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Autore: LazySoul    30/03/2014    8 recensioni
Salve a tutti :)
In questa storia si alterneranno le vicende delle due coppie protagoniste: Luna/Blaise e Pansy/Theodore.
La vicenda è ambientato in un sesto anno alternativo, dove il Signore Oscuro e i suoi Mangiamorte sono riusciti a conquistare Hogwarts, Harry e Ron sono fuggiti, mentre Hermione, Luna e altri ragazzi sono trattati come servi nella loro stessa scuola. Malfoy e Zabini aiuteranno le due ragazze (se volete sapere il perchè vi consiglio di leggere "Mai scommettere col nemico" e "Mai fidarsi del nemico") e le nasconderanno all'interno della scuola. Ed è così che Blaise e Luna dovranno condividere la stessa stanza, finendo con l'avvicinarsi sempre di più l'uno all'altra. Riuscirà Blaise a confidarsi con lei? E Luna sarà in grado di farlo innamorare?
Nel frattempo Pansy e Theodore sono in missione con Greyback alla ricerca di alcuni professori che sono riusciti a fuggire da Hogwarts. Pansy vorrebbe rivelare al giovane i propri sentimenti, ma ha paura di rovinare l'amicizia tra loro così impone a se stessa di non dirgli niente. Cosa succederà quando Theodore le dirà di chi è innamorato? Sarà lei la fortunata?
Bene, detto ciò, non mi resta altro che augurarvi una buona lettura! ^^
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Luna Lovegood, Pansy Parkinson, Theodore Nott | Coppie: Draco/Hermione, Pansy/Theodore
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Da VI libro alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Mai Scommettere col Nemico'
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Capitolo quarto
(Pansy's point of view)
 

 

«Continueremo domani mattina», disse Greyback, il tono di voce basso e pieno di fastidio e furia repressa.

Avevamo cercato tutta la notte una donna di cui non avevo mai sentito parlare. Le poche informazioni che ci avevano fornito mi avevano fatto venire in mente una di quelle donnine basse, ma piene di coraggio, che combattevano fino all’ultimo respiro per ciò che credevano...

Insomma, una Hermione Granger di cinquantatré anni alta un metro e cinquantotto con i capelli neri e gli occhiali.

L’avevamo cercata in casa, ma quel luogo sembrava disabitato da anni, eravamo andati allora nel negozio di articoli babbani che aveva aperto nella Londra magica, ma avevamo trovato tutto chiuso ed impolverato.

Erano passate da poco le undici di sera ed erano all’incirca tra ore che giravamo tutta Londra, magica e non, alla ricerca di quella donnina, era ora che quell’ottuso di un lupo mannaro ci lasciasse andare a dormire!

Avevo le gambe che mi dolevano per le continue corse che avevo dovuto sostenere quando Greyback era convinto di aver avvistato la persona giusta e ci urlava di inseguirla. Per non parlare dei miei capelli completamente spettinati e per la povera unghia dell’indice sinistro che aveva pensato bene di spezzarsi.

Sapevo che lamentarsi di certe cose non avrebbe sortito nessun effetto soddisfacente, quindi ero rimasta zitta tutto il tempo, sorbendomi i continui monologhi di Greyback e i suoi falsi allarme.

L’unica rassicurazione era rappresentata da Theo e dalla sua calma infinita, ma soprattutto dalle veloci e fin troppo brevi occhiate che ci lanciavamo, ogni tanto, complici.

Se proprio dovevo essere sincera ero contenta di essere lì con lui, vicina eppure così lontana...

Scossi la testa, scacciando quei pensieri molesti dalla mia mente e concentrandomi.

Mi ero ripromessa che il rapporto tra me e Theo sarebbe stato solo e soltanto d’amicizia e dovevo rimanere coerente con me stessa.

«A che ora?», chiesi, certa che Greyback non mi avrebbe mai lasciato riposare le otto ore necessarie alle mie occhiaie per scomparire quasi del tutto e per il mio corpo di riposarsi abbastanza.

«Alle sei vi voglio in piedi, verrò comunque io a chiamarvi», disse, prima di afferrare entrambi per un braccio, in modo da materializzarci all’interno di una piccola stanzina.

Se era un hotel, doveva essere uno dei peggiori nella zona.

