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Autore: KikiShadow93    07/04/2014    8 recensioni
Durante una tranquilla giornata di navigazione, Barbabianca e la sua famiglia trovano qualcosa di incredibile in mare: una bambina, di cui però ignorano la vera natura.
Decidono di tenerla, di crescerla in mezzo a loro, ovviamente inconsapevoli delle complicazioni che questa scelta porterà, in particolar modo per l'arrogante Fenice.
Genere: Generale, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciurma di Barbabianca, Marco, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un'allegra combriccola di mostri.'
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Il Sole sta pigramente sparendo dietro l'orizzonte per far posto alla sera.
Durante quella tranquilla giornata, in cui hanno dovuto subire un caldo torrido e a dir poco insopportabile, si sono resi conto di una cosa che li ha a dir poco sconcertati: la loro Kenbun-shoku no Haki non funziona con Akemi.
Infatti la ragazza pare essere magicamente sparita durante la notte, riuscendo ad eludere pure quel piccolo ma potente trucco.
Barbabianca, frustrato per tutta quell'assurda situazione, si alza dal suo seggio sotto lo sguardo attento dei suoi figli e si dirige verso la propria stanza, non prima però di aver dato l'ordine di portarla da lui non appena la troveranno.
È da quella mattina in fondo che vuole parlarle, che vuole chiarire meglio l'increscioso incidente del giorno prima, che vuole sapere perché abbia compiuto un gesto simile. Perché sa che quella che ieri si era presentata a lui non era sua figlia, che non era lei a parlargli. Lei non avrebbe ceduto così facilmente, non si sarebbe mai mostrata così arrogante ed irrispettosa.
'Cosa ti sta succedendo, figlia mia?' non fa altro che domandarselo dal giorno prima, non riuscendo a trovare una risposta. Questo forse è quello che gli dà più fastidio: non sapere come aiutarla.
Entra nella stanza con aria stanca e subito si siede sul letto, tenendosi la testa tra le grandi mani, sobbalzando appena quando sente un lieve tonfo davanti a sé.
Alzando gli occhi, sente il cuore fargli una capriola nel petto.
«Akemi...» mormora incredulo, alzando un secondo gli occhi verso il soffitto, notando dei piccoli fori nel legno lasciati dai suoi artigli.
'Si era appesa lassù?'
«Babbo...» piagnucola Akemi, crollando in ginocchio e scoppiando a piangere «Scusami!»
Quando all'alba aveva ripreso i sensi si era ritrovata a doversi sfilare i paletti dalla mano e dai piedi, sopportando in silenzio un dolore lancinante. Era rimasta per almeno un'ora nella stiva ad aspettare che le ferite fossero perfettamente rimarginate, poi ha cancellato le tracce come le aveva suggerito Týr ed infine è stata tutto il giorno nascosta nell'ombra, alla larga da tutti, a leccarsi le ferite.
Ha pensato tanto, soffrendo immensamente, allontanando pure l'eccentrico uomo che l'aveva intrappolata con l'inganno, arrivando poi ad una conclusione dolorosa che adesso deve dire assolutamente al padre.
«Non ti saresti mai dovuta permettere di colpire una nostra alleata.» afferma con tono duro Barbabianca, trattenendosi con tutte le sue forze dall'andare a consolarla. Tutta la sua rabbia è sparita non appena si è accasciata al suolo, lasciandolo in balia di una forte angoscia.
Perché per quanto sia strana, incomprensibile e indisciplinata, rimane pur sempre la sua trovatella. Sua figlia.
«Non so cosa mi sia successo... è diventato tutto nero. Io non sapevo più niente, non vedevo più niente... era come se fossi addormentata... ma quando ho aperto gli occhi, nessuno mi sorrideva per rassicurarmi.» mormora la ragazza, stringendosi le braccia attorno all'addome mentre prova a non tremare come una foglia «Sono un mostro...»
«Akemi-»
«Non dire di no! Io sono un mostro! Mi hanno abbandonata per questo! Sono pericolosa! Non hai idea di cosa ho dovuto fare per controllarmi! NON LO SAI!» sbotta tutto in un colpo, preda della rabbia che prova nei confronti del mondo e dalla delusione nei propri confronti.
«Abbassa il tono.» ringhia accigliato l'Imperatore, notando come la sua espressione cambi da un secondo all'altro: se prima leggeva nei suoi occhi una furia animalesca, ora vede solo tanto sgomento e smarrimento.
«Sta succedendo di nuovo...» si porta le mani alla testa, Akemi, rannicchiandosi sempre più su sé stessa «Io mi arrabbio, la vista si appanna...» alza un poco lo sguardo sul padre, guardandolo con espressione supplichevole «Non posso andare avanti così, babbo. Non posso...»
«Se stai provando a chiedermi ciò che penso, sappi che non ti accontenterò mai.» in realtà è tentatissimo dal tirarle un sonoro schiaffo in faccia, tanto forte da appiccicarla al muro come un poster, ma si trattiene. Non servirebbe certo ad aiutarla in quel momento, visto che gli ha implicitamente chiesto di ucciderla o, nella migliore delle ipotesi, di abbandonarla.
«Io ci sto provando... te lo giuro! Giuro che mi sto impegnando ad essere normale, a comportarmi come tutti gli altri. Ma non ci riesco! Sento sempre il forte impulso di attaccare, la voglia di fare male... la voglia di sangue. Non voglio rischiare di fare male a qualcun altro...» le fa male dovergli rivelare cose simili, doversi mettere così a nudo, ma non ha altra scelta. C'è in ballo la sua famiglia, le persone a cui vuole bene e per cui sarebbe disposta a morire in maniera definitiva.
«Non lo farai.» afferma convinto l'Imperatore, guardandola con fermezza.
«Si invece!»
«No.» si alza dal sul letto e si abbassa al suo livello, poggiandole una mano sulla spalla, perdendosi nei suoi tristi occhi di ghiaccio «Tu cerchi risposte, no? Bene. Ti concedo un periodo per trovarle.»
«Cosa...?» mormora Akemi sempre più smarrita, mentre dentro di lei si accende una fioca luce di speranza.
«Nella nave sono custodite delle piccole imbarcazioni con motore e pale motrici, chiamate dai membri della ciurma “Mini Moby”. Ne prenderai una e per al massimo di tre settimane potrai andare in cerca di risposte.» era questo che voleva dirle da quella mattina, la scelta più dura della sua vita. In realtà non la sta allontanando solo per cercare delle risposte, ma proprio per trovare sé stessa e riuscire in qualche modo a calmare la tempesta che ha nel cuore.
«Ma-»
«Visto che sei così pericolosa come dici, non avrai problemi. O sbaglio?» le sorride con strafottenza, passandole una mano tra i capelli.
Estrae subito dopo un biglietto stropicciato dai pantaloni con su scritto il numero del loro lumacofono e glielo porge «Quando sarai pronta ci chiamerai e ti daremo le nostre coordinate.»
«Grazie babbo...» mormora Akemi, incredula. Non ha capito a fondo il perché della sua decisione, ma gliene è comunque grata.
«Vai a fare i dovuti saluti e prepara la tua roba, io darò l'ordine di prepararti la barca. Parti tra mezz'ora.» le ordina con tono fermo, alzandosi e mettendosi a letto senza guardarla. Gli è costato molto solo dirgli una cosa simile, vederla andare via sarebbe troppo.
