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Autore: Elizabeth_DeWitt    05/04/2014    2 recensioni
"Saga… hai paura di Dio?
No. Ma ho paura di te."
“La mente del soggetto lotterà strenuamente per creare memorie dove non ne esiste alcuna…
- Barriere ai viaggi trans-dimensionali. R. Lutece”
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Gemini Saga, Nuovo Personaggio, Saori Kido
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Piazza della Lotteria ~
 
 
“Non avevo che domande.  Ma le domande  ti fanno ammazzare.”





Centro di  Accoglienza
 
L’ambiente che mi circondava odorava di incenso, tutto ciò su cui il mio sguardo poggiava sapeva di preghiera, silenzio e meditazione. Era chiaro che ero approdato in una Chiesa o qualcosa di molto simile ad essa. La cosa che però mi fece storcere il naso fin da subito, fu l’acqua che scorreva da piccole cascate artificiali, riversandosi anche sul pavimento in marmo, la quale aveva all’interno dei fiori che però non riuscii a comprendere quali fossero dato che non ero propriamente un appassionato di giardinaggio. Di fronte a me vi erano delle panchine su cui erano poggiati dei libri; per mera curiosità mi avvicinai ad essi notando che, come sospettavo, erano dei testi sacri, comunemente chiamati Bibbia. Mi voltai alla mia sinistra, cercando una via d’uscita da quel posto e mentre camminavo il mio sguardo venne catturato da una scritta su un marmo:
‘Il seme del Profeta siederà sul trono e ricoprirà di fiamme le montagne dell’uomo’
Sorrisi a tali parole. Non ero profondamente credente eppure, quelle parole mi parvero tutto tranne che confortanti, ma quasi una minaccia. In quel momento non vi badai e proseguii trovandomi dinanzi ad una statua sempre in marmo: ‘Il tizio chiamato Profeta’ pensai.
Mi parve evidente che questo Profeta fosse qualcuno di davvero importante in questa città. Notai anche diverse, anzi, moltissime candele accese che davano all’ambiente ancora più l’idea che fosse una specie di Santuario o Chiesa, e ciò venne confermato da un tizio che pareva un prete, al quale, a quel punto, chiesi:
 
“Chiedo scusa! Dove mi trovo?” forse, alzai un po’ troppo il tono della mia voce, e subito me ne pentii ma il prete non me lo fece pesare, al contrario, mi rispose con garbo.
 
“In Paradiso. O la cosa più simile, fino al giorno del giudizio.” disse pacato. L’uomo indossava una camicia bianca con una cravatta scura e, su di essa, una tonaca immacolata. Probabilmente qui i preti indossavano cose simili… ‘Meglio che tenga per me queste domande, se non voglio farmi ammazzare.’ pensai subito. Tutto ciò fin da subito mi mise all’erta, ma il mio sesto senso che sempre mi metteva in allarme venne sopraffatto dalla curiosità.

Difatti prima di scendere verso il basso, decisi di percorrere due stanze ai lati; una a destra e l’altra a sinistra: decisi di andare prima in quella di sinistra. Ai due lati vi erano delle panchine in cui probabilmente i devoti si sedevano per ascoltare l’oratore; di fronte a me una vetrata, che raffigurava una donna molto bella, dai capelli dorati e gli occhi color del ghiaccio, con addosso uno strano vestito ottocentesco sul blu e qui, di nuovo una scritta incisa sul marmo: ‘E nel mio grembo crescerà il seme del Profeta’; incisione, che veniva sorretta da due riproduzioni in marmo della figura femminile della vetrata. Il tutto mi pareva inspiegabile ed illogico.
Lì vicino trovai un piccolo altare con un ritratto della donna, poggiato vicino al quale vidi un registratore vocale. Non ne avevo mai visti così prima d’ora o, perlomeno, non avevo memoria di quel medesimo modello. Curioso di ascoltare cosa vi era registrato, cliccai il tasto apposito per farlo partire, udendo la voce della donna. Una voce che mi trasmise sicurezza, dolcezza e anche bontà…
 
‘Ama il Profeta, perché lui ama il peccatore. Ama il peccatore, perché sei tu. Senza il peccatore che bisogno c’è di un redentore? Senza peccato qual è la grazia del perdono?’
 
