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Autore: Nereisi    29/03/2014    1 recensioni
Un passato condiviso, un segreto inconfessabile, due vite che finalmente torneranno a incrociarsi.
Riuscirà l'amore tra Misa e Usui a vincere, o il passato di lui getterà un'ulteriore ombra sulla loro storia? Chi ordisce in segreto contro i due?
Riusciranno a stare insieme?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Misaki Ayuzawa, Nuovo personaggio, Takumi Usui
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Passato rivelato
 
 



<< Il... il tuo fidanzato? >> balbettai sconvolta
<< Hai capito bene. Meno male, dato il tuo quoziente intellettivo temevo di dover stare tutta la giornata a spiegartelo. >> mi soffiò, maligna.
 
Mentre le sue parole mi si conficcavano nella pelle come mille aghi incandescenti, la mia razionalità era messa a dura prova.
Avevo solo l’imbarazzo della scelta.
Tristezza, rabbia, stupore, sconforto e mille altre emozioni si facevano largo sgomitando nel mio cervello tentando di prendere il sopravvento.
Emozioni che furono del tutto annullate quando un’ombra scura calò sui miei occhi  e due solide braccia mi avvolsero.
 
<< Non è vero, non le credere. >>  annuii contro la sua maglietta.
Non le credevo, infatti. Avevo notato l’odio e il disgusto con cui Usui se l’era tolta di dosso.
Avevo solo una spropositata voglia di farla a pezzi.
Ho già detto che sono un tantino gelosa? No? Oh, beh.
 
Vedendoci insieme, alle labbra della rossa salì un ringhio. << Non osare abbracciarlo! >>
Mi voltai con un’insolita sicurezza << E’ lui che mi sta abbracciando. >>
Strinse i pugni << Allora allontanati, sgualdrina. >>
 
Ma ormai non avevo più paura.
Alzai il mento in segno di sfida. Incrociai le braccia, facendo aderire ancora di più la schiena al petto di Usui che, per tutta risposta, appoggiò il mento sulla mia testa e mi strinse forte, scoprendo i denti, possessivo.
Con lui al mio fianco, mi sentivo invincibile.
 
La fronteggiammo, uniti.
Gli occhi di lei fiammeggiavano di rabbia, lanciando lampi d’odio in mia direzione.
 
<< Sgualdrina. >> sibilò << Io ti distruggo! >> gridò, facendo un passo avanti
<< Reina! >> al suono del suo nome pronunciato da quelle labbra, la ragazza si pietrificò sul posto. Come se si fosse accorta troppo tardi di quello che aveva detto, i suoi occhi si riempirono di paura e incluse, finalmente e con fatica, Usui nel suo campo visivo.
 
<< Takumi-kun… >> mormorò, spaventata, tentando di allungare la mano verso di lui.
 
Usui affilò lo sguardo.
La sua mano si arrestò a metà strada.
 
<< Ti avevo avvertito. Stavolta nemmeno il debito che ho con tuo padre potrebbe fermarmi. >> mi strinse un po’ meno, dandomi la possibilità di sistemarmi meglio nel suo abbraccio, aspettando che continuasse.
Lui prese fiato.  << Sparisci. Non farti più vedere. Se succederà di nuovo, posso assicurarti che tuo padre lo verrà a sapere. >>
 
Reina ci fissò, sconvolta, come se le avessimo tirato uno schiaffo in pieno viso.
Strinse i pugni fino a far sbiancare le nocche, indirizzandomi uno sguardo di odio puro.
Probabilmente, se avesse potuto, mi avrebbe uccisa all’istante.
Girò i tacchi e scappò via, i capelli al vento.
 