Akemi esce con passo incerto dalla stanza del genitore e si dirige, rimanendo sempre nell'ombra, verso la sua cabina.
'Non vuole che stia qui... non finché non riuscirò a calmarmi. Probabilmente è disgustato da quello che sono diventata, dalla mia violenza...'
Mette dei vestiti a caso in una grossa sacca, aggiungendoci anche le bottigliette ben nascoste sotto al letto e altre cose con cui potrà passare il tempo.
'Non ti deluderò un'altra volta babbo... te lo prometto sul mio stesso sangue!'

Sul ponte i vari comandanti se ne stanno affacciati al parapetto, incuriositi dal fatto che la loro imponente nave sia stata affiancata da una di quelle in miniatura. Non succede mai infatti che vengano tirate fuori, a meno che qualcuno non debba occuparsi di una qualche faccenda abbastanza importante.
«Perché avete tirato fuori una Mini Moby?» domanda con curiosità Marco all'uomo appena rimontato sulla nave. Uno dei suoi sottoposti tra l'altro, che ora lo guarda con un certo imbarazzo.
'È su questa nave da mesi e ancora si comporta così... ahhh, i novellini.'
«Ordini del babbo.» risponde quello, dileguandosi velocemente, lasciando così i vari comandanti alla loro più che giustificata curiosità.
Si mettono subito a discuterne tra di loro, a domandarsi chi è il folle che vuole lasciare la nave madre per andare in contro così al triplo dei problemi che può incontrare con loro, non riuscendo ad arrivare a nessuna conclusione.
«Ehi...» li richiama debolmente Akemi, appena giunta sul ponte. Le mancano cinque minuti prima di dover salpare come le è stato ordinato e di colpo tutta la sua determinazione pare svanita, sostituita da una forte malinconia. Non è mai stata senza di loro e l'idea di dover affrontare delle settimane in completa solitudine un po' la spaventa, oltre che rattristarla.
«Eccoti, finalmente!» Satch le va in contro con un ampio sorriso, aprendo le braccia pronto a stringerla. Subito dopo probabilmente le tirerà un pugno su quella bella testolina vuota che si ritrova, ma questo è un altro paio di maniche.
«Perché quella sacca?» domanda dopo qualche istante, notando finalmente quell'insolito dettaglio, mentre l'idea che sia lei la pazza che prenderà da sola il mare lo assale.
«Babbo non vi ha detto niente?» domanda con voce piatta Akemi, guardandoli uno per uno. Nei loro sguardi riesce ancora a leggere una punta di circospezione e la consapevolezza di aver perso parte della loro fiducia la butta completamente a terra.
«Starò via qualche settimana per... questioni personali.» continua poco dopo, prendendo la sacca ed issandosela in spalla
«Stai scherzando.» afferma sicuro il quarto comandante sorridendole allegramente. Il suo sorriso sparisce in pochi istanti però, lasciando spazio alla rabbia e ad un forte impulso omicida nei suoi confronti.
«Stai scherzando, vero?» ringhia a denti stretti, avvicinandola a grandi falcate fino a ritrovarsi faccia a faccia.
«Ho la faccia di una che sta scherzando?» risponde con tono piatto Akemi, nascondendo così il turbinio di emozioni che vorrebbe farla scoppiare a piangere tra le braccia forti e protettive dell'adorato fratello.
«Akemi, dannazione, è pericoloso là fuori. Tu non sai com'è il mondo esterno!» le urla contraddetto, sbracciando per dare enfasi alle proprie parole.
Akemi continua semplicemente a guadarlo dritto negli occhi, per poi abbracciarlo di slancio, nascondendo il viso nell'incavo del suo collo.
«Per questo voglio farlo.» mormora stringendolo forte, sentendo il suo cuore che batte forte quanto il suo «Tranquillo fratellone: andrà tutto bene. Ricordi la promessa che ti feci? Io diventerò la più grande piratessa di tutti i mari... se non imparo a stare al mondo, come faccio?»
Satch, ormai consapevole di non essere in grado di far cambiare idea né alla ragazza né tanto meno al capitano, stringe le braccia attorno al corpo forte e snello della sorellina, decidendo che per una volta può anche lasciarsi andare ai sentimentalismi «Mi mancherai... tanto.»
«Anche tu...» si separa a malincuore da quella stretta calda e rassicurante, spostando lo sguardo sugli altri comandanti che, ovviamente, hanno ascoltato con attenzione tutta la conversazione.
«Vedi di non compiere imprudenze. Al primo segno di pericolo torni indietro, ok?» afferma con tono deciso Ace, puntandole un dito contro in segno di avvertimento.
Akemi si lascia andare ad un sorriso dolce, stringendolo come aveva fatto con Satch.
«Ti voglio bene, Ace.» mormora al suo orecchio, sentendo un'insopportabile fitta al cuore quando le braccia del pirata la stringono con più forza, come se volessero impedirle di andarsene.
«Anche io, screanzata che non sei altro.» risponde con un filo di voce Pugno di Fuoco, decidendo di mollare la presa per dare la possibilità ai fratelli di poterla salutare a loro volta.
Akemi incrocia finalmente gli occhi chiari di Halta, leggendoci dentro un profondo dolore dovuto alla loro momentanea separazione.
«Ehi...» le prende delicatamente una mano, sorridendole nel modo più dolce che può, senza però riuscir a far sciogliere la piratessa.
«Ti sto odiando. Sul serio.» afferma con il visetto imbronciato Halta, distogliendo finalmente lo sguardo dal suo.
Akemi le sorride di nuovo, stringendola con forza a sé e lasciandole un vaporoso bacio tra i capelli castani.
«Vedi di non mandare a puttane tutti i miei sforzi.» mormora poi al suo orecchio, riuscendo a far mutare l'espressione dell'amica da seccata ad incuriosita.
«Mh?»
Akemi semplicemente le fa l'occhiolino, sorridendole con aria furbetta, per poi piazzarsi di fronte al burbero terzo comandante, tenendo le braccia incrociate al petto e guardandolo con aria scherzosa.
«Tu sei troppo duro per salutarmi?» gli domanda sorridendogli, rimanendo completamente spiazzata quando l'imponente uomo sbuffa sonoramente e la stringe a sé con un solo braccio, dimostrandole così, per la prima volta, di essere affezionato a lei come lo sono gli altri. Gli stringe le braccia attorno alla vita più che può, sorridendo felice «Mi mancherai, Jaws.»
L'uomo risponde con una specie di grugnito, staccandosela di dosso e spingendola tra le braccia di Rakuyo che, dopo averla abbracciata, le urla dritto nell'orecchio «Spacca tutto, sorellina!»
A turno la salutano tutti, tra abbracci e raccomandazioni. Tutti, eccetto uno.
Marco la guarda in disparte, con le braccia incrociate al petto e un'espressione infastidita in volto. Questo fastidio non è dovuto al fatto che ha picchiato Bay per gelosia, durante la notte ci ha riflettuto e si è sentito stranamente lusingato, arrivando pure a spiaccicarsi una mano sulla fronte e a darsi da solo del bamboccio. No. Il malessere è dovuto non solo al fatto che sta per prendere e andare da sola per mare, come una perfetta imbecille, ma soprattutto per il fatto che in tutto quel tempo in cui ha abbracciato tutti, si è lasciata stringere, baciare e sussurrare cazzate all'orecchio, lui non lo ha degnato neanche di uno sguardo!