Strane parole: non riuscii a dare una spiegazione logica ad esse.
Il perdono, chi poteva concederlo? Chi poteva riceverlo? Queste, erano domande criptiche: il perdono non poteva essere elargito in maniera totale a chiunque. Tutto dipendeva dal peccato che si era compiuto e poi, decidere di conseguenza. Sperai con tutto il cuore che questa città non arrivasse a perdonare gente che commetteva i più disparati crimini.
Ma stavo esitando troppo, così a grandi passi arrivai nell’altra ala, anch’essa una piccola camera da adorazione con, questa volta, una vetrata differente: vi trovai raffigurati, infatti, la donna di prima, il Profeta con in braccio un neonato dai capelli scuri e gli occhi grandi e vispi e un’incisione che riportava: ‘L’Agnello: il futuro della nostra città!’
Possibile che qui i preti o santoni avessero il permesso di sposarsi? Quindi era una religione simile al Protestantesimo! Meglio così infondo, non condividevo l’idea della castità a vita, dava solo ulteriore motivo di commettere reati come abusi. Anche se la frase incisa mi lasciava perplesso, non capendone appieno il significato.
 
Per il momento avevo avuto abbastanza grattacapi; mille domande e zero risposte, pertanto mi decisi una buona volta a  scendere verso il basso in cerca di una via che mi consentisse di entrare in città. Le scale che stavo scendendo erano ricoperte di acqua anch’esse e sulle mura, mentre scendevo, trovai tre finestre/vetrate con i simboli della chiave, pergamena e spada: gli stessi, che avevo trovato antecedentemente sulla porta della navicella. Pareva che questi fossero dei simboli molto importanti.
Finalmente arrivai al piano inferiore dove vi erano dei lunghi corridoi ricolmi d’acqua, ad occhio e croce l’altezza doveva essere fino alla vita e infatti le mie previsioni furono esatte; mentre camminavo mi guardai attorno estasiato dall’architettura del posto. Grandi statue in marmo che reggevano delle fiaccole accese forse, per illuminare il cammino dei pellegrini che la attraversavano erano situate ogni due metri.
Intanto vidi più avanti un gruppo di persone, donne e uomini, disposti in cerchio che ascoltavano quello che sembrava un vero prete, vestito di nero, che parlava  loro dicendo:
 
“E ogni anno, in questa occasione, rinnoviamo il nostro impegno verso la città e il nostro profeta, Padre Comstock.
Rinnoviamo il nostro impegno col sacrificio e rendendo grazie, e immergendoci nelle acque del battesimo.”
 
Mentre però si apprestava a pronunciare il resto di quel sermone, io mi avvicinai al cerchio, cercando di spostare due tizi avanti a me, per provare ad uscire e così il prete avvertendo la mia presenza, dato che chiaramente l’uomo era cieco, chiese se ci fosse qualcuno di nuovo, che venisse da Sodoma.
 
“Ho bisogno solo di entrare in città.” gli risposi. Poche cerimonie e convenevoli, amavo andare dritto al punto senza mezzi termini dal momento che di pazienza ne avevo già poca.
 
“Entrare in città? Fratello, l’unico modo di entrare a Columbia è la rinascita nelle acque battesimali. Ti farai purificare, fratello?”  mi rispose e nello stesso tempo mi chiese.Dovevo per forza accettare la sua condizione o sarei dovuto tornare indietro e tornarmene a casa e questo non poteva succedere. Avevo un incarico da svolgere e non potevo venirne meno. I debiti erano sempre lì, pronti a sopraffarmi in qualsiasi momento. Mi servivano quei soldi.
 
Strinsi la mano del prete che mi era stata rivolta, e subito venni voltato verso gli spettatori per essere battezzato; a quel punto il prete iniziò con le solite frasi da circostanza:

“Ti battezzo nel nome del Profeta, nel nome dei Fondatori e nel nome del Signore! Che tu sia purificato dal peccato e rinasca puro nel ventre di Columbia.”
 
Detto questo spinse con l’altra mano la mia testa sott’acqua facendomi quasi affogare. I miei dubbi si consolidarono quando una volta riemerso continuò: “Non saprei, fratelli e sorelle. Questo non mi sembra molto purificato!” sospingendomi di nuovo verso l’acqua e questa volta facendomi perdere i sensi.
 
