«Ecco
a te» Will
posò facendo attenzione a non rovesciare nulla un vassoio
davanti a Jenny, che
passò in rassegna con lo sguardo l’hamburger
malamente incartato, la confezione
di patatine fritte straripante e il bicchiere di cartone ghiacciato
contenente
la Coca-Cola, prima di rivolgergli un sorriso e ringraziarlo.
Contrariamente,
Chris lasciò scivolare il vassoio di Izzy sul tavolo senza
alcuna
preoccupazione, non dicendo nulla e sedendosi di fronte a lei, evitando
il suo
sguardo.
Il loro tavolo si
trovava all’esterno, sotto un’enorme tenda rossa,
al fresco delle sere
autunnali. Attorno a loro gruppi di ragazzi, famiglie e signori anziani
cenavano
in allegria, sommando così al sottofondo musicale un
piacevole brusio.
Nonostante questo,
la conversazione proseguì, discutendo del più e
del meno, ridendo e scherzando
tranquillamente. Jenny improvvisò una lotta con le patatine,
cercando
disperatamente di lanciarne qualcuna sulla maglietta di Izzy, che
annuì
convinta in risposta alla domanda di Will mentre con una mano portava
alle
labbra il bicchiere di cartone e lasciava che la Coca la rinfrescasse,
bloccando il cubetto di ghiaccio e cominciando a rigirarselo tra le
labbra, e
con l’altra bloccava l’ultimo frammento di cibo che
le arrivava addosso. A
lotta conclusa, si poteva dire che era stata la più grande
idiozia che la
ragazza avesse mai visto fare durante una cena, e negli anni era stata
costretta ad assistere a competizioni oscene e altro.
Dopo aver
terminato
il gelato, Jenny estrasse dalla borsa una scatola ricoperta di carta da
regalo
blu tenuta ferma da un fiocco argentato e la consegnò a
Will. Appeso alla
confezione con un nastro, c’era un bigliettino colorato
segnato dalla
calligrafia lineare e ordinata della sua amica, che lui lesse
ridacchiando. “Buon compleanno".
Speriamo che ciò che
si trova nella scatola diminuisca le tue ore di ritardo giornaliero". Un
pensiero così banale, ma che aveva richiesto circa tre ore
di chat di gruppo su
Facebook nei giorni precedenti. Tra Izzy, Chris e Jenny, questo era il
meglio
che era stato trovato alla fine dei disperati tentativi di scrivere
qualcosa
con un significato più o meno decente. Almeno ci avevano
provato.
Ovviamente, nel
pacco era in bella mostra su un cuscinetto nero un orologio sportivo,
anch’esso
dello stesso colore, con il quadrante di medie dimensioni. «È bellissimo, mi serviva proprio. Grazie
ragazzi» un altro abbraccio, circa il ventesimo
dall’inizio della giornata, li
unì. Portarono via i residui dal tavolo e si diressero
nuovamente verso le
auto, decidendo però che era troppo presto per salutarsi.
«Izzy, hai mai visto
la Statua?» chiese Jen mentre cercavano un posto dove andare.
La risposta
negativa fece illuminare i volti degli altri membri del gruppo, che si
accordarono
tra loro e poi esposero la decisione alla ragazza. «Che
stiamo aspettando? Andiamo
adesso, di sera è ancora più bella»
così dicendo, Will si avviò alla sua moto
seguito da Jenny, che non si fece sfuggire l’occasione per
giocare un brutto
scherzo alla compagna ed esclamò tranquillamente
«Non serve prendere l’auto, ci
accompagnate voi e poi torniamo qui a prenderla, che ne
pensate?» i destinatari
della domanda si dimostrarono disponibili, mentre Izzy pregava con lo
sguardo
l’amica di risparmiarle quella tortura. Come risposta
ricevette un ghigno
malvagio che la spaventò e la portò a chiedersi
perché Jen fosse così malvagia.
Quando quest’ultima salì sulla moto dietro Will,
Izzy si vide costretta a
seguire Chris e ad accettare il casco che lui le stava porgendo. Mentre
lo
afferrava, i loro sguardi si sfiorarono per un attimo e il ragazzo non
poté
trattenere un sorriso, come per farle capire che lui, quello vero, era
ancora
lì, ben nascosto sotto la corazza. Anche Izzy rispose
sorridendo e si ritrovò a
ringraziare mentalmente l’amica.
Si sedette dietro di
lui, che partì tranquillamente stando al passo dei loro
amici per raggiungere
la meta stabilita.
