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Autore: Rhona    01/04/2014    1 recensioni
Parigi, 1772.
I poveri sono stremati. Tutti ripongono le loro speranze nel Delfino, il futuro re, e nella sua nuova sposa, tanto amata dal popolo quanto odiata nella corte.
Poi ci sono loro...Pierre: uno scassinatore belloccio ma piuttosto stupido. Henri e Philippe: ladri di strada, gente dalle mani leggere e vellutate. Mathieu: l' orfano del mugnaio della Cité. Gilbert: un bracciante fuggito dal sud e approdato nella capitale. Jean: un vecchio mendicante che suona il violino sul sagrato di Notre Dame per quattro spiccioli di elemosina. Edouard e André: amici dal momento in cui sono nati in due case attigue, ma fin troppo diversi. Ognuno di loro fa parte di un gruppo, una banda, una strana combriccola di saltimbanchi che rubano e donano: la banda di Monsieur Dubois.
Scelte disumane, tragedie familiari, pregiudizi. Onore ai nobili, fasti di corte, lussuria. Amori impossibili o non corrisposti, un segreto tenuto nascosto per più di vent'anni... E la rivoluzione che, inesorabile, si avvicina.
«Ma chi credete di essere?!» chiese ridendo «Robin Hood, forse?!» Lui sorrise, le scostò i riccioli castani dall’orecchio e le sussurrò «Io sono Dubois.»
NOTE: ispirata in parte al classico ideale del “ladro-gentiluomo”.
Genere: Drammatico, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore
Capitoli:
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4. Il Rogo 



 
 
Due sere dopo l’assassinio di Albert, André si trovò nello scantinato con i suoi uomini. Edouard era l’unico mancante; era a far compagnia alla sorella e ai nipoti, trasferitisi nella sala della casa. André era felice di poter aiutare Michelle, e per una volta avrebbe fatto a meno del suo amico. Seduti intorno al tavolo delle carte, erano illuminati dalla solita candela, ormai quasi del tutto consumata, e protesi in avanti, tutti pendevano dalle sue labbra, ma continuavano a bisbigliare. Alzò una mano per imporre il silenzio, poi parlò.  «Questo è il piano: entriamo da una finestra al piano terra, Pierre la forzerà. Corrompiamo uno dei servi per gridare che sta tutto andando a fuoco. Rubiamo tutto il possibile, indisturbati: finito il lavoro bruciamo tutto.» passò lo sguardo su tutti gli uomini.
«Vuoi uccidere de Bayonne?» chiese Mathieu accigliato.
«Questo ancora non lo so.» lasciò la risposta in sospeso. Non sapeva come avrebbe reagito se si fosse trovato il colonnello davanti.
Pierre sembrava aver capito. «Dove risiede la famiglia de Bayonne?» chiese.
«Ha una grande proprietà appena fuori Parigi. Un paio d’ore di cavalcata.»
«Ci muoviamo a cavallo, quindi?» domandò di nuovo.
«Non tutti: Henri e Philippe saranno a bordo di una piccola carrozza, per la refurtiva. Io, tu, Mathieu e Gilbert andiamo a cavallo.»
«Bene, e quando si parte?»
«Ora.» gli sorrise risoluto. «Saremo lì circa all’una di notte: è un’ora perfetta per un colpo del genere.» Voltandosi trovò Edouard, annuiva.
«Vengo anch’io, Michelle e i bambini dormono, ed io voglio vedere con i miei occhi quelle bestie che scappano dalla topaia in fiamme.» aveva un tono deciso e serio. André capiva perfettamente le sue ragioni, ma si rendeva conto che avrebbe dovuto tenerlo d’occhio. Quando era così arrabbiato, Edouard era imprevedibile.
«Va bene. Allora Mathieu, tu vai con Henri e Philippe sulla carrozza. Vi fermerete sul retro.» Il ragazzo annuì. Jean bussò quattro volte alla porta. Gilbert andò ad aprire. «I cavalli sono pronti.» sussurrò. Entrando andò verso André. Il gruppo uscì dallo scantinato, gli unici a restare furono André, Edouard e Jean. «La carrozza l’ho presa dalle scuderie di LeRue, è da portare ad Argenteuil  da Hugo. I cavalli sono di Louis, li rivuole.»