**************************************

Non seppi come, ma sentii bussare ad una porta e aprendo gli occhi mi ritrovai stranamente nel mio ufficio: era tutto come lo avevo lasciato ma non capivo. Un attimo prima ero a Columbia ed ora, mi ritrovavo nel mio ufficio: che fosse tutto un sogno?
Intanto, il bussare alla porta divenne più insistente al punto da udire dall’altra parte della porta d’ingresso una voce maschile che non riuscii a riconoscere nella mia memoria:
 
“Portaci la ragazza e annulla il debito.”
“Che cosa vuoi?” gli risposi quasi alterato.
“Avevamo un accordo, DeWitt! Apra questa porta, immediatamente!” disse quella voce dall’altra parte, risultandomi alquanto nervosa.
“Te l’ho detto, non lo farò! Ora va via.”  risposi d’istinto senza nemmeno saperne il reale motivo.
“Signor DeWitt! Signor DeWitt!” continuò lui e poi più nulla.
 
Curioso, mi avvicinai alla porta e l’aprii. Dinanzi a me si parò uno spettacolo agghiacciante: la città in cui abitavo, New York, stava venendo bombardata da alcuni dirigibili di dubbia provenienza. Da un lato in alto nel cielo, vedevo come una specie di nube oscura ben poco definita da dove provenivano questi dirigibili che puntavano verso i grandi edifici della metropoli. Quasi come se fosse stato richiamato dalla mia presenza, un dirigibile si girò dalla parte in cui ero io, lanciando subito dopo un siluro che mi colpì in pieno.
 
 
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Quello che, a quanto pareva, era un sogno, mi fece risvegliare bruscamente fuori dall’edificio in cui mi trovavo fino a pochi minuti prima del battesimo. Tossii tutta l’acqua che avevo ingerito, e quando tornai ad avere il pieno controllo delle mie facoltà, riuscii ad alzarmi in piedi.
 
‘Quell’idiota di un prete deve imparare la differenza tra battezzare un uomo e annegarlo’ pensai stizzito.
 
Intorno a me si ergeva maestoso e imponente il resto del Santuario. Di fronte a mee ai miei lati vi erano tre statue: leggendovi le iscrizioni, vidi che rappresentavano i famosi ‘Fondatori’ di cui parlava il prete; Washington con una spada d’oro che rappresentava la forza, Franklin una chiave d’oro che rappresentava l’industria e Jefferson una pergamena d’oro che rappresentava  la legge; tutti simboli che appartenevano al Nuovo Eden, e che facevano in modo di ergerlo al di sopra delle altre nazioni che loro consideravano Sodoma. 
Lasciai dietro di me tre individui di cui due uomini ed una donna a pregare davanti a quelle statue e da cui avevo appreso la storia dei simboli e finalmente, almeno quelli, mi erano chiari. Salii dei gradini trovandomi davanti un altro pellegrino che, accortosi delle mie condizioni di poc’anzi, mi spiegò che il Profeta riempiva i polmoni d’acqua in modo tale da apprezzarla di più. Nemmeno gli risposi: ero indeciso infatti se rispondere male o prenderlo a pugni. Decisi saggiamente di non fare entrambe le cose per non avere ulteriori problemi. Nel breve tragitto che mi separò dalle porte dell’uscita, vidi altri che non facevano che pregare nei modi più strani e disparati, invocando il Profeta e i Fondatori.
 
‘Solo perché una città vola non significa che sia priva di idioti. Coraggio! Ho una ragazza da trovare.’
 
 

