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Autore: Placebogirl_Black Stones    30/03/2014    7 recensioni
Una lacrima, pungente come l’aria, scese lungo il suo viso perfetto, lasciando un segno del suo passaggio, come una cicatrice che racchiudeva in sé un ricordo indelebile.
Poi un’altra.
E un’altra ancora.
Sentiva freddo, ma non era il clima di quelle acque a gelarla.
Era lei che era fredda.
Vuota.
Lei, che per tutti era fuoco, in quei momenti diventava solo il lucignolo di una candela spenta.
Si strinse nelle spalle, mentre il pianto aumentava.
Con gli occhi appannati, alzò il volto al cielo, alla ricerca della stella più luminosa, che per lei aveva sempre rappresentato la figura della madre.
Ma non c’erano stelle quella notte, perché le nubi portate dal vento freddo celavano la luce degli astri portatori di gioia per gli uomini.
Era come se anche il cielo stesso fosse in lutto.
A volte, però, quello che cerchiamo nelle stelle, possiamo trovarlo anche sulla terra.
Basta solo accorgersene.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Roronoa Zoro | Coppie: Nami/Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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HUSH, BABY

L’aria pungente della notte le colpiva il viso, come tanti spilli che si conficcavano nella pelle tormentandola.

Una sensazione che rispecchiava in pieno il suo stato d’animo: tormento.

Era come se due eserciti contrapposti lottassero senza tregua dentro di lei, colpendosi, sfregiandosi, spargendo sangue incuranti.

Da una parte i ricordi felici, quelli che scaldavano il cuore.

Dall’altra la violenza, il dolore e il sacrificio.

L’eterna lotta fra il bene e il male, che mai poteva giungere al termine.

Anche se ora poteva bearsi di tutto ciò che aveva sempre desiderato (una famiglia, dei veri amici, una vita serena e tanto amore che la circondava), niente avrebbe mai cancellato quel senso di amarezza che viveva in lei, costringendola di tanto in tanto a tornare indietro con la mente a qualcosa che faticava a dover ricordare.

Non fatica a mettere a fuoco le immagini, no.

Quelle erano tatuate in lei in modo indelebile.

Fatica a renderle meno nitide.

Ogni volta che ripensava a quei momenti, tornava di nuovo ad avere dieci anni, ad essere solo una piccola bambina indifesa e ignara della cattiveria di cui sono capaci gli adulti.

I bambini sono creature primordiali, intatti e immacolati, che nella loro spensieratezza vivono ogni giorno rincorrendo i loro sogni e immaginandosi un futuro perfetto.

Gli adulti, invece, solo esseri spietati e mossi dalla sete di potere, che li logora lentamente, come una malattia che si espande nelle vene.

Due facce della stessa medaglia.

Così differenti, eppure correlate fra loro da un legame inscindibile.

Perché tutti i bambini diventano uomini, e nessun uomo, prima di essere tale, non è stato a sua volta un bambino.

Come si può, allora, cambiare drasticamente il modo di vedere la vita?

Come si può svegliarsi sognatori e addormentarsi da assassini?

Non c’era una vera risposta alle sue domande, se non che la vita ci spinge a cambiare per sopravvivere.

Era la legge della natura.

Le pecore sono destinate a soccombere, i lupi a trionfare vittoriosi.

E così le pecore scelgono di diventare lupi, per affermare la loro supremazia.

Questo era successo ad Arlong.

Un agnello che sognava una vita normale, ma che alla fine aveva scelto di diventare un lupo, quando questa gli era stata negata.

Ma non lo avrebbe di certo perdonato per questo.

Non provava nessuna pietà per lui.

Il risentimento non si può far cadere sugli innocenti.

Alla fine, lui stesso aveva fatto agli altri ciò che gli altri avevano fatto a lui.

Era diventato uguale ai suoi carnefici.

E questo non meritava nessun perdono.

