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Autore: CarpeDiem_96    31/03/2014    8 recensioni
{Storia ad OC}
Il quinto libro della saga, l'Ordine della Fenice, ripercorso e riadattato con l'aggiunta dei personaggi nati dalla vostra fantasia.
Che ne dite, vi va di imbarcarvi insieme a me, a Harry, Ron ed Hermione in quest'avventura?
[Aggiornamento ogni lunedì]
Genere: Angst, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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CAPITOLO 1: L'Espresso di Hogwarts

 
1 settembre, Hogwarts Express.

 
Susan Chandler, fiera Serpeverde, lanciò una rapida occhiata fuori dal finestrino dell'Hogwarts Express, per poi tornare a sfogliare con un certo orrore le pagine del nuovo libro di Difesa Contro Le Arti Oscure, di Wilbert Slinkhard. Teoria della Magia Difensiva? ...Sul serio?
Probabilmente, Albus Silente aveva trovato un nuovo insegnante per la materia. Chissà, forse Piton era riuscito ad ottenere la sua agognata cattedra, quella volta... . Sorrise. Beh, probabilmente no.
Susan si trovava da sola nel suo scompartimento, accoccolata sul vecchio sedile sgualcito che era solita occupare ogni anno da cinque a quella parte, con la sola compagnia della sua gatta Cupcake.
Era così bella, la serenità di quei rari attimi di tranquillità. Così bello, non avere quei buffoni di Malfoy e dei suoi scagnozzi intorno, intenti ad organizzare scherzi di cattivo gusto.
Lasciò scivolare la sciarpa verde e argento ed il libro sul sedile di fianco al suo. Cupcake si raggomitolò subito sopra alla sciarpa, e Susan sorrise lievemente.
Stava quasi per chiudere gli occhi e rilassarsi, quando qualcuno bussò alla porta scorrevole.
La strega trattenne un'imprecazione e sollevò le palpebre, spazientita.
I suoi luminosi occhi azzurri, dello stesso colore del cielo in una serena giornata estiva, incrociarono quelli grigio tempesta del ragazzo che la squadrava da dietro al vetro con un bel sorriso dipinto sulle labbra.
Era un tipo alto e molto ben piazzato, dalla carnagione abbronzata ed i capelli dorati, lucidi e scompigliati come avrebbero potuto essere i peli della criniera di un leone dopo un bagno freddo ed inaspettato. Doveva avere la stessa età di Susan, ad occhio e croce, e sembrava impaziente.
Picchiettò con l'indice contro il vetro e sollevò un sopracciglio verso l'alto, sillabando quello che lei interpretò come un “posso?”.
Susan inarcò a sua volta un sopracciglio color sabbia.
«Certo che no!», rispose, facendogli cenno di andarsene con una mano «è tutto occupato».
Il ragazzo aprì la porta scorrevole. I nervi di Susan si tesero, e lei assottigliò lo sguardo.
«Grazie», fece lui, allegro, andandosi a sedere sul sedile di fronte al suo.
Cupcake gli soffiò contro, sollevando appena la testolina grigia dalla sciarpa di Susan.
«Ah-ah», commentò il ragazzo con una nota di sorpresa nella voce, indicando brevemente il capo d'abbigliamento che faceva da cuscino all'animale «Serpeverde, eh?».
«Grifondoro, eh?», replicò Susan, scoccando un'occhiata di sufficienza alla cravatta rossa e oro di lui «ecco un altro motivo per cui non dovevi entrare».
«Non importa», ribatté l'altro, rivolgendole un sorriso abbagliante ed accomodandosi meglio sul sedile «so gestire una ragazza Serpeverde sola nel suo scompartimento. Non puoi essere peggiore di Tiger o Goyle».
Susan si sentì quasi offesa.
«Nessuno può essere peggiore di Tiger e Goyle», replicò.
«Giusto anche questo».
Lui si sporse verso di lei e le tese una mano, sorridendo con un solo angolo della bocca.
«Sono Rex», si presentò «Rex Jones».
Susan squadrò il palmo teso per diversi istanti, non troppo felicemente sorpresa.
