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Autore: Eleven    06/07/2008    13 recensioni
"Sei pazzo? Ci guardano tutti!"
"Che guardino. - sibilò. Poi mise su un'espressione furba che piacque poco alla riccia - Ne ho bisogno ora." ripetè ricordando le parole di lei della sera prima.
La Granger arrossì istantaneamente e con una piccola spinta lo allontanò da sé.
"Vedi di prendere meno in giro, che di certo non ti sei sottratto. - borbottò - Dobbiamo andare a lezione."
Draco si accigliò appena, guardandola riprendere il passo dietro agli altri Grifondoro.
"E immagino che a te la voglia di seguirla non passi mai, eh?" le chiese all'orecchio raggiungendola.
"Esatto." rispose piccata.
"Non c'è nessuna speranza di indurti a saltarla?" sussurrò mellifluo.

(Dal capitolo 28) - Introduzione modificata.
______30° ed ULTIMO CAPITOLO POSTATO_______
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Pansy
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Eccoci arrivati al capitolo che

Eccoci arrivati al capitolo che dà il nome a questa fic (anche se in realtà il capitolo è venuto dopo la scelta del titolo), e alla sua fine. Da tempo pensavo a quando sarei arrivata qui, e pensavo di fare ciò che effettivamente farò, ma alla fine del capitolo, dopo le risposte alle recensioni. Buona lettura.

 

 

- Dedico il capitolo a piperina, perché mentre lei piangeva leggendolo, io ridevo del fatto che un'autrice così brava potesse piangere per queste quattro parole messe insieme. Gioisci, Coly, la tua pulci sta per terminare la sua Libertà ^.^ -

 

 

 

Passione Dannata

 

 

Un ripetitivo rumore di passi risuonava tra le pareti piastrellate dell'infermeria di Hogwarts, mentre madama Chips, regina nel suo mondo di pozioni curative, faceva il suo giro di controllo mattutino dei pazienti.

 

Fu in questo insieme confuso di rumori che Hermione Jane Granger aprì gli occhi sul soffitto bianco sopra al suo letto.

 

Quel suono insistente di passi la infastidiva, ed era anche certa di conoscerne il proprietario.

 

"Signorina Granger! - esclamò l'infermiera passando con una garza in mano - Si è svegliata finalmente! C'è..."

 

"...Draco Malfoy che vuole vedermi." concluse per lei la ragazza.

 

La Chips si accigliò per un attimo, poi riprese il suo contegno materno e le regalò uno sguardo pieno di comprensione.

 

"Vuole che lo faccia entrare o no?"

 

"Io... - esitò Hermione - Io... No, no, grazie..."

 

La donna annuì e fece per andarsene, quando la riccia la richiamò.

 

"Madama Chips. - cominciò - Si sa cos'è successo?" chiese accennando al suo braccio ora fasciato. La benda bianca era già per metà contaminata da una macchia sul rosa, a testimoniare il sangue che ancora si spandeva sotto la medicazione.

 

"Solo io e il professor Silente. - la rassicurò la donna - Il signor Malfoy - pronunciò con una smorfia - è stato molto riservato. Ma credo che presto verranno informati anche i signori Potter e Weasley."

 

Scontato, pensò Hermione. Ma la cosa non la infastidiva.

 

Chiuse gli occhi. "Grazie."mormorò all'infermiera che discretamente si stava già allontanando.

 

 

 

Le voci poco dopo arrivarono a Hermione attutite dai vari paraventi che separavano i letti dall'entrata dell'infermeria, e finalmente, notò, il rumore di passi era cessato. Sentì Draco chiedere:

 

"Come sta?"

 

Immaginò l'infermiera premersi un dito sulle labbra in segno di silenzio, come probabilmente stava facendo, prima di udire la risposta.

 

"La signorina Granger è in uno stanco dormiveglia e decisamente non è ancora nelle condizioni di vederla, signor Malfoy. Torni nel suo dormitorio..."

