Anime & Manga > Inuyasha
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Autore: Aka_Yuki    03/04/2014    1 recensioni
Un daimyo maledetto. Una figlia devota. Sakè, katane, demoni e violenza.
La giovane miko Kagome dovrà districarsi da segreti ed apparenze illusorie, in un mondo dove l'apparenza e la sostanza raramente si corrispondono.
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Miroku, Sango, Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo XXV: Un frammento e Lui

Kagome aveva sbadigliato forte, coprendosi subito la bocca imbarazzata. Miroku l’aveva guardata con tenerezza, come si fa con i bambini, e le aveva posato una mano sulla spalla delicatamente.

“Divina Kagome, forse è l’ora di riposarci, sono stati giorni pesanti questi.” Lei lo guardò con gli occhi già annebbiati dal sonno e stava per replicare che, no, lei non era stanca affatto, quando si aprì in un altro, enorme, sbadiglio e non poté più mentire. Stava morendo di sonno. Sorrise timidamente, voltandosi poi verso gli altri, quasi per scusarsi. Sango si era già alzata e raccoglieva con le mani un mucchietto di sabbia, che poi gettò sul fuoco spegnendolo di colpa. Il buio fu istantaneo, costellato solo dalle flebili luci di un paio di lanterne ancora accese.

“Si dorme!” esclamò con brio, facendo lampeggiare gli occhi in direzione della miko, che ridacchiò per l’espressione divertita della ragazza. Da quando avevano liberato Kirara, Sango sembrava trasfigurata: camminava più leggera, sorrideva e ogni suo gesto pareva intriso di una vitalità che prima non aveva. Per Kagome era una gioia. La miko si alzò e salutò tutti. Sango la abbracciò forte, mentre le sussurrava qualcosa all’orecchio, che la fece trasalire. La lasciò andare, prendendole per un attimo la mano e facendole scivolare qualcosa nel palmo prima di andarsene con uno sguardo birichino, seguita dal monaco, che venne subito redarguito malamente. 

“Che ti ha dato?” domandò burbero Inuyasha, apparendo alle spalle di Kagome che sussultò facendo un balzo e infilando in fretta e furia ciò che aveva in mano in una tasca del suo abito.

“Niente!” esclamò con un tono acuto, incredibilmente colpevole. L’hanjō la guardò con un sopracciglio sollevato, per nulla convinto. Ma non indagò oltre, poiché la miko lo guardava con occhi imploranti, pregandolo silenziosamente di non fare altre domande. 

“Quindi ora vi fidate di lei?” sbuffò, incrociando le braccia. Kagome sbatté le palpebre diverse volte prima di rispondere.

“Perché non dovremmo?”

“Perché ha mentito fino ad ora.”

“Ma ora ci ha detto la verità.”

“Chi mente una volta, mente sempre.” rispose categorico. Lei lo fissò un attimo, cercando di sondare qualcosa, come per capire fin dove arrivasse il risentimento. Quanto profondamente fosse compromessa quella parte di una persona che ti porta a vedere, anche nell’oscurità e nel male più buio, una scintilla, il lato positivo. E quasi la irritava quell’espressione corrucciata e così sicura che assumeva il mezzodemone. Si irrigidì a sua volte, mettendo su lo sguardo severo che usava a volte quando il fratellino diceva qualcosa di molto stupido, che la indignava profondamente.

“La cattiveria che ti butti intorno prima o poi ti divorerà tutto intero, caro il mio Inuyasha. Ti credi tanto furbo con lo sguardo cattivo e la battuta sagace, a dispensare il consiglio che nulla cambia e dopo l’estate c’è sempre l’inverno. Ma sai, io non ci tengo a finire in un circolo buio in cui il mio riflesso diventa il mio migliore amico, e non mi fido neppure di lui. Io credo che qualcosa sbocci sempre, alla fine, anche dopo l’inverno più rigido. Sta solo a coglierlo in momento giusto.” disse tutto d’un fiato, piantandogli i grandi occhi scuri, sinceri e severi, nei suoi gialli e un po’ sbalorditi. Poi, senza aggiungere altro o aspettare una risposta, si girò e se ne andò.

Lui rimase ad osservarla nell’oscurità, vedendo benissimo come si rigirava tra le dita un frammento luccicante. Avrebbe potuto, e probabilmente avrebbe dovuto, risponderle a tono a quella bambina ingenua. Quante sciocchezze aveva sciorinato con tutta quella spavalda sicurezza da eroina vissuta. E quanto il suo aspetto, a tratti nobile e regale, a tratti infantile e puro, aveva calcato la mano alle sue parole. Era come se lei avesse parlato non solo con le labbra ma con quello che era. E, dannazione, lui la era rimasto a sentire. Non perché potesse credere a quello che quelle labbra sciocche dicevano. O forse avrebbe voluto. Ma era rimasto perché voleva sentirla. Sbuffò, scuotendo la testa irritato dai suoi stessi pensieri, mentre con la mano andava a cercare Tessaiga. Ora si sentiva un po’ meno incompleto. Un po’ meno. Lanciò un ultimo sguardo verso il buio in cui Kagome era sparita, poi si voltò e se ne andò.

 

In lontananza tirava un vento che, tra i profumi di una primavera imminente, portava anche guai e un sorriso divertito. Quei piccoli drammi la divertivano oltremodo. Se aveva imparato qualcosa dalla propria esistenza, era proprio quello. A divertirsi per le piccole cose, mentre la sua vita si assottigliava sotto le dita lunghe e precise del destino. Ridacchiò, scorgendo un bocciolo roseo su un pesco.

“Tutto fiorisce, anche dopo un lungo inverno.” mormorò, con la voce tra il fischio e il trillò, con una risata a fior di labbra. Allungò la mano, accarezzando il bocciolo morbido.

“Tutto sta nel coglierlo nel momento giusto.” La bocca le si allargò in un sorriso sadico, mentre sradicava con le dita quel fiore mai nato. Lo guardò, avvicinandoselo agli occhi e ruotandolo in tutte le direzione, come ad ispezionarlo.

“Rallegrati, così non morirai mai.” sogghignò, con un’amarezza che avrebbe spento le stelle se non fossero state troppo, troppo lontane per sentirla. Poi, in un alito di brezza, sparì. Il bocciolo rimase a terra.

 
  
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