casetta era ai piedi di una quercia ultracentenaria, immensa ed altissima. Tra gli alberi, potevo scorgere tre piccoli sentieri che si inoltravano nella fitta boscaglia. Ottavia, mi disse che, il primo sentiero alla nostra sinistra, conduceva al mio paese, ed era da lì che era arrivata da dove mi aveva trovato; quello centrale conduceva bel cuore della foresta, dove lei andava a cacciare animali di media e grossa taglia; l'ultimo a destra era quello che conduceva al villaggio più vicino, a parte il mio.

Da quanto avevo capito, lei si trovava vicino al cuore della foresta perchè si trovava a metà strada tra il mio paese d'origine e quello più vicino dall'altra parte.

“Quale strada vuoi vedere per prima?” mi chiese.

Era difficile come scelta, ma per non darle l'impressione di volermela filare a gambe levate, scelsi la centrale. La caccia, al momento, era quello che mi interessava di più.

“Bene, come mai questa scelta, se posso chiedere?” mi chiese.

“Mi interessa la caccia” dissi, senza troppi giri di parole.

“Bene, ma ti devo avvertire: non possiamo addentrarci troppo, più in là vivono quelli che, immagino, ti stessero inseguendo” mi disse.

Ah bene, avevo scelto la via più pericolosa, per così dire.

“Sì, esatto” dissi io per fondare i suoi dubbi.

A quel punto, c'era ancora una cosa che volevo sapere e, nonostante avessi già, in parte almeno, la conferma, volevo sentirlo dire dalla sua bocca.

“E l'eremita? Sai dove si trova?” dissi.

“L'eremita” ripeté lei, come per accertarsi di aver capito bene.

“Bé, l'eremita di cui si parla al tuo villaggio, ce l'hai di fronte” mi disse, guardandomi seriamente.

Lo avevo capito la sera prima, ma sentirselo dire così a quel modo, mi stupì, era come un secchio d'acqua gelata che mi avevano buttato addosso.

“L'eremita che intendiamo noi, vive qui da millenni, come puoi essere tu?” chiesi in un sussurro.

“Non lo so, magari un giorno saprai dove è la verità e dove sta l'inganno” mi disse solo.

Era davvero misteriosa, ma avevo intenzione di scoprire sia quella verità di cui lei parlava, sia l'inganno. Lo avrei scoperto presto o tardi.

“Forza,” disse all'improvviso “dobbiamo sbrigarci devo farti vedere la strada e dobbiamo tornare indietro prima che faccia buio” e partì con me dietro pronto a non perdermi nemmeno una parola di quello che mi avrebbe detto d'ora in avanti.

Aveva un passo svelto e sicuro, mentre si muoveva per quella fitta boscaglia riconoscendo ogni singola foglia di ogni singolo albero.

“Stai attento” mi disse, fermandosi accanto ad un albero dove era apposto un segno fatto con la lama di un coltello “gli alberi che vedi segnati, come questo, significa che di qui sono passati quei criminali che vivono più avanti. Questo è vecchio, qui la corteccia dell'albero sta ricrescendo. Non sarà passato poco più di un anno” disse, esperta.

“Quelli più recenti non presentano quella ricrescita che dici tu?”

“No, non la presentano, ma tieni sempre conto che per recente si intende meno di un anno; quelli recenti di pochi giorni si riconoscono per il fatto che si sentono al tatto che sono fatti da poco. A volte, puoi anche sentire la linfa vitale dell'albero all'interno della ferita che gli hanno provocato” disse.

In poco tempo, avevo imparato una cosa che mi sarebbe stata utile, caso mai avessi voluto trovarli volutamente per dare loro la caccia, ma un passo alla volta.

“Perchè lo fanno?” chiesi mentre, cambiando direzione, continuammo a camminare.

“Non ci crederai, ma tutti questi anni e non hanno ancora un buon senso dell'orientamento: quando contrassegnano, come hai visto prima a forma di X, è perchè è per loro una strada da evitare, quando vedi solo una linea semplice verticale, significa, per loro che di lì si può passare senza pericolo” disse.

Li conosceva davvero bene. Il simbolo visto prima, una X appunto, era vicino a casa sua, significava che per loro lei era da evitare? Bè forse, avevo sentito la loro conversazione riguardo una ragazza da evitare, forse era proprio lei, anche se non la ritenevo capace di uno sterminio.

Proseguimmo percorrendo una strada costeggiata da grandi alberi, i loro tronchi erano enormi. Accanto crescevano piccoli cespugli di bacche, di diverso tipo, come avevo visto a casa di Ottavia.

“A che servono queste bacche? Sono tutte commestibili?”

“Alcune sì, altre hanno proprietà curative, altre invece sono velenose per un essere umano, ma non per un animale”.

Adesso mi era tutto più chiaro, per fortuna non avevo avuto la brillante idea di assaggiarle tutte!

“Un altra volta le vedremo con calma, molte di queste erbe e bacche le possiedo già” affermò.

“D'accordo” dissi io.

Ad un certo punto arrivammo ad un ruscello, ipotizzai fosse quello che poi, più avanti o indietro, ancora non lo sapevo, sarebbe sfociato in quella pozza dove avevo trovato riparo per soli due giorni.

Si fermò all'improvviso, voltandosi e facendo cenno di fare silenzio. Poco dopo, ne seppi il motivo: dall'altra parte, c'erano due uomini, non li avevo mai visti prima ma ero sicuro che stessero cercando il sottoscritto. Lentamente io ed Ottavia, ci inginocchiammo a terra affinché i cespugli davanti a noi impedissero a loro di notarci.