 
Solo quando se ne fu andata mi accorsi di quanto tenevo rigide le spalle e le rilassai, scoprendole indolenzite. Sentii che anche Usui rilassava i muscoli, lasciandosi sfuggire un tormentato sospiro di sollievo.
Mi accorsi che tremava e mi venne naturale, quasi d’istinto, girarmi e abbracciarlo, affondando il viso nel suo petto. Come se non aspettasse altro, lui mi lanciò le braccia oltre le spalle, avviluppandomi e stringendomi a sé.
Sebbene mi avesse tenuto stretta durante tutta la durata dello scontro con Reina, questo tipo di contatto fisico aveva tutto un altro significato. C’era un bisogno di sentirsi, di aversi, di respirarsi.
Faticavo a respirare, tanto ci stringevamo a vicenda; eppure continuavo a stringere sempre di più, con tutta la forza che avevo, quasi che ci volessimo fondere, inglobandoci a vicenda.
Tutti i pensieri se ne andarono, tutte le mie preoccupazioni si dispersero.
Lo sconforto e i dubbi di quando avevo sospettato di lui, la rabbia e la paura dell’incontro con Reina… tutto fu spazzato via.
Solo quando sentii la schiena scricchiolare mi lasciai sfuggire un flebile lamento di dolore, e Usui si affrettò a lasciarmi, mormorando una  sequela di scuse.
 
<< Tranquillo, è tutto a posto. >>
 
Cadde il silenzio.
 
<< Mi dispiace… per… per tutto. Non volevo che accadesse, soprattutto non davanti a te… >>
 
Quello che accadde in seguito, se qualcuno mi chiedesse come e perché accadde, non glielo saprei spiegare, e il solo pensiero riesce ancora a farmi andare a fuoco il viso.
 
So solo che successe; e, il cielo mi fulmini, benedirò quel momento per tutta la mia vita.
 
Semplicemente raggiunsi con timidezza il suo viso, accarezzandolo; per poi alzarmi sulle punte dei piedi e sfiorare le sue labbra con le mie.
Era il mio primo bacio, non sapevo cos’altro dovessi far; eppure lui restò immobile e non si mosse, se non per portare una mano ad intrecciarsi nei miei capelli.
Una volta che quel tenue contatto fu interrotto, mi riabbassai e tornai a terra; ma nemmeno per un secondo i nostri occhi interruppero il contatto visivo.
Quello che avevo fatto, fino a qualche giorno prima, mi avrebbe fatto morire di vergogna.
L’esigua distanza e il nostro guardarci fisso, fino a qualche giorno prima, mi avrebbe fatto arrossire violentemente.
Ma in quel momento no.
In quel momento, tutto ciò era semplice, chiaro; era semplicemente giusto.
 
Prima che potesse aprire la bocca, lo anticipai. << Non hai nulla di cui ti debba scusare. Ma hai molte cosa che mi devi raccontare. >>
Mi fissò, leggermente stupito; per poi aprirsi nel primo vero sorriso da quando quella storia era cominciata, guardandomi dolcemente. << Hai ragione. >>
Mi prese la mano e, di muto accordo, ci dirigemmo al nostro rifugio, insieme.
 
 
 
                                                                           ***
 
Non badando alla nuvola di polvere che si alzò al mio movimento, mi lasciai cadere su un vecchio cuscino posto alla bell’e meglio sotto ad un albero. Dietro di me sentivo chiaramente i miagolii estatici di Kuro e Shira, che incitavano Usui a sbrigarsi mentre versava nei piattini del cibo per gatti.
Sulla collina spirava una brezza gentile, che giocava scherzosamente con i miei capelli. Era un venticello rilassante, a cui mi abbandonai con un sospiro.
Quella calma sarebbe stata perfetta, se non avessi avuto una fame da lupi. A pranzo non avevo mangiato quasi niente  e le emozioni provate di certo non mi avevano aiutato a riempire lo stomaco; ma ora non avevo proprio tempo di pensare al cibo.
Dei passi ovattati sull’erba mi annunciarono l’arrivo di Usui.
Continuai a tenere lo sguardo fisso sull’orizzonte mentre lo sentivo accucciarsi al mio fianco. Mi passò un braccio intorno alle spalle e io mi appoggiai sulla sua clavicola, sempre in silenzio.
Venimmo raggiunto da Kuro e Shira – almeno loro a pancia piena – che si lasciarono cadere sulle nostre ginocchia con dei miagolii soddisfatti, prendendo a fare le fusa non appena le nostre dita raggiunsero i loro punti preferiti. Anche se non erano gatti domestici avevano comunque uno splendido mantello, liscio e morbido, e si comportavano da veri padroni di casa; micetti viziati che non potevi fare a meno di accarezzare ed amare.
 