Anche lei si era vista costretta a diventare un lupo, con la sola differenza che non era stata una sua scelta.

Lei non aveva mai scelto nulla di sua spontanea volontà.

Perché lei voleva essere una pecora.

Una bambina che rincorre il suo sogno.

Ora lo era di nuovo, grazie ai suoi compagni che l’avevano resa libera.

Loro stessi erano dei bambini.

E anche chi, come quel burbero spadaccino, aveva tutta l’apparenza di un feroce lupo, nascondeva in sé un animo buono, puro e senza macchia.

Questo doveva renderla felice.

Ma non quel giorno.

Quel giorno che aveva passato a far finta di nulla, sforzandosi di sorridere per sembrare normale, nascondendo a tutti il suo dolore.

Si era svegliata senza pensieri, come in un giorno qualunque; poi aveva deciso di aggiornare il diario di bordo.

E quella era stata la firma per la sua condanna.

Era rimasta a fissare la data riportata sulla pagina con gli occhi sgranati, incapace anche di respirare.

Nella sua testa rimbombava lo scatto di un grilletto premuto, reso sordo dallo scoppio del proiettile che usciva alla velocità della luce, mirando dritto verso di lei.

Una donna dai capelli porpora, rasati ai lati, dal sorriso fiero anche in punto di morte, soddisfatta di quello che aveva ottenuto dalla vita.

Una madre che aveva amato fino all’ultimo le sue figlie, pur sapendo di non avere con loro alcun legame di sangue, perché l’amore che le univa valeva molto di più della genetica.

 

“Nami, Nojiko: vi voglio bene”

 

Queste erano state le sue ultime parole, prima che quel proiettile le bucasse la fronte.

Aveva accettato la sua fine senza rimpianti, perché negare di non avere una famiglia sarebbe stata per lei la peggiore delle morti.

Bellemere.

La donna che più aveva amato e ammirato al mondo era venuta a mancare esattamente lo stesso giorno di dieci anni fa.

L’amarezza di quel ricordo si era impossessata di lei, facendola sentire come un fantasma che si aggirava senza meta né sentimenti, ma che voleva nasconderlo agli occhi degli altri.

E ora che le tenebre erano calate sulla terra, avvolgendola come una cappa scura, poteva finalmente dare sfogo a quell’agonia straziante che le stava lacerando lo spirito.

Una lacrima, pungente come l’aria, scese lungo il suo viso perfetto, lasciando un segno del suo passaggio, come una cicatrice che racchiudeva in sé un ricordo indelebile.

Poi un’altra.

E un’altra ancora.

Sentiva freddo, ma non era il clima di quelle acque a gelarla.

Era lei che era fredda.

Vuota.

Lei, che per tutti era fuoco, in quei momenti diventava solo il lucignolo di una candela spenta.

Si strinse nelle spalle, mentre il pianto aumentava.

Con gli occhi appannati, alzò il volto al cielo, alla ricerca della stella più luminosa, che per lei aveva sempre rappresentato la figura della madre.

Ma non c’erano stelle quella notte, perché le nubi portate dal vento freddo celavano la luce degli astri portatori di gioia per gli uomini.

Era come se anche il cielo stesso fosse in lutto.

A volte, però, quello che cerchiamo nelle stelle, possiamo trovarlo anche sulla terra.

Basta solo accorgersene.

Distratta nel suo pianto, non sentì i passi pesanti che si avvicinavano a lei, lenti e cadenzati, accompagnati da un sinistro suono metallico.

Avrebbe capito subito chi era il suo disturbatore, se non fosse stata così persa in quel baratro in cui era caduta.

 

- Ehi, mocciosa. Che ci fai ancora sveglia?-

 

Fu la sua voce baritonale a riportarla sulla terra.

Lo sentiva poco distante da sé, ma non poteva girarsi.

Non voleva girarsi.

Odiava mostrarsi vulnerabile, soprattutto davanti a lui, che fra tutti era quello che meno tollerava l’essere deboli.