Già
abbastanza
impressionata da quel tour notturno di New York durato ben quaranta
minuti,
contando il traffico e la distanza, l’espressione di Izzy
quando raggiunsero il
simbolo della Grande Mela era un misto tra stupore e
curiosità. La statua si
ergeva imponente su di loro, come se stesse sorvegliando la folla di
turisti
intenti a scattare fotografie. Sostarono a lungo di fronte alla statua,
chiacchierando e conoscendosi meglio, alla fine sembravano amici di
vecchia
data, tanto erano affiatati. Erano ormai le due quando decisero di
rientrare in
periferia, diretti verso le abitazioni.
Il mattino seguente non
avrebbero dovuto
aprire il negozio, poiché era finalmente domenica.
Era assurdo come la
città avesse totalmente cambiato aspetto con il trascorrere
della giornata,
adesso le strade erano popolate da ragazzi di ogni età che
correvano da una
parte all’altra, c’erano adulti in abiti eleganti
di ritorno da cene di lavoro
importanti, le hall degli alberghi erano tutte illuminate e dai vetri
si
scorgevano gli ospiti che s' intrattenevano sui divanetti, nei pub
c’erano
persone di ogni età sedute al bancone in attesa
dell’ennesimo drink della
serata.
Era uno spettacolo affascinante, New York, con i suoi
abitanti dalle svariate nazionalità e idee, i locali aperti
a qualsiasi ora, i
quartieri così differenti l’uno
dall’altro, le strade sempre illuminate e i
volti sorridenti di chi ti passava accanto.
Quando ritornarono nel parcheggio, si salutarono augurandosi
una buona domenica, e si diressero ognuno verso la propria casa. Izzy
avrebbe
dovuto avere un passaggio da Jenny ma Chris non volle sentire ragioni,
convinto
che una ragazza da sola a quell’ora non potesse girare per la
periferia della
città e deciso a tutti i costi a non permettere alla ragazza
di stare a lungo
in auto, quindi Izzy si ritrovò nuovamente sulla sua moto,
stretta a lui,
mentre sfrecciavano per le vie.
Quando furono sotto casa della ragazza, lei lo ringraziò e
si salutarono con un abbraccio, poi lui aspettò che si
chiudesse il portone e
si accendesse la luce dell’abitazione, prima di andare via.
Chiuse l’anta
dell’armadietto dove riponeva il dentifricio e
prese un elastico dal suo polso, poi rivolse la sua attenzione allo
specchio,
mentre cercava di legare in una treccia i capelli blu. Quando ebbe
finito,
sistemò la spallina della canottiera che era scivolata e
spense la luce del
bagno.
Entrò in camera e si abbandonò sotto le coperte
del letto,
dopo aver indossato una felpa leggera.
Non impiegò molto ad addormentarsi, cullata dalle immagini
della città e della serata, chiuse gli occhi in pochissimo
tempo e si concesse
qualche ora di sonno in più rispetto agli altri giorni.
Aprì gli occhi e subito le cadde lo sguardo sull’orologio, che segnava già le otto di quella domenica mattina di fine ottobre. Si alzò con calma e si diresse al piano di sotto, prese una fetta di pane che recava sulla confezione la scritta made in Italy e la farcì con della marmellata di albicocca, versò in un bicchiere del succo di arancia confezionato e accese il televisore. Si sedette al tavolo e consumò la colazione, mentre fissava lo schermo sul quale una donna stava elencando le notizie di quel giorno, odiava il telegiornale, portava solo cattive notizie. Guerre, omicidi, rapimenti erano quotidiani, ma soprattutto erano lo specchio di una società che si autodistruggeva, dove ormai ognuno lottava per se stesso. Il problema affondava le sue radici tra i più giovani, a Isabelle era capitato di vedere dei ragazzini che litigavano e si minacciavano l’un l’altro pesantemente. Odiava il telegiornale perché le metteva malinconia, ma sapeva che era giusto tenersi informati su ciò che riguardava il mondo.
Terminò di mangiare e
lavò il bicchiere, spense la tv e salì
al piano superiore, prese l’occorrente e si chiuse nella
doccia. L’acqua fredda
sul suo corpo contribuì a svegliarla definitivamente, si
coprì con un
asciugamano e andò nella sua camera. Accese lo stereo e
partì direttamente la
canzone del cd che aveva inserito qualche giorno prima, Born to run, di
Bruce
Springsteen. Era arrivata all’ultima traccia, Jungleland,
alzò il volume e si
vestì canticchiando il brano. Le piaceva moltissimo, era una
delle sue canzoni
preferite.