«Li riavrà.» acconsentì. «Da Hugo andiamo fra un paio di giorni.»
«Sulla piazza di Nôtre-Dame ci sono una dozzina di guardie e svariati mendicanti: io la eviterei. La strada che esce ad Est è presidiata da un manipolo di soldati della guardia.» lo informò.
«Staremo attenti.» Jean annuì e fece per andare oltre, mentre André ed Edouard uscivano. Sull’uscio, Edouard si fermò. «Jean!» lo richiamò. Il vecchio fece capolino dalla scalinata con sguardo interrogativo. «Michelle e suoi figli dormono in un angoletto nella sala, attento a non svegliarli.»
«Certo, Edouard.» Edouard uscì, mentre Jean risalì le scale.
«Ehi, Jean! Lascia almeno un po’ di vino nella bottiglia!» disse ridendo. Jean mugugno. Uscendo, Mathieu gli porse il suo mantello nero. Gilbert distribuiva le maschere: questa volta non avrebbe fatto lo stesso sbaglio di non proteggere i suoi uomini e se stesso con delle maschere per non essere riconosciuti. Mise la maschera e coprì i pantaloni neri e la camicia bianca che indossava con il mantello nero. Fissò i cavalli. Li osservò bene e trasse le sue conclusioni: i cavalli non erano,  NON erano, di prima classe. Erano quattro vecchi pezzati dall’aspetto piuttosto graciluccio. Fra tutti lui era sicuramente il più alto, ma Gilbert era più corpulento, avrebbe gravato di più sul cavallo. Lasciò il cavallo più in forze a lui e saltò in sella al primo che gli capitò a tiro. Lanciò il cavallo al galoppo, seguito dagli altri. Il vento caldo che si scagliava contro la sua faccia gli dava una sensazione di libertà; gliel’aveva sempre data, fin da quando era bambino e il vecchio Romain, il padre di Louis, prestava i cavalli ai Dubois. Louis non se la passava bene con i tempo che correvano; a lui li prestava per amicizia e cortesia, sapendo che glieli avrebbe resi e che l’avrebbe lautamente ricompensato in seguito, ma alla maggioranza delle persone chiedeva un pegno in denaro o in metallo prezioso, oltre ad un modesto pagamento. Ed il pegno era generalmente alto. Ricordava quando per strada giocava con Edouard e Louis a chi arrivava prima al fiume, quando rubavano insieme i vestiti di Michelle per indossarli come mantelli e lei li rincorreva brandendo minacciosa la scopa, la rivelazione dei Dubois e la loro morte. La prima ragazza di cui si era infatuato e quando aveva fatto l’amore per la prima volta; con Joanne, la figlia del fruttivendolo, minuta e con un vitino da vespa, ma con sette anni più di lui. André aveva diciotto anni. Aveva progressivamente perso interesse per lei e realizzato che ogni donna era in grado di fare quello che faceva Joanne. Si ricordò che gli aveva anche permesso di non pagarla... In un lampo si ricordò anche quando, tre mesi dopo la morte dei genitori adottivi,  lui e Edouard –i cui genitori erano morti da due anni- avevano deciso di andare a finire su quella che l’arcivescovo di Nôtre-Dame avrebbe definito “una cattiva strada”. Quando, a diciannove anni, aveva incontrato Henri e Philippe che cercavano di spillargli soldi con il gioco d’azzardo in una taverna dei bassifondi; la stessa taverna dove aveva conosciuto Gilbert, che dopo vent’anni dalla sua fuga dai campi aveva deciso di andare a Parigi. Jean lo conosceva già da molto, ma solo di vista. Era entrato nella banda quando Edouard e André gli si erano avvicinati all’imbrunire, avevano contato con aria di sufficienza il suo guadagno della giornata, e André gli aveva sussurrato all’orecchio: «Li vedi questi soldi: io ti faccio guadagnare cento volte tanto.» E aveva mantenuto la parola. A questo punto mancava uno scassinatore, e Philippe gli aveva suggerito Pierre. In ultimo, gli venne in mente quando, appena otto mesi prima, Martin il mugnaio era morto e lui aveva preso il giovanissimo Mathieu sotto la sua protezione. Sembrava passato così tanto da quando era bambino, eppure aveva solo ventidue anni. Rallentò l’andatura, meravigliandosi di come una semplice corsa a cavallo, la pura sensazione del vento sul viso, potesse far riaffiorare alla memoria tanti ricordi. Si ritrovò a costeggiare un’alta cerchia di mura. Svoltò l’angolo e si trovò davanti ad un alto cancello bronzato. Gilbert lo chiamò, attento a non far troppo rumore. «Siamo arrivati. Henri e compagnia varia sono un po’ indietro.»
