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Autore: sarahrose    29/03/2014    1 recensioni
Seguito di WRECKLESS e WRECKLESS RELOADED.
NIGHTRAIN EXPRESS è un diario sofferto e vissuto nell'arco di sole 24 ore.
LIl libro racconta in prima persona le sconvolgenti memorie di Kessy, la groupie più amata dei Guns.
21 dicembre 2012. Un’epidemia minaccia Los Angeles.
Unico antidoto: sesso, droga e rock n’roll.
Della serie: bevete e strafatevi come se i Maya avessero ragione.
Ma sarà davvero così?
Sarà la fine o un nuovo inizio?
Lo scoprirete solo… leggendo!!!
AVVERTIMENTO
Visto il linguaggio in stile Guns, questo libro non è adatto ai cardiopatici e alle educande del Sacro Cuore. Vi ho avvisati.
A tutti i rockettari di tutte le età, una volta di più… buona lettura!!!
(Il libro è inoltre disponibile su Amazon Kindle. Pubblicato col mio vero nome, Sara Valenti)
Genere: Dark, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Axl Rose, Duff McKagan, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Slash
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Bondage, Contenuti forti
Capitoli:
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Capitolo2

 

 

 

 

 

NO ONE HERE GETS OUT ALIVE

 
Hollywood Hills, L.A., interno notte. Oppure è giorno?
Non lo so e, purtroppo, non posso essere più precisa.
La nebbia... da qualche parte, laggiù dove l'orizzonte si dipana a non finire tra matasse di ovatta sporca, la città dell'Oblio fluttua in un viraggio in seppia da film muto puntando i propri tentacoli nel nulla come una piovra cieca negli abissi.
Le colline dormono il sonno greve della rassegnazione. Le lettere, quelle giganti che formavano la scritta HOLLYWOOD sono collassate al suolo. Requiem for a dream. Ai sogni addio. E la nebbia... avanza inesorabile da ogni lato.
 
Io sono Kissy... vi ricordate di me, vero, Amici?
 
E allora sedetevi tutti in cerchio e state buoni buoni e zitti ad ascoltare...
 
Cough!!Cough!... cough!!!
 
Questa tosse maledetta non mi lascia respirare... qui ci vuole un goccio di quel vino che bevevamo sempre, coi ragazzi... gli avevamo dato un nome splendido, sapete? Un nome che inneggiava ad una folle corsa nella notte...
“Questo vino è il mio treno che sta passando a tutta birra, da qualche parte, nella notte!”
 L'aveva detto lui una sera... mentre eravamo tutti quanti seduti attorno alla nostra stufetta economica, infreddoliti, sbronzi e strafatti di acido. Gli avevamo lasciato l'onore vuotare la bottiglia.
“Eccitante come uno skizzo di ero...” Aveva aggiunto, scagliando il vuoto a perdere in fondo alla stanza, in un'esplosione di cocci. “Adrenalinico come una scopata...”
... e poi? E poi e poi...
 
Cough cough
cough cough cough...
 
... siete curiosi, eh, bambini?
Sì, perchè... è questo che siamo tutti quanti, alla fine della fiera: dei bambini. Soprattutto quando abbiamo paura... come oggi... chissà se questo è davvero l'ultimo giorno, eh, raga?
 Quello che l'Apocalisse chiama la Notte Senza Mattino...
 
Sorpresi che io conosca la Bibbia?
Merito di un mio amico molto ma molto speciale...
Sissignori!!!
 
 Lui... diciamo che... era... è bravo  con le Sacre Scritture...
 come vedremo più avanti. Ad ogni modo, raga, lui... si era girato verso di me piantandomi in faccia due occhi le cui pupille, grosse come piattini, avevano eclissato tutto il verde delle iridi. “Chiamiamolo Nightrain!”
(Treno Notturno)
Aveva esclamato infine, dopo un lungo silenzio carico di attesa, sollevando commenti entusiasti da tutti.
 
Cough cough
cough cough cough...
 
“Questo vino picchia duro, cazzo... è l'essenza dello sballo!”
Quanto al nome, era destinato a farsi strada... a diventare molto ma molto famoso. Sì, ragazzi... perchè dovete sapere che, quella stessa notte, ispirò un riff immortale. Un riff così fottutamente rock che ti spaccava il culo al primo ascolto. Ma torniamo a noi, Amici.
 
Cough cough
cough cough cough...
 
Ecco, siamo arrivati. Questo è il posto dove vi volevo portare...
La vedete quella saracinesca sporca di vomito e graffiti?
Venite con me, entriamo... non abbiate paura...
Avanti... vi faccio luce con il mio accendino.
Benvenuti a HellHouse, Amici.
Benvenuti a CasaDelDiavolo.
 
