Un po’ di tempo fa, François aveva una mamma e un papà.
Non andavano molto d’accordo, loro.
Perché, in fondo, François era in quell’età sospesa a metà fra l’infanzia e
l’adolescenza, e non voleva essere più trattato come un bambino, avendo
tuttavia bisogno di essere trattato come tale.
Quando sua mamma si ammalò, François pensò che fosse stata colpa sua.
Gli venne da piangere. E pianse, giorno dopo giorno, accanto al letto di quella
mamma spenta che, di tanto in tanto, si svegliava per piangere con lui.
Si avvicinò molto al suo papà, François, in quel periodo.
Quando si ammalò suo papà, François pensò che avrebbe fatto meglio ad ammalarsi
pure lui, per non vederli più ridotti così. Poi, pensò che nessuno avrebbe
potuto prendersi cura di loro, se si fosse ammalato anche lui.
Un po’ di tempo fa, François aveva una mamma e un papà.
Non andavano molto d’accordo, loro.
Però avrebbe fatto di tutto, veramente di tutto, pur di riaverli indietro.
[ La ville aux coeurs fanès ]
II. La belle au bois dormant
Quando Lenalee si sveglia, scossa dai singhiozzi, Allen è
sveglio.
Davanti a lei, però, non lo ammetterebbe mai.
Per quanto la ragazza stia effettivamente cercando di contenere i singhiozzi,
quei muri tra loro sembrano fatti di cartapesta, e se lui accosta abbastanza
l’orecchio contro il truciolato, riesce quasi a sentire il suo respiro
irregolare e frammentato.
Prova ad immaginarla, con le mani premute contro le labbra, mentre cerca di
raccogliersi silenziosamente e rammendarsi alla meno peggio, per non cadere infranta
al suolo.
Vorrebbe, in quel momento, esserle vicino. Ma sa che non può, sa che lei si
arrabbierebbe con lui, e che sarebbe terribilmente imbarazzata.
(E sa anche che Komui lo ucciderebbe comunque.)
Un sospiro abbandona le sue labbra, quando sente i singhiozzi muti trasformarsi
in ben più sonori starnuti.
Sorride, Allen, nella penombra che precede l’alba.
Lenalee è forte, pensa.
Lenalee ce la farà.
Lenalee si sente male, e non sa cos’ha.
Il sogno, quella notte, l’ha scossa.
La sua immagine le è rimasta impressa nella mente, marchiata a fuoco, e non
accenna ad andar via.
L’allergia non accenna ancora a lasciarla in pace, ed ogni attacco sembra
lasciarla più spaesata ed intontita del solito, e con gli occhi più umidi di
quanto vorrebbe.
La colazione – pane un po’ vecchio e latte, offerti da Blanche che li guarda
pazientemente dal basso, forse in attesa di ringraziamenti o lodi o pacche
affettuose sulla testa – è ancora davanti a lei.
Non ha intenzione di toccarla, Lenalee, perché teme che il suo stomaco rifiuti
di mandarla giù come dovuto. E’ consapevole dello sguardo di Allen su di lei,
nonostante le sue parole siano rivolte alla bambina.
”Grazie mille, Blanche” dice il ragazzo, ed i suoi occhi d’argento sono tutti
per la cinese, mentre la mano guatata si posa sui riccioli della piccola. Il
suo stomaco brontola – è troppo poco cibo, per lui, sarà sicuramente esausto
– e lui se ne scusa. E rassicura Blanche che è davvero tutto a posto, che
in realtà soffre di gastrite – e per un attimo, sembra grato di sapere
che la bambina non ha la più pallida idea di cosa sia, una gastrite,
perché si beve del tutto la scusa ed assume un aria quasi mortificata.
Ma durante questo scambio di battute, Allen ha occhi solo
per Lenalee.
Al che Lenalee abbassa lo sguardo, e combatte la nausea.
Quando Blanche sale le scale, bicchiere di latte e tozzo
di pane su un piccolo vassoio, Allen le chiede con garbo il permesso di
seguirla.
La bambina sussulta alla richiesta, portando gli occhietti sbarrati su quel
gentiluomo inglese che, pazientemente, attende una risposta. E Lenalee, con la
coda dell’occhio, la vede mordicchiarsi il labbro, e capisce che non vuole che
due estranei vedano la sua mamma ridotta in quelle condizioni.
”Allen, fa nulla. Possiamo…” comincia, cercando di evitare quella scelta così
difficile ad una bimba così piccola, così insicura su quale sarebbe la cosa
giusta da fare, la scelta giusta da prendere.