Quando poi ha finito con tutti loro ed è semplicemente saltata giù dalla nave, atterrando con precisione sul ponte della piccola imbarcazioni, quel fastidio si è trasformato in rabbia pura.
'Piccola bastarda spocchiosa!' si allontana da tutti loro, dirigendosi verso la cabina del capitano per capire quale ragione ci sia dietro ad una scelta del genere.
Quando poi gli viene spiegato, sente per la prima volta l'impulso di picchiare pure lui, il suo adorato padre.
'Fanculo a tutti quanti!' si dirige verso la propria stanza, più che intenzionato a sbollire da solo tutta quella rabbia 'Ma è mai possibile che abbia preso una decisione simile senza dirci niente? Ma poi, neanche a tutti noi, quello alla fine non lo pretendo neanche, ma dirlo almeno al suo comandante! No! Si è tenuto tutto dentro per poi farcelo venire a dire da lei!
Io capisco che la cosa lo fa soffrire, e me ne dispiace da morire, ma doveva dircelo. Doveva avvertirci!
'
Mentre è intento a pensare a tutte quelle cose, ritrovandosi pure a ripensare a quel bacio maledetto, con la coda dell'occhio vede entrare di punto in bianco Pugno di Fuoco.
Prova ad ignorarlo, soprattutto per il fatto che ha notato la sua strana espressione che non preannuncia assolutamente niente di buono, ma nel momento esatto in cui l'altro si siede sul suo letto capisce che è tutto inutile.
Si trova così a guardarlo dritto nei suoi occhi vispi, infastidito come mai prima d'ora dal suo sorrisetto furbo.
«Per cosa avete litigato?» domanda a bruciapelo Ace, facendolo pietrificare di colpo.
«Cosa?» domanda fingendosi indifferente alla cosa, notando che però questo suo trucchetto di autodifesa non funziona minimamente.
«Non vi siete nemmeno salutati... per cosa avete litigato?» insite il minore, giocherellando distrattamente col cappello da cowboy «Perché ha tirato un pugno a Bay?» prova subito dopo, guardandolo dritto nei suoi occhi apatici.
«No. Diciamo mi sono comportato male con lei e se l'è presa.» risponde atono la Fenice, guardandolo con una fastidiosa sensazione che gli monta nel petto di fronte alla sua espressione divertita e vagamente maliziosa.
«E togliti quel sorriso idiota dalla faccia!» gli urla contro, sbuffando sonoramente quando il comandante scoppia in una fragorosa risata mentre si allontana.
Si sistema i cuscini dietro la testa, puntando lo sguardo sul cielo sempre più scuro che vede dall'oblò, con l'evidente intento di evitare altri discorsi o probabili frecciatine da parte del fratello.
Ace, con un sorriso rassegnato, esce semplicemente dalla sua stanza, dirigendosi verso la sala mensa con un unico pensiero a frullargli per la testa.
'Sono due completi imbecilli.'

La notte non è mai stata così terrificante per Akemi.
Guarda la distesa d'acqua calma che si stende di fronte a sé avvolta nell'oscurità, la guardia alta e i nervi a fior di pelle.
Tutto quel silenzio per lei è semplicemente anormale e mostruoso. È abituata alla presenza rumorosa dei suoi fratelli, a passare buona parte delle sue notti nelle loro stanze a chiacchierare di sciocchezze, ai loro odori familiari che le scaldano il cuore. È abituata a dare la buona notte a sua padre, a sorridergli prima di vederlo sparire nella sua stanza. Ma tutto questo adesso non c'è più.
Sospira rassegnata, rannicchiandosi su sé stessa con le ginocchia strette al petto e un lieve gracchiare le fa alzare gli occhi al cielo stellato, dove leggiadro vola il corvo nero che l'accompagna ormai da tempo.
Si poggia in tutta tranquillità sul ponte della piccola imbarcazione e li comincia a zampettare in giro, come se stesse prendendo nota di ciò che lo circonda per poterlo riferire.
«Ehi...» mormora dolcemente, allungando una mano nella sua direzione. In fondo è sola e la compagnia di un corvo è sempre meglio di niente.
L'animale la guarda con sospetto per qualche istante, memore dei vari tentati omicidi che ha subito da parte sua, ma alla fine decide di fidarsi e vola fino a potersi appoggiare sul suo polso, delicato e regale.
Akemi passa con delicatezza le dita sul petto piumato del magnifico esemplare, sorridendogli grata.
Di colpo poi le viene in mente che lei, in realtà, non è mai sola, e decide così di sfruttare la presenza dell'arrogante coinquilino per passare il tempo e superare quella prima notte di solitudine.
«Ehi, schizzato, mi tieni compagnia?» domanda con voce dolce, sorridendo quando l'animale si poggia sulla sua spalla per poter recuperare le energie, vigilando insieme a lei sul circondario.
«Prova a chiamarmi schizzato un'altra volta e ti stacco la testa dal collo non appena ti addormenti.» risponde piccato Týr, facendola ridacchiare appena.
I loro momenti insieme non sono mai dei migliori, ne è pienamente consapevole, ma in quel momento non riesce a non essergli grata per avergli risposto.
Si passa una mano tra i capelli scompigliati, dispiaciuta di non poterlo vedere in viso, di non poterlo avere vicino e provare quell'insolito calore che sente provenire dalla sua pelle gelida. Perché tutto sommato, anche se non lo ammetterà mai con nessuno, Halta inclusa, si è affezionata a lui e la sua compagnia, per quanto stressante e assai bizzarra, comincia a diventare quasi indispensabile per lei.
«Cosa devo aspettarmi?» gli domanda con tono tranquillo, sperando che almeno per una volta sia completamente chiaro. Sa però che non lo sarà, non è nella sua natura dire le cose chiaro e tondo, ma è arrivata ad abituarsi pure a questo, trovandolo di tanto in tanto pure divertente.
«Mah... gente che ti vuole ammazzare, rapire... quei soldati imbecilli che pensano di poterti rinchiudere! Solite cose, via.» risponde vago l'uomo, esattamente come Akemi si aspettava.
«E come posso ottenere quello che voglio?» domanda con più decisione, consapevole che stavolta non risponderà onestamente. C'è sempre qualcosa che non vuole dirle, lo sa, ma sa anche che non può costringerlo. È stato capace di abbandonarla a sé stessa per due settimane e per una sciocchezza. Metterlo alle strette e provare a costringerlo lo farebbe scappare e basta.
«Non penso che tu possa. O, almeno, io non so come fartelo trovare.»
Se lo aspettava. Perché è consapevole che lui sa molto più di quanto non voglia dare a vedere, ormai capace di leggere abbastanza tra le sue righe. Il problema nasce che in quel sotto testo ci sono troppe frasi confuse e sbiadite, tanto da renderla, ai suoi occhi, la lettura più affascinante del creato.
«Dovrai affinare le tue tecniche di combattimento. Credimi, ti serviranno.» l'avverte con tono indifferente, facendola sbuffare abbattuta.
«Quanto potrò mai migliorare in tre settimane?» domanda sconsolata, ritrovando il sorriso quando il corvo appollaiato sulla sua spalla le tira i capelli per attirarne l'attenzione e reclamare qualche carezza, come da troppo tempo è abituato a fare.
«Guarda i progressi che hai fatto in meno di due mesi.» le risponde pacato Týr, accendendo in lei una lieve speranza «Tu impari più velocemente delle persone normali e lo sai. Certo, rimani comunque una deficiente di prima categoria, ma in un certo senso sei migliore degli altri.»