La camera era costituita da quattro pareti spoglie dove la carta da parati tendeva a lasciarsi condizionare troppo dalla forza di gravità, come anche il calcestruzzo del soffitto. La moquette era color cioccolato, ma in alcune zone era talmente sporca da raggiungere tonalità tendenti al nero carbone. Le tendine alla finestra erano ingiallite, come se non vedessero un po’ d’acqua e sapone da mesi. Per ultimo il mio sguardo si posò sul letto ad una piazza e mezza, su cui spiccavano le coperte giallo canarino in netto contrasto con i colori neutri del resto della stanza.

L’aria era stantia e l’odore di sudore che vi permeava era semplicemente disgustoso.

Prima che potessi chiedere a Greyback se stesse scherzando, era già scomparso grazie ad una materializzazione.

Strinsi forte le labbra per trattenermi dall’imprecare e mi voltai verso Theo, notando anche sul suo volto la mia stessa espressione, dove orrore, disgusto e rassegnazione si mescolavano.

«Non è uno scherzo, vero?», sussurrai, sapendo perfettamente di sembrare una bambina petulane, ma non potendone fare a meno.

«Temo di no», disse, mentre continuava a studiare l’ambiente microscopico in cui ci trovavamo.

All’improvviso realizzai una cosa che, fino a due secondi prima, non avevo intuito.

Avremmo dovuto dormire insieme, non solo nella stessa stanza, ma addirittura nello stesso letto.

Raggelai interamente, impedendomi di esultare a ciò che stava succedendo.

“Come farai ora a non saltargli addosso, Pansy?”, mi chiesi, sospirando piano, prima di portarmi le braccia intorno al corpo, abbracciandomi.

Mi avvicinai al letto, studiandolo appena, prima di sorridere appena.

Forse avevo trovato una soluzione.

«Dici che se duplicassi il letto sarebbe un problema? Così potremo dormire più tranquillamente», proposi, voltandomi di tre quarti verso di lui, certa che, se l’avessi guardato in faccia in quel momento, avrei finito per fare qualcosa di avvero stupido.

«Fatica già a starci questo di letto nella stanza, dove vai a dormire, eh? In corridoio?»

Abbassai di colpo lo sguardo e le spalle, sconsolata.

Possibile che non ci fosse un modo per non dormire con lui quella notte?

Sapevo quali erano i miei limiti e sapevo anche quanto ero disposta a soffrire.

Passare la notte a pochi centimetri da lui senza avere la possibilità di toccarlo sarebbe stata la tortura peggiore che avrei potuto affrontare e non ero certa di poterlo fare.

Mi superò, andandosi a sedere sul letto e rimbalzandoci sopra col sedere per un paio di volte.

«È più morbido di quanto sperassi», disse, sorridendomi, mentre si sfilava il mantello e lo lasciava su uno dei due piccoli comodini in legno chiaro ai lati del letto.

«Bene», riuscii a dire, ignorando il battito accelerato del mio cuore e le gambe che cominciavano a diventare gelatina.

Sapevo che non avrei mai e poi mai fatto il primo passo, ma il pensiero di mostrarmi troppo affettuosa nei suoi confronti continuava a tormentarmi.

Camminai fino all’altro lato del letto, togliendo a mia volta il mantello e sedendomi sulle coperte gialle.

Sprofondai piacevolmente sul materasso, concordando con Theo: quel letto sembrava davvero comodo e morbido.

Disfai la coda con cui avevo costretto i miei capelli per tutto il giorno e mi sfilai il maglioncino nero, rimanendo con addosso una semplice camicetta bianca.

Sfilai le scarpe e scostai le coperte, così da potermici sdraiare sotto.

Mi imposi di continuare a dare le spalle a Theo, nascondendogli così il mio imbarazzo e permettendo a me stessa di ignorare la vocina maliziosa che mi diceva di approfittare della situazione, mentre sentivo chiaramente il frusciare di vestiti contro la stoffa a pochi centimetri da me.

Chiusi forte gli occhi, dicendomi che dovevo essere forte ed ignorare il mio cuore che batteva come un forsennato, ripetendomi all’infinito che io e Theo eravamo solo amici, nient’altro.

«Pansy?»

Irrigidii istintivamente le spalle, prima di voltarmi appena dalla sua parte, notando come indossasse solo una camicia bianca che delineava fin troppo bene il suo corpo asciutto ma allenato e i pantaloni scuri.

«Sì?», chiesi, con il tono di voce più normale e neutro possibile.

«Ti dispiacerebbe se togliessi anche i pantaloni?», la sua voce era tranquilla e naturale, proprio la voce di una persona che non stava pensando in nessun modo al sesso.