 

La riccia tentò di trattenere una risatina al tono implorante e fintamente materno che la Chips aveva usato rivolgendo quest'ultima frase alla sua dannazione degli ultimi sei anni. Draco Malfoy, infatti, infestava spesso l'infermeria a causa della sua indole battagliera: o ci spediva qualcuno, o ci finiva lui, che avessero un braccio rotto, il naso sanguinante o qualche ferita da incantesimo. Fatto stava che Poppy, come erano soliti chiamarla gli studenti più affezionati, non ne poteva davvero più.

 

"...può sempre tornare stasera o domani."

 

 

 

Con lo sbattere di una porta, l'infermeria rimase nuovamente immersa nel silenzio. Draco doveva aver annuito silenziosamente, come spesso faceva, e preso la porta subito dopo, lasciando Hermione alle sue rimuginazioni. Chi poteva averla attaccata a quel modo?

 

Riflettè su quello che, sotto forma di aquila, aveva dovuto patire. Quella conoscenza del volo e delle possibilità che il corpo di un falco danno non era di certo propria di uno studente alle prese con il "Mepse Mutare", come lei. Senza contare che pochi fino ad allora vi riuscivano.

 

D'altra parte, un vero falco non aveva motivo di attaccare due studenti nella Torre di Astronomia, né mai l'aveva fatto prima.

 

Dunque doveva trattarsi di un Animagus. Ma chi?

 

"Gli Animagus sono per legge tutti registrati al Ministero - pensò Hermione - e non mi pare ci fosse nessun falco, ultimamente."

 

L'ultimo falco risaliva a un secolo prima circa, ed era un certo Black, forse antenato di Sirius.

 

Sorrise pensando al padrino di Harry. Lui non si era registrato, quando ai tempi della scuola aveva imparato a trasformarsi in un cane, né con lui l'avevano fatto James Potter e Peter Minus. Sì, concluse, chiunque l'avesse attaccata poteva benissimo non essere registrato o perlomeno non ancora.

 

Il flusso dei suoi pensieri venne interrotto dal rumore della porta che nuovamente si apriva, e dai passi frettolosi dei suoi due amici fino al suo letto. Non aveva avuto dubbi che si trattasse di Harry e Ron, solo loro avrebbero potuto fare un tale casino ed arrivare da lei senza passare sotto il controllo della Chips.

 

"Hermione!" esclamò Ron.

 

"Abbiamo saputo ora. - spiegò Harry ansimando per la corsa - Che diavolo è successo?"

 

Hermione sorrise prendendo la mano che Ron aveva involontariamente posato sul letto alla ricerca della sua. Ovviamente a quel contatto le sue guance assunsero un colorito che si discostava di poco dai peperoni maturi che avevano mangiato il giorno prima.

 

"Ne so quanto voi, ragazzi. Vi ha avvisati Silente, vero?"

 

I due annuirono.

 

"Draco ha detto solo a lui quello che è successo, appena riuscirò ad alzarmi o verrà lui qui e ne sarò in grado, darò la mia versione dei fatti, anche se forse un po' distorta. Al momento della trasformazione ho avuto qualche problemino di vista." accennò con un timido sorriso.

 

"Come vedono le aquile?" chiese Ron cercando di distogliere l'attenzione da quella mano che la riccia stava stringendo tanto forte.

 

"Malissimo. - ridacchiò lei - Scherzo, ovviamente, hanno una visione molto particolareggiata, ma forse proprio per questo è difficile per un essere umano entrare in quel meccanismo." terminò seria.

 

"Herm... - cominciò Harry sedendosi sul bordo del letto - E il braccio come va?"

 

"Oh! - esclamò osservandolo - Beh, potrebbe andare meglio ma anche decisamente peggio. Non sento particolarmente dolore, solo un po' di formicolio. E sono assolutamente certa che non riuscirei a usarlo, è debolissimo ora come ora."

 

"Non dirlo neanche per scherzo! - saltò su Harry - Devi restare qui e non fare niente almeno fino a stasera!"

 

"Vuoi che ti portiamo qualcosa da leggere?" smorzò un poco il rosso.