«Un essere che è venuto al mondo per stroncare vite può essere migliore delle persone civili?» domanda con sarcasmo la ragazza, non sorprendendosi della risata assai divertita dell'uomo.
«Ovviamente.» afferma infatti quello, non appena riesce a calmarsi «Tu segui i miei consigli, non te ne pentirai.»
«Dici?» è combattuta, Akemi: da una parte vuole fidarsi di lui, sente di poterlo fare ad occhi chiusi, ma dall'altra parte ha troppa paura pure di sé stessa. Non potrebbe sopportare che accadesse qualcosa anche a lui per colpa sua. Perché è vero che tra loro non scorre proprio buon sangue, ma si è resa conto, dopo attenta riflessione, che la sua vita non sarebbe la stessa senza di lui e che ha bisogno della sua saggezza, mista a quella follia e a quei discorsi enigmatici. Ha bisogno di vederlo mentre le sorride con arroganza, delle sue frecciatine, delle sue movenze strane. Ha semplicemente bisogno di lui.
«Senza quella gente intorno posso provare a farti controllare la tua rabbia, ad incatenarla nel profondo del tuo cuore e lì farla rimanere il più a lungo possibile.» afferma con più allegria Týr, lieto di sapere che tra loro due si sta formando un legame così nuovo per lui... così umano.
Una parte di lui, in fondo, ma molto in fondo, vorrebbe potersi materializzare di fronte a lei per infonderle un po' della sua forza, del suo coraggio, un po' della sua follia capace di spiazzare i nemici. Ma sa che non può farlo, quindi si limita solo a starle vicino in questo modo, a confortarla a parole e proverà -e non sarà semplice per lui, proprio no- ad essere gentile quando tornerà nella sua dimensione, magari mostrandole ricordi felici. Con la vita che ha trascorso, in fondo, ha solo l'imbarazzo della scelta.
«Sono tutta tua!» esclama con un sorriso Akemi, poggiandosi delicatamente il corvo addormentato sulle gambe e coccolandolo delicatamente sulla testa, sorprendendosi di quanto quel piumaggio sia morbido e liscio.
«Dai retta a me, ragazzina: ti sistemo io.»
*Tre settimane dopo*

Quando, il primo giorno, gli uomini dell'equipaggio si sono svegliati e si sono resi conto della mancanza dell'eccentrica sorellina, hanno tirato tutti un sospiro di sollievo. Avevano bisogno di una pausa dalla sua follia, dai suoi colpi di testa. Inoltre alcuni erano ancora della convinzione che fosse posseduta, quindi un po' di tempo per tranquillizzarsi gli ci voleva proprio.
Ma con il passare dei giorni le cose sono cambiate in modo sorprendente.
Barbabianca, primo tra tutti, passava le sue giornate a leggere i suoi libri, a riguardare i suoi disegni di quando era piccola, a ripensare ai tanti momenti di dolcezza che hanno passato insieme, alle poche volte in cui la piccola Akemi si rifugiava nella sua cabina per dormire, rinunciandovi a causa del suo forte russare. Le manca la sua bambina... anzi, no! Le manca la sua giovane donna, quella dal fascino assassino, quella senza regole e senza paure, quella che non si fa problemi a mettersi in prima linea per la sicurezza dei suoi cari, quella che si è fatta massacrare e per poco muore dissanguata per lui. Le manca la sua Akemi, quella matta che tanto lo fa sentire di nuovo giovane ed invincibile, quella che gli fa sentire ogni giorno di aver fatto la scelta più giusta della sua vita. Gli manca, fine.
Ma lui, quanto meno, si dà un contegno, mentre buona parte degli altri sono arrivati a cercare un qualcosa di lei in qualsiasi cosa.
Vista gioca spesso a carte con i novellini, sperando ogni singola volta di vederli dare in escandescenze o scoppiare in una fragorosa risata quando perdono, ma nessuno di loro riesce a farlo ridere come faceva lei. Perché lei aveva quel modo di fare diverso dagli altri, in quanto completamente diversa da chiunque. Gli manca quando a cena gli sfilava il cilindro dalla testa e faceva la sua imitazione mettendosi i lunghi capelli sopra al labbro per copiargli i baffi.
Ad Izo mancano incredibilmente le loro chiacchiere notturne, momenti nei quali gli ha fatto aprire gli occhi. Perché prima del suo arrivo, prima della sua follia travolgente, prima delle loro nottate passate a mangiare biscotti e parlare, non si era mai reso conto che Halta è una ragazza davvero carina. L'ha elogiata così tanto, parlando del suo coraggio, della sua celata dolcezza, dei suoi sorrisini da bimba, che non è riuscito a non badarci. Da quel momento, poi, anche per lui la situazione è cambiata parecchio. Non vede più una semplice compagna di ciurma, no: vede una giovane donna, combattiva e fiera, dal viso da bambina e il sorriso sempre sulle labbra, piccola e affettuosa... piccola e carina. 'Sorellina, ti prego torna presto! Ho bisogno di una nostra consulenza notturna!'
Satch passa buona parte del suo tempo nei pressi del piccolo lumacofono bianco in attesa di ricevere la tanto agognata chiamata dalla sorellina. Gli manca da impazzire, forse quanto al babbo.
Gli manca vederla frugare tra le sue cose per alla ricerca di Dio solo sa cosa.
Gli manca quando, nel cuore della notte, arrivava di soppiatto nella sua stanza e si accoccolava contro la sua schiena per dormire.
Gli manca tutto di lei: il suo caos, la sua imprevidibilità, i suoi attacchi improvvisi di coccole, i suoi abbracci soffocanti, i suoi assalti alle spalle per farsi portare a cavalluccio.
Halta, per darsi un contegno e non passare come una donnetta piagnucolona, continua imperterrita a svolgere i suoi compiti, osservando senza farsi vedere l'orizzonte, in attesa di vederla tornare con il suo radioso sorriso sulle labbra. Sa già cosa farà quando accadrà: l'abbraccerà con tutte le sue forze, aspetterà che saluti gli altri e poi la trascinerà nella sua cabina per dirle le ultime notizie. Tipo che Izo le si è avvicinato, un paio di sere prima e le ha detto che, se ne avesse avuto voglia, non appena sbarcheranno potrebbero andare a bere qualcosa insieme.
Sa bene Halta che sotto c'è lo zampino di Akemi e che è stata lei, in qualche modo, a fargli aprire gli occhi, e non potrebbe esserne più felice. Allo stesso tempo, però, ne è oltremodo furiosa: lei, Halta, la comandante della dodicesima flotta, che si comporta come una normale ragazzina alle prese con una cotta e che rivela subito i vari dettagli all'amica del cuore.
'La sua capacità di cambiare le persone è disarmante!'
Ace, quello più tranquillo di tutti, semplicemente si trova spesso a riportare alla memoria i loro momenti passati insieme: da quando l'ha presa in braccio la prima volta, a quando le ha insegnato a sparare, fino alla loro notte di fuoco in quella ormai lontana stanza d'albergo. Le manca la sua vivacità, in realtà. Gli manca fare gli scherzi a destra e a manca con lei, vedere gli altri andare in bestia e poi risolvere tutto con una bevuta in gruppo.
