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Autore: slice    05/04/2014    5 recensioni
Mi è stato proposto questo prompt e tutto quello che è uscito è 'sta roba, che puzza lontano un chilometro di pappone montato all'ultimo minuto; pur non essendo dell'ultimo minuto, perché non avevo scadenze. Ritrae qualcosa che non vorrei affrontare prima del dovuto, ma a volte mi sorprendo a pensarci. E probabilmente farà davvero schifo come sembra.
Quanto meno è originale, suppongo, poiché penso - spero, ecco - che nessun altro sia così coglione da farsi male in questo modo. Magra consolazione.
C'è qualche parolaccia, just so you know: non sono riuscita ad affrontare la morte del mio cane senza.
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il giallo abbaia!
Prompt: Lo strano caso del cane giallo, insulti, cattiverie.

Non so se ci sono riuscita, so solo che ho finito i fazzoletti.





Lo strano caso del cane giallo



Ho i piedi nel fango, la suola mi sparisce in una crema marrone, densa come quello che, qualunque cosa sia, mi si è fermato nel petto e non vuole né scendere né salire. Davide si cerca un fazzoletto nelle tasche e l'ombrello, che tiene tra la spalla e la guancia, mi ondeggia sulla testa; a me non frega davvero se mi bagno. Dovrebbe?
Piove nemmeno fosse un cartone animato, dove le condizioni climatiche aiutano l'autore a mostrare il tipo di umore, le emozioni, la fantastica giornata di merda che deve essere. Piove come se non lo avesse mai fatto e a me sembra di piangere con la stessa intensità.
È una cosa stupida, egoistica. Dovunque sia andato non per forza sta male solo perché è lontano da me. E io son convinta che sia in un bel posto.
Gli uomini sono così egocentrici da pensare che ci sia posto solo per loro, dopo la vita. Personalmente sono aperta a tutto, purché non mi ci facciano pagare le tasse sopra.
La scatola di legno che siamo riusciti a trovare è molto bella. Semplice, e gialla.
C'erano tante cose che volevo fare insieme a lui. Ci sono tante cose che ho fatto e non mi dimenticherò mai. Forse un giorno le racconterò a qualcuno, forse né dirò alcune, altre le terrò per me. Nonostante io faccia la figa, è tutta la vita che vedo le persone lasciarmi indietro ed è come essere legati a un palo e vederle andar via senza poterle seguire, perciò sono gelosa di chi rimane in un modo così profondo da essere istintivo. Lo so che è così. Ho trent'anni, a un certo punto di certe cose te ne accorgi e basta.
Mio fratello deve muoversi, perché voglio diventare zia e viziare tanti bambini con gli occhi azzurri e il suo carattere di merda, e voglio raccontargli di Zack, il mio cane giallo. In realtà era il nostro cane, di tutta la famiglia, ma questo è uno di quei dettagli di cui non me ne frega niente.
Un altro dettaglio del genere è il fatto che i miei piedi si siano cementificati nel terreno. Guardo in basso e vedo la pioggia increspare quella poltiglia che è adesso il terreno. I piedi di babbo sono nelle stesse condizioni. Anche lui piange. Anche mamma, preme il viso sul petto di babbo ma lo so, lo sento, che piange. Davide si asciuga il viso nel fazzoletto ed essendo sotto l'ombrello non può essere la pioggia.
È davvero una cosa stupida, siamo quattro adulti e dovremmo affrontare la cosa in modo migliore. Suppongo.
Zack ci avrebbe raggiunto a testa bassa, ci avrebbe dato la zampa ripetutamente, con le orecchie basse, scodinzolando così forte da far volare grumi di peli in un'altra stanza. A Zack non sarebbe piaciuto vederci piangere. Come un coglione avrebbe fatto il giro di tutti, senza sapere dove fermarsi, avrebbe piagnucolato anche lui e magari avrebbe pure provato a farsi la gamba di mamma, troppo agitato per astenersi nonostante gli si dica sempre di no, accidenti, stai giù. Stupido cane. C'era qualcosa di magico nel modo in cui la coda si adagiava sul cuscino morbido della sua cuccia, qualcosa di ipnotico nelle orecchie soffici che si muovevano avanti e indietro, sembrava fatto di plastilina, a volte, come quello stupido pinguino del cartone. Invece era fatto di peli, gialli. Era un coglione giallo. Si faceva fare di tutto, dal tirare la coda al mettergli le zampe posteriori sul muso. Si faceva irretire da suoni idioti e infantili, perdeva la testa per biscotti maleodoranti, rubava calzini e fazzoletti mocciosi per strapparli, infilava la testa nelle borse in cerca di creme, si rotolava nell'erba per grattarsi la schiena, leccava il viso di gente ancora dormiente, la mattina, nascondeva le palline nuove per portarti quelle vecchie. Era un cretino e l'amavo tantissimo.