 

La riccia ridacchiò, sinceramente divertita da tanta premura.

 

"Grazie, sì, ma ora vorrei dormire un altro po'... Tornate stasera?"

 

Ai cenni affermativi dei due ragazzi, Hermione chiuse nuovamente gli occhi. Questa volta, consapevolmente.

 

 

 

 

"Sono tutti favorev... Dra, mi stai ascoltando?"

 

"Mm? Sì, sì Blaise..."

 

"Certo. E io sono la McGranitt."

 

Draco si fermò un attimo, si girò verso l'amico per osservarlo e poi riprese a camminare.

 

"Non sei adatto." sentenziò.

 

"E tu non sei adatto a contare balle. Non a me, almeno. Su, dimmi."

 

"Non ho niente da dire! - sibilò stizzito - Di che stavi parlando, prima?"

 

Zabini sospirò, passandosi una mano tra i capelli. Draco era più rigido di una colonna di marmo, pensò. Era il caso di lasciare perdere, per il momento.

 

"Dicevo che abbiamo trovato un nuovo battitore..."

 

"Oh, bene, perfetto." disse senza neanche guardarlo.

 

"Il capitano della squadra." Pensò, alzando gli occhi al cielo, il moro. Decisamente non stava dimostrando un grande entusiasmo.

 

"È..."

 

"Sono sicuro che avrete fatto un buonissimo lavoro di selezione. - disse agitando la mano sinistra come a scacciare una mosca - A me va bene, chiunque sia."

 

Esistevano alcuni piccoli segnali per capire se Draco era davvero arrabbiato - o meglio, depresso. Lo scarso interesse per il Quidditch era tra questi.

 

 

 

 

Il giorno successivo Hermione non andò a lezione. Doveva stare veramente male per decidere spontaneamente - lei! - di saltare le lezioni ancora per qualche giorno. Il braccio le creava ancora troppi problemi. Riusciva a muoversi liberamente, per il resto, ma il braccio era completamente inutilizzabile, e aveva difficoltà anche a muovere bene la mano, la sentiva come avvolta da bende invisibili che attutivano i suoi movimenti e le rendevano difficoltosa l'articolazione.

 

"Maledetto braccio!", si diceva di tanto in tanto.

 

Era quasi mezzogiorno quando le giunse nuovamente la notizia che Draco Malfoy era arrivato nell'altra stanza.

 

Annuì seria all'infermiera, sapeva che prima o poi avrebbe dovuto affrontarlo. Sarebbe dovuto essere un incontro piacevole, in fondo si era ridotta così per evitare che ci finisse lui, in infermeria, se non peggio... Eppure aveva come l'impressione che non sarebbe minimamente stato così. Qualunque persona normale l'avrebbe ringraziata... ma Draco Malfoy non era una persona normale.

 

Le sue riflessioni vennero interrotte e confermate dal rumore che Draco produsse entrando a passo di carica nella stanza e sbattendo la porta alle sue spalle.

 

Non appena lo vide Hermione capì che non si era sbagliata. Il volto appena arrossato dallo sforzo e forse dalla rabbia, i capelli che gli ricadevano scompostamente sulla fronte e i pugni stretti fino quasi a diventare bianchi, Draco aveva momentaneamente abbandonato il portamento regale e distaccato, osservandola con occhi brucianti.

 

"Che hai in quella testa bacata, eh, Mezzosangue?! - la aggredì - Poteva non andarti così bene, sai?"

 

Hermione prese ad alzarsi lentamente, la lunga camicia bianca che l'infermiera le aveva fatto indossare dopo averla medicata frusciò leggera contro il suo corpo.

 

"Lo sapevo benissimo, Draco." disse stancamente.

 

"Lo sapevi benissimo? Lo sapevi benissimo?! Di' un po', ti sei fumata il cervello, per caso? Nel caso non te ne fossi accorta, chiu... Qualunque cosa fosse quell'uccello, puntava me!"

 

Posando definitivamente i piedi a terra, Hermione rispose:

 

"Appunto."

 

Draco sgranò gli occhi, sempre più fuori di se.