Tutto sommato, lui sta bene. Gli manca, si, ma sta bene. Quello che ha patito di più la mancanza dell'eccentrica ragazza, è stato nientepopodimeno che il primo comandante Marco la Fenice!
All'inizio, come gli altri, sentiva semplicemente il vuoto da lei lasciato, la calma che era tornata a regnare fastidiosamente sull'imponente nave, ma poi, dopo circa cinque giorni, la cosa è degenerata, tanto da arrivare a togliergli il sonno. C'è anche una causa ben specifica per ciò e questa causa ha pure un nome: Portogas D. Ace!
Già, perché il secondo comandante ha avuto la brillante idea di esporre a tutti quanti un dubbio che a quanto pare lo assillava sin da quando la ragazza aveva preso il mare.
«E se incontrasse il Rosso?»
A quelle semplici parole tutti hanno cominciato a fare le più svariate supposizioni, da quella più improbabile che comprendeva un tentato omicidio, a quella assai più plausibile che si sarebbe imbarcata sulla sua nave, anche solo per una notte.
Dopo che Fossa, con il tatto di un bufalo, ha detto che sicuramente si sarebbe infilata nel suo letto ancor prima di essere riconosciuta, per Marco sono cominciati i problemi.
All'inizio era un semplice fastidio, accompagnato da una lieve rabbia che però mascherava alla perfezione e a cui riusciva pure a non dare troppo peso. Poi, però, la situazione è peggiorata a tal punto da rovinargli pure il sonno. Già, perché da fare sogni poco casti che lo vedono come protagonista attivo, è arrivato a diventare un osservatore passivo, incapace di distogliere lo sguardo dai fantasiosi amplessi tra la sua compagna e il rosso imperatore.
Se possibile, poi, andavano pure peggiorando, dal momento che sognava che Akemi entrava ufficialmente nella sua ciurma, che si faceva cancellare il tatuaggio col simbolo di Barbabianca dal braccio per sostituirlo con il Jolly Roger di Shanks. Li vedeva in atteggiamenti dolci, con scambi di baci a fior di labbra mentre si stringevano in un tenero abbraccio. Insomma, è stato semplicemente insopportabile per lui.
La gelosia che poi non riusciva a spiegarsi -e che non si spiega tutt'ora- lo ha divorato lentamente, tanto da ridurlo ad un fascio di nervi e a fargli desiderare con tutto sé stesso di vederla tornare prima del tempo con la coda tra le gambe.
Ma questo non è mai successo.
È stata via tre settimane belle piene e solo nel pomeriggio ha chiamato per sapere con esattezza le coordinate per raggiungerli, parlando tra l'altro con un tono scocciato che gli ha dato il definitivo colpo di grazia.

Passano lente le ore, il sole comincia a tramontare pigramente e i vari componenti della ciurma non stanno più nella pelle all'idea di rivedere la loro piccola e bizzarra sorella.
Se quando era partita la guardavano con un certo sospetto, pensando erroneamente che fosse posseduta da un qualche spirito maligno, adesso non vedono l'ora di riaverla tra loro, di dover affrontare qualche suo colpo di testa giornaliero o qualche suo assurdo capriccio. Perché lei non è solo loro compagna di ciurma o una sorella adottiva, no: lei rappresenta per ognuno di loro -o quasi- quel figlio che non hanno mai potuto avere a causa dello stile di vita che hanno scelto e che tanto amano.
Quelle piccole lotte quotidiane con la sua follia sono diventate la norma per loro e la mancanza che provano nei suoi confronti un poco li spiazza. E li spiazza ancor di più la paura che in quelle lunghe ed inesorabili ore possa esserle successo qualcosa di brutto.
Quando poi la vedono che avanza su quell'infinita distesa d'acqua cristallina e ondeggiante tirano un sospiro di sollievo, cominciando a far baccano per attirarne l'attenzione.
La Mini Moby avanza lenta verso la nave madre, sospinta dal lieve vento a suo favore e con i motori spenti, e Akemi continua in tutta tranquillità ad affilare una lunga nodachi seduta su di un barile.
Halta, presa dall'emozione, si butta in mare senza neanche pensarci e nuota con forza e velocità verso l'imbarcazione, sotto lo sguardo più che sorpreso dei fratelli.
«Va bene che le era mancata, ma questo mi pare eccessivo...» afferma un più che incerto Ace, guardando con attenzione la compagna che si avvicina sempre di più alla Mini Moby, ricevendo una gomitata nel fianco dal quarto comandante.
«Ma stai zitto, che se potevi nuotare ti lanciavi anche te!» lo rimbecca prontamente, ridacchiando raggiante.
«Tu perché non ti tuffi?» gli domanda poggiandosi con i gomiti al parapetto, consapevole che anche Satch sta morendo dalla voglia di riabbracciare la sua adorata sorella.
«Non voglio che si monti la testa.» risponde con indifferenza il comandante, incrociando le forti braccia al petto e sghignazzando allegro.
Halta, nel frattempo, è riuscita a raggiungere l'imbarcazione e, seppur con una certa difficoltà, è riuscita ad arrampicarcisi, trovandosi così di fronte ad una donna che le sembra sua sorella ma allo stesso tempo le pare un'estranea.
I lisci capelli corvini, il viso a cuore, gli occhi di ghiaccio e i lineamenti delicati le dicono che è lei, ma i muscoli più sviluppati e i vestiti che coprono tutto il suo corpo eccetto le braccia le fanno pensare per un attimo che sia un'impostora. La cosa che glielo fa pensare di più, in realtà, è il fatto che non si sia mossa di un millimetro, continuando in tutta tranquillità ad affilare la lama nera della sua nuova arma, presa chissà dove.
«Tu sei fuori di testa, lo sai?» afferma atona Akemi, senza nemmeno voltare lo sguardo sulla piratessa che si sta strizzando le maniche della maglia.
«Stronza, io mi tuffo per venirti in contro e tu mi tratti così. Fossi in te mi vergognerei!» controbatte realmente offesa la comandante, puntando di colpo lo sguardo sul ponte della nave.
«Come un verme, guarda...»
«Akemi?» la richiama con voce incerta, attirandone finalmente lo sguardo «Ma cosa hai combinato?»
«Non capisco a cosa ti riferisci.» risponde vaga la ragazza, riponendo l'arma nel fodero e guardandola come se veramente non sapesse a cosa si stia riferendo, malgrado sia oltremodo ovvio.
«Perché il pavimento è rosso e appiccicoso?» le domanda con tono schifato Halta, tornando a guardarla con aria incerta.
«Non mi ero accorta che fosse rosso e appiccicoso.»
«Su cosa sono in piedi?» prova a cambiare domanda, pur essendo già consapevole di quale sia la risposta. Zampetta da una parte all'altra per evitare di toccare quello schifo, fino a mettersi a sedere a sua volta su un barile di fronte all'amica.
«Se ti dicessi marmellata alla fragola?» prova Akemi, completamente indifferente alla cosa.
«Non ti crederei, per niente.»
«Lacrime di Dio.»
«Dimmi la verità!» sbotta Halta, pulendosi con uno straccio le suole delle scarpe.
Non che in vita sua non abbia mai camminato su del sangue, ma non avere neanche una minima idea di come possa essere finito ad imbrattare ogni centimetro quadrato del ponte di quella piccola imbarcazione un tempo completamente tirata a lucido un poco la disgusta.