New Eden Square
 
Mi avvicinai finalmente alla porta che mi avrebbe condotto fuori dall’edificio. Quando l’aprii, un raggio di sole mi abbagliò per qualche secondo, ma poi mi si presentò davanti uno spettacolo mozzafiato: gli edifici quasi per magia si stavano allineando davanti ai miei occhi. Uscii dunque fuori, aspettando che l’edificio attraccasse ad una parte della città. Da un cartello potetti leggere che quella era la New Eden Square, notai anche delle ferrovie metalliche intorno ai palazzi che trasportavano delle casse, probabilmente di cibo.
Quando iniziai a passeggiare per la via,  mi venne quasi un capogiro; la gente era viva, dialogava, rideva o era seduta al bar, alcuni parlavano di questo Profeta, ma altri commenti mi facevano rimanere esterrefatto. Qualcosa non andava; captavo in quei discorsi quasi come un odio profondo verso tutto ciò che è ‘diverso’, anche il colore della pelle; ma la cosa che più mi lasciò di sasso, fu vedere che queste persone non vivevano come nel 1988, ma come ad inizio secolo! Si vestivano e comportavano come persone degli anni venti, e subito mi tornò alla mente il tizio morto nel faro. Che provenisse da qui?
Questa città aveva qualcosa di fondamentalmente sbagliato e una parte di me ne aveva terrore. Ma dovetti far valere la ragione, così mi diedi dello stupido: oltre ad essere in una città volante e vedere gli abitanti che si vestivano come negli anni venti cosa mai potrebbe succedere? Respirai a fondo e dopo mi godetti il panorama attorno a me, cercando di coglierne ogni sfaccettatura. Più avanti vidi un negozio, anch’esso attraccato, sulla cui insegna c’era scritto che faceva vestiti su commissione e lucidava le scarpe.
‘Uhm… lavoro proprio d’altri tempi’. Da quanto tempo non vedevo un lustra-scarpe? Non lo ricordavo forse, non ne avevo neanche visto uno in vita mia. Curioso dunque, entrai nel negozio trovandovi appunto il padrone che lustrava le scarpe di un cliente e quest’ultimo che gli raccontava un aneddoto su un lavoro che doveva essere fatto nella sua casa e che il tizio chiamato, essendo un artista, era stanco e bla bla… quasi non gli sbadigliai in faccia per la noia!
In compenso trovai un altro registratore vocale e curioso lo avviai ascoltandone il messaggio. Questa volta la voce era di un uomo:

‘E l’Arcangelo mi mostrò una visione: una città, più leggera dell’aria. Gli chiesi: “Perché mi mostri questo, Arcangelo? Non sono un uomo forte. Non sono un uomo giusto. Non sono un santo.” E mi disse una cosa sorprendente: “Hai ragione, Profeta. Ma se la grazia è alla portata di qualcuno come te, come farà chiunque altro a non vederla in se stesso?”’
 
Se questo Arcangelo gli aveva detto una cosa simile, vuol dire che questo Profeta non era un eroe o un santo come a quanto pare la gente di questa città lo descrive, anzi, forse peccava più degli altri ma ciò non gli impediva di farsi adorare dalla popolazione. Comunque, non badai troppo alle parole sconnesse di un vecchio pazzo, perché capii dal discorso che la voce apparteneva al fantomatico Profeta. Proseguii uscendo dal negozio avviandomi verso una strada nella quale si trovava un bar con dei tavolini fuori e, seduta, una coppia prendeva del thè con pasticcini. Passando lì vicino, mi accorsi di quanto la gente infondo potesse essere ignorante, in particolare la donna seduta poiché, a quanto pareva, in quella città le donne erano ben poco emancipate:

“Vox Populi qua, Vox Populi là… Ma cosa cavolo vuol dire ‘Vox Populi’, per l’amor del cielo?” chiese la donna in tono annoiato.
 
“E’ latino. Significa…” tentò di spiegare quello che, a prima vista, mi parve il marito.
 
“Latino? Ah! Hahah!” gli rispose lei in modo frivolo. Davvero una donnicciola ignorante ed irritante. Per non parlare del commento che disse in seguito, sul fatto che avrebbe sentito un accenno di accento dal cameriere. Anche se fosse? Dov’era il problema? Non siamo forse tutti uguali sotto gli occhi di Dio? Non dovremmo essere trattati in egual modo? Chi è diverso da noi non dovrebbe essere trattato come un animale! Convenni con me stesso che la cosa più giusta da fare fosse allontanarmi, e di corsa!
Mi prudevano le mani, e un’insana voglia di prendere a ceffoni quei due si impossessò di me. Di certo in una città straniera, non era il massimo mettersi in mostra in quel modo.
 