”Alla mamma non piace che porto degli estranei nella sua camera” la interrompe
tuttavia Blanche, e le sue mani grassocce tremano, facendo tremare appena anche
il vassoio, ed ondeggiare il latte nel bicchiere.
Lenalee lo prende come un no, ed è sollevata.
Non vuole vedere in che condizioni sia la madre di quella bambina. Non pensa
riuscirebbe a sopportarlo.
Allen, invece, china il capo da un lato con fare rassicurante.
”Stiamo solo cercando di aiutarla, Blanche.” Ripete, sollevando appena il
mignolo. “Ricordi? Ho promesso, no? Vorremmo solo provare a parlare con lei.
Non…”
Ma, per quanto la bambina sembri combattuta e dispiaciuta, e del tutto
mortificata, l’unica sua reazione è voltar loro le spalle. Evitando di
ricambiare i loro sguardi.
La sua voce piange.
”Alla mamma non piace che gli estranei entrano in camera sua. Neanche Blanche
dovrebbe essere lì senza il suo permesso, ma la mamma deve mangiare. Così si
rimetterà presto.” Mormora, salendo le scale.
“Blanche!” la chiama Allen. Ma la bambina, lanciando un ultimo sguardo combattuto nei confronti del ragazzo, tira su col naso e scompare al piano di sopra.
Allen stringe i pugni.
Lenalee sospira, e scuote il capo.
Dev’essere una cosa tristissima, per una bambina così piccola, doversi occupare
della propria mamma. Il cuore le fa un po’ male, al solo pensiero di come
potrebbe essere.
Le si stringe in una morsa, e le fa mordere il labbro per evitare di sprecare
lacrime.
Quando più tardi Blanche li lascia soli, portando via il bicchiere vuoto di
Allen e quello pieno di Lenalee abbandonati sul tavolo, e quando i due si
stanno dirigendo verso la porta della piccola locanda per proseguire le
indagini, Allen ferma Lenalee.
La ferma, afferrandola gentilmente per il polso con la mano guantata, una
stretta affatto forte e da perfetto gentiluomo.
Una presa quasi premurosa, premurosa come il suo sguardo preoccupato che si incrocia
con quello degli occhi a mandorla.
“Stai bene?” le chiede Allen, per la seconda volta, con
la sua voce gentile e con il suo sguardo gentile.
”Sì,” risponde Lenalee, per la seconda volta. “Sto bene.”
E tuttavia, ne sembra molto meno sicura della sera prima.
La temperatura all’esterno è ancora più torrida
dell’interno locanda.
Tira un bel vento da nord, ma non porta refrigerio. E’ un vento caldo, è una
cappa che incombe sulla cittadina, e sembra rendere tutto più immobile di
quanto già non sia.
Allen è costretto a schermare il viso con la mano, una volta usciti. La luce
riflessa dalle case è troppo forte, e ferisce ancora una volta gli occhi.
Ancora una volta, la città sembra deserta.
Poi, il ragazzo inizia a notare i piccoli particolari.
Davanti alla casa di fronte, c’è un piccolo annaffiatoio
semipieno, terra un po’ smossa, gocce d’acqua sui petali dei fiori, rinvigoriti
di recente.
Lungo la via acciottolata ci sono pezzi di pane vecchio in piccoli cumuli,
lasciati probabilmente come pasto per gli sporadici uccelli del posto. I pezzi
di pane caduti il giorno prima dai bambini in fuga, sono ancora lì. Non li ha
raccolti nessuno.
Dalla finestra di fronte, due occhietti vispi li spiano, nascondendosi subito
una volta resisi conto d’essere stati scoperti. Con un sospiro – perché quei
bambini hanno paura? – Allen si volta verso Lenalee.
”Iniziamo da l…” esordisce, ma la domanda gli muore in gola.
Lenalee ha lo sguardo basso, perso fra i fiori che ornano
il giardino della locanda. Sembra sovrappensiero, ed i capelli che ora le
ricadono in un caschetto attorno al viso le adombrano gli occhi. Allen
deglutisce, ed intuisce che c’è qualcosa che non va; e pensa che potrebbe
veramente essere febbre, piuttosto che allergia, o qualcosa di serio, ed in una
città senza dottori…
”…Lenalee?” tenta, sorriso esitante sulle labbra.
La seconda chiamata ha un esito migliore della prima. La ragazza solleva lo
sguardo, battendo ciglio, e riesce persino a metter su un sorrisino
imbarazzato.
“Scusami. Pensavo soltanto che ieri mi era sembrato di vedere molti insetti, ma oggi…” qui si interrompe, mordicchiando il labbro, quasi pensando qualcosa da metter su al momento “Oggi mi sembra che ce ne siano di meno di quanto dovrebbero essercene, per una città così piena di fiori in primavera.”