Se lui riusciva a resistere all’attrazione, allora dovevo farcela anche io, no?

«Fai pure, non è un problema», dissi, riuscendo addirittura a sorridergli, lasciandogli intendere che andava tutto bene, quando in realtà rischiavo di andare in iperventilazione da un momento all’altro.

«Puoi toglierti anche tu i tuoi. Non mi dà fastidio e così starai anche tu più comoda»

Strinsi forte le mani a pugno e mi chiese se davvero non sentisse nemmeno un po’ di attrazione verso di me o se semplicemente si stesse divertendo a mettermi in difficoltà.

In entrambi i casi dovevo mostrarmi il più normale possibile.

«Hai ragione», gli sorrisi: «Seguirò il tuo consiglio»

Una volta tolti anche i pantaloni scuri, decisi di osare un po’ di più, riuscendo a sfilarmi il reggiseno da sotto la camicetta.

Quando tornai sotto le coperte che, per quanto non avessero un buon odore, erano almeno calde, sorrisi: in effetti senza la costrizione dei vestiti, che mi ero appena tolta, stavo molto meglio...

Appena sentii il materasso cedere sotto il peso di Theo m’innervosii, stringendo forte tra le dita alcuni lembi di coperta.

Non era la prima volta che dormivo con un uomo e non sarebbe stata nemmeno l’ultima, ma allora perché il mio cuore continuava a martellarmi nel petto come se volesse uscire?

Chiusi gli occhi, stringendo il più possibile le palpebre, mentre provavo a regolarizzare il mio respiro.

«Pan?»

La sua voce sembrava giungere da così vicino che sussultai, chiedendomi perché non potesse semplicemente voltarsi dall’altra parte e dormire, ignorandomi.

Feci una smorfia nel sentire che utilizzava ancora quello stupido nomignolo che avevo sempre odiato, anche se la sua voce riusciva a rendere quel soprannome stranamente dolce...

«Si?», sussurrai, sperando quasi che non mi sentisse.

«Questa guerra mi terrorizza»

La sua confessione mi fece sentire un calore caldo all’altezza del petto, mentre mi sentivo onorata della sua fiducia nei miei confronti.

«Anche a me Theo», ammisi, chiedendomi se mi dovessi voltare verso di lui o no.

«Ho sempre l’impressione che ogni giorno debba essere l’ultimo sempre»

Aggrotti le sopracciglia, chiedendomi dove volesse andare a parare.

«Penso che un po’ tutti si sentano così»

«Pan?»

Cercai di resistere alla tentazione, ma alla fine non ce la feci e mi voltai interamente verso di lui: «Dimmi»

A causa del buio non riuscivo a scorgere completamente la sua figura, ma mi accontentai del vago profilo del tuo viso che, vicinissimo al mio, mi sembrava quello di un peccaminoso angelo caduto.

Il suo profumo invase ogni anfratto del mio corpo, mandando in defibrillazione il mio povero cuore innamorato. Quella vaga fragranza di uomo e di spezie era ormai diventata la mia droga preferita, così ne approfittai per fare il pieno di quel profumo ormai indispensabile per il mio organismo.

«Ho bisogno del tuo aiuto»

Non registrai subito le sue parole, troppo persa nell’aura pacifica in cui la vicinanza di Theo mi catapultava: un mondo perfetto, dove non avevo bisogno di nulla se non respirare il suo profumo...

Oddio, stavo diventando così patetica! Possibile che mi fossi fumata il cervello senza nemmeno rendermene conto?

«Che tipo di aiuto?», chiesi, riuscendo a risultare abbastanza naturale, anche se dentro di me c’era un tornado di emozioni inespresse che combattevano per uscire dalle mie labbra.

«Temo di essermi innamorato», sussurrò piano, facendomi sussultare e sbarrare di colpo gli occhi.

Non era possibile.

No, non stava per confessarmi i suoi sentimenti, non poteva essere innamorato di me...

Ma per quanto continuassi a ripetermi mentalmente quelle parole continuavano ad esserci delle vocine dentro di me che mi illudevano, dicendomi quanto fosse perfetta la situazione; romantica anche... se non si teneva conto delle pessime condizioni in sui si trovava quella stanza, ovviamente...

Sorrisi, lasciandomi trasportare dalla speranza.

«Innamorato?», sussurrai, avvicinando appena il viso, sentendo ancora più chiaramente il suo profumo.

«Temo però di non essere ricambiato», mormorò.