Proseguii, trovando dei fruttivendoli, bambini che giocavano con una fontana, gente seduta a dei tavoli, e… un cavallo, o almeno quello che mi parve a prima vista: infatti, dall’aspetto sembrava proprio un cavallo ma non era un vero animale, era più una specie di robot che veniva alimentato con dell’energia… elettrica? Non me lo seppi spiegare. Mi pareva che fosse energia elettrica ma non ne ero sicuro, era un qualcosa di diverso. Più ci pensavo, più il mio mal di testa aumentava. Vidi un passaggio a livello chiuso, mi avvicinai ad una guardia per chiedergli se potessi passare, ma mi rispose che dovevo aspettare la sfilata dei carri. Dunque insieme ad altre decine di persone attesi, finché dei carri  non sfilarono davanti ai miei occhi, e un tizio con megafono alla mano raccontava la storia della città:
 
‘Dopo la vittoria a WoundedKnee, l’Angelo di Columbia si presentò a Padre Comstock, mostrandogli una visione del futuro.
E così il Profeta condusse il popolo lontano dalla Sodoma sotto di noi: su e su, nella città dove creò un unione ancor più perfetta.
Ma è la concezione miracolosa, l’agnello, il futuro della nostra città.
Perché il Profeta ha detto che colei che è nella torre porterà alla giustizia la Sodoma sotto di noi.’
 
 
Ma che diavolo… ? Questi avevano intenzione di far guerra contro gli Stati Uniti? Erano completamente folli!
Poi ‘colei che è nella torre’… parlavano forse della ragazza che dovevo portare via? Queste erano ulteriori domande a cui per il momento non avevo risposte.
Finita la parata, il passaggio si aprì consentendomi di attraversarlo e la guardia a cui avevo chiesto informazioni mi augurò buona fortuna per la lotteria e difatti poco più avanti, potetti leggere un cartello pubblicitario che sponsorizzava questa lotteria datata 1912. La questione ora si divideva in due punti: o io ero pazzo e di conseguenza avevo perso la cognizione del tempo, o i pazzi erano loro fossilizzandosi in una determinata epoca.
Tra le tante cose, una che mi lasciava stupito era la strana propaganda in città con dei poster in cui si raffigurava una figura nera incappucciata, molto somigliante alla morte, vicino ad un agnello e dietro di essi, imponente, si ergeva la statua alata che avevo visto appena la navicella mi fece arrivare a Columbia, e sotto queste figure v’era la scritta: ‘Il Falso Pastore vuole traviare il nostro agnello’.  Mi chiesi seriamente chi fosse in realtà la ragazza che dovevo portar via di lì e quanto fosse preziosa per questo posto.
Spostandomi, vidi una giovane donna che vendeva fiori per la ‘Lega Patriottica delle ragazze’, declinai l’acquisto cortesemente non avendo con me nemmeno molto denaro per contribuire in qualche modo. I miei occhi si poggiarono su un altro registratore vocale, come sempre cliccai l’apposito tasto attivandolo; la voce era sempre quella del Profeta, ma questa volta parlava del battesimo, discorreva su chi fosse l’uomo che esce da quelle acque, se fosse un santo o un peccatore o ancora, entrambe le cose.  Riflessi su ciò che udii, ed arrivai alla conclusione che un uomo poteva essere, anzi, era entrambe le cose. Un uomo diviene santo o peccatore dalle azioni che compie, giuste o sbagliate che siano, e soprattutto per quale fine vengono fatte. Non è una lavata di testa in acqua che fa cambiare un essere umano. Le azioni, qualunque esse siano, non possono essere cancellate, bisogna pagarne il prezzo in qualunque misura.
 
Proseguendo, notai una navicella ben diversa da quella da me utilizzata per arrivare a Columbia: questa, infatti, trasportava più persone ed ecco perché sopra vi era un gruppo di cantanti, provenienti da una scuola a quanto pare molto famosa. Restai ad ascoltarli per qualche secondo mentre alcune persone attratte da loro, si avvicinarono, e  notai persino una coppia che andò proprio vicino a loro per ballare un lento. Mi sentii di troppo, così, piano, mi allontanai proseguendo il mio cammino. Una coppia seduta su delle panchine discutevano animatamente su un argomento al quanto importante mentre i loro figli più in là giocavano con delle pozzanghere d’acqua; captai solo il nome Fink e Vox Popoli, lo stesso nome che avevo sentito qualche minuto prima dalla donnicciola stupida. Iniziavo a farmi l’idea che questa città fosse marcia nella sua profondità e che all’esterno pareva solo un grande e ricco dipinto dai mille colori.
Per non sembrare invasivo aumentai il passo, sorpassando un arco e trovandomi di fronte la statua della cartolina che si chiamava ‘Monument Island’ che avevo ricevuto dai tizi che mi avevano commissionato il lavoro. Ora la mia domanda era: come ci arrivavo in quel posto? Cercando una soluzione, vidi spuntarmi davanti un ragazzino che mi consegnò un telegramma:
 
‘DeWitt, STOP. Non rivelare la tua presenza a Comstock, STOP. Qualunque cosa faccia, non prendere il numero settantasette, STOP. – Lutece.’
 
