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Autore: Reginadicuori94    01/04/2014    1 recensioni
La prima volta che lo sentì stava chiacchierando con la sua amica Diana, nel cortile della Scuola Privata che frequentavano.
Valerie era una ragazza introversa e timida, estremamente testarda e orgogliosa, una volta che la conoscevi bene potevi scoprire che era molto dolce e buona e che raramente serbava rancore anche verso coloro che maggiormente l'avessero ferita.
Ultimamente la ragazza soffriva di forti mal di testa, tanto intensi, che aveva temuto che si trattasse di emicranie da stress, ma questa volta non si trattava dei soliti dolori: era come se qualcuno le avesse spinto un pungiglione sulla tempia e continuasse a farlo penetrare nel suo cranio, era terribile e la ragazza si ritrovò costretta a chiudere più volte gli occhi per cercare di sopportare il dolore. Sentiva come se avesse le vene in fiamme e poteva quasi avvertire gli spostamenti d'aria intorno a lei.
E' la prima storia originale che scrivo! Per favore passate e fatemi sapere che ne pensate! :-)
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Julien era sdraiato sul suo letto, le braccia dietro la testa lo sguardo fisso sul soffitto. Ricordava abbastanza bene Aphrodite, Valerie le assomigliava molto senno caratterialmente molto fisicamente. Aphrodite era una pacifista, nonostante tutti gli allenamenti e le tecniche di combattimento apprese, lei era per il dialogo: odiava le sue missioni, e in una di queste era rimasta uccisa e tutto per proteggere quell’unica persona che forse avrebbe dovuto proteggere loro e non viceversa. Aphrodite aveva sempre i suoi grandi occhi marroni aperti con curiosità al mondo, se ti fissava negli occhi non potevi sentirti a disagio, invece Valerie con i suoi occhi verdi pieni di curiosità era anche capace di incutere un certo timore e sebbene, per qualche strana ragione, negli ultimi dieci anni era riuscita a nascondere la sua vera natura il suo vero carattere forte e combattivo ci si accorgeva dal modo in cui camminava o da come non fosse mai nervosa, non davvero, che doveva avere un carattere estremamente forte. Da bambina lo aveva dimostrato più volte. Ora che ci pensava Valerie doveva aver subito uno shock con la perdita di Aphrodite che per lei era stata una sorella maggiore amorevole e dolce, era da quel fatidico giorno in cui arrivò la notizia che Valerie non era stata più la stessa e il suo carattere era diventato apparentemente più remissivo, pudico, timido ed introverso. Si alzò di scatto, i muscoli erano intorpiditi a causa del duro allenamento che, dopo aver accompagnato a casa Valerie, si era imposto: doveva mantenersi in forma, doveva essere in grado di continuare a svolgere senza errori il suo compito. 

 

 

«Valerie» la voce era dolce, nel suo sogno non faceva né caldo né freddo, era in biblioteca, il fuoco scoppiettava allegro e la stanza era quasi immersa nel buio. Valerie si stringeva le ginocchia al petto e sapeva che stava piangendo e che ad un certo punto di quella settimana doveva aver compiuto quattro anni. Non vedeva bene la faccia della persona che le parlava, era come se fosse una reminiscenza e non riusciva proprio a capire con chi steste parlando. 

«Valerie ricordati che ti devi fidare solo e sempre del tuo istinto, quello, tesoro, non sbaglia mai. Cercheranno di controllarti, come hanno fatto con me, cercheranno di manipolarti e proveranno a farti provare vergogna e rammarico per non essere come loro. Tu non cedere, non temere» a uscire dalla sua bocca infantile però furono parole di adulta, domande a cui finalmente dava una voce.

«Chi sei?»

«Lo sai»

«No. Altrimenti non te lo avrei chiesto»

«Lo sai»

«No» la testardaggine per cui era ben conosciuta in tutta la sua famiglia, prese il posto della gentilezza e con uno scatto spostò con violenza la mano gentile e fredda che le era appoggiata sulle ginocchia sbucciate. Una risata gentile e cristallina la sorprese.