Ah, già.
E’ primavera.
Allen lo appunta, poiché ha la tendenza a dimenticarlo.
Ma, seppur il tono della ragazza sa di scusa inventata lì per lì, Allen non può
fare a meno di notare che la cinese ha ragione. Ci sono molti meno insetti di
quanto ci si sarebbe aspettati.
E poi, dirigendosi verso la porta di fronte, si accorge che sotto il suo piede
in realtà, c’è un’ape.
O meglio, il cadavere di un’ape. O meglio ancora, ciò che ne resta.
Lui non ci fa molto caso, storcendo appena le labbra, ma Lenalee sì.
Lenalee ci fa caso e, per l’ennesima volta in due giorni, rabbrividisce.
E le viene da rimettere.
“Mi hai spaventato.” sta mormorando
Allen, facendole cenno di andare. “Iniziamo da lì.”
Lì è, apparentemente, la casa di fronte alla locanda. Stando ben attenta ad
evitare l’ape spalmata per terra, Lenalee lo segue. E’ Allen tuttavia a bussare
alla porta, una volta, due volte.
Ma non risponde nessuno.
E, per quanto il ragazzo insista, quella porta rimane chiusa.
”I miei amici non vi vogliono qui.” Mormora la voce di Blanche, alle loro spalle,
facendoli voltare in sua direzione. Tiene fra le braccia un annaffiatoio troppo
pesante per lei e, barcollando, il suo vestitino bianco è ormai quasi fradicio.
”Perché?” domanda Allen, chinando appena il capo da un lato. Sembra offeso, in
un certo modo, triste. “Siamo qui per aiutarvi, non per…”
“Hanno paura che li volete
portar via da qui come volevano fare i signori bianchi.” Spiega Blanche,
apprestandosi a prendersi impacciatamente cura delle piante del giardino.
L’acqua schizza un po’ dappertutto. “Non ci porterete via, però, vero? Posso
dirglielo, se promettete.”
Ma, mentre Allen ha già sollevato il mignolo con un sorriso rassicurante, e ha già schiuso le labbra, è Lenalee ad accovacciarsi davanti alla bimba, con uno starnuto ed un’espressione seria sul volto.
“Sarebbe più sicuro per voi, andar via. Potremmo ospitarvi finchè…”
“No!” esclama Blanche, panico negli occhi. “La mamma ha bisogno di me, hanno bisogno di noi, non li lasciamo soli. Non possia…”
“Se rimarrete qui, morirete di
fame.” Afferma Lenalee, e nel suo sguardo c’è una fermezza che Allen ricorda
aver visto molto raramente.
”Lenalee…”
“Davanti agli occhi dei vostri genitori.”
”Lenalee, è abbasta…”
”Pensi che sia questo ciò che tua madre vuole?”
”Lenalee!”
La bambina scoppia a piangere. Finalmente, Lenalee porta lo sguardo su Allen, che la osserva come se le fosse spuntata una seconda testa. “Lenalee, c’era certamente un modo più…”
“Ma è la verità, Allen. Non
possono stare qui. Non possono.” ragiona lei, e ha gli occhi arrossati ed il volto
arrossato, e gocce di sudore che sembrano lacrime che le calano sulle guance.
“E’ la verità.”
Ansima. Sta respirando male. Come quella notte.
”Lenalee, non stai bene.” afferma allora il ragazzo, perché quelle parole che
lei ha detto alla bambina avrebbe potuto accettarle forse da Kanda, ma non da
lei.
Lenalee non dice quelle cose. Lenalee ha sempre dello zucchero, accanto alla
pillola da ingoiare.
La vede, ora, dall’alto, mentre si perde in uno sfogo di starnuti, che si
tramuta ben presto in uno sfogo di tosse.
”Non stai bene, Lenalee. Alzati.”
”Non possono restare qui, Allen.” ripete lei, con voce un po’ più provata.
“Moriranno anche loro. E se restiamo anche noi, troppo a lungo…”
“Alzati, Lenalee. Non stai
bene, rientriamo dentro.” insiste lui, offrendole una mano come supporto. Nei
suoi lineamenti c’è premura, così come nei suoi gesti. Ma c’è timore, nei suoi
occhi d’argento.
Lei scuote il capo, fra i colpi di tosse.”Se li lasciamo qui, i bambini
moriranno, e questa città sarà davvero come un cimitero, e loro saranno davvero
gli spiriti che…”
Questa volta Allen la forza in piedi, permettendo che riesca a reggersi contro di lui. Lenalee si divincola, un po’, mentre Blanche guarda entrambi con gli occhi sbarrati e le lacrime sulle guance.