L’avrebbe certamente derisa, e in quel momento aveva bisogno di tutto fuorché di provocazioni inutili.

Attenta a non farsi scoprire, si asciugò le tracce rimaste dalle lacrime.

 

- Non ho sonno…-

 

La voce le tremava, ancora rotta dal pianto.

Sperò che Zoro non lo notasse, anche se era difficile sfuggire ai suoi sensi iper sviluppati.

Inutile.

Se n’era accorto eccome.

Lo capì quando la affiancò, poggiando i gomiti al parapetto e fissandola con la coda dell’occhio.

Zoro era tante cose: un buzzurro insensibile e pieno di sé, un nemico temibile, un demone indomabile; ma era prima di tutto un vero amico su cui contare.

Era sempre pronto ad aiutarli, senza mai chiedere nulla.

Non poteva negare di volere qualcosa di più da lui, oltre all’amicizia, ma sapeva anche che nel cuore di quell’uomo di marmo non c’era spazio per l’amore.

Si era accontentata di essergli solo amica, di essere la sua compagna di bevute notturne.

Tuttavia, non poteva fare a meno di essere felice quando lo vedeva preoccuparsi per lei.

 

- Qualcosa non va?-

 

Ecco la fatidica domanda.

Non che avesse paura a rispondere, sapeva che anche Zoro aveva perso una persona cara e sentiva la sua mancanza: ciò che la intimoriva era il poter scoppiare a piangere di fronte a lui.

Lui aveva grande ammirazione per le donne forti, e le lacrime non erano segno di forza.

Voleva che la vedesse come una donna di cui essere fieri, e non come una femminuccia qualunque.

 

- Sono solo sovrappensiero, tutto qui-

 

Sentiva il suo sguardo su di lei, pesante una tonnellata.

Evidentemente non se l’era bevuta.

Lo vide girarsi di schiena e allontanarsi dietro di lei.

Si stupì: Zoro non era uno che mollava così facilmente.

Se voleva una cosa, faceva di tutto pur di ottenerla.

I suoi pensieri vennero interrotti di nuovo, stavolta da un peso che le gravava sulle spalle.

Stava tanto male da sentirsi addirittura un macigno?

No.

Qualcosa si era posato su di lei.

O meglio, qualcuno aveva posato qualcosa su di lei.

Portò istintivamente le mani alle spalle, sfiorando con le dita un tessuto morbido e caldo.

Una coperta.

La figura del samurai fece di nuovo capolino accanto a lei, nella stessa posizione di prima, come se non se ne fosse mai andato.

Sorrise, avvolgendosi nella stoffa.

Il primo sorriso della giornata.

Era un gesto che chiunque avrebbe ritenuto opportuno fare, ma che fatto da Zoro assumeva un valore inestimabile.

Non era uno da gesti carini o da smancerie, eppure in quella semplice azione c’era gentilezza, un sentimento di cui anche lui, in fondo, era capace.

 

- Almeno pensa con una coperta addosso, altrimenti ti beccherai un malanno-

 

Ovviamente il gesto carino doveva essere accompagnato da un tono autoritario, perché mostrare premura non era da veri uomini.

Bisognava fare i duri.

 

- Detto da uno che va in giro a petto nudo…-

- Tsk! Io sono un vero uomo, e i veri uomini non sentono il freddo. Il loro corpo e il loro spirito sono temprati dalle dure prove a cui vengono sottoposti-

 

E di nuovo si metteva a fare la predica sui suoi principi etici e morali.

Ormai aveva sentito tante volte quelle frasi, ma si stupiva sempre di come lui le seguisse giorno dopo giorno, senza mai venirne meno.

Lo trovava noioso, ma anche incredibilmente ammirevole.

Lei, che rubava e ingannava senza pentimenti, che cambiava idea a seconda di cosa le conveniva, non riusciva a capacitarsi di come si potesse non trasgredire alle regole.

