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Autore: Vella    30/03/2014    10 recensioni
Una famiglia. Una contea. Una residenza.
Jenkins. Buckinghamshire. Winslow Hall. Anno 1896.
Tre storie apparentemente scollegate fra loro. Tre mondi. Tre amori. Tre, il numero perfetto.
Daniel Shaw è un poeta profondamente enigmatico, strano, seducente, romantico. Cerca la sua musa ispiratrice, trovandola d'improvviso in Wendy, una ragazza benestante e solare, con un segreto. Così nasce un amore sconfinato, senza vie, dal sapore della proibizione e dello sbagliato. Un amore fatto di sguardi e di intensi contatti umani.
Viktor Mitchell, uomo di ventotto anni, rude, agognato, senza alcuna forma di desiderio. Veterano di guerra. Ed ora divenuto professore per l'istruzione di famiglie d'alto rango. Un uomo davvero, forse troppo, sbagliato e pieno di peccati. S'innamora perdutamente di Katherine, una ragazza di diciassette anni, giovane, ribelle, forte, eppure la sua unica alunna.
E infine Gerard Collins, ventiduenne, senza tetto, soldi o famiglia. Un gigolò in cerca di amore tra persone che non lo completano. Per questo quando incontra Henry il tumulto di sentimenti che si forma nel suo cuore, lo confonde.
Henry, Wendy e Katherine sono fratelli. Sono la famiglia Jenkins. Sono sbagliati perché non seguono le convenzionali etichette ma lo struggente filo conduttore dell'amore più remoto.
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, L'Ottocento
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Avvertimento: occhio alla parte iniziale, due situazioni diverse sono mescolate in unico paragrafo. Spero che sia tutto chiaro.
Cene a lume di candela

Bolle, bolle dovunque. Bolle fastidiose, bolle grosse e piccole, bolle di sapone che volavano a mezz'aria e si fermavano sul capo della giovane fino ad esalare l'ultimo respiro e scoppiar senza rumore. La vita crudele ed ingiusta di una bolla si concludeva senza colori e senza uno scopo preciso. Il profumo dei non ti scordar di me inebriava l'aria rendendo la stanza blu ancora più dolce e perfetta di quanto non lo fosse già. I seni erano a contatto con l'acqua calda e la pelle rabbrividiva ogni qual volta una bolla si spezzava dinanzi ai suoi occhi candidi e puri da ogni tipo di morte. Girò appena il capo verso la sua sinistra e scorse il grosso specchio poggiato alla parete blu, il riflesso che vide fu di una falsità tale da incuterle un forte senso di timore e irrequietezza.
Si alzò di scatto, lasciando la chioma rossa ricaderle sulla schiena bagnata e non rivolse alcuna occhiata alla vecchia e bonaria Sheila che le porgeva un lenzuolo morbido e profumato.
I corpetti erano stati fatti per stringere fino a soffocare l'esile busto di giovani ragazze in cerca di mariti. I nastri blu vennero sciolti con violenza e quando lo sentì cadere sul pavimento insieme alla sontuosa gonna, si godette la larghezza della sottana bianca senza forma che le copriva il corpo ben cresciuto.
Le ante dell'armadio in ebano vennero aperte e un vestito color zucchero posato gentilmente sul letto. La ragazza dai capelli corvini lo indossò, lasciando che la crocchia acconciata con mille forcine facesse il suo effetto e che il vestito di zucchero ricalcasse i suoi fianchi non più piccoli.
Wendy coprì lo specchio con il lenzuolo porto da Sheila e si lasciò cullare dalle sue mani mentre l'asciugava e riportava sul divano in pelle un nuovo vestito color arancia.
Katherine abbottonò il vestito fin sotto il mento e si lasciò incipriare il naso con della nuova polvere bianca, dopodiché entrambe, quasi come se fossero state risucchiate da un vortice di conseguenze, si ritrovarono l'una di fronte l'altra sul primo gradino delle scale. Nero contro rosso. Lo schioccar della lingua si tramutò in un eco lontano risuonante nel corridoio principale. Entrambi i petti si alzavano ed abbassavano velocemente e gli occhi erano carichi di elettricità.
―Mia cara sorella, come state?― Chiese Katherine raggiungendola e le porse un braccio per scendere la rampa.
Le due non avevano mai osato darsi del tu se non in rare occasioni. Essendo l'opposto non provavano né odio né amore, forse solo del rispetto reciproco. Condividevano lo stesso tetto ma i cuori erano la diversità dei secoli: un antico ottocentesco e un nuovo novecentesco.
―Mi sento alquanto bene...― sorrise Wendy.
