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Autore: Rebebebe    28/03/2014    0 recensioni
Questa non è solo la storia di Cleo Dallivan, ragazza perfetta su ogni aspetto tranne sul fatto che non ha amici e una famiglia inesistente, ma di Alex, dell'Egitto, di Cleopatra, e di tutte le persone che incontrerèà su un cammino che la porterà a scoprire se stessa e le persone a cui vuole bene. Una storia che ho scritto quattro anni fa, quando ero ancora alle medie e ho ripescato e modificato, e, finalmente, concluso. Spero vi piaccia.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità greco/romana
Capitoli:
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- Ginnastica!-, Alex era sempre molto contento di andare in palestra perché così poteva parlarmi normalmente senza bisbigliare come facevamo in classe, ed era incontenibile.
Anche se io non partecipavo mai alla lezione, quel giorno dovevo farlo per una promessa che Alex mi aveva strappato qualche giorno prima.
Mentre eravamo in corridoio lo presi per il braccio e interruppi la sua corsa sfrenata, - Alex smettila, così darai spettacolo-, tentai di fermarlo facendogli capire che stava attirando l’attenzione di troppe persone.
Si liberò gentilmente dalla mia stretta, - io vado a cambiarmi, cerca di non metterci troppo, ok, Cleo?-.
Assunsi un’aria stupita e offesa, - senti chi parla, sei tu quello che ci sta delle ore!-.
Alzò le spalle rassegnato, - non è colpa mia, sono gli altri che mi parlano e non posso fare cose come ignorarli e andarmene come fai tu-.
- Brutto…-, stavo per dire, ma poi mi arresi all’evidenza che con lui non riuscivo mai ad avere una conversazione sensata, non quando si parlava dei sentimenti altrui e di come trattare le persone intorno a me, - lasciamo perdere-, mi diressi nello spogliatoio prima di rischiare di scoppiare come al solito e di farmi venire le rughe inutilmente.
Non ci misi molto a cambiarmi, una manciata di minuti, e appena ebbi finito mi diressi verso palestra quasi piena, poiché durante le ore di educazione fisica la nostra classe veniva unita ad un’altra. Mentre entrai mi raccolsi i capelli in una coda alta e li legai meticolosamente, senza far uscire qualche ciocca ribelle.
Cercai Alex guardandomi in giro e lo trovai appoggiato alla spalliera alla mia sinistra che parlava con una ragazza. Io non la sopportavo, non che mi avesse fato chissà quale torto, non ci avevo nemmeno mia parlato con lei, era semplicemente il suo atteggiamento altezzoso che mi stizziva, non capivo perché si sentisse così superiore. Era bella, questo non glielo negavo di certo, era facile desiderare di avere i suoi lunghi capelli color nocciola, chissà se poi era veramente il suo colore naturale; per non parlare degli occhi poi, che non avevano nulla da invidiare a quelli azzurri di Alex, li avevano praticamente uguali. Era snella e longilinea, alta quasi quanto me, solo che il suo ego era cento volte più grande del mio. E poi l’unico motivo per cui piaceva tanto ai ragazzi era la sua taglia di reggiseno, che era certamente quella più grande della scuola. Anche se a dire il vero il suo carattere civettuolo e vanitoso, non chiedetemi come, attirava la gran parte dei suoi ammiratori.
Mi avvicinai a loro e solo una volta davanti a loro Alex si rese conto di me, - Cleo?-, borbottò tra sé e sé, - scusa ma non ti avevo riconosciuta con i capelli legati-, poi mi osservò le gambe con un sorrisetto divertito, - e devo ammettere che i pantaloncini ti stanno bene-, mi scrutò bene con occhio critico, - anche se dovresti fare un po’ di dieta-, sorrise beffardo.
- Tu, dannato!-, cercai di tirargli un calcio allo stinco destro ma lo parò con facilità, bloccandomi la gamba e tenendomela alta, con una veloce mossa mi liberai e indietreggiai per sicurezza. Abitudine derivante dagli allenamenti che tenevamo nel mio giardino. Lottavamo, così, per tenerci in forma.
- Stai migliorando, Alex-, gli concessi.
Gli scappò una leggera risata, - merito del mio maestro-.