«Sei sempre la solita Valerie, non cambierai mai».

«Se mi conosci così bene, chi sei allora?» domandò. Allora la nuvola che nascondeva con luce abbagliante il viso della persona che aveva di fronte si diradò e poté vedersi riflessa nelle iridi verdi di una se stessa più grande, e probabilmente più matura. Aveva i capelli in una piega ondulata che le ricadevano setosi lungo le spalle, indossava un abito anni venti a stampa floreale. 

«Chi sei?» domandò ancora.

«Sono te e non sono te. Sono quello che tu pensi che io sia, sono la persona che tu hai salvato e che salverai».

 

Valerie si svegliò sudata da quel sogno: era ancora in biblioteca, il fuoco si era spento e sul davanzale c’era un biglietto sul quale spiccava la calligrafia perfetta di Victor “Sorellina, dormivi così bene che non me la sono sentita di svegliarti. Un bacio, Victor” sorrise fra sé e si alzò cercando di mantenere il calore del suo corpo si avvicinò ai tizzoni ancora ardenti per cercare di ravvivare il fuoco. E fu allora che lo sentì di nuovo, quel richiamo, quella specie di pungiglione questa volta più gentile che la spingeva a guardare verso la libreria nello scaffale più polveroso e oscuro: lì quasi la chiamasse notò un libro rilegato in cuoio scuro e si alzò quasi spinta da una forza superiore e si avvicinò estraendolo dal posto in cui doveva essere rimasto, non toccato, per anni. Al tatto era freddo e rabbrividì nel toccarlo. Lo aprì. Era un album di fotografie. Erano principalmente di Victor da piccolo e qualcuna di lei. Mentre sfogliava quel libro vide anche delle foto più vecchie e una, ancora in bianco e nero che ritraeva una giovane donna, che e somigliava terribilmente, che si teneva una mano sul ventre rigonfio, la data era 15 Maggio 1953. Dietro la fotografia una scritta a inchiostro scuro, ormai quasi completamente sbiadito dal tempo, recitava: “Alla mia dolce moglie, Marie Croix” e sotto portava una firma, che purtroppo Valerie non fu in grado di decifrare, ma sapeva che Marie era la sua nonna paterna. 

 

Era ormai notte fonda quando Valerie, non riuscendo a prendere sonno, e dopo aver passato le ultime due ore a rigirarsi nel letto cominciò a cercare di ricordare il più possibile di Aphrodite. Si rivelò un compito difficilissimo. Era come se cercare di ricordare le facesse male, come se tutte le volte che le sembrava di sfiorare i contorni evanescenti del viso della cugina un dolore lancinante le opprimeva il petto e il capo, costringendola a pensare ad altro a qualcosa di calmante a qualcosa di lenitivo, che fosse un ricordo e una persona. Alla fine, distrutta, ma ancora non stanca abbastanza da addormentarsi si sedette sulla sponda del letto, le gambe nude a penzoloni, i piedi scalzi che sfioravano terra; si passò una mano tra i capelli castano-dorati spostandoseli indietro rispetto al viso e con sospiro si alzò. Scendendo i quattro gradini che rendevano il suo letto sopraelevato rispetto al resto della camera, raccolse la prima felpa che le capitò a tiro e indossando le ciabatte si diresse fuori dalla camera cercando di fare meno rumore possibile. Vagò per un po’ senza meta per poi ritrovarsi in salotto, eppure il salotto avrebbe dovuto essere buio. Invece una lampada era accesa: c’erano sua madre e suo padre ancora in piedi a parlare.

Gerard Croix era un uomo alto e austero, dalla capigliatura ormai brizzolata e dalle folte sopracciglia che mal celavano gli occhietti vispi di un azzurro quasi irreale, indossava ancora la sua camicia e i pantaloni, segno che doveva essere rientrato da poco, Valerie diede un’occhiata all’orologio batteva quasi le tre di notte, cosa ci facevano i suoi in piedi a quest’ora? 