Mi mancherà chiamarlo e sentire le sue unghiette sulle mattonelle, trovarmi peli gialli anche nell'intimo, la bava sui pantaloni appena messi, virare verso la corsia con i giochini per cani ogni volta che vado in un supermercato, la sua coda che sbatte contro il divano quando ritorno a casa. Mi mancherà passare le dita in mezzo a quel pelo giallo, che all'apparenza sempre duro, denso, ma quando le dita ci finiscono dentro ti accorgi che è liquido e ci si può anche affogare.
Mi mancherà stringerlo; morbido, era così morbido, niente che sia così morbido può essere cattivo. E fargli fare giochini idioti, le nostre passeggiate in luoghi e ad orari improponibili, mandarlo avanti nelle stanze buie quando il temporale fa saltare la luce. Mi mancherà sapere che qualunque cosa succeda nelle mie giornate di merda, c'è qualcuno a casa che aspetta il mio ritorno per farmi le feste; con le orecchie indietro come i cani, la schiena curva come i gatti e gli occhi brillanti dei bambini.
“Mi mancherai, Zack,” dico, “tantissimo,” e la mia voce s'incrina odiosamente.
Quel tantissimo suona così arido che vorrei non averlo detto. Non è quantificabile, niente e nessuno mi mancherà mai così tanto. Non perché non ami i miei genitori, i miei nonni, mio fratello, gli amici, ma perché ogni persona ti arriva in fondo a modo suo, per ogni persona scegli inconsciamente una profondità diversa. Un po' come i cani che in una famiglia individuano chi gioca più spesso, chi li porta fuori, chi gli dà da mangiare, chi li coccola. Lui era il mio peluche vivente, la mia riserva di amore, che non mi avrebbe mai rinfacciato niente, che non avrebbe usato le mie parole e il mio amore contro di me, che non avrebbe trasformato le coccole in una moneta di scambio. Lui non mi avrebbe mai lasciata indietro.
La pioggia cade più forte, adesso, perché se giornata di merda deve essere, giornata di merda sia, logicamente, ma è solo per il rumore sui due ombrelli che me ne accorgo; la mia pelle è gelida, non sento più le gocce. Non ho nemmeno tanto freddo, sento che punge, ma non tremo per quello. Sono arrabbiata. Ce l'ho con babbo che non lo ha voluto far accoppiare con la cagnetta dei vicini, con Davide che non gli permetteva un po' di sgarro nel cibo, con mamma che non lo portava quasi mai fuori e soprattutto ce l'ho con me stessa.
Mi volto e comincio a pesticciare per risalire la pendenza del giardino, continuando a masticare pensieri.
Avrei dovuto comprargli più biscotti, più giochini, passare più tempo a tirargli le mille mila palline in giro per questa giungla di giardino, avrei dovuto portarlo fuori più spesso, dormigli addosso di più. Avrei dovuto. Magari non avrei dovuto, ma avrei voluto. Sicuramente. Son sempre stata di corsa, con mille cose da fare anche se piccole, poco importanti, e allora perché farle? Ma che ne so! Il cane giallo era lì e quando ce li hai vicini sembra che il per sempre sia possibile, poi se ne vanno e ti senti una cretina. Probabilmente lui lo sapeva... Zack era un gran cazzo di cane, super intelligente, e aveva anche un pisellone, perciò, sticazzi, certo che lo sapeva! Scommetto che quando non lo guardavo scuoteva il capo e pensava “che frana, questa qui!” e mi voleva bene anche così. Perché io sono sicurissima che mi volesse bene, ho sentito tutto. E dovrà venire il signor Alzheimer per strapparmelo.







Si dice che sognare di qualcuno che muore gli allunghi la vita. Spero che valga anche questo.



  
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