Non avevo idea di coma cominciare il discorso.
Ad essere sincera, avevo pensato di lasciare che fosse lui a parlarmene, ma ora la situazione stava cominciando a farsi pesante.
Fortunatamente, proprio quando stavo per aprire la bocca e ripetere la domanda, Usui cominciò a parlare.
 
<< E’ successo tutto dopo l’incidente dei miei genitori. A quanto pare, quella notte tempestosa non si era accontentata di portare via la mia famiglia. >>  dal modo in cui strinse le dita, capii che quello che stava per dirmi non lo tirava fuori da molto tempo. In un certo senso, mi inquietai.
<< Dopo quella terribile notte, rimasi chiuso in casa per una settimana, la sola compagnia che avevo era una vicina di casa che, oltre a prepararmi da mangiare e assicurarsi che stavo bene, non faceva molto altro; ma non la biasimo. Ero io che mi ero chiuso in me stesso, le poche volte in cui tentava di rivolgermi qualche parola di conforto le rispondevo col silenzio. Alla fine, aveva rinunciato a parlarmi. Le sono comunque molto grato per essermi rimasta accanto. Non era amica dei miei genitori o cose simili ma, nel momento del bisogno, lei si è offerta volontaria per starmi vicino. >>
<< E’ stato un bel gesto. >>
<< Già. Ogni settimana la vado a trovare, giusto per farle un po’ di compagnia. >> il tono con cui lo disse non mi piacque per niente, ma tentai comunque.
<< Immagino che sarà molto felice di vederti… >>
Sorrise, amaro. << Purtroppo no. È morta. Io posso vederla, ma lei non può vedere me.
Mi pietrificai, mortificata, ma lui mi strinse a sé. << Non preoccuparti. >>
 
Kuro si stiracchiò in maniera inverosimile, allungandosi sulla schiena e spingendo fuori la linguetta rosea. Shira, più tranquilla, sistemò meglio il musetto candido sulle zampine, continuando a dormire pacificamente.
Usui gettò uno sguardo dolce ai felini sonnecchianti, dispensando grattini e carezze.
 
<< Dopo quella settimana fui assegnato ad un’anziana zia di mio padre. Per quel motivo, mi dovetti traferire. Non ebbi nemmeno il tempo di salutarti ma, se devo essere sincero, ero talmente staccato dal mondo reale che non me ne accorsi. >> si girò verso di me << Scusa. >>
 
Lo guardai interrogativa; poi mi ricordai. Era dalla sua misteriosa sparizione che derivava la mia paura dei tuoni.
 
<< Scemo, non preoccuparti per simili stupidaggini. >> borbottai.
Ridacchiò divertito, per poi riprendere a parlare.
 
<< Dalla zia non fu poi così male come temevo, anzi. Era molto calorosa e gentile, con lei la mia coscienza tornò lentamente a galla. Era una persona molto allegra e vivace per la sua età. >>
Anche se non avevo la più pallida idea di chi era questa fantomatica zietta, mi fu subito simpatica. Provai un enorme senso di gratitudine verso di lei.
 
<< Quindi ti ha fatto stare meglio? >>
Indeciso se ridere o meno, mi rispose << Se per “stare meglio” intendi farmi ingozzare di crostate alla pera, allora sì, mi ha fatto stare meglio. >> concluse con una risata.
La sua ilarità svegliò dal placido sonno i due felini, che innalzarono feroci miagolii di protesta, reclamando altre coccole per placare la loro terribile furia.
 
<< E poi? >> chiesi.
Tirò un sospiro rassegnato, continuando a fissare la città che si stendeva sotto di noi.
 
<< Non durò molto. L’esigua pensione della zia non bastava a mantenerci tutti e due, se non con parecchi sacrifici. A me non importava doverli fare, ma mi sentivo in colpa per la zia…. Quindi, cominciai a cercare un lavoro part-time. Fu in quel periodo che conobbi Michitaka-san… e sua figlia; Reina. >>
 
Un brivido gelido mi corse giù per la schiena, mentre stringevo convulsamente i pugni.
Non replicai, anche se sapevo che lui si aspettava un qualche tipo di reazione da parte mia; ma quando capì che non avevo nessuna intenzione di farlo, si rassegnò a continuare.
 