Una volta, questo posto era famoso come la Divina Commedia di Dante e posso dire, senza tema di smentita, che nelle ultime cantiche, di posti come questi – per intenderci - ce n'erano a rudo.
 
Era il magazzino merci di uno studio di registrazione dei bei tempi andati, uno dei più gettonati e sofisticati, di quelli che hanno avuto il massimo splendore nei fiorenti anni '80 del secolo scorso. Sempre stipato di alcol e droga, era la mecca dei capelloni con velleità da rockstar più o meno legittimate dal talento, nonché di tutti i ribelli senza causa e i senzatetto che gravitavano attorno allo star system del Metal di quegli anni. Alla fine della fase di mixaggio post-incisione di ogni album destinato al fiorente mercato discografico dell'epoca, vi avevano luogo i più selvaggi parties a base di coca e whisky possibili e immaginabili. Per farla breve, era lì che tutto accadeva. E a HellHouse, o eri dentro, o eri fuori. Se non c'eri stato almeno una volta, cazzo, eri uno zero. E vi posso dire, Amici miei, che, di solito,  tutti i vinili partoriti là dentro, avevano i controcoglioni ed erano destinati a spaccare il mondo.
 
Hell House era essenzialmente un magazzino, dicevo, certo, ma per molti rockettari venuti da lontano col miraggio del sogno americano, diventava un covo. Una casa. E per noi divenne proprio questo. Una casa. La nostracasa. Non era bella e tanto meno era comoda, s'intende, ma era tutto quello che avevamo e che ci potevamo permettere, visto che eravamo sempre tutti al verde. Tanto che spesso anche un pasto da McDonald'sper noi era un sogno proibito. Aperta parentesi, chi di noi riusciva a permettersi patatine e Coca...
 
Cough cough
cough cough cough...
 
(dico quella da bere, marpioni...)
 
beh cazzo, raga... quello era un arrivato. Uno che stava più in alto dei suoi compagni di fame e di musica nella gerarchia sociale...
 
Cough cough...
 
chiusa parentesi.
Hell House.  Un nome un programma, cazzo...
Quattro mura tirate a calce e una saracinesca decorata con il vomito. Venti metri quadrati calpestabili. Un porcile, raga...  coi cessi divelti e le pareti graffitate con un nutrito campionario di fluidi e secrezioni organiche... dettagli che, al momento, per il bene mio e vostro, preferisco risparmiarvi. Questa, dunque, era la loro casa. Inutile dire che, ben presto, divenne anche la nostra. La casa dei miei amici. Di coloro che sono stati, sono tuttora e sempre saranno leggenda: le star delle star. Il gruppo più strafottuto della madre Terra. La band che amate odiare:
 
 i Guns fottutissimi Roses.
 
Pausa ad effetto, cazzo...
Se la meritano... non trovate?
 
Cough cough
cough cough cough...
 
(Dite di sì se no' poveri voi...)
 
I miei idoli. Le mie star. Cinque figli di puttana con le vene farcite di eroina e i  neuroni sotto spirito che, però, suonavano un heavygrezzo, sporco e cattivo che ti bruciava l'anima come le fiamme dell'inferno.
Cinque arrapanti bastardi che hanno conquistato il mondo e poi l'hanno buttato giù per il cesso.
Cinque delinquenti che sono finiti in merda quando il loro stesso gioco al massacro, fatto di vizi e stravizi, gli è scappato di mano, cazzo...
 
Cough cough...
 
Li rivedo, i Guns degli inizi. Affamati e determinati ad arrivare in vetta... belli e dannati come i Poeti Maledetti dell'Ottocento francese, oltraggiosi come i film di Buňuel, deliranti come un quadro di Salvador Dalì... li rivedo così come rivedo me stessa e tutti i miei sogni di adolescente...
 
Cough cough
cough cough cough...
 
Io vengo da Des Moines, Hiowa.
 Sono scappata a L.A. a diciotto anni per iscrivermi alla U.C.LA. e studiare Cinematografia. Ho fatto l'autostop come Sal Paradiso e Dean Moriarty in Sulla Strada.Questo dopo aver letto, in una sola notte, No One Here Gets Out Alive, sconvolgente biografia di Jim Morrison. Me lo ricordo come fosse adesso, quel libro... e mi vengono le lacrime agli occhi, cazzo...
 
Scusate.
Ora va meglio.
 
Non voglio cadere nei sentimentalismi, ma è andata proprio così.
Era il 2009, e io me la spassavo una cifra.
 
Cough... cough-cough..
 