Suo padre era seduto su una poltrona carminia e stava fumando un sigaro cercando di tranquillizzare sua madre che invece camminava avanti e indietro, ancora avvolta nella vestaglia di seta lilla: Isabelle era ancora una bella donna come quella che immortalata nelle foto del matrimonio sorrideva dal quadro della cucina: aveva preso qualche chilo, certo, ma rimaneva una donna alta e slanciata, qualche ruga in più le rigava il volto regale, ma i suoi occhi rimanevano quello specchio trasparente di acqua verdazzurra che tanto ammaliavano ancora oggi suo marito. 

«Calmati, Isabelle -disse sua padre con voce cavernosa, ancora impastata dal fumo che aveva appena finito di espirare -sapevamo che questo giorno sarebbe arrivato. Non potevamo davvero credere di poterla tenere all’oscuro della verità ancora per molto. Dovrà compiere ciò per cui è venuta al mondo» suo padre sembrava molto sicuro di quello che diceva e in genere questo bastava a calmare sua madre, ma con sua somma sorpresa notò che la madre ancora camminava avanti e indietro preoccupatissima e aveva quasi le lacrime agli occhi:

«E’ mia figlia Gerard! -esclamò, alzando impercettibilmente la voce -non permetterò che me la portino via come hanno fatto a Sophie!» Sophie era la nonna di Aphrodite che era stata allontanata dalla figlia perché ormai vedova non voleva che la sua unica nipote frequentasse quelle scuole che lei definiva da sempre “oscure e luogo di morte” l’avevano fatta internare e Valerie spesso la andava a trovare nonostante il resto della famiglia ne rimasse distante. 

«Lei è la mia bambina! Non qualche specie di arma -enfatizzò quella parola con tanto di quell’odio che quasi stupì Valerie, sua madre era incapace di odiare qualcuno -cinetica che possono usare a loro piacimento e poi disfarsene! Non le permetterò di subire lo stesso destino di Aphrodite!». 

«Isabelle -rispose con calma suo padre, come se parlasse con una bambina capricciosa -lo so che è nostra figlia, ma abbiamo sempre saputo che questo giorno sarebbe arrivato, non potevamo tenere le sue capacità nascoste molto a lungo! L’altro giorno ha ringraziato la Signora Lennox per averle acceso il fuoco in libreria e grazie al cielo quella donna ha vissuto abbastanza tempo con noi per ricordarsi cosa doveva fare, e mentirle, ma non possiamo farlo oltre.».

Le avevano mentito. Tutta la sua vita era stata una bugia. Loro sapevano. Loro sapevano che lei aveva queste capacità… quali fossero ancora non l’aveva capito, ma sicuramente c’erano. 

Silenziosa, senza riuscire a versare una lacrima si diresse in camera sua, si chiuse la porta alle spalle e scivolò lungo di essa fino a trovarsi seduta a terra con la schiena poggiata alla porta. 

Lo sapevano. Loro lo sapevano.

 

 

 

«Buongiorno tesoro! Sei pronta per una nuova giornata?» Valerie si costrinse a trattenere una smorfia di disgusto mentre sua madre, la stessa madre che l’aveva messa al mondo solo per mentirle tutta la vita, le sorrideva mentre premurosa le preparava la colazione per poi rimanere delusa quando la figlia recuperò la giacca e dicendo solo “Non ho fame” uscì dalla cucina. 

In corridoio incrociò il suo adorato fratellino, Hans, che con i capelli biondi tutti spettinati, l’orsacchiotto stretto al petto e gli occhi ancora assonnati, si aprì in un sorrisone perfetto per la sua sorellona. 

«Hey ciao, Topo -disse lei scompigliandogli i capelli -mi raccomando fai il bravo alla scuola materna e proteggi sempre l’orsacchiotto. Io vado a scuola» il bambino annuì e lei gli stampò un bacio sulla guancia, evitando anche il padre mentre usciva, assolutamente in anticipo rispetto suo solito da casa. 