‘Cosa diavolo… ?’ Chi era ora questo Lutece che mi mandava questo telegramma? Ma soprattutto: dove non dovrei prendere questo numero? Maledizione!
Mentre avanzavo, salii una scalinata, dove incontrai molta gente e, capii di essere entrato nella fiera di Columbia o almeno, in una parte di essa. Vi erano vari stand, tra cui uno molto particolare: il venditore esibiva delle bevande chiamate ‘Vigor’, che avevano vari effetti, come ipnotizzare, scagliare fuoco dalle mani, far sollevare oggetti o persone. Era quanto di più strano e anormale avessi mai visto in vita mia e, se non li avessi visti con i miei occhi, non c’avrei mai creduto!
Quasi spaventato, mi allontanai in tutta fretta, notando che gli altri stand pubblicizzavano le ferrovie che avevo visto appena entrato in città, ovvero le skyline e, a quanto pareva, molti giovanotti per provarle si erano quasi ammazzati, non avendo ancora tra le mani lo strumento adatto. Altri vedevano cibo o gelati, altri ancora erano stand con giochi a premio, in uno si ‘sponsorizzavano’ gli HandyMan, creature mezze umane e mezze robot  di quasi tre metri. Era davvero spaventoso! Per un attimo, mi immaginai come sarebbe stato, affrontarlo in combattimento. Probabilmente mi avrebbe schiacciato come un insetto prima che io potessi difendermi. Proseguii, fino ad arrivare ad un cancello chiuso, con un distributore automatico; cercando di aprirlo per passare oltre mi disse che non potevo avere l’accesso poiché i numeri di entrata erano completi.
Questo era un problema: dovevo passare oltre, ma come? In un attimo vidi una ragazza che vendeva uno dei tipi di Vigor, che si chiamava ‘Possessione’. Forse faceva al caso mio, magari usandolo su quella macchina sarei riuscito ad ottenere ciò che voglio.
 
“Per favore, mi dia uno di quelli.” Chiesi cortese alla donna.

Ella me lo porse, ed io aprì la boccetta bevendone il contenuto. ‘O la va, o la spacca!’ mi dissi per farmi forza. Mi sentii strano per qualche secondo, poi, come ricaricato di nuova linfa, scagliai questo ‘vigor’ sull’automa, al che udii la sua voce dire: ‘Il signor Buford, membro dell’assemblea! Il suo posto in fiera l’attende! Non so perché non l’ho riconosciuta prima. Strano!E’ sempre un piacere ospitare da noi gentiluomini del suo calibro! ’
Ottimo! Questi Vigor erano davvero portentosi, come pubblicizzava il tizio prima. Magari più avanti ne avrò di sicuro bisogno!
Superando il cancello, vidi due individui davanti a me. Avevano un non so ché di familiare. Lui aveva addosso una lavagna, e con un gesso, era stata divisa in due colonne, su una delle quali vi era scritto ‘testa’ nell’altra, ‘croce’. Notai che nella prima colonna vi erano vari segni, come se avessero chiesto altre volte la stessa cosa, e tutti gli avessero dato sempre lo stesso esito. Lei aveva tra le mani un vassoio.
 
“Testa…” disse lui
“O croce?” disse lei
“Forza, fatemi passare.” Gli risposi a mia volta, poco intenzionato a dialogare o giocare con quei due.
 
E loro di nuovo a chiedermi:
 
“Testa.” Disse lanciandomi una moneta.
“O croce?”
 