<< Lui era il mio datore di lavoro. Se devo essere sincero, ho avuto un grandissimo colpo di fortuna, ad aver trovato lavoro da lui. In realtà è stato tutto merito della zia: appena ha scoperto quello che stavo cercando di fare, ha iniziato a spargere la voce fra amici e conoscenti. Era completamente d’accordo! Diceva che ero un uomo, ormai, giovane e forte e che ormai lei aveva fatto il suo tempo! >>
 
Rise, sinceramente divertito, e io lo imitai poco dopo.
Che donna interessante!
 
<< Alla fine, tanto cercare diede i suoi risultati, e Michitaka-san mi assunse. Era il dirigente di un’azienda, e io divenni il suo assistente. >>
<< Assistente? >> chiesi io
<< Già. >> rispose << Anche se, in verità, non facevo poi molto. Preparavo il caffè, facevo fotocopie, portavo documenti da una parte all’altra del palazzo… >>
<< Come un galoppino insomma! >> lo presi in giro
<< Galoppino d’élite, prego >> s’impomatò lui << Ero pur sempre alle dirette dipendenze del gran capo, cosa credi! >> disse,  portandosi elegantemente la mano al petto.
<< Si, certo, certo… >> lo blandii io.
 
Cercò di fare il permaloso, però lo spronai a continuare.
 
<<  Beh… in sintesi… un giorno stavo portando dei fascicoli, ma qualcuno mi è venuto addosso e sono caduti. Raccogliendoli, li ho guardati, e ho notato che qualcosa non andava. L’ho fatto notare al capo e, a quanto pare, ho sgamato un dipendente che rubava soldi all’azienda. >>
<< Però! >> esclamai, ammirata << Hai fatto il colpaccio! >>
<< Già. >> confermò. << Però… non furono tutti benefici, ciò che quel “colpaccio” mi portò. Già prima non riuscivo a togliermi Reina di dosso… da quel momento non mi lasciava in pace nemmeno per un attimo. Purtroppo, si era innamorata di me. Io però… non potevo ricambiarla… >> mormorò, prendendomi la mano nella sua.
Io arrossii e non risposi, limitandomi a ricambiare leggermente la sua stretta senza guardarlo negli occhi.
 
<< Preparati, ora arriva la parte pesante >> cercò di scherzare lui. Io mi feci subito più attenta.
Prese un bel respiro e continuò.
 
<< Da quel momento in poi, fu come se all’improvviso un riflettore fosse costantemente puntato su di me. Michitaka-san mi osservava sempre e sua figlia non era da meno; ma da quell’episodio, ogni mia qualità (alcune non sapevo nemmeno di avercele), ogni mia azione, ogni mio commento era vagliato e preso in considerazione da lui. Non so come, ma riuscii ad aiutare un consiglio che si è poi rivelato fortuito per la buona riuscita di un affare. E sai qual è la cosa buffa? >> chiese, ironico << Che io nemmeno so che cosa ho detto di così strabiliante! Io non sono di certo un esperto in transazioni o affari mediatici, al massimo sono bravo in matematica, ma più di questo non sono! >> si stava sfogando con un sarcasmo che non era per niente da lui, ma in qualche modo, sentivo che ne aveva bisogno; perciò mi feci più vicina per fargli sentire il mio appoggio e lo incitai a continuare.
Si passò una mano sul viso, frustrato.
 
<< Da quel momento in poi, divenni una sorta di consigliere, per Michitaka-san. Sinceramente, non so cosa gli passasse per la testa. Un liceale come consigliere. Bah. Certo, quell’uomo ha un intelletto sopraffino  e ha tutto il mio rispetto, ma quando mi fu proposta quella mansione non potei che pensare che fosse un po’ fuori con i sentimenti, ma siccome prevedeva un salario più alto, accettai. Non ero proprio nella posizione di poter fare lo schizzinoso. E da lì, le cose non fecero che peggiorare. O migliorare, a seconda dei punti di vista.
Michitaka-san, ormai, mi chiedeva consigli su qualsiasi cosa. Io gli rispondevo come potevo e, non so se per qualche congiunzione astrale o cosa, non sbagliavo mai. Ed io avevo solo buttato lì una risposta! >> ridacchiò un po’ istericamente.
 