Sorrisi compiaciuta, - ma non abbastanza-, mi avvicinai repentinamente a lui e prendendogli il braccio e torcendoglielo dietro la schiena, riuscii a fargli perdere l’equilibrio e a farlo cadere a terra.
- Game over, mio caro Alex-.
Sbuffò cercando di riprendere il fiato che il contatto brusco col terreno gli aveva tolto, - mi hai battuto un’altra volta, dovresti essere più debole di me visto che sei una ragazza-.
Lo lasciai libero e gli porsi la mano per aiutarlo ad alzarsi, - sessista-, dissi solo.
L’unica cosa di cui non ci eravamo accorti era che adesso tutte le persone nella palestra ci stavano fissando come se fossimo due pazzi.
- Avete finito di dare spettacolo?-, ci chiese il professore avvicinandosi alla cattedra e poggiandoci sopra il registro e la borsa.
Noi ci scusammo e ci andammo a sedere per terra di fronte a lui come molti altri avevano già fatto.
Il professore attirò gli alunni, dopo l’appello, con il fischietto, - adesso formate due squadre, capito? Dovete giocare a pallavolo, i capitani saranno Delon e March-, affermò andandosi poi a sedere e cominciando a chiacchierare con un professore.
Alex e l’altro capitano per decidere chi dovesse iniziare per primo a scegliere fecero una breve giocata a morra cinese, e quando Delon vinse scelse un mio compagno di classe.
- Io scelgo Cleo-, dichiarò Alex indicandomi.
I nostri compagni ormai erano abituati a vederci insieme, non era chissà quale novità, mentre gli altri ci rimasero di sasso quando Alex scelse me. Chi l’avrebbe mai fatto?
Mi posizionai di fianco a lui.
- Secondo te chi devo scegliere?-, mi sussurrò dubbioso poggiandosi con un braccio alla mia spalla.
- Io ti consiglio di puntare su quelli alti, com’è consono essere se si vuole giocare a pallavolo, anche se Pierre nonostante sia basso ha un ottimo controllo di palla-, gli consigliai accuratamente, -  tra le ragazze invece Giselle è quella più dotata, aiuterebbe di sicuro avere una ragazza capace nella squadra che inciti le altre a giocare bene-, risposi piuttosto sicura.
- Oltre a te, ti ho scelta per questo-, aggiunse facendomi l’occhiolino e costringendomi ad allontanarlo con una manata in faccia.
Lui sorrise divertito e si rivolse al gruppo con fare sicuro, - allora posso cominciare scegliendo Pierre-.
La nostra squadra vinse facilmente, ovviamente, grazie alla bravura mia e di Alex, ma anche all’impegno di tutti gli altri che avevano cercato durante tutte le partite di starci dietro per non esserci d’intralcio.
- Bravissimi, ero sicura che avremmo vinto-, mi lasciai scappare ai miei compagni di classe mentre esaltavano per l’ennesima vittoria.
Peccato però che la loro faccia scioccata mi ricordò che non era proprio da me essere così cordiale con qualcuno. Non ci avevo pensato, probabilmente la spontaneità di Alex mi aveva contagiata.
- Cleo ha ragione, siete stati tutti fantastici-, mi aiutò Alex dandomi una pacca sulla spalla e circondandomi con un braccio.
- Grazie mille-, rispose una ragazza dell’altra classe ad Alex, e poi si girò verso di me sorridendo, - anche a te Dallivan-.
Ci rimasi di stucco, - di niente-, la ringraziai un po’ incerta.
 
Durante la ricreazione dopo l’ora di ginnastica di solito stavamo dentro la palestra. I ragazzi si accontentavano di un pallone per giocare a calcio e le ragazze li guardavano chiacchierando a bassa voce e facendo cose come decidere il più carino o quello che giocava meglio.
- Alex, ti va di giocare?-, gli chiese qualcuno quando io ero ancora negli spogliatoi a cambiarmi.
- Non lo so, è ricreazione e volevo parlare un po’ con Cleo- fu la sua risposta. In effetti in quel periodo preferiva stare con me che con gli altri.
- Chi? Dici Dallivan? Vieni a giocare che ti diverti di più-.