Per un attimo, guardai attentamente la moneta poi, la lanciai sicuro verso il vassoio in mano alla donna, rispondendo:

“Uh, testa.” Dissi seccato
 
Ed infatti quando i due videro il risultato non ne furono affatto sorpresi e come se non ci fossi:
 
“Visto?” disse lui a lei, quasi scocciato
“Hmmm.” Rispose pensierosa lei, segnando sulla lavagna l’esito del mio lancio.
“Non mi dà mai la soddisfazione che immagino.” Le disse lui imbronciato, quasi come fosse un bambino che non aveva ottenuto il suo gioco preferito.
“Sarà per la prossima volta.” gli disse lei alla fine, dandogli un buffetto sul mento.
“Già, suppongo di si.” concluse lui rassegnato.
 
Frastornato li superai, poi per un attimo mosso dalla curiosità, mi voltai per chiedergli spiegazioni ma, erano spariti. Puff, volatilizzati! Che fosse stata la mia immaginazione? In questo posto succedevano cose troppo strane.
Scrollai la testa, cercando di tornare a mente lucida. Attorno a me c’erano altre persone che discutevano amabilmente, su vari argomenti; da quelli religiosi, a quelli lavorativi, oppure… chi faceva apprezzamenti sul mio aspetto: davvero quelle donne mi trovavano ‘interessante’? Se anche loro erano ignoranti, di certo non mi interessavano. Proseguendo incontrai anche due poliziotti che parlavano di un attrezzo chiamato skyhook: sembrava che permettesse di andare sulle skyline e non solo, poteva essere utilizzato come un arma; una notizia interessante, se mai avessi avuto bisogno di combattere per portare via la ragazza.
In sottofondo udivo una voce maschile che cantava una strana canzone, dalle parole pareva molto patriottica c’era un coro di persone che lo imitavano. Ne ero sicuro, la lotteria era vicina e anche Monument Island.
Velocizzando il passo però mi ritrovai dinanzi un poster raffigurante una mano, con inciso sopra le lettere “LD”; rimasi shoccato. Nella mia incredulità, mi guardai la mano notando le stesse lettere che aveva la mano del poster. Inoltre il poter siglava: ‘Riconoscerai il falso pastore dal suo marchio!’ Io ero davvero il falso pastore? E poi perché dovrei esserlo? Sono quasi Ateo! Cosa centro io, in tutto questo?
Avevo l’affanno, sudavo freddo. Avevo paura per la prima volta in vita mia. Si, ne avevo, poiché non riuscivo a capire cosa avessi fatto di così sbagliato da rendermi il nemico numero uno in una città in cui approdavo per la prima volta. Quindi forse il tizio nel faro e il prete nel Santuario sapevano del mio marchio e mi avevano scambiato per questo falso pastore? Questo spiegherebbe perché volessero uccidermi. No! C’era un errore! Io non c’entravo niente in tutto questo!
Dovevo fare chiarezza, o sarei impazzito. Quasi correndo mi avviai  verso la fonte della voce che udivo in sottofondo, notai delle file di persone che prendevano delle palle di baseball da alcune ragazze; a me non interessava, così avanzai. Sfortuna volle però che il passaggio che dovevo attraversare era bloccato da decine di persone, così, mio malgrado, mi ritrovai a dover partecipare alla lotteria difatti, una delle ragazze che distribuivano i ‘biglietti’, mi fece scegliere una di queste palle, dandomi dello stupido perché le feci notare che non avevo intenzione di pagare nulla e che lei mi spiegò che questa lotteria non si pagava.
Sorte volle che pescai il numero settantasette, mi pareva di ricordare qualcosa su questo numero, ma al momento proprio non mi tornava in mente. Venni comunque distratto dalla voce del tizio sul palco che disse che la lotteria di Columbia del 1912 era ufficialmente iniziata.
 
“Portami la boccia! Non è la ragazza bianca più bella di tutta Columbia? Ah ah!” continuò.
 
Subito dopo entrò la ragazza chiamata che fece pescare il numero vincitore. Ironia della sorte, il numero fortunato fu proprio il mio, e avvicinandomi, cercando di capire in cosa consistesse il premio, con orripilante sorpresa notai che esso consisteva nel gettare addosso a degli emigrati la stessa palla dal baseball che avevo in mano e gli altri poi avrebbero avuto la loro parte buttando la loro, ma diciamo che il ‘tutto’ consisteva nell’avere “l’onore” del primo lancio.
Vedendo che esitavo, il tizio disse:
 
“Forza, hai intenzione di lanciare… o bevi il caffè nero in questo periodo? Ahahah! Oh, abbiamo un timidone! Ahahah… dobbiamo risolvere questo problema!”
 