Non sapevo che rispondere perciò mi limitai al silenzio. Diamine, la storia che mi stava raccontando aveva dell’assurdo! Come si fa a commentare qualcosa del genere?
 
<< Ma non era solo questo. Michitaka-san è molto intelligente e acuto. Ha notato che Reina non mi staccava gli occhi di dosso, e… mi chiese di sposarla. >>
 
Sgranai gli occhi, scioccata. Avevo sentito bene?
Sposarsi?
Aveva chiesto a un ragazzo liceale di sposarsi? Con sua figlia? Una matrimonio combinato? A quest’età? In quest’epoca?
Ero rimasta senza parole, in più uno strano sentimento mi si era annidato in gola, impedendomi di esprimere qualsivoglia giudizio. Per la prima volta, conobbi la paura.
Non di un pericolo fisico.
La paura che lui avesse potuto accettare quella proposta.
Non sarebbe più tornato da me. Non ci saremmo più rivisti. Non avremmo più potuto…. Anzi, non avremmo proprio potuto ri-conoscerci…
La tensione mi attanagliò le viscere.
 
<< Io… >> rizzai subito le orecchie << Io non gli ho risposto. >>
 
In qualche modo, questa risposta non mi dette soddisfazione.
Usui sembrò capire questa mia amarezza, e cercò il mio sguardo.
 
<< Cerca di capire. Ero confuso. Non sapevo se abitavi ancora qui, non sapevo se ti ricordavi chi ero, non sapevo se provavi le stesse cose. Ma, soprattutto, non sapevo se ti avrei mai rivista. La zia è anziana e, se per qualche caso sfortunato, a lei fosse successo qualcosa, io sarei stato incapace di mantenermi. Un ragazzo di sedici anni, minorenne, solo al mondo.
Invece, se avessi accettato, avrei avuto un futuro assicurato e, fino al giorno in cui avrei preso le redini dell’azienda, sarei stato mantenuto. Ed avrei pure trovato subito moglie.
Era conveniente. Molto. Ma tu eri sempre presente nei miei pensieri e, allo stesso modo, non volevo pensare alla possibilità che accadesse qualcosa alla zia. È l’unico parente che mi resta. Perciò, gli chiesi di darmi tempo. Lui accettò.
Passarono quasi sei mesi, durante i quali Michitaka-san e Reina vennero spesso a trovare me e la zia a casa. Fecero amicizia, e vennero così a scoprire la nostra situazione precaria. Poi, ci fu un periodo di stallo. >> riprese fiato << In quel lasso di tempo, come è ovvio, frequentavo la scuola e, da qualche tempo, avevo notato una ragazza molto carina. >>
 
Cosa?! Un’altra? E questa che vuole?!
Strinsi impercettibilmente i pugni, irritata.
Usui cercò il mio sguardo << Ti assomigliava tantissimo. Era quasi identica a te. >>
Sgranai gli occhi, voltandomi rapidamente verso di lui, che continuava a fissarmi.
 
<< Sì, è vero. Mi piaceva. Ma solo perché mi ricordava te. Non aveva il tuo carattere, a malapena ci parlavo; ma ogni volta che la vedevo camminare da dietro la nostalgia mi arpionava il cuore. >>
 
Arrossii.
Come fa a dire cose così imbarazzanti senza nessun problema?! Se avessi dovuto dirlo io sarei morta di vergogna…
 
Usui interruppe violentemente il filo dei miei pensieri. << Reina lo notò. Oh, se lo notò. D’altronde, quella strega non mi lasciava in pace un attimo. >> pronunciò, secco. Ora non cercava più il mio sguardo, ma anzi: in faccia gli si era disegnata un’espressione di profondo disprezzo.
Realizzai che Reina era l’unica per la quale lui si irritasse così. Doveva aver fatto qualcosa di terribile. Mi misi ad ascoltare attentamente.
 