«Non te l'ho chiesto», disse, pungente come uno sciame di vespe «e questo, per tua informazione, significa che non m'interessa».
Rex, suo malgrado, non si arrese.
«Avanti», la punzecchiò, sventolandole la mano sotto al naso «devi solo stringerla e dirmi come ti chiami. Non è difficile».
Susan si sporse pericolosamente verso di lui, ignorando la mano.
«Sono Susan», sussurrò «e tu hai appena distrutto i miei ultimi venti minuti di relax fino alle prossime vacanze di Natale. Mia madre ha ucciso per molto meno».
Poi si alzò ed uscì dallo scompartimento, lasciando Rex da solo con Cupcake, che ne approfittò per soffiargli contro di nuovo.
Rex rimane a fissare il suo stesso braccio per qualche istante, confuso, poi abbassò lo sguardo sul gatto e ridacchiò.
«Che strega, eh?», commentò.
 
 
All'interno del quinto vagone, Nashira Betria e Lee Jordan parlottavano tra loro con una certa impazienza nella voce.
«Dove credi che siano finiti?», stava domandando Lee, facendo vagare lo sguardo per tutto lo scompartimento, quasi come se si aspettasse che Fred e George Weasley comparissero da un momento all'altro di fronte ai loro occhi.
Nashira sbuffò appena e spostò una ciocca di capelli castano dorato dietro l'orecchio.
«Non lo so», rispose «avrò ricevuto si e no un paio di lettere da entrambi, quest'estate. A meno che il mio gufo non le abbia perse, ovviamente».
Il volatile in questione emise un acuto fischio dall'interno della sua gabbia, gonfiando le piume risentito.
Nashira mise le mani avanti con fare pentito.
«Come non detto», si scusò in direzione dell'animale.
Lee sorrise incoraggiante
«Forse è il loro, di gufo, che ha avuto qualche problema», tentò Lee, lasciandosi cadere contro lo schienale del sedile «Errol è un po'... beh, lo sai».
Per tutta risposta, Nashira avrebbe volentieri sbuffato di nuovo, ma un sonoro CRAC la interruppe.
Fred e George Weasley, appena materializzati davanti a loro, rivolsero ad entrambi un enorme sorriso.
«Buongiorno, gente!», esordì Fred, puntellandosi le braccia ai fianchi.
«Come va?», gli fece eco George, andandosi a sedere di slancio vicino a Lee.
Dopo un attimo di shock, Lee allungo le braccia verso l'alto e gridò un allegro «ragazzi!».
Nashira, dal canto suo, continuò a fissarli in silenzio, meditando se ucciderli o no in quell'esatto istante.
Scattò in piedi, sinceramente tentata di dare uno schiaffo a uno di quei due, ma alla fine riuscì solo a buttare le braccia al collo di Fred e a stritolarlo in un abbraccio.
«Si può sapere che fine avevate fatto?», domandò «mi avete fatta morire di preoccupazione!».
Fred boccheggiò.
«Tu stai facendo morire me!», replicò, ancora avvolto nell'abbraccio dell'amico «non è che scappo, puoi anche lasciarmi respirare».
Nashira lo mollò di scatto, e sentì le guance imporporarsi.
Sperò che nessuno l'avesse notato.
Lee Jordan, con suo infinito sgomento, le rivolse invece un sorrisetto divertito, e Nashira desiderò scomparire nel pavimento.
«Beh, ragazzi», riprese George, alzando un indice all'aria «abbiamo alcuni affari importantissimi di cui discutere».
«No, no, no», lo smontò subito Nashira, offesa «prima le spiegazioni».
«Già, tre mesi e vi siete scomodati a scrivere solo un paio di lettere nelle quali non dicevate assolutamente niente di sensato», le fece eco Lee, muovendo un indice con disapprovazione «cattivi. Cattivi Weasley».
 
 
Jess Wilmar si lasciò scivolare fino al pavimento e buttò il capo all'indietro, poggiandolo contro la parete fresca del vagone e chiuse gli occhi, immerso nei ricordi.
L'ultima volta che era salito su quel treno, l'anno prima, Cedric Diggory era insieme a lui.
Avevano riso, scherzato e si erano divertiti per tutto il tempo.