E allora Katherine continuò ad alimentare la sua conversazione malsana e doppiogiochista: ―Abbiamo un ospite stasera. E' un uomo noioso e per nulla divertente. Davvero una palla al piede―.
―Ma cosa dite, Kath? Il signor Shaw è un uomo perspicace. Si sa che i poeti hanno sempre quell'aria vagamente lunatica ma... non mi sembra il caso di trarre queste conclusioni così affrettate e maligne―.
La ragazza dai capelli corvini rivolse uno sguardo indagatore alla rossa e scosse il capo.
―Mi riferisco al signor Mitchell, rimarrà qui a cena. Tu sai di chi sto parlando, vero?―
―Oh, piccola peste, alludevi al tuo precettore!― rise Wendy accarezzando la guancia della sorella con il palmo della mano, ormai erano arrivate davanti al portone della sala da pranzo.
Katherine chiuse gli occhi lasciandosi sfuggire un gemito di soddisfazione e allo stesso tempo di irritazione:
―Com'è questo poeta allora? Interessante?― cambiò argomento e posò le dita sulla maniglia d'oro finto fredda. Wendy arrossì e balbettò: ―E'-è... di buona compagnia―.
Noioso, pensò Katherine.
E poi, velocemente fecero il loro ingresso nella sala.
Henry era seduto alla destra del padre, Daniel lo seguiva, Viktor alla sinistra e parlottavano sconnessamente tutti insieme di cose che nessuna delle due nobildonne si apprestò a coglierne il senso.
Katherine osservò il viso angusto e spigoloso del poeta, i lunghi capelli arricciati che gli ricadevano sulle spalle lo rendeva alquanto strano. La giovane non aveva mai visto un poeta e comunque aveva sempre dipinto quel tipo di persona come un artista superiore che riusciva a trarre ad ogni parola detta una sfumatura maggiore, una sensibilità e una delicatezza che personalmente lei non avrebbe mai colto.
Il vecchio Ernest guardò le sue ragazze mentre si lasciavano andare ad una leggera riverenza e si sedevano le una di fronte alle altre: Wendy era di fianco a Viktor e Kath di fianco a Daniel.
―Ebbene, visto che ci siamo tutti, possiamo iniziare―. Un sorriso mellifluo dipinse il volto dell'uomo e quando una giovane e gentile cameriera gli servì del pollo arrosto lasciato rosolare a lungo in spezie profumate e salse forti, non perse occasione di guardarle il décolletté.
―Voi dovete essere Katherine―, sorrise Daniel rivolgendosi alla ragazza, lei annuì leggermente e lo guardò di nuovo in viso: ―Esattamente, sir. Come trascorrete le vostre giornate nella tenuta? Vi sono d'aiuto questi paesaggi?―
―Sicuramente li trovate suggestivi―, si intromise Ernest addentando il pollo.
―Oh, senza alcun dubbio. Trovo che la tranquillità, la serenità e la pacatezza di questa casa giovi molto al mio stato precario. Era proprio quello di cui avevo bisogno, lo ammetto.― rispose Daniel guardando le pietanze nel piatto.
―Siete un poeta strano, sir―. Brontolò Ernest asciugandosi la bocca con un tovagliolo ricamato a mano.
Viktor non disse nulla, si stava limitando ad assaggiare il pane casareccio insieme a quelle salse rivoltanti. Il suo sguardo era perso in altri pensieri, in un altro mondo e altri porti.
Notò che la dolce Wendy era decisamente molto più educata e tendenzialmente ubbidiente, e si chiedeva se fosse stato meglio avere lei come allieva.
―Mr Mitchell gradite altra salsa?― domandò Ernest, Viktor rivolse un'occhiata al suo datore di lavoro. Il signor Jenkins provava un certo rispetto per il precettore della figlia, lo capiva dallo sguardo brillante e astuto che gli rivolgeva, dalla cortesia nella voce e dalla leggera confidenza che lasciava trasparire quando gli parlava direttamente. Sorrise. Altra salsa? Sarebbe morto e non era un eufemismo malsano, quello.
―No, vi ringrazio, non tendo mai a mangiar più del dovuto―. Katherine indurì i lineamenti del volto e non alzò mai lo sguardo, non fu pertinente, non gli rivolse né parola né alcun segno di fastidio. Mentre vestiva gli indumenti della sera aveva escogitato un secondo piano. Un piano che avrebbe decisamente funzionato e l'avrebbe lasciata senza un minimo di forza vitale.
Guardò il padre e notò quanta delicatezza e sarcasmo usasse con quell'uomo. Ma perché? Sospirò e scambiò qualche altra frase di convenevoli al poeta che come aveva previsto non le suscitava alcuna attrazione o interessamento.