Bene, se mancavano solo loro potevano anche cominciare. «Intanto entriamo: dì a Pierre di forzare il cancello e un paio di finestre. Una volta dentro andate nelle stanze della servitù; corrompi un servo.»
«Subito.» annuì allontanandosi. Prese i cavalli e li legò ad un alberò poco lontano dalla fiancata della cinta muraria.
«André!» lo chiamò piano Edouard. «Pierre non ha portato gli attrezzi.»
“Prevedibile!”pensò soddisfatto.  «Ce li ho io.» Dalla tasca interna del mantello prese un po’ di fili di ferro, porgendoli ad Edouard. Lui scosse la testa.  «Ormai pensi ad ogni cosa. Mi chiedo a cosa ti serviamo noi.» commentò sorridendo.
André sbottò ironico, ricambiano il sorriso. «Sai che noi, rubare nelle grandi case nobiliari tutto solo?!» Edouard si allontanò. Sentì uno scalpiccio di cavalli e di ruote. Nella notte intravide Henri a guida della carrozza. «André, noi restiamo qui?»
«No, cerca di non fare rumore e vieni sotto le finestre del retro, Mathieu entra con noi.» Mathieu fece capolino dalla porticina ed uscì, correndo verso gli altri. Il cancello si aprì con un cigolio. Henri condusse la carrozza sul retro, con il minimo rumore possibile. Il palazzo era ben visibile. Era un edificio basso e allungato, in stile tutto sommato sobrio. Il porticato era segnato da una lunghissima fila di archi a tutto sesto. Le finestre erano tutte ben schierate. Il palazzo era preceduto da un piccolo giardino poco curato, pieno di erbacce. Una scalinata, non molto visibile con il buio, portava all’ingresso principale; ma questo ad André interessava relativamente poco.  La cosa importante era che, sotto il porticato, le finestre erano grandi e pronte per essere forzate da Pierre. Ne vide un paio aprirsi sotto le esperte mani dello scassinatore e, una volta arrivato, entrò.  L’interno non era ben visibile: André fece segno a Henri di portargli  la lampada ad olio che aveva appesa alla carrozza. Una volta presa accese un paio di candele su un candelabro e partirono. I piani alti erano quelli più sicuri per il momento. Pierre riaccostò la finestra scassinata... diventava sempre più intelligente...   Salì le scale in fretta, rischiando di inciampare rovinosamente un paio di volte. Una volta in cima attese. Gilbert era a corrompere un servo, aveva mandato lui perché era piuttosto persuasivo, anche con una piccola cifra: minima spesa e massima resa, come si suol dire... Conosceva bene i tempi di certe azioni. Alzò una mano a palmo aperto, chiudendo un dito alla volta. Cinque...quattro...tre...due...uno...
«Al fuoco!» si sentì gridare «La tenuta sta andando a fuoco! Svegliatevi tutti! Al fuoco! Uscite tutti!» sorrise scaltro. Mathieu aveva una strana espressione, sembrava voler chiedere come avesse fatto. «Lascia stare, Mathieu. Si pavoneggia e basta!» commentò sorridendo Edouard. Si nascosero fra le tende e le piante nella galleria al secondo piano. Le parole angosciate di una donna e il vocione falso di un de Bayonne tranquillizzante riecheggiavano verso l’alto. L’affanno dei servi che uscivano veloci; i passi di tutti risuonare sul pavimento; la pendola che batteva le due... e poi il silenzio assordante di una casa vuota. Era il momento di mettersi al lavoro.