A quel punto decisi si di lanciarla, ma verso il presentatore.. ‘Ho qualcosa per te, figlio di puttana!’ dissi a bassa voce. Ma proprio quando stavo per lanciarla, il mio polso venne bloccato da un poliziotto che esclamò: “E’ lui!”
A quel punto il presentatore mi disse: “Dimmi, dove ti sei fatto quel marchio, figliolo? Non sai che fa di te il falso pastore, un voltagabbana, una serpe in seno? E non faremo entrare il falso pastore nel nostro gregge, ah ah! Mostrategli cosa abbiamo preparato!” disse ai poliziotti che erano giunti tutti lì per catturarmi.
Per un attimo vidi la scena a rallentatore, lo skyhook che avevo visto prima in mano ad un poliziotto, stava per maciullarmi la faccia, ma in un attimo usai la palla che ancora avevo in mano per distrarre l’altro che mi teneva fermo e avvicinare lui all’attrezzo: inutile dire che fece una brutta fine.
In quel momento da lontano sentii il presentatore che urlava ai restanti poliziotti: “Fermatelo! Il falso pastore è qui per traviare l’agnello!”
Tutti mi si avventarono contro, e mio malgrado dovetti abbatterli. Non avevo altri modi per farlo; o loro uccidevano me, o io uccidevo loro e di certo la prima opzione non poteva essere. Prima però quei bastardi, avevano chiuso la via principale per il mio obbiettivo, ciò significava che avrei dovuto fare un bel po’ di giro per raggiungere la torre. Così, girai in un vicolo, trovando casualmente un altro di quei registratori vocali, che ascoltai:
 
‘Te l’ho detto Comstock, se vendi il Paradiso, i clienti si aspetteranno Cherubini per ogni compito… niente servi, nel regno di Dio! Beh, ho un uomo in Georgia, che ci presterà tutti i condannati negri che riesci a caricare… potrai dire che sono anime semplici, in penitenza, per essersi elevate al di sopra della loro condizione sociale. Qualsiasi cosa ti faccia stare meglio, direi’
 
Schiavi. Questa, era una prova più che inconfutabile. Utilizzavano la scusa della religione, di Dio, per comprare schiavi per questo fittizio Paradiso. Forse, iniziava a non dispiacermi per questi pezzenti che facevo fuori, gente simile non merita di vivere.
Proseguii di corsa, cercando di andarmene da quel posto, ma uno dei piedipiatti urlò chiamando un incendiario. Cos’era poi?! Non ci volle poi molto ad aspettare:  il tizio m si presentò davanti in una specie di armatura-corazza completamente infuocata. Con stenti e ferite riuscii ad eliminarlo lasciandomi però un bel ricordino: un altro di quei Vigor, sta volta però con questo potevo lanciare addosso delle palle di fuoco,: era abbastanza pericoloso ma efficace se mi fossi trovato davvero in difficoltà.
La mia folle corsa per fortuna ebbe una pausa, riuscii a trovare rifugio nel bar ‘Blue Ribbon’.
Ma lì ovviamente, feci di nuovo uno strano incontro con i tizi della moneta.
 
 
 
To be continued…
 
 
 
Grazie a tutti per aver letto questo capitolo!
Che dire, le cose iniziano a complicarsi e di certo i grattacapi in questa storia non mancheranno. Come fa Columbia a fluttuare nell’aria? Perché nessuno si è mai accorto di essa? Perché la gente di questo posto vive come nel 1912? Cos’hanno di sbagliato? Ma soprattutto: cosa sarà mai questa storia del Falso Pastore e dell’Agnello che proteggono così tanto? Chi è in realtà Saga DeWitt? E Comstock?
Come si dice: chi vivrà vedrà! E col tempo, avremo tutte le risposte ai vari enigmi; quindi restate sintonizzati e alla prossima!
 
 
P.S. Prima di lasciarvi però, vorrei ringraziare una persona gentilissima che ha mi corretto/rivisto/aggiustato il capitolo, ovvero: In Midnight
  
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