Quando la cena si concluse gli uomini si trasferirono nella sala da biliardo, Ernest fumava la pipa ed osservava Daniel ed Henry mentre si concentravano sulle palle da gioco e sulle stecche poco affinate. Viktor si sedette a fianco del signore e quando vide le due giovane sorelle congedarsi rivolse un unico sguardo ad ambedue seguendole finché la porta non fu chiusa.
―Allora, parlate...― disse Ernest ora concentrandosi su Viktor. Il maestro abbassò il capo e non trattenne un sorriso: ―E' la ragazzina più maleducata che io abbia mai conosciuto, sir. Non credo che abbia dote e questo mi dispiace dirlo―. Parole dure, veloci, escogitate, non lo guardò negli occhi, non riusciva ad essere sfacciato sino a quel punto.
―Non proviate rancore. Lo immaginavo. Ebbene, credo che ora dobbiate congedarvi, non vorrei trattenerla ulteriormente. Henry è stato fin troppo impulsivo con quell'invito. L'accompagno alla carrozza―. Espresse Ernest alzandosi insieme a Viktor e dopo i dovuti saluti con gli altri due uomini si incamminarono verso il portone di casa. Il signore indossò una pelliccia verde e lunga per coprirlo dal freddo.
Arrivarono alla carrozza.
L'uomo fermò il giovane per un braccio e la cosa infastidì in una maniera inumana Viktor. Le guance arrossate di Ernest lasciavano trasparire quanto vino avesse bevuto.
―Questa è una ricompensa molto importante, Mr Mitchell. Conto su di voi e sul fatto che riuscirete a farla diventare minimamente donna―, rise e gli consegnò una busta sigillata, la stessa che giorni prima aveva ricevuto Elizabeth a Londra da suo fratello.
“Lo diventerà”, sorrise Viktor. La verità in quelle parole era paurosa.



Aveva indosso un lungo abito viola, che le stringeva i fianchi, le risaltava il seno, pronunciava le sue forme da eterna ragazza giovane ed in cui i fili del corsetto erano stati tirati fino a toglierle il fiato. Era lo stesso giorno il quale aveva ricevuto la lettera dalle mille sfumature. La notte era inoltrata, l'orologio a pendolo segnava la mezzanotte e il trucco della donna, fatto accuratamente quella mattina, era diventato un'ombra chiara sul suo viso impallidito. Al centro del grosso tavolo in ottone del grande salotto, era stato posizionato un grosso boccale di vino, le pietanze invece erano già state servite e mangiate in abbondanza. Charlotte, mentre attendeva, si lasciò andare alla lettura di un vecchio raccoglitore di poesie regalatole più di dieci anni prima da un cliente assai bizzarro il cui nome non rammentava più. Aspettò un'altra mezz'ora, in attesa che Viktor Mitchell scendesse dai suoi appartamenti. Non le era mai capitato di dover attendere un uomo più di dieci minuti e la cosa riusciva a turbarla.
La stanza dell'Espiazione era un piccolo mondo in cui si rinchiudeva quando non c'era nulla da fare in hotel. Era il suo studio, la sua camera da letto, la sua sala da pranzo e l'unico luogo che tollerava completamente e che le donava attimi di pace e di sollecitudine.
Si riempì il calice di acciaio con altro vino e posando il libro di poesie diede uno sguardo dalla finestra che affacciava sul retro del bordello. Dopo alcuni minuti in cui l'unico rumore erano i sospiri lussureggianti del piano superiore fu scossa dal trotto di cavalli. Trangugiò le ultime gocce di quell'ottimo vino rosso e aprì la finestra che si trovava al lato opposto della prima e dove la quale affacciava direttamente sulla grande strada principale.
Vide l'uomo dal cappotto nero scendere dalla sua Berlina e ne rimase stupefatta; diede uno sguardo di nuovo all'orologio e non capiva come fosse possibile. Era sicura che Viktor fosse tornato già da molte ore e che avesse cenato nei suoi alloggi. Però, adesso che ci pensava attentamente perché avrebbe dovuta farla aspettare per quasi un'ora? Charlotte lasciò perdere quelle congetture, avrebbe spiegato lui stesso del ritardo e di quel ritorno così sospettoso. Almeno lo era per lei.
Si sedette sulla poltrona in fiori e chiuse gli occhi lasciandosi andare al vino che stava facendo il suo effetto insieme al buio della stanza mischiato al tepore del fuoco scoppiettante.
Tre tocchi vicino alla porta bastarono per farlo entrare e quando gli occhi di Charlotte si posarono sul viso dell'uomo, il suo corpo ebbe un sussulto.