Indossò un paio di jeans e una maglia con una croce enorme
sopra, l’aveva comprata a Londra molto tempo prima e non
ricordava nemmeno di
averla messa in valigia, pensava fosse rimasta nascosta in qualche
cassetto della
sua casa precedente. Aveva lasciato lì qualche indumento,
per quando sarebbe
andata a trovare i suoi.
Lasciò i capelli sciolti sulle spalle e sostituì
le calze
antiscivolo con gli anfibi. Prese dall’attaccapanni
all’ingresso la giacca di
pelle e uscì, determinata a scoprire qualche altro posto
della città.
Il campanello sulla porta annunciò il suo arrivo, facendo
voltare Josh verso l’ingresso. Quando il ragazzo la vide, si
aprì in un sorriso
e la salutò allegramente. «Ciao
Josh!»
rispose lei «Mi daresti il solito per favore?» gli
chiese. Il “solito”
consisteva in un caffè generosamente zuccherato, Izzy amava
il caffè italiano,
e quello dello Starbucks era il più simile, anche se
comunque molto differente.
Prese posto su uno
sgabello davanti al bancone e aspettò pazientemente il suo
bicchiere di
cartone, poi ne approfittò per scambiare due chiacchiere con
l’amico. Josh era molto
simpatico, si trovava davvero bene con lui. Si erano conosciuti appena
lei era
arrivata, era stato il primo con cui aveva parlato e prima di trovare
lavoro in
libreria era solita passare gran parte del pomeriggio al bar.
Non si erano mai
incontrati al di fuori, ma si erano quasi subito scambiati i numeri di
cellulare e capitava che la sera parlassero a lungo.
«Allora? Novità?»
gli chiese lei mentre era intento a pulire il bancone con uno
strofinaccio e aspettava
il prossimo cliente. «Niente di che, mi manca un esame
all’università, poi ho
finito.» le rispose raggiante. Izzy aveva scoperto presto che
Josh stava per
conseguire la laurea in lettere, ma non amava particolarmente
l’ambiente
universitario in cui era capitato. Prima o poi, si disse, avrebbe
dovuto
iniziare anche lei. Non voleva perdere tempo ma quell’anno se
lo sarebbe preso
per riflettere al meglio ed evitare di pentirsi della scelta.
«Grandioso!»
esclamò rivolgendo un sorriso sincero all’amico
«Hai già trovato qualcosa da
fare dopo?» domandò ancora. Josh si
fermò un attimo, come se stesse pensando,
poi disse «No. Credo che me ne andrò, dipende
dalla situazione» rifletté
brevemente e poi aggiunse «Se qui non mi offrono nulla, me ne
vado, altrimenti
per ora rimango. Anche se vorrei comunque lasciare il bar» le
confessò. «Non ti
trovi bene qui?» si preoccupò lei. «No,
anzi. Però voglio fare qualcosa che mi
piaccia sul serio». Isabelle lo capiva, anche lei voleva
sentirsi realizzata.
Voleva avere una professione che le permettesse di mettere in atto
ciò che
aveva studiato. Prima però voleva girare il mondo. Non le
importava granché del
futuro, oltre al voler realizzarsi, non aveva altre idee, quindi si era
ripromessa di vivere il presente.
Chiacchierarono
ancora un po’, poi il locale iniziò a riempirsi e
Josh fu costretto a dedicarsi
al lavoro. Fece il giro del bancone e lasciò un bacio sulla
guancia di Izzy,
poi la salutò e si diresse verso un tavolo. La ragazza
rispose al saluto e uscì
dal bar.
Il
pomeriggio di
quella domenica trascorse lento e noioso, non sapendosi orientare in
città non
era potuta andare molto lontano ed era ritornata presto a casa. Aveva
cercato
di trovarsi qualcosa da fare, aveva visto un po’ di tv, aveva
navigato su
Internet, aveva chiamato la madre
ma
nulla l’aveva distratta dalla noia.
Seduta dietro la
tastiera nel rifugio, con indosso una maglia larga, un paio di
pantaloni della
tuta e dei calzini, i capelli raccolti in una coda disordinata, cercava
di
mettere insieme qualche nota che potesse suonare bene insieme.
Riempì due righe
del pentagramma, poi, però si stancò anche di
quello e chiuse violentemente il
quaderno. Prese un libro, ma arrivata al terzo capitolo si disse che
era
veramente brutto, quindi lo nascose sul fondo dell’armadio.