In quel momento entrai io in palestra e li vidi parlare, ma per non intromettermi restai dalla porta. Poco dopo si avvicinò a loro Antoinette Succion, la ragazza di cui ho parlato prima, urlando a squarciagola e correndogli incontro: - Aaleeex!-, trillò rompendomi i timpani, e come se non bastasse gli prese un braccio e se lo strinse al petto, giochetto interessante, peccato che Alex non ci fece nemmeno caso. Poi la vidi sorridere con l’espressione più irritante che le avessi mai visto, - avanti, vorrei davvero vederti giocare a calcio-, lo pregò facendogli gli occhi dolci.
Alex scosse la testa, - mi dispiace ma proprio no, preferisco starmene con Cleo-, affermò sicuro della sua decisione.
Solo in quel momento m’intromisi nella discussione nonostante mi sembrava scortese, - non ti preoccupare per me, Alex, se vuoi giocare non fare complimenti-.
Alex incrociò le braccia al petto liberandosi involontariamente dalla stretta di Antoinette, - ho detto di no, preferisco parlare con te-.
Si stava comportando proprio come un bambino.
- E io dico che devi giocare e non è un consiglio ma un ordine, devo batterti un’altra volta davanti a tutti?-, lo minacciai.
Ci pensò un po’ su, - sicura?-, era tornato incerto.
Annuii.
- Allora se me lo dici tu va bene, ma devi fare il tifo per me-, cercava di trovare un compromesso.
Sorrisi sotto i baffi per il suo instancabile lato infantile, - neanche per sogno-, rifiutai.
- Se vuoi, il tifo per te lo posso fare io-, s’intromise Antoinette.
Alex rimase un po’ disorientato dal suo intervento, - grazie mille ma a dire il vero io volevo il tifo di Cleo-, disse più a sé stesso che a lei, e poi fece la cosa che meno mi sarei aspettata da lui: - mi potresti ripetere il tuo nome? Mi dispiace, ma proprio non me lo ricordo-, le disse sincero.
Sembrò per un istante che un fulmine avesse colpito la palestra, più precisamente la testa di Antoinette, che se ne andò senza dire niente. Poverina, un po’ mi faceva pena. Ho addirittura sentito il suo ego andare in mille pezzi, ma cosa si aspettava da Alex? Non era mica scontato che le cadesse ai piedi come la maggior parte degli altri.
Durante la ricreazione mi sedetti su un tappetino in un angolo e osservai gli altri giocare. Alex era bravissimo a calcio, fece più goal lui che la somma di quelli di tutti gli altri giocatori.
Ovviamente era ormai diventato l’idolo di tutte le ragazze.
- Dove abitavo prima non avevo molto da fare quindi giocavo spesso a calcio con i miei amici, però secondo te come sono andato?-, mi chiese Alex subito dopo la partita.
- Il tuo gioco controllava il campo e i tuoi gol sono stati numerosi ma il controllo di palla, seppur buono, mancava di tecnica e precisione, se avessi giocato io nell’altra squadra avresti perso-, avrei continuato a elencargli altri difetti ma quelli che avevo detto mi sembravano già abbastanza.
- Ed io che mi aspettavo un complimento-, borbottò sinceramente deluso, poi quando un pallone gli arrivò ai piedi perché caduto dal cesto si illuminò, - allora prova a rubarmi la palla-, mi sfidò prendendola e giocandoci con i piedi.
- Sicuro di voler fare un’altra figuraccia?-, gli chiesi sfrontatamente mettendomi le mani sui fianchi.
Annuì, - provaci, ci andrò piano visto che sei tu-.
- Ma che gentile, allora ci proverò-, finsi di essere toccata dal suo nobile animo.
Non avrei mai voluto fargli perdere la faccia in modo plateale, quindi rubargliela in modo semplice senza dare nell’occhio mi pareva una buona scelta, purtroppo lui non aveva sicuramente intenzione di perdere, quindi optare per fare sul serio mi sembrava alla fine l’unica scelta plausibile. Ci misi neanche sei secondi: mentre Alex stava giochicchiando con la palla, pavoneggiandosi, mi buttai verso di lui con il busto in avanti per impedirgli la visuale del pallone, e fingendo una virata a sinistra lo indussi a darmi in pratica il pallone su un piatto d’argento, dopo tutto ciò rubarglielo è stato un giochetto da ragazzi, ancor di più di quanto mi aspettassi.