Lui, invece, lo faceva con naturalezza, come se fosse nato per fare quello.

Perché venir meno a uno solo dei principi sarebbe stato un disonore.

Se tutti gli uomini avessero preso esempio da lui, il mondo sarebbe stato un posto migliore.

Fu con quel pensiero che la sua mente tornò a Bellmere, e agli uomini che senza onore avevano stroncato la sua vita come si straccia un foglio di carta.

Non erano nemmeno degni di essere chiamati uomini.

Le lacrime spinsero per riprendere a uscire, mentre la battaglia dentro di lei ricominciava.

 

- Ti conosco. Lo so che c’è qualcosa che non va. È tutto il giorno che sei strana…-

 

Abbassò lo sguardo, alla stregua di un peccatore che viene smascherato.

Era nuda di fronte a lui, non riusciva a nascondergli nulla.

Ancora si chiedeva come facesse a capirla così bene.

Sapeva che poteva appoggiarsi a lui in ogni momento, che Zoro era la roccia alla quale aggrapparsi per non precipitare.

Non aveva senso cercare di mostrarsi forti con lui, perché con il suo solo sguardo sicuro e fiero, o il suo tono baritonale e autoritario, era in grado di far vacillare le certezze di chiunque.

Sentiva di potergli parlare, sicura che lui l’avrebbe capita.

La paura che la deridesse era infondata.

Lui, che per primo aveva provato sulla sua pelle il dolore per la perdita di una persona amata, non si sarebbe mai lontanamente sognato di prendersi gioco di lei.

Alzò gli occhi per incontrare il suo, l’unico rimasto, ma forte e orgoglioso come un tempo.

La prima lacrima scese, mentre la barriera che aveva creato fra loro si sgretolava.

 

- Bellemere…-

 

Fu la sola cosa che riuscì a dire, pronunciandola con un filo di voce, rendendola simile a una disperata richiesta di aiuto.

Ormai al limite, si gettò sul suo petto, scoppiando in un pianto liberatorio.

Non si aspettava che la coccolasse, sapeva che non era un gesto da lui, le bastava solo che la facesse restare per qualche minuto con il volto nascosto nel suo petto, un rifugio sicuro e indistruttibile.

Arrestò i singhiozzi solo per pochi secondi, quando sentì le sue possenti braccia avvolgerla come una seconda coperta, e le sue grandi mani passare lentamente avanti e indietro accarezzandole la schiena.

 

- Va tutto bene-

 

Tre parole, che in quel momento per lei significavano tutto.

Le aveva pronunciate con sicurezza, come se sapesse già che sarebbe riuscito a darle pace.

Era quello che aveva bisogno di sentire.

Si strinse ancora di più a lui, riprendendo a piangere.

Un bacio, delicato e silenzioso, si posò sul suo capo.

Forse si era sbagliata anche sul fatto che lei e Zoro non potessero essere qualcosa di più che semplici amici.

Forse quella giornata così buia avrebbe avuto un piccolo lieto fine, una luce in fondo al tunnel.

Lentamente, una nuova speranza si accese in lei, come una scintilla di vita nuova.

Nella battaglia fra bene e male, un esercito stava per proclamarsi vincitore, dopo un lungo spargimento di sangue.

Un’ultima lacrima cadde silenziosa sul torace del samurai, accarezzandogli la pelle, quasi come fosse un’amante premurosa.

Ma in quella lacrima non c’era più dolore.

Era una lacrima di serenità.

 

 

 

ANGOLO DELL’AUTORE

Sì, lo so…è l’ennesima cavolata, ma che ci volete fare? Anche l’ispirazione va in vacanza a volte, e resta quello che resta...Spero che vi sia piaciuta almeno un po’, è una ff senza pretese, un piccolo momento di fluff e di tristezza.
Fatemi sapere che ne pensate, se vi va!
Baci
Place

 

   
 
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