Zio, come sto male...
Ho la gola in fiamme e la testa che mi pulsa come un cazzo di dente cariato. Ma lasciamo stare... meglio non pensarci. Tanto, anche pensandoci, non risolvo un bel Cristo di niente.
Dicevamo?
Ah, sì... me la spassavo, cazzo, raga... me la godevo a palla. Anzi... ce godevamo, io e Angie.
Angelica Young detta Angie era mia compagna di stanza al dormitorio del campus... un postaccio più per topi che per uomini che noi matricole chiamavamo Hotel Terminal.
Angie era una tosta. Non era la solita groupie strafiga e puttana, ma aveva il suo perché, credetemi.
 
No, raga... vi prego...
Non fatemi questo...
non ditemi che non sapete cos'è una groupie...
non ditemelo, perchè non voglio crederci...
Ma, per stavolta, visto che siete stati bravi, ve lo dico io.
 
Una groupie è una specie di puttanella Rock.
E' la femme publique della band, cazzo. Ecco cos'è.
E quando segue in tour le sue rockstar, diventa anche la loro psicologa, la loro mamma, l'amante, l'amica e chi più ne ha più ne metta.
 
Cough... cough-cough..
 
Ogni rock band che si rispetti ha sempre al seguito le sue, di groupie. Sono il suo harem, senza il quale, nessuna band si sentirebbe mai a suo agio in nessun posto. Sono stata chiara?
Io ed Angie eravamo groupie.
Ecco, l'ho detto.
 
Cough... cough-cough..
 
(Ora va meglio.)
E non fate quelle facce, raga...
tanto lo so che, alla fine della fiera, non siete certo meglio di me...
Ad ogni modo, stavamo parlando di Angie. Della mia amica Angie...
Era una punkettara incazzata nera con la fissa di Sid Vicious, si vestiva come Nancy Spungen...
... come, chi era Nancy Spungen?
Ma dico, raga... mi prendete per il culo?
 
Nancy era la tipa di Sid. La groupie per antonomasia. Tossica da eroina, puttana e pure parecchio schizzata di testa.
Ma... stavamo parlando di Angie.
Era fantastica, Angie. Stupenda. Sempre in prima linea quando c'era da divertirsi. Era una di quelle persone superanfetaminiche che non dormono mai. Sempre pronta a darci dentro con l'alcol e gli allucinogeni. Solo che, a dirla tutta... non reggeva ne' l'uno ne' gli altri. Così finiva sempre per cacciarsi in ogni sorta di guai, trascinandomi nella merda con lei.
Inutile dire che io, dal canto mio, non ero certo uno stinco di santa. Ma io, ai trip, preferivo la roba. E l'alcol. Tanto, tanto alcol.
Ero peggio di lei, lo ammetto, ma... avevo un vantaggio non trascurabile: reggevo gli eccessi meglio di lei. E, vista la vita che facevamo... non era poca cosa.
 
Cough... cough-cough...
 
Angie aveva una sorella, Michelle. Michelle Young detta Michy. Il nome vi suona, vero, raga?
Vi ricorda qualcosa o sbaglio?
Chi era Michelle?
La mia migliore amica. Una con un cuore d'oro. E la piu' grande vacca che abba mai conosciuto. 
Una pazza  sbiellata che ti faceva morire dal ridere, garantito. Aveva un sense of humour macabro che si armonizzava alla grande col mio look goth che, secondo lei, era parte integrante del mio fascino perverso.
Michelle non frequentava l'Università da studentessa, ma vi ronzava intorno per i bei manici che si vedevano nel campus. E – aperta parentesi, raga... si diceva anche che, più o meno, se li era fatti tutti. Chiusa parentesi.
Sissignore!!!
 
Cough cough
Cough... cough-cough...
 
Michelle Young. Che sagoma, raga...
Si faceva come una bestia.  Sua madre era schiattata di overdose e suo adre era un puttaniere di prima. E lei la dava via gratis a cani e porci per una cazzo di Lucky Strike.
 
Vi si accende una lucina, adesso, Amici?
 
Sto parlando di Michelle Young, detta Michy. E Michy, o Michelle – come preferite – era impareggiabile.
Che tipa, ragazzi! Perennemente fuori di melone, alternativamente strafatta o in coma etilico. Senza mezze misure o stadi intermedi. Michy la sempre fusa, vestita come una bagascia interstellare uscita fuori da un episodio di Star Trek, col fondotinta che sembrava lucido da scarpe  ed i capelli mai lavati. Michy la mangiauomini.
 
Mi ricordo che in quel periodo si era presa una cotta pazzesca per un vagabondo tossico dal passato nebuloso...
 
Cough... cough-cough...
 
un ragazzino esile dai lunghi capelli rossi, giunto in autostop da Lafayette, Indiana, per diventare una rockstar. E ce la menava così tanto, con questo tizio e col gruppetto di teppisti che aveva messo su, che alla fine, io e Angie, esasperate, fummo costrette a prometterle che sì, saremmo andate a vederli suonare dal vivo... soltanto per farla tacere.
 Fu così che, una notte, ci fiondammo tutti da Raji'sper vederli suonare.
 Ho detto Raji'svero, Amici? Ebbene...
Vi spiace se mi faccio un goccetto? Ho un'arsura che mi porta via...
E... già che ci siamo, raga...
Qualcuno di voi ha un'altra sigaretta, per piacere?
 