- Cinque secondi e trentasei decimi, direi che ci sei andato davvero piano-, lo schernii controllando l’orologio.
- Fortuna-, cercò di giustificare la sua sconfitta.
Presi il pallone in mano, - vuoi una rivincita per caso?-.
Vidi la sua spavalderia estinguersi di colpo, - penso che per questa volta eviterò di farmi mettere in ridicolo, sai benissimo che non ci riuscirò-.
Sorrisi compiaciuta, - volevo solo vedere se avevi capito di non avere chance contro di me, Mister Popolarità-.
Il fischio del professore riecheggiò nella palestra, - adesso formate delle coppie da due, faremo degli esercizi e le due coppie che avranno totalizzato più punti vinceranno un buono pasto alla mensa!-.
- Hai raccolto gli ultimi frammenti che ti rimangono del tuo onore? Ti va di fare coppia con me?-, gli chiesi il più sarcastica possibile.
Mi sorrise e mi abbracciò per bloccarmi e potermi spettinare i capelli, - tu che mi chiedi di fare coppia? Non posso di sicuro rifiutare davanti all’apocalisse-.
Io mi liberai infastidita e mi rifeci la coda con il broncio sul volto, - spiritoso, ti avverto che voglio vincere-.
- Anch’io-, affermò.
Antoinette si avvicinò ad Alex e gli fece un sorriso da milleuno carati, forse anche qualcuno di più. - Alex, ti va di fare coppia con me? Penso che saremo perfetti tu ed io insieme, vinceremo di sicuro-.
Lui si girò verso di lei e assunse di nuovo quello sguardo mortificante, - a dire il vero ho già promesso a Cleo di fare coppia con lei, mi dispiace davvero molto-, si scusò Alex.
La vidi mordersi l’interno guancia con insoddisfazione, - non importa, ci sono un mucchio di altri ragazzi che farebbero la fila per stare in coppia con me-, cercò di nascondere la figuraccia vantandosi.
Alex assunse un’espressione sorpresa, - addirittura? Allora devi essere una ragazza abbastanza popolare-.
Trattenni una risata.
- Poiché sei nuovo forse non lo saprai-, cominciò lei giocando con una ciocca di capelli, - ma sono la ragazza più gettonata della scuola, tutti mi conoscono e vorrebbero essere miei amici-, rispose con aria di sufficienza.
Alex si girò verso di me, - quindi la conosci anche tu?-, mi chiese.
- Direi di sì, ma non ha una gran reputazione tra le ragazze, non come quella che ha tra i ragazzi almeno-, risposi secca.
- Sono solo gelose-, protestò Antoinette lasciando cadere la ciocca sulla spalla, - anche tu lo sarai, come tutte del resto-, mi disse sfacciatamente.
- E perché? Sono più intelligente di te, più brava nello sport-, cominciai a elencare tutte le cose in cui ero superiore a lei.
- E anche più carina-, m’interruppe Alex.
Le cose stavano prendendo una piega molto interessante, non solo le aveva risposto male per ben due volte, ma dire alla ragazza più egocentrica della scuola che era seconda a qualcuno era un affronto troppo grande.
Dopotutto Antoinette era sempre gentile e cordiale con i ragazzi e questo le aveva assicurato di essere notata da tutti come una ragazza bella, dolce e purtroppo poco modesta, ma ai ragazzi cosa importa della modestia se una ragazza era come lei?
- Se devo essere sincero, la penso anch’io come Alex-, un ragazzo dietro Antoinette si avvicinò a noi con le braccia conserte e una tranquillità che io non avrei avuto se fossi stato in lui, - ha perfettamente ragione-, si rivolse poi ad Antoinette, - sei carina è vero, e allora? Ci sono un sacco di ragazze belle quanto te in questa scuola, se prendiamo come esempio Dallivan possiamo benissimo dire che lei è anche più intelligente-.
Lo avevo già visto da qualche parte quel ragazzo tanto sfacciato, non era di certo nella mia classe, forse lo avevo visto per i corridoi della scuola, ma non ricordavo molto bene, la mia mente era sfocata.