«Pierre e Gilbert, voi andate al piano terra: non lasciate nulla che non si possa facilmente rivendere. Mathieu, Edouard ed io andremo al secondo piano. Il terzo piano lo facciamo per ultimo insieme: da lì appicchiamo fuoco. Aveva mezz’ora di tempo per la prima parte: tutte le cose vanno radunate nel lato opposto all’ingresso. Spaccate o forzate le finestre che danno sul retro. Chiamate Henri e Philippe con un semplice fischio. Intesi?»
«Si.» disse convinto Mathieu. Glia altri annuirono. 
Pierre protestò «Possiamo fare a scambio, Gilbert mi maltratta.»
«Non è il momento!» lo ammonì Edouard. Gilbert e Pierre andarono al piano inferiore. Si misero subito  cercare. La ricerca nelle stanze del colonnello fu particolarmente prolifica: André stesso trovò borselli con denaro ovunque. Le stanze della signora e delle figlie non furono da meno: trovarono gioielli stimabili per un minimo di duecentomila franchi. I vestiti furono costretti a lasciarli... la carrozza non era grande abbastanza. Dopo solo un quarto d’ora si ritrovarono al pianterreno.
«Siamo andati anche nelle cantine e nelle cucine. Ci sono diversi vini di valore, un paio di prosciutti, diverse pagnotte e un altro “magico bauletto” che potrebbero essere utili.» lo informò Gilbert.
«Magnifico!» esclamò, ammirando l’etichetta di un rosso d’annata. Il suo sguardo si spostò sulla pila di pani che avevano avvolti di tre pannelle.
«Al piano di sopra abbiamo finito, le stanze sono poche.»  disse Mathieu «Comunque abbiamo preso diverse cosucce molto interessanti.» guardò Edouard con sguardo complice.
«Date un fischio a Henri e Philippe: intanto carichiamo la roba. Ma veloci, potrebbero insospettirsi là fuori.» Gilbert eseguì gli ordini. Trascinarono la refurtiva lungo le scale e la passarono attraverso una grande finestra del pianterreno.  Ci volle poco, anche perché erano per la maggior parte piccole cose. «Sbrighiamoci, anche se non credo che al terzo piano troveremo granché.» li esortò André.
«Aspetta,» lo bloccò Edouard «io e gli altri andiamo al terzo piano, tu e Mathieu trovate cose da bruciare.»
«Si, è meglio. Allora appiccheremo il fuoco da qui.» Sparirono tutti dalla sua vista. Mathieu prese un mobile in legno pregiato e lo ribaltò, spaccando tutti ciò che c’era sopra: un orologio intarsiato e un vaso di fiori. André cominciò a farlo a pezzi, mentre Mathieu portava un altro mobile. Una voce arrivò dal piano superiore.
«André! Le carte e i libri del colonnello le prendiamo?». Era Gilbert.
«Si,» rispose «porta via tutto!»
«André, l’olio alimenta il fuoco?.» chiese Mathieu, prendendolo alla sprovvista. Ci pensò un po’, tentando di ricordare se qualcuno glielo aveva accennato... no...
Alla fine si decise: «Be’, male non farà di certo.» Mathieu annuì.
«Vado a prenderlo.» si offrì. André concordò. Quel ragazzo era davvero in gamba. Non gli sarebbe mai venuto in mente di usare qualcosa per alimentare ancora di più l’incendio. Un giorno avrebbe preso il suo posto, ne era sicuro. Forse dopo Edouard, ma comunque avrebbe avuto una sua brigata. Si rese conto di quanto era triste parlare già di successori a ventidue anni. Spostò altri tre mobili e li spaccò, in modo di mettere in mostra il legno puro e non trattato dell’interno. Tolse i cassetti e li spaccò. Ammucchiò tutto al centro della stanza, vicino alla grande scalinata che portava ai piani superiori. Sulla scalinata c’era un tappeto di velluto rosso: avrebbe appiccato fuoco su tutta la scalinata! Mathieu lo colse di sorpresa.