Il mio cuore perse un battito e mi ritrovai un groppo in gola che faticai a sciogliere: «Non è detto», dissi, senza espormi troppo e resistendo alla forte tentazione che avevo di saltargli al collo e di baciarlo.

«Hai ragione, non so se sono ricambiato o no...»

Annuii, aspettando che continuasse.

Ero talmente agitata che i palmi delle mie mani erano completamente sudati, mentre la voce rischiava di andarsene da un momento all’altro a causa della troppa emozione.

Dillo, dillo, dillo...

Continuavo a pensare, spettando in ansia il momento in cui si sarebbe dichiarato.

«Ed è per questo che ne sto parlando con te...»

Avrei voluto ci fosse una luce nella stanza, in modo da poter vedere il suo volto in quel momento, capire se anche lui fosse emozionato quanto me...

«Pan...», sussurrò piano, sospirando appena: «Credo di essermi innamorato di Daphne»

Tutte le speranze che avevo costruito e nutrito si frantumarono in mille pezzi, lasciandomi senza fiato, vista e udito per un breve secondo, mentre mi sentivo precipitare.

Mi chiesi come avessi potuto permettere al mio cuore di soffrire di nuovo per amore, quando mi ero ripromessa che non sarebbe più successo.

Strinsi forte le labbra per qualche istante, imponendo alle lacrime di non bagnarmi il viso e al nodo di sentimenti inespressi che avevo in gola di rimanere tali.

«Perché non gliel’hai detto?», chiesi, stupendomi di quanto la mia voce fosse bassa e monotona.

«Avevo paura di rovinare la nostra amicizia...», ammise Theo, incrinando ulteriormente le crepe del mio cuore.

«Perché l’hai detto a me?»

Avrei voluto fuggire da quella stanza, correre fino a quando non avessi avuto più energia, urlare fino a quando non sarei rimasta senza fiato e piangere fino a quando non avessi prosciugato tutte le mie riserve d’acqua.

Invece non potevo, perché se l’avessi fatto avrei dovuto dare delle spiegazioni che non ero pronta a dare, soprattutto ora che Theo mi aveva rivelato i suoi sentimenti nei confronti della mia migliore amica.

Non sapevo se Daphne ricambiasse o no i sentimenti del moro, ma era diventata di colpo la mia peggiore nemica...

«Speravo che potessi fungere da intermediaria... ti dispiacerebbe?»

Sospirai, cercando di rilasciare con quel respiro tutto il dolore che sentivo opprimermi il petto.

«Cosa dovrei fare?», quella parole mi costarono molto.

Non saprei nemmeno dire come riuscii a non scoppiare a piangere subito dopo averle pronunciate.

Chiusi gli occhi, rendendomi conto che la forte gelosia provata fino a due istanti prima era stata sostituita dalla rassegnazione.

«Chiederle cosa prova per me»

Analizzai la situazione da un punto di vista razionale, imponendo al mio cuore di non interferire.

Avrei potuto benissimo dirgli di no, accampando la scusa che dovesse farlo lui, rischiando il tutto per tutto... ma con che coraggio avrei potuto costringerlo a fare ciò?

Io, la prima che si nascondeva dietro ad una maschera per impedirgli di vedere e capire quanto l’amavo, non sarei mai riuscita ad essere così ipocrita.

Soprattutto non con lui.

E poi aiutarlo sarebbe potuto risultare utile...

Nel caso Daphne non avesse ricambiato i suoi sentimenti io lo avrei potuto consolare da amica, sperando che anche lui un giorno si sarebbe innamorato di me...

«Va bene, posso provarci»

Il suo profumo si fece ancora più vicino e penetrante, mentre sentivo le sue braccia circondarmi in un abbraccio stritolatore.

Mi lasciai stringere da lui, anche se sapevo che poi, quando si sarebbe allontanato, mi avrebbe provocato un dolore fisico.

«Grazie, Pan. Sei la migliore»

Sorrisi appena, costringendomi a ricambiare l’abbraccio, ignorando la sensazione di calore che sentire il suo petto forte contro il mio mi dava.

«Come farei senza di te, mmh?»

«Temo che non lo saprai mai», sussurrai, nascondendo il viso contro il suo collo.

Inspirai a fondo e sentii chiaramente che dentro di me si spezzava quel poco di autocontrollo rimastomi, così mi allontanai, augurandogli la buona notte e voltandomi dall’altra parte, prima di lasciare che le calde lacrime della delusione mi rigassero il viso.

  
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