 

"Appunto? E dimmi, che hai pensato quindi? 'Ma sì, proviamo a diventare un'aquila e combattere,magari mi riesce'? Il fatto di esserci riuscita a lezione ti dava la sicurezza che ci saresti riuscita ancora? Nella vita non è come a scuola, Granger!"

 

"Lo so bene! - sbottò Hermione - E conoscevo i rischi, ma non mi sembrava che i tuoi incantesimi avrebbero fatto di meglio."

 

Nonostante la smorfia del biondo continuò: "E comunque sì, mi era riuscito a lezione e quindi ho pensato che mi sarebbe riuscito di nuovo."

 

Le mani di Draco che si erano alzate durante il suo discorso concitato, ad accompagnare le sue parole, ricaddero molli lungo il suo corpo.

 

"Tu... ti rendi conto di cosa poteva succedere, Hermione? Hai rischiato di morire... Morire!"

 

Si passò una mano tra i capelli con veemenza, in assenza di un qualcosa, qualunque cosa, contro cui scagliare un pugno. Alla rabbia si era unita l'essenza di quella disperazione che aveva provato quando aveva visto il corpo di Hermione a terra. Quei brillanti occhi color miele ermeticamente chiusi, quel volto dolce distrutto dallo sforzo e le labbra, solitamente quasi rosse, pallide ed irrigidite. E il braccio destro coperto di sangue.

 

Non aveva capito più nulla, era rimasto immobile a guardarla per secondi che gli sembrarono ore. E poi... Poi l'aveva presa in braccio e portata in infermeria, chiedendosi perché non aveva mai imparato a piangere. Le lacrime, dentro, facevano molto più male.

 

Forse quel ricordo, forse il solo immaginare che avrebbe potuto non risvegliarsi più, lo faceva impazzire.

 

"Dannata Mezzosangue!"

 

Hermione si avvicinò a lui, con un'espressione seria in viso.

 

"Dannata, Draco, non sono io, ma questa passione per te che non riesco in nessun modo a domare."

 

Dopo un breve momento di smarrimento, si mosse verso di lei socchiudendo gli occhi quasi a cogliere dalla sua immagine più di quanto lei gli stesse rivelando a parole.

 

"Chi ti dice di domarla?" le chiese.

 

Hermione avanzò ancora posandogli un dito sulle labbra, come a zittire l'eco della sua domanda per porlo di fronte ad una più importante.

 

"Il fatto è che neppure le conseguenze mi fermano. Tu sei pronto a rischiare con me, Draco?"

 

 

 

 

"Che ti ha detto?"

 

Il silenzio accolse la domanda di Blaise Zabini che cadde nel vuoto come se non fosse mai stata formulata.

 

Aveva provato a tornare sul discorso Quidditch, dopotutto la partita era l'indomani, ma il suo migliore amico non sembrava dell'umore adatto. No, decisamente non era predisposto all'ascolto.

 

Ma neanche a parlare, ad occhio e croce.

 

Si leggeva preoccupazione in ogni tratto del suo volto, come sempre da qualche tempo a quella parte, notò Blaise.

 

Draco non era abituato a reggere tanto stress, probabilmente era la prima volta che si preoccupava veramente per qualcuno, ed aveva un motivo tanto grande per preoccuparsi per se stesso.

 

"Mi ha chiesto se sono pronto a rischiare con lei."

 

Il moro non chiese a che cosa si riferisse. Che quella relazione fosse un problema, lo sapeva bene, e lo capivano tutti quelli che ne erano al corrente. Quella poteva essere la fine dei guai, o solo e semplicemente l'inizio.

 

Una smorfia amara si dipinse sul suo volto a quel pensiero.

 

"Cosa le hai risposto?"

 

"Non le ho risposto."

 

Blaise si passò una mano sul volto, serio.

 

"Dra, ne sei davvero convinto, di questa cosa? È una relazione difficile, fuori dalle righe, controcorrente..."

 

"Una serie di ovvietà." pensò stizzito il biondo.