Si buttò sul divano
sull’orlo di una crisi isterica, odiava essere inattiva, si
sentiva inutile. Cercò
di intrattenersi con un orribile gioco che aveva scaricato sul
cellulare, ma il
mal di testa la costrinse a interrompere la partita. Si sentiva
terribilmente
sola. Avrebbe voluto chiamare qualcuno, Josh o Jenny, per invitarlo a
casa e
passare il tempo, ma aveva paura di disturbare. Si conoscevano da un
po’, ma Izzy
temeva lo stesso di poter sembrare invadente.
Quando ormai
l’orologio segnava le nove di sera, la sua pazienza
terminò. Con la scusa di
voler recuperare il sonno, indossò il pigiama e si
infilò sotto le coperte. Erano
le nove e mezzo, che noia.
Erano
passati cinque
giorni da quel pomeriggio da incubo, finalmente era arrivato il
giovedì e quel
giorno non toccava a lei aprire la libreria, era il turno di Chris.
Nel loro rapporto
non era cambiato quasi nulla, sennonché a volte lo vedeva
ancora più distante
di prima, non avevano più parlato come quella volta nel
vicolo e non si erano
più trovati da soli da qualche parte, per sua fortuna. Non
era più nemmeno
tanto certa di voler scoprire chi c’era sotto la maschera, a
volte aveva
addirittura paura. Probabilmente se ne sarebbe pentita, quindi aveva
deciso di
non pensarci, avrebbe assecondato le scelte del ragazzo. Nonostante
tutto,
aveva ancora paura di quello che sarebbe potuto succedere quel giorno,
sarebbero stati di nuovo insieme da soli.
Entrò nel negozio e
constatò che quella mattina il cd scelto era uno dei
migliori del 1984 circa,
Born in the USA di Springsteen. Era un artista che l’aveva
sempre incuriosita,
fino a quando non aveva ascoltato tutti i suoi album e se ne era
perdutamente
innamorata. Un punto a favore di Chris, aveva ottimi gusti musicali. Le
piaceva
entrare in libreria e sentire qualcosa di familiare e gradito.
Il ragazzo come al
solito stava leggendo, probabilmente era un nuovo libro, dal momento
che la
copertina sembrava diversa da quella della settimana precedente.
«Giorno!» salutò
Isabelle, cercando di mascherare l’ansia che la stava
assalendo. Chris puntò il
suo sguardo castano su di lei, accennò a un sorriso e
rispose al saluto.
Nessuno avrebbe creduto che quel sorriso era vero, si vedeva in
lontananza che
era teso anche lui e che aveva sorriso per cortesia. In
quell’istante, Izzy si
rese conto che avrebbe dato qualunque cosa per rassicurarlo, per
liberarlo da
quello che continuava a nascondere e a ignorare, ma riconobbe che
così
l’avrebbe solo spaventato.
Nessuno dei due
l’avrebbe mai scoperto, ma fu proprio in quel momento, quando
per la prima
volta si guardarono quasi con terrore negli occhi, che qualcosa
iniziò a
cambiare. Con il tempo avrebbero dato altre spiegazioni, entrambi
incapaci di
riconoscere che fu proprio quel giorno che iniziò tutto.
Come da routine, la
ragazza lasciò la giacca nel piccolo ufficio dietro il
bancone e prese dalle
tasche solamente il cellulare e il pacchetto di sigarette.
Proprio
in quel
momento, mentre stava per sedersi sul bancone, il telefono prese a
squillare.
Non aveva idea di chi potesse essere, non era solita ricevere chiamate
a
quell’ora. Lanciò uno sguardo si scuse a Chris ed
estrasse l’apparecchio dalla
tasca, leggendo il nome del mittente. Josh.
In un istante crebbe
la preoccupazione dentro di lei, se l’amico la stava cercando
alle sette e
mezzo di mattina probabilmente aveva avuto qualche problema. Rispose
immediatamente, senza badare a tutti i convenevoli che ormai non usava
più da
un pezzo con il ragazzo.
«Josh. Che succede?»
aveva esordito, rimanendo in piedi al centro del piccolo spazio dietro
il
bancone.
«Ciao Iz, non
preoccuparti.» la rassicurò l’amico
«volevo solo chiederti una cosa» aggiunse
in tono un po’ più sommesso. Per fare quella
telefonata, Josh aveva avuto
bisogno di un’enorme quantità di coraggio, oltre
che di un aiuto da parte del
compagno di corso, nonché il suo più fidato
amico.