«E va bene: ho incontrato qualche intoppo in questi giorni. Diciamo pure che volevano tagliarmi la testa, cosa che mi ha un po' innervosita... così li ho fatti a pezzi. Non avevo voglia di pulire però, così adesso stai camminando su quel poco che resta di quei pezzenti, sempre ammesso che i pezzi che ho disseminato per il mare non siano ancora stati mangiati.» risponde con nonchalance, osservandosi distrattamente gli artigli neri. Si rende conto solo in quel momento che quel movimento lo ha visto fare spesso e volentieri pure a Týr e la cosa la spiazza un poco.
'Possibile che passare tanto tempo a stretto contatto con lui mi abbia condizionata così tanto?'
Pensa anche che Týr, al contrario suo, ha delle unghie perfettamente chiare ed incredibilmente curate, e che anche nei momenti in cui sfodera gli artigli questi sono perfettamente chiari. Le sue sono più animalesche, ecco.
«Ogni volta che apri bocca mi preoccupi sempre di più.» afferma Halta guardandola con aria divertita, più che ansiosa di passare almeno un paio d'ore da sola con lei per raccontarle tutte le novità e per farsi a sua volta raccontare di quel breve ma intenso viaggio.
Akemi la guarda con aria truce, facendola vacillare per qualche istante, per poi abbandonarsi ad un luminoso sorriso «Mi sei mancata!»
Halta le sorride a sua volta, allungando semplicemente un braccio verso di lei e afferrando la sua mano «Anche tu, sorellina.»
Non fanno di più, rimanendo a guardarsi dritto negli occhi per trasmettersi tutto l'affetto che in quei giorni di distanza hanno maturato ancora di più, sorridendosi complici, finché, dopo neanche quindici minuti, raggiungono finalmente la Moby.
Un uomo salta agilmente sulla piccola imbarcazione per poterla riportare al suo posto, scivolando malamente su tutto lo schifo sparso un po' ovunque, scatenando una lieve risata nelle due piratesse, che subito dopo si arrampicano su una cima che è stata loro calata.
Solo una volta montata a bordo Akemi si apre il giacchetto di pelle senza maniche, rivelando a tutti quanti gli addominali pressoché scolpiti che è riuscita a sviluppare.
Tutti corrono a salutarla entusiasti, domandandole com'è andato il viaggio, se ha incontrato difficoltà, facendola sorridere.
Marco invece rimane al fianco del seggio del capitano, guardandola con attenzione. Nota i muscoli sviluppati, tanto da averle in parte tolto quell'aria incredibilmente femminile che aveva prima di partire, e nota pure dei nuovi disegni ad adornarle la pelle candida: sulle dita della mano destra nota dei piccoli disegni, mentre sulla clavicola destra , in parte nascosto sotto al giacchetto, intravede il disegno di un angelo piangente.
'Vuole proprio rovinarsi...' pensa scuotendo un poco la testa, non riuscendo però a non pensare che, tatuata o meno, muscolosa o no, l'idea di averla nel suo letto non lo schifa per niente.
Si sorprende di questo suo pensiero, scuotendo con forza la testa per cancellare quell'immagine poco casta dal cervello, rialzando gli occhi quando se la vede passare di fianco, diretta verso il capitano.
Si guardano per un breve istante negli occhi, freddi come solo loro due sanno essere, e Marco sente le budella attorcigliarsi. Per un attimo avrebbe realmente voluto abbracciarla, stringerla a sé e dirle che gli era mancata, ma non lo fa. La guarda e basta, ammirandone i movimenti in disparte, felice di vedere di nuovo il sorriso sulle labbra del genitore.
«Ehi, babbo!» cinguetta la ragazza, saltandogli al collo e stringendolo con forza «Mi sei mancato.»
«Anche tu, calamità ambulante che non sei altro.» le risponde bonario l'uomo, stringendola a sua volta.
«Hai trovato quello che cercavi?» le domanda subito dopo con voce speranzosa.
«Un buco nell'acqua... però è stato istruttivo.» risponde vagamente sconsolata Akemi «Una tizia mi ha pestato. Picchiava davvero duro...»
Barbabianca la guarda con la rabbia che gli cresce nel petto, ma prima che possa farle qualche domanda e scoprire di chi si tratti per cancellarla dalla faccia del pianeta, Akemi lo interrompe.
«Non ci pensare neanche, babbo. Quella tipa era strana... non ho mai visto nessuno muoversi in quel modo. Tieni conto che mi ha risparmiata e malgrado io abbia usato tutta la mia forza per stenderla, era ancora in perfetta forma.» si passa distrattamente le dita sulla piccola cicatrice che svetta sull'anca sinistra, ricordando il dolore che ha provato quando gli artigli neri della ragazza le hanno lacerato la carne «Questo è il simpatico regalino che mi ha lasciato prima di sparire nel niente.»
L'Imperatore si trattiene dallo sfoderare tutto il suo potere distruttivo, ingabbiando la rabbia in un angolino remoto del suo cuore impetuoso, limitandosi a sospirare. La guarda con sguardo incerto, leggendo nei suoi occhi chiari una nuova forza e determinazione.
«Sei riuscita nel tuo intento, almeno?» le domanda con tono duro, ricevendo in risposta un sorriso strafottente.
«Diciamo che sono in grado di controllarmi un po'...» afferma distrattamente la ragazza, caricandosi la sacca in spalla e dirigendosi sotto coperta «Scusa babbo, ma sono davvero a pezzi. Domani mattina giuro che ti racconto tutto!»
I due si guardano per un breve istante dritto negli occhi, per poi abbandonarsi ad un sorriso affettuoso.
«Ci conto!» esclama contento di riaverla a bordo, di nuovo al sicuro sotto la sua ala protettrice.
La ragazza s'incammina verso il sottocoperta, salutando con un sorriso felice i vari pirati e facendo un cenno ad Halta di raggiungerla. In fondo deve essere aggiornata su tutte le novità e vuole farlo assolutamente prima di andare a dormire.
Le erano mancati tantissimo, tutti quanti.
Le era mancato il sorriso contagioso di Ace, i suoi abbracci soffocanti e il suo calore.
Le era mancata la voce rassicurante di Satch, il suo profumo dolce e virile che più volte l'ha cullata.
Le erano mancate le battute stupide di Rakuyo, le pacche sulla schiena di Fossa.
Le era mancata da impazzire la sua migliore amica e i suoi sorrisi sinceri, i suoi racconti, e ora non riesce a non essere euforica per la notizia che Izo, il suo tenebroso compagno di consulenze notturne, le ha chiesto -più o meno- di uscire.
Le era mancato suo padre e i suoi abbracci, i suoi sguardi incerti di fronte alle sue risposte date a metà, i suoi sorrisi dolci e lo sguardo pieno di orgoglio.
Le era mancato Marco, il suo essere composto e glaciale, il suo osservarla senza dare nell'occhio. Durante quelle tre settimane, inoltre, è riuscita a sorvolare sulla questione del bacio e tutto il resto, troppo impegnata nella ricerca di risposte e a tener testa a qualsiasi nemico le si parasse davanti. Le piace sempre, ovviamente, anche troppo per i suoi gusti, ma è riuscita finalmente ad entrare nell'ottica che tra loro non ci sarà mai altro oltre al quel casto bacio.
«Per caso hai incontrato Shanks?» le domanda incuriosita Halta, passandole l'asciugamano.
«Purtroppo no.» risponde distrattamente la minore, legandosi i capelli in una coda disordinata, per poi dirigersi a grandi falcate verso il borsone lasciato in mezzo alla stanza.