 

Draco non era mai andato controcorrente, ma non era questo che più lo preoccupava.

 

Non riusciva a non pensare a quelle parole che due sere prima l'avevano accompagnato, beffarde, fino all'infermeria e poi al dormitorio, dove la Chips l'aveva praticamente spedito a calci.

 

"Come sono andata, Draco?"

 

Quella voce...

 

"Come sono andata, Draco?"

 

Era certo. Se avesse avuto qualche dubbio, la situazione lo portava verso una sola ed inequivocabile soluzione: Bellatrix.

 

Aveva parlato dell'accaduto e anche dei suoi sospetti - praticamente certi - al preside, tuttavia non si sentiva tranquillo. Non lo era per niente.

 

"Non lo so, Blaise, non lo so."

 

 

 

 

La luce del sole investì in pieno il viso di Hermione, non appena la ragazza fuoriuscì dal portone della scuola e mosse qualche passo nel parco. Tirava una brezza quasi inesistente, giugno era arrivato anche quell'anno. Il suo penultimo anno a Hogwarts.

 

Da quanto non vedeva il sole? Tra una cosa e l'altra quell'anno aveva passato la maggior parte del suo tempo libero nella Stanza delle Necessità o in Infermeria.

Sorrise appena a quel pensiero: che vita emozionante, detta così!

 

In realtà non poteva non definire il suo sesto anno 'movimentato'. Era successo veramente di tutto.

Il ricordo di suo padre riaffiorò vivido nella mente di Hermione, che scosse la testa tentando di ricacciarlo indietro.

 

Abbassò il capo per celare al cielo i suoi occhi quasi lucidi di pianto, dicendosi che ancora un poco ed il sole le avrebbe procurato le allucinazioni. Faceva veramente caldo.

Si diresse verso il Lago Nero, inseguendo la brezza che aleggiava lieve da quelle parti e un po' di quiete.

 

Non appena si sedette all'ombra di un albero, la mente di Hermione venne invasa dai ricordi.

Rivide se stessa con Harry, in quello stesso luogo, sentì di nuovo il sorriso aprirsi sul suo volto, alla dichiarazione del suo migliore amico che l'avrebbe sostenuta nonostante fosse invaghita della sua nemesi, ricordò la felicità nel constatare ancora una volta che la loro amicizia sopravviveva, ed era più forte di qualunque cosa.

Poi l'arrivo di Draco, con il conseguente imbarazzo che le provocava ogni volta i primi tempi.

 

Il sorriso si spense nel pensare a Draco. Doveva ancora darle una risposta.

 

Il caldo che si insinuava sempre più prepotente sulla sua pelle sembrava essere più difficile da combattere, lì a due passi da quello specchio d'acqua cristallina. Doveva essere freschissima, pensò Hermione, con l'impellente bisogno di tuffarcisi.

 

Si sporse lievemente verso il lago ed immerse una mano nell'acqua fresca e chiara, ritraendola subito dopo imperlata di piccole gocce che scivolavano veloci verso terra, mentre la riportava in grembo.

Trasalì quando sentì una mano posarsi sulla sua spalla e si voltò per incontrare il volto di Draco Malfoy.

 

Rimase immobile, ogni muscolo teso all'inverosimile, il cuore che batteva all'impazzata come se non gli importasse di ciò che il cervello aveva deciso di fare.

Rilassati, si diceva. E il cuore le scoppiava nel petto.

 

"Ciao."

Draco taceva.

 

"Ciao." rispose poco dopo, lievemente accigliato.

 

Il silenzio tornò ad avvolgere l'aria tra loro, diventata improvvisamente pesante e consistente. Hermione riabbassò il capo, rivolgendo nuovamente lo sguardo verso il lago e oltre.

 

"Granger..."

Qualcosa si ruppe nel cuore della riccia. Era tornato al cognome.

Non che non lo usasse più, ma spuntava fuori solo quando voleva provocarla per farla arrabbiare o quando scherzando si offendevano come ai vecchi tempi; ma ora... no, ora era serio, terribilmente serio.