Jess era stato sinceramente felice per lui, quando Cedric era stato scelto per partecipare al Torneo Tremaghi.
Avevano persino cercato di convincere tutti a buttare le spille di Malfoy contro Harry Potter.
Senza grandi risultati, a dire la verità.
Susan Chandler ne aveva indossate addirittura due, di spille. Non tanto per fare uno sgarro a Potter, quanto per “protesta contro la loro protesta”.
E poi il Torneo era iniziato, con i draghi, il Lago Nero, il labirinto... ed era successo qualcosa.
Già, ma cosa esattamente?
Nessuno lo sapeva per certo. Potter sosteneva che Voi-Sapete-Chi l'avesse ucciso, altri preferivano pensare che si fosse trattato di un incidente.
Jess non era riuscito a credere alla morte dell'amico fino a quando, quella mattina, non si era trovato alla stazione di King's Cross da solo, circondato da gente a cui non aveva mai fatto davvero caso fino ad allora.
Cedric era sempre stato un suo grande amico, il migliore.
«Hey... stai bene?».
La voce della ragazza lo colse talmente di sorpresa che Jess sobbalzò ed aprì le palpebre di scatto.
Si ritrovò davanti una ragazza accoccolata sui talloni, che lo squadrava come se fosse un qualche raro esemplare particolarmente interessante d'insetto.
La ragazza aveva un aspetto carino, con quei capelli biondi e le iridi verdi, limpide e luminose come due smeraldi.
L'uniforme nera di Hogwarts le ricadeva perfettamente sul corpo, ed al collo era allacciata la cravatta rossa e oro dei Grifondoro. Profumava di pino e cannella, un buon odore che Jess aveva sempre associato al Natale, la sua festa preferita.
«Più o meno», rispose Jess, vagamente incuriosito dall'intervento della ragazza.
Tentò di accennare un sorriso, ma il risultato fu solo una piccola smorfia.
La ragazza si accomodò di fianco a lui, imitando la sua posizione e cominciando a giocherellare con le sue stesse dita.
Doveva essere una tipetta piuttosto iperattiva, a giudicare da come si comportava.
«È una moda, questa di sedersi sul pavimento?», gli chiese «di là c'è Cho Chang in crisi esistenziale».
Jess emise un versetto strozzato e soffocò un sorriso.
Neanche la sopportava, quella Cho.
La ragazza carina sembrò rendersene conto, ma non smise di sorridere.
«Qualcuno ha fatto esplodere una caccabomba nel mio scompartimento», rispose Jess, incrociando le braccia sulle ginocchia e scacciando i brutti pensieri «credo si senta dall'odore».
Lei storse il naso, come se si fosse accorta dello sgradevole puzzo che emanava la divisa del Tassorosso.
«Solo un pochino», rispose, stringendo le palpebre come se gli occhi le stessero lacrimando.
«Sono Rosaline Smith», si presentò, porgendogli la mano «e tu sei...».
«Jess Wilmar», rispose, senza riuscire, questa volta, a non sorridere lievemente.
 
Grimpow Josh Meyer cominciava ad averne abbastanza di Draco Malfoy e dei suoi stupidi scherzi maligni.
Erano ben quattro anni che il Serpeverde si atteggiava da prepotente con lui e con chiunque gli capitasse a tiro, facendo cadere gli occhiali e i libri, pretendendo di copiare gli esercizi senza permesso o insultando chi incrociava per i corridoi.
Questa volta si era proprio superato, con quell'Aguamenti.
Grimpow e Dennis Fawley grondavano d'acqua, ed entrambi avevano il viso arrossato dal nervosismo e dalla vergogna.
I corti capelli castani di Grimpow gli si erano appiccicati alla fronte in ciocche disordinate e la divisa aderiva pesantemente al suo corpo, facendolo finire per somigliare terribilmente ad un Dissennatore che ha fatto un tuffo nel lago sbagliato.
Come se non fosse stato abbastanza, una lente degli occhiali sfoggiava una crepa verticale nuova di zecca, ed ora il ragazzo vedeva doppio.
Dennis, che avanzava di fianco a lui, non era messo meglio.