Ci si inginocchia di fianco e comincia a frugarci dentro, riuscendo a trovare dopo qualche momento il piccolo pentacolo d'argento che aveva avvolto in un pezzo di stoffa rosso.
Lo lancia all'amica, che subito lo prende al volo. Lo guarda con incertezza, non riuscendo a capire il perché le abbia regalato una simile stramberia.
«Vorrei che tu lo portassi sempre al collo.» afferma abbassando la testa, passandosi le dita sulla sottile cicatrice poco sotto al ginocchio destro. Ricorda ancora bene il bruciore insopportabile che ha provato quando l'uomo a cui ha preso il ciondolo le ha scoccato quella strana freccia, tanto acuto da farle credere di avere degli spilli nel cervello. Subito dopo ha fatto una vera e propria carneficina, incapace di contenere la rabbia disumana che le aveva invaso ogni cellula del corpo.
La cosa bizzarra di tutta quella faccenda, in realtà, sta nel fatto che non riusciva ad attaccare direttamente chi indossava quello strano ciondolo, tanto da costringerla a cercare sistematicamente il modo di rompere la catenella da cui pendeva con qualsiasi mezzo.
«Perché?» le domanda Halta, rigirandosi l'oggetto tra le dita sottili.
Akemi rimane in silenzio per qualche istante, decidendo infine di rivelarle parte di quel segreto che è riuscita a svelare sulla sua natura.
«Perché non riesco a sopportarlo.» alza lo sguardo sull'amica, seria come non era mai stata con lei «Ti proteggerà dai mostri come me.»
«Non ti capisco...» mormora la comandante, sedendosi sul letto e lasciando che la ragazza che tolga l'oggetto di mano, tenendolo avvolto nel pezzo di stoffa.
Appoggia poi una delle punte sulla pelle, tracciando una linea dritta sull'avambraccio, facendovi rimanere il segno di una bruciatura.
«Perché non guarisce?» le domanda con una certa preoccupazione Halta, togliendole l'oggetto di mano con fare sbrigativo e riponendolo nella tasca dei pantaloni.
«Non ne ho idea. So solamente che mi urta molto averlo davanti agli occhi e riesce a farmi desistere dall'attaccare. Per questo voglio che lo tieni te: ti proteggerà.»
Si alza finalmente in piedi, Akemi, sfilandosi di dosso l'asciugamano e infilandosi con fare sbrigativo degli slip neri e una canottiera grigia, buttandosi subito dopo a peso morto sul letto.
«Ti dispiace se adesso dormo un po'? Se mi dovessi svegliare presto vengo da te, promesso.»
Halta le sorride dolcemente, carezzandole il braccio appena ferito prima di alzarsi da quel comodo letto che in più di un occasione hanno condiviso, dirigendosi verso la porta. Sicuramente il capitano le chiederà cosa si sono dette, quindi deve prepararsi mentalmente un discorso che non riveli troppi dettagli scomodi. Se poi Akemi vorrà parlargliene lo farà, ma lei di certo non tradirà la sua fiducia.

Tutti hanno cenato decisamente più tranquillamente ora che Akemi è tornata tra di loro, rimanendo però indifferenti alla sua assenza a cena. In fondo sapevano che era stanca e che sarebbe rimasta a dormire, quindi era inutile preoccuparsi. Inoltre il giorno dopo, a regola nel tardo pomeriggio, attraccheranno finalmente al porto di un'isola con la fama di essere una delle mete preferiti dai pirati del Nuovo Mondo che vogliono divertirsi sul serio, Namba.
Adesso Ace, Vista, Namiur e Satch si fanno una bella partita a carte, bevendo boccali su boccali di birra fresca, sotto gli sguardi attenti di Fossa, Curiel e Marco, più che pronti a sfottere il perdente fino a farlo frignare come un bambinetto. In realtà la vera sfida è tra Vista e Satch, visto che gli altri due sembrano avere una iella infinita al gioco.
Halta ed Izo stanno di vedetta, parlottando tra loro del più e del meno, senza l'imbarazzo che provavano i primi giorni dopo che il sedicesimo comandante le aveva chiesto quella specie di appuntamento. Di tanto in tanto abbassano gli occhi sui compagni, lasciandosi andare a delle forti risate quando sentono le colorite imprecazioni di Namiur o vedono delle piccole fiamme spuntare sulla schiena di un più che adirato Ace.
«Ma vaffanculo!» urla l'ottavo comandante dopo aver pescato l'ennesima carta sfortunata. In quel momento rimpiange amaramente l'assenza della sorellina, con la quale non rischierebbe mai di perdere considerata la sua sfiga.
Marco si lascia andare ad una lieve risata di fronte allo sguardo corrucciato dell'uomo pesce, decidendo infine di andarsene a letto.
«A domani, fratello!» lo saluta un più che allegro Satch, che ormai ha la vittoria in pugno.
Marco li saluta tutti quanti con un gesto vago della mano, camminando con passo lento, quasi strascicato, verso la propria stanza.
Quando però imbocca il lungo corridoio avvolto nell'ombra, sente l'improvviso desiderio di andare a parlare con il piccolo demone dormiente.
Stranamente si lascia guidare da questo malsano desiderio, pur avendo la consapevolezza che l'ultima volta che lo ha fatto la situazione gli si è rigirata contro. Non riesce a trattenersi però, arrivando addirittura ad affrettare il passo per raggiungere quella porta.
Rimane imbambolato per qualche minuto, finché non si decide a girare la maniglia ed entrare, pentendosene immediatamente.
Le coperte sono attorcigliate attorno ad una gamba e il resto del corpo è illuminato dalla debole luce lunare che entra dall'oblò, mettendone in risalto le forme che mandano incredibilmente in tilt il freddo comandante.
Guarda le gambe lunghe e toniche, notando il disegno di una pantera nera che si arrampica sopra la coscia sinistra, arrivando poi al sedere mal celato da un paio di slip neri; sale lentamente sulla schiena flessuosa, sulla vita sottile, sul collo pallido e delicato.
Vorrebbe toccarla, mordere quella pelle diafana, ma non fa in tempo ad allungare una mano che gli occhi della ragazza si aprono di scatto e la sua mano scatta fulminea a bloccare il polso del comandante.
«Questa scena mi ricorda qualcosa.» afferma sorridendogli con aria furbetta, ricordandosi della volta che da piccola era entrata nella sua cabina e lo aveva svegliato mentre dormiva, venendo violentemente spinta di sotto dal letto.
Marco sorride appena, sedendosi sul bordo del letto, non guardandola più.
«Qualcosa ti turba?» gli domanda la ragazza mettendosi a sedere a sua volta con le gambe incrociate e la schiena appoggiata contro la parete, ravvivandosi distrattamente i capelli.
Marco alza finalmente gli occhi su di lei, rendendosi conto di quanto realmente gli piaccia. Si odia per questo, profondamente, ma non riesce più a negarlo a sé stesso.
«Mi eri mancata.» risponde semplicemente la Fenice, senza mai interrompere il contatto visivo.
Akemi invece lo interrompe, abbassando gli occhi sulle mani tatuate, fissandosi intensamente gli artigli.
«Pensavo che saresti stato felice di liberarti di me.» afferma con un filo di voce, rialzando lo sguardo quando l'uomo le afferra una mano.