 

"... Credo sia meglio finirla qui."

 

"Finirla qui cosa??", avrebbe voluto urlare. Ma non lo fece. Sapeva benissimo a cosa si riferiva. A lei. A loro.

 

"Questo è solo l'inizio. Mio padre è ad Azkaban, ma potrebbe uscirne. Zia Bella è ancora in libertà e può colpire ancora. E ci sono schiere di Mangiamorte che non vedono l'ora di mettere le mani su una Sporca Mezzosangue o su uno di loro che ha rapporti con lei."

 

Hermione chiuse gli occhi, non prima di aver lanciato un'occhiata al suo stesso petto. Si stupì di non trovarlo sanguinante, vista la distinta sensazione di una lama fredda che entrava ed usciva dal suo corpo all'altezza dello sterno.

 

Più che le parole, che potevano anche esprimere preoccupazione - per se stesso, ma anche e soprattutto per lei -, la feriva il tono della sua voce. Quella voce che con lei era arrivata ad essere quasi dolce, ora era gelida ed inespressiva. Piatta.

Come se non le stesse dicendo nulla. Come se non la stesse lasciando.

 

Ed i suoi occhi... I suoi occhi spenti, come vuoti. La tempesta non agitava più le sue iridi.

 

"Hermione..."

Ed il nome tornava, insieme all'espressione della voce. Ma era troppo tardi.

 

Lo zittì con un cenno della mano, mentre si alzava, lenta. Senza mai smettere di guardare lontano.

 

"Dovevo saperlo, Draco. Dovevo immaginarlo. Stupida io a pensare che qualcuno potesse strapparti alla tua solitudine, riempire i tuoi vuoi, scaldare il tuo cuore... con la sua sola presenza."

Fissò lo sguardo a terra e sospirò, espirando qualche parola che non voleva pronunciare.

"Lasciami sola."

Non guardarmi così, almeno.

 

"Mi dispiace." mormorò il ragazzo, abbassando a sua volta il capo.

 

In quel momento, il Principe di Serpeverde, colui che mai aveva distolto lo sguardo davanti a nessuno, si dichiarava vinto davanti a lei.

Ma Hermione non si sentiva vincitrice.

 

Strinse i pugni fino a farsi male, mentre una lacrima, la prima, chiedeva prepotente di uscire.

Ma non era ancora tempo. Rialzò il capo e, solo per un momento, lasciò che il suo sguardo lo accarezzasse.

"Anche a me."

 

Dichiarò lei, silenziosamente, che non c'era nient'altro da dire.

Ritornò a fissare il lago, o chissà dove, gli occhi solo appena lucidi e la testa alta.

Si ergeva fiera sul cadavere del suo dolore.

 

Il biondo la guardò un'ultima volta, certo che quel momento non l'avrebbe dimenticato mai. Nessuno dei due l'avrebbe fatto.

 

Solo quando vide la schiena di lui scomparire verso la scuola, Hermione si lasciò cadere a terra.

Strappata dentro.

 

E finalmente, concesse a quella goccia d'anima di uscire.

Percorse velocemente la gota arrossata e, per prima, raggiunse il suolo.

E le foglie tremarono scosse da quelle lacrime silenziose, che scivolando dolorosamente a terra stridevano più di mille urla.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

*Si asciuga una lacrima* Oddio... ok, seriamente:

 

Mi piacerebbe che mi diceste nelle vostre recensioni come vorreste che finisse questa fic. Vorreste l’happy ending o no?

Può anche darsi che, se la maggioranza di risposte non coincidesse con la mia decisione, io cambi idea… ^__^ fatemi sapere!

 

Poiché non sono io a postare questo capitolo, non posso ringraziare singolarmente tutte le magnifiche persone che hanno recensito lo scorso capitolo:

 

pompeibe - trilli_gelosa - magicrossy - Sasigranger - eddy - Ginnever - MartyViper - javelinjavelin

 

Ci rivediamo quando torno! ^__^ (sempre che non mi uccidiate prima…)

 

Baci,

Eleonora.

   
 
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