La lunga sciarpa di Corvonero pendeva tutta da una parte, sfiorando il pavimento del treno e gocciolando senza tregua.
L'acqua gli si era infiltrata ovunque, bagnandogli i calzini ed i vestiti sotto l'uniforme.
Sentiva umide persino le mutande, ed i suoi piedi sguazzavano in due pozze d'acqua gelida.
Rabbrividendo, maledì Malfoy dal profondo del suo cuore.
Giondè, il gatto di Grimpow, si scrollò il pelo fradicio, schizzando ovunque centinaia di minuscole goccioline e miagolò con disapprovazione.
Dennis gli lanciò un'occhiata e strizzò un lembo della sua sciarpa.
Non gli piaceva Malfoy. Non gli piaceva sentirsi così umiliato. E non gli piacevano i gatti.
Peggio di così non poteva andare.
«La smetterà mai?», domandò, alludendo al Serpeverde biondo più odioso che lui e Grimpow avessero mai incontrato.
Grimpow si strinse nelle spalle e represse l'ennesimo brivido.
«Quelli come Malfoy non cambiano mai», rispose, sistemandosi meglio gli occhiali sul naso «chi nasce tondo non muore quadrato».
«Cosa?», domandò Dennis, corrucciando le sopracciglia nere senza capire.
«È un detto dei Babbani», lo informò l'amico «significa che se sei uno stronzo resti uno stronzo per sempre».
«Beh, in realtà Malfoy ha un sacco di spigoli», osservò a bassa voce Dennis, pensieroso «i suoi lineamenti sono così spigolosi ed affilati che ci potrebbe affettare la ciccia di Goyle come se fosse uno dei muffin di Mielandia».
«Io affetterei volentieri lui», replicò Grimpow, guardandosi intorno con circospezione per essere certo di non essere stato udito da nessun altro «ed i muffin glieli infilerei... meglio non dire dove, potrei risultare scurrile e maleducato. E ci potrebbero essere dei bambini».
«A chi lo dici», bofonchiò l'altro «la mia vendetta sarà infima e crudele».
Grimpow, per la prima volta da quando era stato colpito dall'Aguamenti, sorrise divertito.
«Tu non sai essere infimo e crudele», gli fece notare «e Malfoy non si farà sorprendere dal primo Corvonero che passa».
Dennis sospirò e trascinò i piedi per qualche altro passo, in silenzio.
«Hai ragione», disse alla fine, abbattuto.
«Chi ha ragione?», domandò improvvisamente una voce femminile.
Dennis sobbalzò dalla sorpresa, arrossendo ancor di più, se possibile.
Alla vista della Tassorosso, riacquistò immediatamente il buon umore.
«Danae!», la salutò, mentre un sorriso raggiante si faceva largo sul suo viso.
«Ragazzi, che diamine vi è successo?», riprese Danae, scrutando i vestiti appiccicaticci dei suoi amici «settembre non è il mese migliore per farsi un bagno, in Inghilterra».
«È Malfoy», la mise al corrente Grimpow in una lieve smorfia, per poi indicare uno scompartimento apparentemente vuoto «siediti, è una lunga storia».
 
Elizabeth Evans non era il tipo di ragazza che riusciva ad aspettare qualcosa ferma e buona, accomodata su un sedile dell'Hogwarts Express come ogni altra brava Grifondoro della sua età.
Per questo, appena il treno sbuffò alla partenza e la vecchia signora del carrello le propose l'acquisto di qualche dolcetto, Elizabeth schizzò in piedi ed uscì dal suo scompartimento, esattamente come aveva fatto quell'idiota del suo amico Rex poco prima.
A proposito di lui, Elizabeth non aveva idea di dove fosse andato a finire, e forse, si disse, era meglio non saperlo affatto. Probabilmente, sarebbe tornato al loro scompartimento in breve tempo, con il segno di uno schiaffo stampato sulla guancia o un occhio nero.
In ogni caso, vi avrebbe trovato soltanto il suo orrendo ragno peloso e Iris, la civetta bianca di Elizabeth.
Lei non sarebbe riuscita a rimane chiusa da sola con quel ragno un momento di più, neanche se avesse voluto.