Nel cortile Diana stava leggendo un giornalino con Mathieu, e quando la vide si sbracciò ancora un po’ imbarazzata per non averle risposto il giorno prima, visto che la ragazza sembrava non aver dormito tutta la notte, nonostante avesse cercato di nascondere con il fondotinta e il copri-occhiaie il disastro che aveva al posto degli occhi. Valerie si strinse nelle spalle e li raggiunse.

«Buongiorno ragazzi, come va?»

«Tutto bene, tu? -le domandò Diana -sembri uscita da un film dell’orrore, hai dormito sta notte?»

«Non molto ero un po’ agitata… tutto qua.» Mathieu le carezzò una spalla in segno di conforto, o almeno avrebbe dovuto esserlo, era ciò che voleva essere confortata da qualcuno che tenesse a lei, eppure non era quello di cui aveva bisogno o comunque non si sentiva come se avesse ottenuto ciò di cui aveva bisogno.

«Hai litigato con i tuoi? -domandò Diana -mi sembra l’unica opzione eppure, non litigate praticamente mai» Valerie scosse la testa, ben conscia di non poterle raccontare nulla e si sentì male a pensare che non si fidava della sua migliore amica e del ragazzo che chiaramente aveva una cotta per lei e che, per un certo periodo, aveva creduto che le piacesse, eppure era come se semplicemente non potesse essere lui. Punto. 

Fu allora che lo vide e che lui si fermò. I capelli erano di nuovo lasciati disordinati a incorniciare il volto pallido: anche lui sembrava non aver dormito molto. E allora non seppe esattamente cosa accadde semplicemente tutte le lacrime che non era riuscita a piangere quella notte cominciarono a sgorgare dai suoi occhi verdi rincorrendosi lungo le guance rigandole il volto di scie salate. Lasciò cadere la borsa dalla spalla e ignorando completamente i due amici attraversò con passi decisi la distanza che li separava e senza chiedere permesso o scusa si fiondò tra le sue braccia singhiozzando convulsamente, mentre sentiva le sue braccia muscolose avvolgerla in una stretta che sapeva di casa e di sicurezza. 

«Lo sapevano… loro lo sapevano…» sentì la sua stretta farsi più forte, più ferrea e non si preoccupò di tutte le persone che probabilmente si erano fermate incuriosite dalla scena. Lui annuì sulla sua spalla e disse:

«Shh… lo so, va tutto bene, sei al sicuro» non c’entrava molto, pensò Valerie, non gli aveva mai detto di essersi sentita vulnerabile, come l’aveva capito? Lo sentì scioglierle i capelli che ricaddero a nascondere il suo volto rigato dalle lacrime e già seminascosti dal suo petto. 

Ho paura. Non lo disse, ma Julien lo percepì chiaramente e posò un bacio sulla sua spalla, quasi fosse un riflesso naturale.

Ci sono io adesso. Non lo disse, ma il respiro di Valerie si fece più regolare e le lacrime cominciarono ad asciugarsi. Non era sola. E anche se loro sapevano, c’era lui. 


Sinceramente sono rimasta un po' male di non vedere neanche un commentino per il capitolo precedente, e comincio ad avere l'impressione che forse questa fic non valga la pena, ma siccome sono più sicura di me di così, o forse semplicemente più cocciuta, ho voluto provare a postare anche questo capitolo e probabilmente ne posterò ancora un paio, ovviamento se anche questi capitoli non verranno assolutamente recensiti mi toccherà gettare la spugna vuol dire che non sono in grado di scrivere un fic originale e mi metterò l'anima in pace (più o meno) :-P  Quindi per favore, fatemi sapere che ne pensate anche se non vi piace fatemolo sapere, magari posso migliorare! In fondo scrivo solo per divertimento e non sono di certo una scrittrice di "valore" diciamo, quindi non pretendo di piacere per forza, ma posso migliorare. Un bacio e alla prossima. 

  
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