―Buona sera, milady― espresse il veterano avvicinandosi alla donna che porse la mano e se la lasciò baciare grata. Viktor era ghiaccio, lo aveva scorto dagli occhi, dal movimento leggermente storpiato, dalla cicatrice quasi invisibile sul collo, dai capelli arruffati con diligenza.
―Come mai questo ritardo, sir? Spero sia ragionevolmente giustificato, aspettare diventa una tortura in certe occasioni―. Soffiò Charlotte lasciando andare la stretta di mano.
―Mi hanno trattenuto, milady. Una cena nella tenuta dei Jenkins del tutto inattesa. Non potevo fare altro che adeguarmi. Vogliate accettare le mie scuse?― Charlotte scosse il capo ridendo e gli disse di sedersi e prendere una coppa di vino. Lui non si lasciò pregare.
―Ebbene, mio giovane e nuovo amico, a chi ha giovato di più questa cena? Me o voi?― Viktor posò il calice vuoto sulla scrivania a pochi palmi da lui ed infilò una mano nella giacca lasciando cadere sulle gambe dell'elegante donna l'invito ricevuto: ―Entrambi, deduco―.
Charlotte ruppe il sigillo ed estrasse la carta.
Le bastarono pochi attimi e poi iniziò a ridere convulsamente, l'ingenuità di Jenkins Ernest superava i limiti massimi di cui lei aveva sperato un'esistenza.
―Perché?― rise ancora, ―che senso ha? Vi ha invitato al ballo dopo neanche un giorno!―
―Sta cercando di conquistare il mio favore, milady. Lui vuole che sua figlia diventi disciplinata; con una certa mente brilla mi ha sussurrato all'orecchio che avrei dovuto far di tutto per rendere la ragazzina una donna.―
―Ci può scommettere, quel vecchio bifolco―. Rise di nuovo, il viso di Viktor si dipinse di sarcasmo e dovette concedersi anche lui un sorriso.
―Allora, Viktor caro, state attento su ciò che ho da dirvi in questo momento. Non sarà facile accontentare ciò che la mia mente progetta ma io confido nelle vostre più illustri capacità. E quindi, prestate interesse―, Charlotte si alzò dal divano e si sedette su una sedia di legno a fianco dell'uomo nonché suo dipendente, ―queste due settimane passeranno nel gelo più profondo, nulla cambierà, nulla trasparirà dal vostro viso, non guarderete la vostra alunna, non la studierete neanche per un attimo, la maltratterete, la insulterete e la deriderete se le occasioni si presenteranno. Sarete un precettore all'antica, proprio quello di cui il Vecchio ha più bisogno di questo momento: una certezza sulla figlia scapestrata.―
―E poi?―
―E poi il ballo giungerà e una nuova notizia si farà largo tanto da incuriosire pure i ciechi―.
―Quale, milady?―
Charlotte sorrise e si scostò dall'orecchio di Viktor.
―Il ballo Nevoso è famoso per i suoi temi singolari e divertenti―.
―Qual è il tema di quest'anno, mia signora?―
―Un ballo in maschera―.
Ma quello era solo l'inizio.
―Un semplice ballo mascherato?―
―Le cui maschere saranno beffe di personaggi famosi―.
―Ad esempio?―
―Io sarò Vittoria―.
E risero, entrambi, di nuovo con gusto.
―Un tema davvero carino eppure... ho una vaga sensazione che non si tratti solo di un ballo in maschera―. Viktor si riempì un nuovo calice di vino e Charlotte annuì ancora divertita.
―Infatti, mio caro. Il tema delle maschere si mischia alla lussuria più antica―.
―E quindi milady? Vuole che già al ballo io...―
―No! Assolutamente no! Non con lei.―
―E con chi allora?―
Charlotte si avvicinò di più all'orecchio e il nome che gli sussurrò rimase incastrato tra i loro pensieri. Si sentì un forte tintinnio, il freddo rosso si espanse sul pavimento e l'aroma del vino inebriò l'animo turbato di Viktor.


Spazio scrittrice:
Direi che dopo tre settimane (o forse quattro) era pure ora che aggiornassi!
Mi dispiace per questo leggero ritardo ma sono stata risucchiata nel mondo della lettura e non riuscivo a staccarmici. Sono un caso perso. Me ne rendo conto.
ALLOOOORA, che ne pensate? Confuso, stupido, superficiale, veloce? Ebbene, fatemi sapere!
AVVISO:
Il prossimo capitolo racconterà ciò che è successo fino al Ballo Nevoso dopodiché arriverà il grande giorno, o quasi.



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