I smoke my cigarette with style...
 
 Ebbene, dicevamo... Raji's. Uno squallido cesso che non si poteva proprio, anche con tutta la fantasia di questo mondo, spacciare per locale notturno... la birra faceva cagare, il cesso – quello vero e proprio, alla turca – era perennemente ingorgato e, dal soffitto, come festoni splatter stile Compleanno di Sangue, gocciolanti grappoli di tampax...
 
Giuro! Non ci credete, Amici miei?
E allora andateci a dare un'occhiata... c'è ancora, quel postaccio, sapete? C'è, ve lo garantisco. La struttura, Dio sa come, è ancora in piedi... credo. -O almeno, la maggior parte.
 
Ad ogni modo, il proprietario era un immigrato di Bangalore col pallino degli affari. Era uno giusto, di quelli che vedono lontano e sono macchine da soldi. E quel cazzone col turbante e la barba da Sadu, che a guardarlo non valeva il vomito di un cocker tubercolotico, di miti, mode e rock 'n roll se ne intendeva, cazzo.
 
Cough... cough-cough...
cough cough...
 
(Merda)
'Sta tosse comincia a rompermi le palle...
 
Il suo locale, un piccolo club privato infestato di scarafaggi grossi come topini di campagna, era in realtà una ex palestra abbandonata del Sunset Strip.
Lasciate che apra una piccola parentesi nella storia e ve lo descriva, cazzo... vi giuro che ne vale la pena! Credete a me...
Il Raji's era un posto ai confini della realtà persino per gli standard diciamo... elastici di una città tollerante come L.A.
Sissignori!!!
 
Uno stanzone buio con un palco di tre metri per tre all'estremità opposta all'ingresso, niente finestre e, soprattutto, un minuscolo spogliatoio puzzolente di urina rancida e sudore stagionato. Le pareti nere della sala concerti, piene dei residui stracciati e appiccicosi di vecchie locandine e manifesti di jam session punteggiate di sputi e gomme da masticare, erano la ciliegina sulla torta.
Per non parlare del pavimento, dove la moquette a pelo lungo simile ad un improbabile tappeto erboso – peraltro regolarmente, innaffiato con il vomito - recava gli effluvi migliori. , per così dire... l'atmosfera.
 
Cough... cough-cough...
 
Ma andiamo avanti, perché sto di nuovo divagando.
Tendo a perdere il filo, sapete, Amici?
Tutta colpa del cervello in pappa...
Eh, sì. Era logico che finisse così.
 
Anni di abusi... e poi? Neuroni bruciati.
Mi sono fottuta da sola, ma pazienza. Anzi... Patience... Ma bando alle ciance e andiamo avanti.
 
Ci trovammo tutti da Raji's, quella famigerata Notte.
Io, Michy, Angie, il ragazzo di Michy e la sua scalcinatissima band di delinquenti matricolati.
C'era qualcosa nell'aria, quella notte. Una specie di elettricità statica che mi faceva fremere fino nelle viscere. Io mi sentivo strana senza un perché, come quando mi stava per arrivare il ciclo. Cuore a tavoletta. Farfalle...
 
Cough... cough-cough...
 
... nello stomaco. Fiato corto. Salivazione azzerata.
Un po' come mi sento adesso, anche se per motivi totalmente opposti... e, d'altronde, bisogna dire che quella che ci accingevamo a consumare fino all'alba non era una notte come tutte le altre: era speciale. Moooooolto speciale.
 
Era la notte di San Silvestro.
La notte dei Desideri, per i romanticoni che ci credono.
La notte degli stravizi, per quelli che sanno amare la vita.
La notte senza freni e senza regole, per i disadattati sociali con la fissa del Rock.
E difatti, manco a dirlo, per  noialtri, tossici ed etilici di professione, quella che si preparava era la notte più fottutamente strafottuta dell'anno.
 
Una notte tutta da bere, sniffare e scopare.
Fino alle prime luci dell'alba.
 
Noi la chiamavamo La Notte che su tutte predomina semplicemente la Notte la N maiuscola.
Era il 31 dicembre  2009.
Avevo 16 anni.
E... raga, io...
 
Cough... cough-cough...
 
    ... io non lo sapevo ancora, ma quella Notte, per me...
     sarebbe stata  la mia Notte. Fu allora che tutto accadde.
E la mia  vita, raga...
 
Cough... cough-cough..
 
cambiò per sempre.
 
 
 
 
 

 
 
   
 
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