- Chiedo scusa sono stato davvero scortese, io sono Friedrich Pascal, Fred per gli amici-, si presentò.
 Adesso che mi ci faceva pensare io e lui eravamo nella stessa classe alle elementari. Era piuttosto famoso tra le ragazze perché era alto, atletico, bello, con capelli castani e occhi verdi e dai tratti maturi e di carattere riservato. Il tipico bel ragazzo, niente di più e niente di meno. Il carattere però lasciava un poco a desiderare, era misterioso, più misterioso del dovuto, non amava molto le confidenze e aveva pochi amici, anzi a dire il vero io l’ho sempre visto parlare solo con Stephen Ourlet. Anche lui era abbastanza conosciuto, ed era il completo opposto di Friedrich: capelli biondi, occhi azzurri in un visino dolce da bambino, una corporatura delicata e leggera non molto simile a un normale ragazzo della sua età e un carattere docile. Si diceva però che tutti e due fossero molto bravi negli sport, Friedrich era capitano della squadra di basket, mentre Stephen di quella di calcio.
Antoinette stette sulle difensive, - sarà anche carina e intelligente, ma in quanto a carattere è impossibile-, rispose alzando il mento.
- Devo dirti due cose: primo, il tuo carattere è sicuramente peggiore del suo, secondo, è lei che si è comportata così per prima o siete voi che l’avete costretta a farlo isolandola come un cane?-, alla fine della frase Friedrich aveva guardato tutti i ragazzi presenti nella palestra praticamente fulminandoli con lo sguardo.
- Che cosa vorresti insinuare? Sbaglio o tu stesso non l’hai mai considerata? Non provare mai più a parlarmi in questo modo-, lo minacciò Antoinette.
- E tu come fai a dirlo? Io non le parlo perché è stata lei a chiedermelo, ma guarda caso non l’ha fatto in tono arrabbiato e maleducato come il tuo, ma piangendo-, le rispose secco.
Ormai la conversazione si era aperta a tutta la classe ed io ero ormai in primo piano.
Si alzò un’onda di bisbigli.
- Quindi anche i geni piangono?-.
- Io non ci credo-.
- Dallivan che piange? Impossibile-.
- Quella non sa fare altro che vantarsi di essere superiore a noi-.
Tutti quei commenti erano difficili da reggere, dopotutto cosa pensavano? Che ero un androide? Anch’io ho dei sentimenti e posso…
Un momento!
Pianto? Quando mai avevo pianto? Davanti a quel ragazzo poi.
Ora ricordo: eravamo alle elementari e delle ragazze mi avevano versato del succo addosso perché avevo preso il massimo dei voti nelle verifiche di primo trimestre, mentre loro non avevano nemmeno preso una sufficienza.
Ero andata in bagno per lavare la maglia ma la macchia non andava via per quanto mi sforzassi. Poco dopo entrò qualcuno in bagno senza che me ne accorgessi.
- Tutto a posto?-. Era proprio Friedrich che era venuto per vedere se stavo bene dopo quello che mi avevano fatto.
- Sì, non è niente-, risposi guardandomi la maglia.
- Come mai ti hanno trattata così?-.
- Perché sono più intelligente di loro, tutto qua-, dissi sorridendo debolmente, cercando di nascondere la tristezza.
- Vuoi che parli con loro? Potrei…-.
Si era interrotto, come mai? Ah sì, stavo piangendo, ma sicuramente quello che lo aveva sorpreso era il mio sorriso, che non avevo smesso di fare.
- No grazie, comunque ti conviene non parlarmi più, potresti rovinarti la reputazione-, lo guardai sperando che i miei occhi bastassero a fargli capire che non sarei riuscita a trattenermi ancora a lungo dallo scoppiare, - ti prego-.
Piangevo e sorridevo, che strano a sentirsi. Perché una persona che piange dovrebbe sorridere? Sapevo perché sorridevo, ma non perché piangevo. Lui era il primo di quella scuola a essersi chiesto come stavo, quali fossero i miei sentimenti e i miei pensieri. Perché piangevo? Forse perché ero felice, sono poche le volte in cui si piange per felicità, ma la prima volta che piansi, lo feci per quel motivo.