E, in tutta onestà, non voleva affatto. Era inquietante, per Merlino.
Immersa nei suoi pensieri, non si accorse dell'alta figura massiccia che le veniva incontro, distratta almeno quanto lei e con una mano infilata in un pacchetto di Gelatine Tuttigusti+1.
Inevitabilmente, andarono a sbattersi contro.
Elizabeth perse quasi l'equilibrio, ed il ragazzo dovette affrettarsi a trattenerla per un polso per evitarle di cadere all'indietro.
«Scusa!», esclamarono all'unisono.
Il ragazzo le lasciò il polso, ed entrambi abbozzarono un sorrisetto dispiaciuto.
Lui parve persino essere arrossito.
Elizabeth lo riconobbe all'istante, appena i suoi attenti occhi blu si posarono sulla cravatta a strisce gialle e nere del ragazzo: era uno dei battitori della squadra di Quidditch dei Tassorosso. Com'è che si chiamava? Stephen... Stephen Morrison? Sì, qualcosa del genere.
Era un ragazzo ben piazzato, dai lunghi capelli castani legati in una coda bassa, le labbra sottili ed un paio di limpidi occhi azzurri.
Era parecchio carino, osservò Elizabeth. Doveva avere un sacco di ragazze ai suoi piedi.
«Mi dispiace, stavo cercando mia sorella», si scusò ancora lui «santa Tosca, non ti avevo proprio vista... stai bene?».
Elizabeth annuì, massaggiandosi una spalla indolenzita.
«Sì», rispose gentilmente «tu?».
«Bene», mormorò lui, porgendole goffamente una mano «ehm, mi... mi chiamo Stephen».
Stephen si sarebbe volentieri dato una sberla da solo: perché doveva essere tanto impacciato con le ragazze?
«Elizabeth Evans», si presentò lei, molto più sicura di lui «chi è tua sorella? Forse la conosco».
«Non penso», rispose Stephen, sforzandosi di sorridere più naturalmente «si chiama Vivienne, è al suo primo anno. Un amico mi ha chiesto una mano e l'ho persa di vista».
«Se vuoi posso darti una mano a cercarla», si offrì Elizabeth, contenta di avere qualcosa da fare «il tipo che era nella cabina con me è andato a farsi un giro e suppongo che non tornerà finché la ragazza che è andato ad importunare non lo prenderà a calci».
In quell'esatto istante, una ragazza dai lunghi capelli color sabbia, simili a quelli biondo cenere di Elizabeth, li superò sbuffando.
I suoi occhi grigi erano inclinati in un'espressione di puro e semplice fastidio.
Dopo qualche passo, la giovane strega tornò indietro e puntò un indice affusolato contro il petto di Elizabeth con fare accusatorio. Stephen notò la spilla da prefetto appuntata fieramente alla divisa.
«Voi Grifondoro andreste strozzati con le vostre stesse sciarpe».
Da come lo disse, pareva essersene resa conto solo in quel momento.
Poi, senza aspettare una risposta, li sorpassò di nuovo e scomparve in uno scompartimento vicino.
«Serpeverde...», bofonchiò Stephen, dopo un fischio imbarazzato.
«Serpeverdissima», replicò Elizabeth, alzando gli occhi a cielo.
Stephen lanciò un'occhiata alle Gelatine Tuttigusti+1 che lui teneva ancora in mano.
«Vuoi... una gelatina?», domandò alla ragazza, offrendole il pacchetto.
 
Per quanto Caris Laslow adorasse suo fratello maggiore, in quel momento avrebbe preferito buttarlo fuori dal treno in corsa.
Era un sacco di tempo che parlava del Quidditch insieme ad una sua compagna di Casa, Evelyn Morgan, come se il sopracitato sport fosse il dono di Dio all'intero Mondo Magico.
D'accordo, era appena diventato battitore di Serpeverde. D'accordo, il Quidditch era uno sport perfettamente rispettabile. D'accordo, forse Susan Chandler era meno male di quanto pareva, almeno come battitrice.
Peccato che a Caris non importasse una Pluffa di tutto ciò, e, a quanto pareva dall'espressione flemmatica dipinta sul volto angelico di Evelyn, anche a lei non interessava un granché, ma forse era troppo gentile per dire a Damon di piantarla.