«Certo, chiedimela
pure» aveva acconsentito la ragazza, senza nascondere una
punta di curiosità.
Aveva sentito Josh
esitare per un momento, poi però le era arrivata la sua
voce, per niente
turbata.
«Ti va di andare da
qualche parte stasera?» Izzy non comprese il motivo di tanta
paura nel
domandare una cosa così banale, però non se lo
fece ripetere due volte,
accettando subito. Sarebbe stato sicuramente piacevole passare una
serata in
compagnia di Josh, inoltre avrebbe trovato un rimedio alla terribile
noia che
l’assaliva continuamente. Il ragazzo tirò un
sospiro di sollievo e si
accordarono per il luogo e l’orario. Sarebbe passato lui a
prenderla, infatti
lei gli diede il suo indirizzo, poi insieme avrebbero raggiunto Central
Park,
dove si sarebbe tenuta una manifestazione. Aveva letto la presentazione
su un
manifesto e le era piaciuta tantissimo come idea. Ci sarebbero stati
artisti di
strada, musicisti, ballerini e cantanti di ogni genere, una specie di
evento
per unire le diverse etnie che popolavano la città. Quando
salutò l’amico e
chiuse la telefonata era molto contenta, sicuramente non se ne sarebbe
pentita.
Mancava
circa
mezz’ora all’arrivo di Will e Jen e lei cominciava
ad avvertire il bisogno di
un’altra sigaretta. Al risveglio, quella mattina, si era
sentita così ansiosa
che ne aveva consumata una nel tragitto verso la metropolitana, ma
l’effetto
era già terminato. Guardò Chris al suo fianco e
gli porse il pacchetto. «Vuoi?»
si limitò a chiedere. Il ragazzo alzò gli occhi
dal libro e la guardò per un
istante, prima di rispondere facendo segno di no con la testa e
mormorando un
flebile “grazie”. Izzy si limitò a
scrollare le spalle, lei aveva solo provato
a essere gentile con lui, per il resto non era colpa sua. Si diresse
tranquillamente verso la piccola porta che conduceva al vicolo privato,
poi se
la socchiuse alle spalle e inspirò l’aria fresca.
Scivolò con la schiena lungo
il muro e si sedette sul marciapiede, cingendo le gambe con il braccio
libero.
Si portò la sigaretta alle labbra e si lasciò
cullare da quell’odore che in
molti disprezzavano, ma che a lei era sempre piaciuto.
Anche quando ormai
tra le dita le rimaneva un piccolo frammento di carta, non aveva smesso
di
pensare. In quei dieci minuti aveva rivolto la sua attenzione a diversi
aspetti
della sua nuova vita. Era soddisfatta del suo appartamento, del suo
lavoro e
anche degli amici che aveva trovato. Sapeva di poter contare su di
loro.
Proprio mentre rifletteva riguardo la sua nuova compagnia, le apparve
in mente
l’espressione che Chris le aveva rivolto poco prima.
Pensandoci bene si era
resa conto che il ragazzo aveva cambiato repentinamente umore, dopo la
sua
telefonata. Quando era entrata sembrava più allegro, mentre
dopo l’aveva
scambiato per uno zombie. Inoltre le era parso di capire che in altre
condizioni non avrebbe assolutamente rifiutato la proposta di uscire
per una
sigaretta, quindi sicuramente era successo qualcosa.
Izzy accantonò il
pensiero in un angolo della mente, decidendo che sarebbe stato meglio
lasciar
perdere.
Vi chiedo
infinitamente perdono per il terribile ritardo. Ho iniziato a lavorare
a questo
capitolo esattamente dopo aver pubblicato l’altro, ma un
po’ per la scarsità di
idee e un po’ per la scuola, non ho potuto pubblicarlo prima.
Spero vi piaccia,
anche se si tratta di un momento di passaggio e devono cambiare ancora
alcune
cose…
Ringrazio tutte
quelle persone che sono passate dalla storia in generale, in
particolare un
grazie va a chi si è fermato a lasciare un commento, mi
avete dato la voglia di
continuare a scrivere.
Ancora non riesco a
credere che le visite stiano aumentando così tanto, vi
ringrazio davvero.
Finalmente sono
riuscita ad inserire Fear of Me in una serie, di cui fa parte anche una
OneShot
sul passato di Chris, se vi va di leggerla mi piacerebbe sapere cosa ne
pensate.
Cercherò di
aggiornare presto,
grazie ancora a
tutti
Maïa