Non chiese altro e accolse la mia richiesta, - va bene, allora ciao-.
Uscì dal bagno senza aggiungere altro e da quel giorno non mi parlò più per davvero. Ero felice, perché per una volta qualcuno mi aveva ascoltato, aveva cercato di capirmi, ma io non ero fatta per gli amici, solo per restare sola.
E presto mi dimenticai di quel giorno, di quel pianto che aveva rilevato la mia debolezza. La debolezza di una Cleo che non avrei mai più voluto vedere in vita mia, una Cleo che ho seppellito.
 
- Esatto! Cleo piange, c’è qualcosa di male?!-, Alex era arrabbiato.
- Allora vediamo, piangi-, mi ordinò Antoinette.
D’un tratto tutta la mia sicurezza mi abbandonò, non sapevo più che fare, come può chiedermi di piangere? Io non posso farlo come se fosse un gioco, una persona piange quando è triste, non quando glielo si ordina.
- Ora smettila, hai superato il limite-, Alex si avvicinò ad Antoinette a testa bassa e con i pugni chiusi.
- Perché? C’è un limite per caso?-, gli rispose lei sfacciatamente.
In quel momento Alex alzò la testa di colpo e le tirò uno schiaffo in piena guancia. - Si! Quello della mia pazienza!-, le rispose urlando.
Fissai la scena a bocca aperta, che avrei dovuto fare?
Dalla bocca di Friedrich uscì un sonoro sospirò, - meno male che è stato lui a farlo, tra qualche secondo sarei scoppiato anch’io-.
Stephen gli rise dietro, - su Fred, non dire così, non l’avresti fatto davvero-, gli disse.
- Lo avrei fatto credimi, io quelle come lei non le sopporto proprio, l’avrei presa a schiaffi fino a farla piangere-, disse girandosi dall’altra parte.
Alex mi venne appresso, - Cleo, tutto a posto?-.
- Perché dovrei stare male?-, chiesi retorica.
- Ti porto in bagno, vieni-, mi mise un braccio intorno alle spalle e mi portò fuori dalla palestra.
Una volta lì mi lavai il viso ancora e ancora, non potevo rischiare di piangere un’altra volta, non voglio, non devo piangere!
- Tutto a posto?-, mi chiese Alex.
- Me lo hai già chiesto ed io ti ho detto di si-, risposi poggiandomi sul lavandino e guardandolo mentre ingoiava l’acqua rimanente.
Era serio, - te lo chiederò finché non mi dirai la verità-.
Alzai la testa di scatto e lo fulminai con lo sguardo, - se la sai già perché continui ad assillarmi?!-, gli urlai.
Mi scrutò accigliato.
- Scusa-, disse guardando per terra. Si voltò di schiena e fece per uscire dalla porta.
- Perdonami, Alex!-, urlai quando ormai stava per uscire.
Si girò sorpreso.
- Per colpa mia ti cacci sempre nei guai e sei anche costretto a proteggermi-, cominciai, e sentendo quelle parole capii quanto erano vere, - e nonostante questo io ti tratto sempre male, per te sono solo una scocciatura-.
Lo sentii sospirare, - se ti trovassi davvero come una scocciatura non sarei tuo amico, giusto?-, mi sorrise allegro, - però sappi che voglio vincere, quindi raccogli i frammenti del tuo onore e non intralciarmi-.
Cosa?
- Scusa? Ho sentito bene per caso?-, gli chiesi fumante di rabbia.
- Benissimo-, sorrise angelicamente.
Però a tradirlo furono i suoi piedi che cominciarono a indietreggiare pian piano verso l’uscita del bagno, allontanandosi da me.
- Perché indietreggi ora?-, sibilai tra i denti.
- Perché voglio vivere-, rispose sempre col sorriso, ma questa volta aveva una luce di terrore negli occhi.
- E fai bene! Vieni qua immediatamente!-, gli urlai rincorrendolo.
 
È vero, quella volta quando Friedrich mi chiese come stavo piansi perché a qualcuno interessava di me, ma in quel momento era diverso perché avevo una persona che teneva a me così tanto da impedirmi di essere triste, da impedirmi di piangere: Alex.
  
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