“Non stai bene, Lenalee.” ripete Allen, e la sua voce è un po’ più urgente, ora. “Entriamo dentro, va bene? Ti riposi un po’, intanto io continuo ad investigare nei dintorni. Blanche mi aiuterà a parlare con gli atri bambini. Non è vero, Blanche?”
La bambina si affretta ad
annuire allo sguardo quasi supplichevole di lui, a labbra strette per soffocare
i singhiozzi, ma Lenalee lo guarda senza capire.
”No, no…” mormora, scotendo il capo. “Hai bisogno di me, la missione si fa con
un partner, e…”
“Non ho bisogno di te, Lenalee.” mormora l’inglese, con tono rassicurante, ma la mano che si posa su quella della ragazza sta tremando. “Sei tu che hai bisogno di riposare.”
“… non hai bisogno di me?”
ripete lei, con un filo di voce.
”No. Non preoccuparti.” dice Allen, e sorride.
Negli occhi di Lenalee, le lacrime non sono più dovute all’allergia.
Lenalee è sola, ancora una volta, nella sua stanza. Ancora una volta, quella stanza troppo piccola le mette ansia. I bambini giocano giù, nella strada acciottolata, e lei li sente. E pensa che prima o poi moriranno di fame, e che non c’è nessuno a prendersi cura di loro, ed è una cosa talmente sbagliata che sente le lacrime salirle agli occhi, coadiuvate dai colpi di tosse che diventano sempre più frequenti.
Il caldo le fa mancare appena l’aria, le fa attaccare le ciocche alla fronte, la soffoca.
Allen ha ragione, non sta bene. Ricorda una vocina che le aveva detto di parlargliene.
Non l’aveva ascoltata, perché?
Quella città li ucciderà,
pensa.
Le risate di quei bambini saranno il loro requiem.
”Non voglio, non voglio…” mormora, affondando il viso nel cuscino.
Our Father, who art in heaven, hallowed be Thy name... declama a gran voce uno dei finders, e la
voce più giovane delle due piange. Thy kingdom come. Thy will be done, on earth as
it is in heaven...
Lenalee sa che la cosa più giusta sarebbe parlare con loro, ora che sono
svegli.
Sa che può essere utile anche da lì.
Ma Allen non ha bisogno di lei.
Allen non ha bisogno di lei.
Il pensiero le causa un singhiozzo secco, privo di lacrime.
Perché no?
Non è debole, lei.
E’ sempre stata forte.
Lo ha sempre dimostrato.
Anche quando non stava bene.
E’ sempre stata…
Le gambe, traditrici, la reggono appena quando poggia i piedi guantati
di scarpette rosse per terra. Il pavimento di legno scricchiola, e la porta
cigola, quando la apre.
Sta tremando. Non ha freddo ma sta tremando.
Trema quando apre la porta dei finders.
Quello che prega è davanti alla finestra aperta, le mani giunte davanti al
petto, strette tanto da far male, capo chino. Quello che piange Lenalee lo
conosce, e ricambia il suo sguardo umido con il suo altrettanto arrossato.
Give us this day our
daily bread... è un grido, è una supplica. Il più giovane dei due, Charles, affonda il
capo nel cuscino per nascondere le lacrime.
And forgive us our trespasses,
as we forgive those who trespass against us;
E Lenalee si accascia contro la porta chiusa, e sente male al cuore.
Timore.
Ansia.
Paura.
Panico.
E’ un crescendo che le fa aumentare il ritmo del respiro, che la lascia
soffocare in quell’aria senza ossigeno.
And lead us not into temptation, sta concludendo il finder dalla barba
rasata troppo tempo fa, con voce rotta dalla disperazione. Lenalee si pente di
essere venuta in quella stanza, perché adesso ha le prove.
Ha le prove che quella cittadina distrugge la gente.
Le prove sono sui visi di quegli uomini.
Sul viso di Charles, che nei suoi ricordi è sorridente e rovinato dal sole,
cosparso di lentiggini.
Lenalee, accasciata contro la porta chiusa, soffoca un singhiozzo.
“... but deliver us from evil...” mormora, con un fil di voce. Ma questa
intromissione non disturba colui che prega, il quale piuttosto ripete, con voce
grave: “... but deliver us from evil. Amen.”
Ed è una supplica, più che una preghiera, è un appello disperato.
E’ quella città, il male.
Lenalee pensa che forse Dio ascolterà più facilmente due voci, piuttosto
che una.