Per quanto riguardava Caris, secondo lei il Quidditch era solo uno sport per tizi che non hanno niente di meglio da fare che prendere e lanciare palle e boccini vari.
Aggiungendoci il fatto che qualcuno si divertiva sin troppo ad incantare i Bolidi - o almeno così Caris pensava di ricordare che si chiamassero alcune di quelle palle -, il Quidditch diveniva ufficialmente uno dei suoi sport meno amati.
«È un peccato che Diggory sia morto», osservò d'un tratto Damon «era un bravo Cercatore, per essere un Tassorosso».
Alle parole di suo fratello, Caris cercò di trattenere lo sbuffo d'impazienza che minacciava di sfuggirle dalle labbra.
Le rivalità tra Case erano incredibilmente stupide ed infantili, a parer suo.
Insomma, le Case di Hogwarts avrebbero dovuto essere amiche tra loro, no?
A quanto pareva, no.
«Non era male», rispose Evelyn, alzando verso l'alto i grandi occhi verde scuro, come se fosse immersa in un ricordo lontano.
Caris osservò di sottecchi la ragazza, scrutandola con l'occhio critico della brava Corvonero quale era.
Era la prima volta che la vedeva, anche se da un po' di tempo a quello parte suo fratello parlava molto di spesso di lei e sembrava apprezzarla.
Si trattava di una ragazza piuttosto carina, dai lunghi capelli dorati pettinati in una morbida treccia laterale ed il viso sottile, sul quale spiccavano il nasino all'insù e un paio di furbi occhi verdi incorniciati da lunghe e folte ciglia dorate.
Sembrava quasi una bambina, con quella sua pelle nivea e il fisico mingherlino.
Insomma, praticamente l'opposto di Caris, che possedeva una bella zazzera di capelli castani, dello stesso colore degli occhi a mandorla, ed era discretamente alta.
Evelyn si sporse verso uno dei suoi bagagli.
«Stavo quasi per dimenticarmene», disse, raspando tra le sue cose «ti ho fatto un regalo per il compleanno, Damon, spero ti piaccia».
La Serpeverde riemerse con un libro rilegato in una copertina di pelle verde stretto tra le dita affusolate, sul quale spiccava la scritta dorata “IL DIARIO DI GERTIE”.
Damon rimase impietrito, con la bocca aperta in una perfetta “o” di sorpresa.
«Per Merlino», sillabò lentamente il ragazzo, senza staccare gli occhi dal libro «è per me? Sul serio?».
Evelyn annuì, mentre un lieve sorriso furbo si faceva largo sulle sue candide labbra rosate «ti piace?».
Damon allungò entrambe le mani verso il tomo, come in trance.
Caris alzò gli occhi al cielo e scosse appena il capo.
Damon le aveva rotto i boccini per anni, per colpa di quella Gertie Keddle, la strega che aveva avuto la malaugurata idea di descrivere il Quidditch
«È...».
Damon sembrava senza parole, tanto che Evelyn temette che sarebbe scoppiato a piangere dalla gioia da un momento all'altro. Fortunatamente, non accadde.
Damon si limitò a stringere il libro tra le dita e a sorridere con gratitudine.
«Dovrebbero farti santa, Evelyn Morgan», commentò «non riuscirò mai a ringraziarti quanto dovrei».
Evelyn, dal canto suo, agitò la mano come se stesse cercando di scacciare qualche moscerino fastidioso.
«Ma figurati», disse scherzosamente, di buon umore «adesso che mi devi un favore potrò ricattarti molto più facilmente».
 
ATTIMO DI DIEM:
Per. Gli. Dèi.
Sembrava impossibile, ma ce l'ho fatta. Forse.
Ho dimenticato qualcuno? Spero proprio di no. Nel caso, fatemi sapere.
Allora, intanto chiedo scusa per le boiate che avrò di certo scritto e poi... boh, non sono molto convinta di questo primo capitolo.
Diciamo che esiste solo per introdurre un po' i personaggi, e non sono certa di averli descritti bene.
Sono inseriti anche alcuni personaggi secondari.
 
  
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