Ero molto teso, in realtà, pregai con tutto me stesso che non venissero dalla nostra parte e che, soprattutto, non ci vedessero.

Invece, mi stupì di come lei riuscisse a gestire le sue emozioni, se mai ne avesse; il suo respiro era quasi del tutto impercettibile, era calma e, con pazienza, attendeva, come me, che andassero via. Lo fecero dopo che furono passato diversi minuti.

Mi accorsi di aver trattenuto il respiro più a lungo di quanto credessi possibile, quindi buttai fuori l'aria che avevo trattenuto e mi sentì subito meglio.

“Tutto a posto, sono andati al loro nascondiglio” disse lei, alzandosi; la imitai e mi sollevai, rimuovendo i residui di terra dai pantaloni scuri, ormai sudici.

“Se vuoi lavare i vestiti puoi farlo poco più avanti” disse lei, notandolo. Era un'acuta osservatrice, dovevo ammetterlo.

“Sul serio? Dove?” dissi io, contento di saperlo.

“Adesso ci arriviamo” disse lei, ricominciando a camminare.

Seguimmo il percorso del ruscello, che andava controcorrente rispetto a noi. Camminammo finchè il sole non si ritrovò sopra le nostre teste, segnalando, per la gente comune, che era ora di pranzo.

Un certo languorino lo iniziavo a sentire anche io, purtroppo. Sperai che mi mostrasse al più presto la caccia, dovevo assolutamente mangiare qualcosa. In genere, non mangiavo mai molto, ma si vedeva che dovevo ancora recuperai tutti i giorni in cui ero rimasto a digiuno.

Giungemmo alla fonte di quel ruscello, che, scendendo da una parete rocciosa, formava una pozza d'acqua grande quasi quanto una vasca da bagno.

Vidi Ottavia immergere le mani, prelevare un sorso d'acqua e portarlo alla bocca, la bevve con gusto.

Quando finì mi guardò come per suggerirmi di fare lo stesso e non me lo feci dire due volte. La assaggiai e mi resi conto che era molto più buona e fresca rispetto a quella che avevo trovato io. Ne bevvi più che potei.

Potevo scorgere sott'acqua dei piccoli girini che nuotavano in fretta e furia in quel piccolo spazio fino a ritrovarsi spazzati via dalla corrente. Immaginai dove sarebbero finiti.

“Puoi venire qui, se vuoi, per sciacquare i tuoi indumenti o per farti un bel bagno. Sennò si può portare un po' di acqua a casa. Ne dovrei avere ancora se non sbaglio” disse lei.

Buono a sapersi, pensai. Eravamo usciti per una cosa e ne troviamo tante altre. Quella foresta era molto meno terrificante di quanto si vociferava. Sbagliavo a dare retta agli altri quando ne parlavano come se fosse infestata da creature mostruose: io ne avevo trovata una, a dir poco, eccentrica ma meravigliosa.

Dopo quella trovata, trovammo un paio di cerbiatti che abbattemmo e portammo a casa da cucinare e mangiare.

Lei lo arrostì sul fuoco del suo caminetto e il mangiai tutto quello che potei; anche lei mangiò quello che avevamo cacciato, ma sembrava quasi che lo facesse come se fosse obbligata.

Il suo comportamento mi lasciava sempre più perplesso, ma forse era colpa mia: col mio arrivo, le avevo cambiato tutto.

Uscimmo di nuovo, ma stavolta per mostrarmi il suo arsenale di armi. Aveva di tutto: pugnali, coltelli, spade, archi con frecce, insomma tutto quello che occorreva per la caccia e la difesa personale.

“Dove hai preso tutta questa roba?” chiesi.

“L'ho trovata” mi rispose ella, trovata o presa dai criminali che abbiamo incontrato stamane? Mi chiesi.

Quella notte l'avevo sentita uscire, ora che mi tornava alla mente, ma per fare cosa, non lo capì.

“Se vuoi, puoi esercitarti con queste quando vuoi” disse Ottavia e fece per andarsene, ma la fermai. “Aspetta, dove vai?” chiesi, cercando di sembrare normale, ma invece risultai alquanto curioso di sapere.

“A cuocere il cervo rimanente” disse solo. Chissà che risposta mi aspettavo. Forse mi stavo costruendo attorno a lei una persona che invece non era, forse ero troppo sospettoso io date le voci che avevo sentito su di lei per anni.

Pensavamo tutti fosse chissà quale mostro, invece era la più dolce creatura che avessi mai visto e conosciuto, forse più di Emily.


Eccomi, eccomi, eccomi!! ;) 
so di essere in ritardo ma tornavo tardi da lavoro e la scuola è sempre più pesante ultimamente che non sono riuscita a continuare ;)
I'm so sorry!! Comunque, eccomi qui con questo nuovo capitolo ;) allora, come vi è parso? cosa accadrà adesso?
il titolo del prossimo capitolo è: Semtimenti sempre più forti. Secondo voi a cosa si riferisce?
Scusate per questa mia breve "intromissione" ma sono sempre più di corsa ultimamente :=) 
Ancora un ultima cosa: grazie a chi recensisce sempre, a chi mi segue e chi aggiunge la storia nelle tre categorie, spero che continui a piacervi e che non vi delusa ;) 
Bè io vi saluto alla prossima, spero di farcela entro un mese ;) 
Kiss Kiss
Shana ;) ;) 

 

  
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