«Non pensarlo neanche.» controbatte con voce ferma «Ci tengo sul serio a te...»
Si avvicina un poco a lei, bloccandosi di colpo quando la vede ritrarsi, sgranando appena gli occhi quando ritrae malamente la mano dalla sua.
«Non farlo.» ordina secca, guardandolo con aria dura. Ha lottato tanto con sé stessa per farsela passare, riuscendo solo ad archiviare l'accaduto e a convincersi che non succederà altro; non può fare marcia indietro, non quando l'uomo che ha di fronte è tanto indeciso.
Marco la guarda sorpreso, ritraendo velocemente la mano. Era convinto che sarebbe stata felice di vederlo, che l'avrebbe perdonato per il suo comportamento e che avrebbe potuto sfogare tutto quel desiderio che nutre nei suoi confronti, invece è incredibilmente fredda nei suoi confronti.
Si alza in piedi con aria confusa, passandosi una mano dietro al collo.
'Ho fatto l'ennesima cazzata...'
«Ti lascio riposare.» afferma uscendo velocemente da quella stanza che gli pare quasi soffocarlo, lasciandola di nuovo sola con il suo tormento.
'Stupido bastardo!' digrigna i denti per la rabbia, passandosi le mani tra i capelli 'Come può aver anche solo pensato che sarei passata sopra al suo comportamento da stronzo?! Povero imbecille. Pensa forse che sia una puttana con cui spassarsela così? Dovrà faticare prima di essere perdonato, sempre ammesso che tenga davvero a me.'
«Alcuni tuoi comportamenti sono stati un po' da puttana, se ci pensi.»
Si lascia andare ad un profondo ringhio gutturale, Akemi, immergendosi sotto le coperte e nascondendo il viso nel cuscino, provando con tutta sé stessa ad ignorare i pungenti commenti del suo simpaticissimo amico.
«Con Pugno di Fuoco non ti sei fatta tanti problemi... e neanche con Killian!» insiste Týr, mandandola sempre più in bestia, cosa che in realtà lo diverte assai «Come mai con quel pirata dovrebbe essere diverso? Tu vuoi farci sesso, non negarlo. Cosa ti trattiene?»
Sospira rumorosamente, Akemi, spostando lo sguardo verso l'oblò su cui si è appena appollaiato il corvo che l'ha accompagnata per tutto il viaggio.
Si alza svogliatamente dal letto per raggiungerlo, carezzandogli delicatamente il lucente piumaggio.
Pensa alla domanda che gli ha posto Týr e alla risposta da dargli, consapevole di non potergli mentire. In realtà non vuole proprio farlo, trovandola una cosa stupida e completamente inutile.
«Perché per lui provo qualcosa... sul serio


Angolo dell'autrice:
Salve a tutti! :) Innanzitutto scusatemi infinitamente per il ritardo >.< ma tra mio fratello che si è laureato, il lavoro al mare e internet che non ne voleva sapere di andare non ho potuto pubblicare :(
Ma Vabbe', a voi questo non interessa... passiamo al capitolo (incredibilmente brutto per giunta)!
Barbabianca ha capito che la sua adorata figlia ha bisogno di una specie di break per riordinare le idee e così la fa partire con una Mini Moby (deliberatamente inspirata alla Mini Merry 2 di Rufy).
Akemi, come ho lasciato intendere, ha combattuto più volte durante quel periodo ed è stata pure duramente sconfitta e risparmiata da una ragazza. Qualcuno immagina chi è?(Avevo detto che in realtà Akemi non è superiore a quelli come lei, no? Infatti le fanno il culo a strisce senza tante difficoltà!)
Marco... Marco sta cambiando di nuovo idea! Anche perché, si sa, i sentimenti e la ragione non vanno d'accordo. Se la ragione ti dice che tutto sarebbe più semplice prendendo una determinata strada, i sentimenti fanno in modo tale da fartene prendere un'altra! E questo è quello che sta succedendo alla bella Fenice, che tra l'altro è geloso solo a pensare che qualcuno possa toccarla.
Qui mi viene da dire: POVERA AKEMI! Era riuscita ad “archiviare” la cosa e lui invece si comporta così! Ma tranquilli, nel prossimo non avrà modo di pensare a quanto le piace il comandante... >:)
Se vi può interessare, tempo 2 capitoli e ci sarà una svolta “interessante”, mentre tempo 3 (al massimo 4, dipende da come lo suddivido) i due finalmente riusciranno a stare insieme! So che ci sto mettendo davvero tanto tempo, ma preferisco fare le cose con calma, fargli sviluppare un rapporto che può sembrare “reale” invece che farli guardare per un secondo e subito amore e tanti cuoricini! :P
Poi ormai è chiaro: a me piacciono le cose complicate! Spero che a voi non faccia schifo >n<
Un piccolo chiarimento: il pentacolo viene usato per scacciare gli spiriti malvagi, mentre l'argento per uccidere (o quanto meno indebolire) tutti i demoni, perché ritenuto un materiale purificante, diciamo. Per questo Akemi non riesce a sopportare neanche di toccarlo. (Comincio a svelare qualcosa, non siete un sacco happy? :P)
Adesso la parte più importante di tutte: i ringraziamenti!
Un grazie speciale a Yellow Canadair, Okami D Anima, Aliaaara, Monkey_D_Alyce, Redangel19, Lucyvanplet93 e Law_Death per le bellissime recensioni! Siete dei tesori! ♥
Un grazie anche a AceDPortogas, Aliaaara, Azzu___, Balalaika_, Breith, evy88, girosolomina, Ikki, LallaOrlando, leonedifuoco, Lucyvanplet93, Lunaix, Portuguese D Ice, Puffetta96, Redangel19, rosy03, SmyleCathy, The Green Eyed Girl, TheLadyVampire97, Trafalgar Revy, valepassion95, Vidalita, Vivi y, Yellow Canadair, Zefiria BlackIce, _K a r i n, _Bianconiglio_, _cucciolotta_ e _Lawliet  per aver messo la storia tra le seguite; a Hinata Uchiha Arclight, Law_Death e Portuguese D Ice per averla messa tra le ricordate; a Aceko_san, ankoku, Asiietta, Carmen988, Dark_witch3, D_ann, erica0501, evelinstar31, FemPhoe, giada1999, Incantatrice_Violeta, Jollyna, Law_Death, Monkey_D_Alyce, Okami D Anima, Portuguese D Ice, Scarlet_D_Rose, SmyleCathy, Trafalgar Revy, Yellow Canadair e ___Ace per averla messa tra le preferite.
Grazie anche a tutti coloro che leggono i capitoli e non mi mandano al diavolo per le stranezze che riesco a tirar fuori di volta in volta ;)
Beh, per questa volta posso anche andare. Il prossimo capitolo è già in parte pronto, quindi ci metterò poco ad aggiornare.
A presto, un bacione
Kiki ♥

PS: questi sono i nuovi tatuaggi (e penso anche gli ultimi): http://it.tinypic.com/r/2ep583l/8
PPS: cambio di età per Marco: invece che 26 anni ne ha 31. Sono poco credibili anche 31, lo so, ma sempre meglio di 26! Facciamolo un po' più maturo! Anche se lo sto facendo passare per un bambinetto >.< Ma, fidatevi, un uomo di 45 anni può essere più infantile di un ragazzo di 18... e parlo per “esperienza”. Che sia per questo che mi viene così naturale di scrivere di Marco in questo modo? O.o
  
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