Pertanto, quando l’uomo riprende
Our Father, who art
in heaven, hallowed be Thy name...
la voce molto più flebile della cinese si unisce alla sua, più tonante.
Thy kingdom come. Thy
will be done, on earth as it is in heaven...
Lenalee vorrebbe soltanto un po’ di tregua da quella sensazione che la
soffoca da quando ha messo piede in quel cimitero di case e fiori. Lenalee
vorrebbe essere soltanto lontana da lì.
Lenalee vorrebbe soltanto riposare un po’.
Quando Allen tornerà alla locanda, al tramonto, non troverà Lenalee
nella sua stanza.
Quando Blanche lo assicurerà che non l’ha vista uscire di lì, Allen
proverà timore.
Quando la troverà, addormentata col il capo poggiato su una sedia della
stanza dei finders, proverà sollievo.
Quando vedrà le lacrime che le ornano le guance, si precipiterà al suo
fianco e chiamerà il suo nome.
Quando lei non si sveglierà, capirà che c’è qualcosa di veramente sbagliato, e
le scuoterà le spalle.
Quando si sarà reso conto che lei non si sveglierà, entrerà nel panico
più totale.
Quando la sentirà, con un singhiozzo, chiamare il suo “Ge Ge” nel sonno,
sentirà anche il suo cuore infrangersi un pochino di più.
Quella sera stessa, tramite Timcanpy, Allen Walker contatterà Komui Lee.
“Mi dispiace,” saranno le prime parole ad abbandonare le sue labbra. “Mi
dispiace.”
Note sul francese:
La belle au bois dormant = la bella addormentata nel bosco.
Note sull’inglese: la preghiera, riportata in
seguito, è l’equivalente inglese del Padre Nostro che sei nei cieli, etc etc…
Finder Inglese dell’Ordine che si trova in Inghilterra, duh.
Our Father, who art in heaven,
Hallowed be Thy name.
Thy kingdom come.
Thy will be done,
on earth as it is in heaven.
Give us this day
our daily bread;
and forgive us our trespasses,
as we forgive those who trespass against us;
and lead us not into temptation,
but deliver us from evil.
A/N: volevo solo far notare che in questa fic non ci sono coppie precise. Cercherò di mantenere il più possibile i rapporti creati tra i personaggi di Hoshino. Con varie implicazioni e cose simili, ma mai niente di concreto. E’ un po’ un tuttixtutti e un nessunoxnessuno, insomma. Ringrazio ancora Liy per l’AllenWalker-checking, e per la recensione. La continuerò di sicuro *ç*
Yuko_chan: quando ho già la scaletta pronta, non ci metto poi così tanto a scrivere. >_<” Ogni tanto la vita si mette in mezzo, però, quindi sono costretta a ritardare per editare et similia xD Sono felice che ti inquiete, perché volevo provare un diverso tipo di “inquietante” dal solito, fatto di nebbia e cose simili. Sarà che personalmente odio il sole, ma non c’entra nulla. (Tra parentesi, ora penso che sia diventata anche Lenalee inquietante, però. Ma fa nulla.)
Fofolina: grazie mille per la recensione ^_^ Io personalmente sono una fanatica dei dettagli, e a volte tendo un po’ ad appesantire per questo. Alla fine devo eliminarne un mucchio che, fondamentalmente, risultano inutili per immaginare la scena. In quanto all’allergia di Lenalee, dubito che lei ci veda qualche lato buono, nella situazione, in questo momento >_<” Comunque, essendo diventata fan di Lenalee, cercherò sicuramente di farle giustizia. Non si preoccupi >_<
Nahema: contenta che le descrizioni siano andate bene *_*” Sono un po’ il mio tallone d’Achille, e sto cercando di rimediare >_<” Lavi e Yu arriveranno molto, molto a breve. (coffcoffnelprossimocapitolocoffcoff) E per l’Allen IC, bisogna rendere grazie a Liy che mi aiuta, perché sinceramente a me fa andare un po’ in crisi >_<”
Lalani: grazie mille per la recensione artistica. Mi ha fatto venire un po’ di fame. In quanto al bannerino, sei liberissima di prenderlo. *_* Sono tutti liberissimi di prenderlo *_* L’ha fatto Liy, ma non c’è niente di male a diffondere l’AllenLena un po’ nel mondo, in generale XD Per il resto, ti rimando su. Yu e Lavi arriveranno presto, e tutti e quattro i personaggi avranno una parte molto importante nella storia. Niente ruoli secondari, per loro. Sono tutti protagonisti *_* [li ama tutti e quattro indistintamente].