«Ce n’è a litri!» annunciò trionfante, con un’enorme insalatiera e due bottiglie piene d’olio. Bene! Ormai avevano finito. Avrebbe dato fuoco anche a tutte le tende, su tutti i piani: voleva che il fuoco mangiasse fino all’ultima briciola di quella casa. Claude e Albert meritavano giustizia; e se la legge non gliel’avrebbe data allora c’avrebbe pensato lui. La giustizia e la legge erano due cose differenti infondo: c’entravano ben poco l’una con l’altra. «Edouard!» chiamò «Ora basta! Porta giù tutto.» Edouard sbucò dalla balconata. «Abbiamo tirato giù le tende per raccogliere tutto. Ora arriviamo.» Dopo poco,  Pierre, Gilbert e Edouard scendevano le scale con le tende a mo’ di sacchi. Passarono tutto a Philippe, mentre Henri, prese le tende, cominciava a spargerle sulla balconata. Mathieu e André spargevano l’olio in su tutta la casa. Quando ebbero caricato tutto, giunsero delle grida da fuori. André si sorprese.  «Emile! Ti prego no! Fidati del tuo valletto, la casa va a fuoco!»
 Presto la sorpresa lasciò il posto al panico. «Andatevene!» ordinò a Henri e Philippe, spingendo Pierre nella carrozza con la refurtiva. Il ladro annuì e mandò i cavalli al galoppo. «Ci vediamo a Parigi.» disse prima di scomparire. La voce burbera e arrogante di de Bayonne gli fece venir voglia di prenderlo a pugni. «Non dire assurdità, donna! Sei solo una stupida: è da più di mezz’ora che la casa sta “bruciando”! Se fosse stato vero, dovrebbe essere già crollata!» non solo i popolani, ma anche la moglie... era un essere indegno anche solo di venir chiamato uomo... figuriamoci di vivere... Prese la pistola che aveva alla vita. Mirò al cuore inesistente del’uomo che si avvicinava sempre di più. Alzò il cane, e cominciò a fare sempre più pressione sul grilletto. Ma una cosa lo fermò. Una bambina, una piccola bambina dai capelli biondissimi e leggeri, con gli occhioni scurissimi e lucenti che lo guardavano. Doveva essere la figlia minore di Bayonne; teneva stretta una bambola. La pietà gli fermò la mano. Premette il grilletto, mancando il bersaglio come voleva. Il conte si spaventò. Fece cenno ad Edouard che, con una candela in mano, andò ad appiccare il fuoco al piano superiore con Gilbert. «Non muoverti, de Bayonne.» intimò André ad alta voce. «La casa sarà presto in fiamme, i miei uomini stanno appiccando il fuoco proprio mentre parliamo.»
«Dimmi chi sei!» ordinò rabbioso.
«Io sono Dubois. E sono qui per vendicare un omicidio. Non prenderò la tua vita, né quella dei tuoi familiari o amici: voglio solo darti una piccola lezione. Un assaggio di quello che potrei fare ad un uomo come te.» Edouard e Gilbert corsero giù, seguiti dalle fiamme. In volata, lanciò la lampada ad olio sulle tende. Tutta la casa ora era in fiamme. Fuggì, veloce come il vento, dalla finestra del retro. Correndo raggiunsero la cinta muraria. C’era un cancelletto, poco più di una porta. Era uno di quelli che venivano usati dai servitori per andare al paese o per ricevere i rifornimenti.  Scavalcando il cancelletto fuggirono. I cavalli erano dove li avevano lasciati: brucavano l’erba che cresceva rada ai piedi dell’albero. Salì in groppa a quello più in forse, portando Mathieu dietro di lui. Lanciò il cavallo al galoppo. Mentre cavalcava e teneva la testa bassa sentì il bisogno di guardarsi indietro. Rallentò e voltò il viso. Le lingue di fuoco ondeggiavano al vento caldo delle prime ore di agosto. Il calore di percepiva anche a quella distanza.
«Perché ci siamo fermati?» chiese Mathieu.
Attese un po’, sorrise e poi rispose: «Perché da questo momento in poi si sentirà davvero parlare di noi, Mathieu.»



 
  
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