Rovescia la testa all’indietro e sbuffa.
“Questa vasca è troppo stretta”.
A volerne dare conferma, sfrega la gamba contro il bordo, creando piccole increspature sotto la schiuma che schizzano le piastrelle e il collo di Robin.
“Ti avevo detto che volevo fare un bagno. Il mio non era un invito”.
“Devo aver frainteso…”.
Il tono sembra aprire la strada a delle scuse, ma il ghigno incuneatosi su un angolo della sua bocca è di quelli che non si abbassano a chiedere perdono.
Robin lo sa, per questo gli rivolge uno sguardo che si lascia intendere meglio delle parole e riprende a strofinarsi il braccio, dal polso al gomito.
“…però mi hai lasciato entrare” continua, divertito dalla piega raggrinzita delle sue labbra, immergendo nell’acqua tiepida prima tre dita, poi l’intera mano.
“È stato un obbligo, non una scelta” precisa, scocciata. “Stavi per sfondare la porta”.
I capelli umidi, raccolti in una crocchia disordinata, si sono lievemente arricciati sulle punte e centellano gocce sulla pelle già bagnata.
Zoro ne osserva una che scivola lenta oltre la spalla, s’inarca sopra la curva del seno e scompare tra le bolle. Schiocca la lingua contro il palato.
“Beh, ormai sono qui”.
“Quindi?”.
La linea distesa delle sopracciglia s’increspa nel mezzo alla vista del suo malaugurante sorriso, mentre lui sonda il fondo, finché non trova la sua caviglia. Gliel’afferra con forza, e, nonostante Robin tenti di sottrarsi alla stretta, la blocca al proprio fianco, salendo ad accarezzarle la gamba.
“Quindi…” sussurra, trascinandola verso di sé e avanzando a sua volta. “…tanto vale farmi un po’ spazio”.
La linea distesa delle sopracciglia s’increspa nel mezzo alla vista del suo malaugurante sorriso, mentre lui sonda il fondo, finché non trova la sua caviglia. Gliel’afferra con forza, e, nonostante Robin tenti di sottrarsi alla stretta, la blocca al proprio fianco, salendo ad accarezzarle la gamba.
“Quindi…” sussurra, trascinandola verso di sé e avanzando a sua volta. “…tanto vale farmi un po’ spazio”.
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