<< Reina, folle di gelosia, prese di mira questa ragazza. Dispetti, ricatti, mettere in giro delle brutte voci sul suo conto; non le risparmiava nulla. Alla fine, la poverina cambiò scuola. >> digrignò i denti per un attimo << Non mi trattenni. Non con lei. Non solo perché aveva commesso una cattiveria ingiustificata, ma anche e soprattutto perché era come se avesse cercato di fare del male a te. >> mi circondò le spalle con un braccio, protettivo. << Andai dal padre e gli raccontai tutto. Michitaka-san mi credette subito, non so perché. Forse tutta quella fiducia che avevo guadagnato con gli affari serviva finalmente a qualcosa. Convocò Reina, per sentire le sue ragioni e, quando apprese che aveva agito così per via dei suoi sentimenti nei miei confronti, mi chiese se provavo anche io qualcosa nei confronti di sua figlia. >> stavolta non esitò. << Gli dissi a chiare lettere che per sua figlia non provavo assolutamente niente. Tutta la mia indecisione era sparita: se il prezzo da pagare per avere un futuro assicurato era sposare quella vipera, beh, avrei preferito cento volte vivere precariamente!
Michitaka-san però, come ti ho già detto era un uomo molto acuto. Lui intuì che c’era dell’altro. Questa è solo una mia supposizione, ma forse aveva capito che nel mio cuore c’era già qualcuno. E fece una cosa meravigliosa, per la quale gli sarò eternamente debitore.
Mi sciolse dal vincolo del matrimonio, continuando nel contempo a mantenermi… e non solo quello… >> Cercò di nuovo il mio sguardo, prendendomi al contempo la mano << Mi permise di tornare a casa mia. Mi permise di tornare da te. >>
 
I suoi occhi si fecero lucidi.
 << Se ora sono qui con te… lo devo a lui. >> Mi fissò a fatica, mentre la prima lacrima gli sfuggiva dalle ciglia e si infrangeva sulle dita della mia mano, che si era portato alla guancia << Mi sei mancata, Misaki. Mi sei mancata da morire. >>
 
Non resistetti più.
Mi ero trattenuta per tutta la durata del suo discorso, cercando di non interromperlo.
Il concetto, ribadito costantemente e senza alcuna vergogna, che lui per tutto quel tempo aveva pensato a me, e a me soltanto, mi era disceso fin nel profondo dell’anima, sciogliendo ogni mia inibizione.
Senza più nessuna vergogna, con il bisogno impellente di sentirlo vicino a me, sulla mia pelle, gli nascosi il viso nel mio petto, stringendolo forte, forte, forte, cercando di fargli sentire quello che stavo provando. Lui ricambiò l’abbraccio, avvinghiandosi ancora di più a me, i primi singulti del pianto che gli facevano tremare sommessamente e leggermente le spalle.
Come qualche ora prima, quando ci eravamo stretti l’uno all’altra come se volessimo diventare una cosa sola, così in quel frangente ci stringemmo come se la nostra vita fosse dipesa da quel gesto.
E in un certo senso era così.
 
Gli carezzai il capo, il un modo che trascendeva sia l’amoroso sia il materno, semplicemente troppo felice per pensare ad altro.
 
<< Usui… Mi sei mancato anche tu, Usui… >>
 
E, di nuovo, senza malizia, senza premeditazione, con l’unico istinto di verificare che lui era lì, era lì, con me, abbassai il capo. Lui alzò il viso, e i nostri sguardi si persero l’uno negli occhi dell’altra, i miei capelli che ci facevano da cortina. Eravamo tagliati fuori da ogni interferenza del mondo esterno, persi l’uno dentro l’altra.
 
Il nostro bacio fu il ricongiungimento di due anime che non sapevano che non si sarebbero lasciate.
Mai più.
 
 
 
 
 

Angolino autrice
Ma bene! Finalmente ci rivediamo!
Questo è stato un capitolo fitto di dialoghi, anzi, di monologhi, ma è stato un capitolo importante per capire il passato di Takumi.
Spero vi sia piaciuto!
Ci avviciniamo alla fine, a occhio e croce mancano quattro capitoli, MA! Ho in serbo una sorpresa per voi lettori…. Hehehe, dovrete aspettare però!
Come al solito, ringrazio chi recensisce, chi ha messo la mia storia fra le preferite/seguite/ricordate e invito a lasciare un commentino, che fanno sempre piacere!
Al prossimo capitolo!
animelover
  
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