II
Gli anni erano passati in fretta.
Dopo i due vissuti nell’istituto istituito dal Ministero, Severus era stato
portato a casa – la sua casa – e gli erano state riconsegnate le chiavi del suo
deposito alla Gringott, dove lo attendevano un po’ di risparmi – ma su cui non
poteva contare per vivere tutta la vita. L’uomo, quindi, si era rimboccato le
maniche e aveva cercato lavoro.
Per un ex criminale del suo calibro non c’erano molti posti disponibili. Se
l’era aspettato, ma fu lo stesso un duro colpo: non si ricordava affatto di
aver commesso le atrocità che sentiva in giro; in poche parole, non poteva
credere di essere stato davvero lui.
Dopo mattine e pomeriggi passati a cercar lavoro, infruttuosamente per il
primo periodo, era solito ritirarsi la sera e studiare pozioni.
La materia lo affascinava, anche se il suo studio era limitato alla teoria,
perché non poteva permettersi di comprare i dispendiosi ingredienti finché non
avrebbe avuto la certezza di un lavoro. Aveva ritrovato parecchi libri di
testo, indubbiamente suoi di quando andava a scuola, che erano certamente più
approfonditi rispetto a quanto aveva imparato nei due anni precedenti.
Ogni tanto la bambina-ragazza si faceva rivedere, e tutte le volte Severus
annotava a margine le sue indicazioni e si riscopriva a sorridere. Cercava
sempre di focalizzare l’attenzione su di lei, ma lei gli sfuggiva in continuazione.
Era sempre e solo un’Ombra, senza dettagli particolari, su cui spiccava solo la
forma delle labbra e un color rosso scuro sulla punta dei capelli. A volte dimostrava
a malapena dieci anni, a volte aveva l’aria di una donna. Lui poteva intuirlo
dalla sua altezza e dalla silhouette.
Non sapeva chi fosse. I primi giorni, quando si era dedicato a pulire la
casa – era diventata parecchio sporca e, inoltre, alcuni mobili gli mettevano
addosso un’inquietudine strana, anche se ovviamente non poteva sbarazzarsene
senza avere soldi con cui sostituirli – aveva cercato fra le sue cose un
indizio, un qualsiasi cosa potesse portarlo a scoprire l’identità dell’Ombra.
Non aveva trovato nulla, nemmeno una fotografia.
In effetti, sembrava non esserci alcuna fotografia in quella casa, ad
eccezione di un ritratto nella stanza adibita a studio, che raffigurava una
donna che altri non poteva essere che sua madre, data la somiglianza, e due
cornici in salotto, una contenente una foto scattata al matrimonio dei suoi –
Severus l’aveva rinchiusa in un cassetto, perché vedere il viso di suo padre
gli provocava strani brividi – e una dove c’era lui, probabilmente a dieci
anni, vestito con vestiti improponibili che sorrideva in modo triste.
Da questo capì di non aver avuto una bella infanzia, ma non sapeva
esattamente come dovesse rapportarsi a questa informazione. Insomma, lui non si
sentiva triste. Era stato confuso e spaesato, poi aveva iniziato a trovare
stimoli nell’apprendere, e ora tutt’al più era preoccupato perché non riusciva
a trovare lavoro, ma nel complesso stava… Bene. Sorrideva solo all’Ombra, e non
se ne accorgeva neppure, ma stava bene davvero.
Dopo quasi un mese di insuccessi dal punto di vista lavorativo, aveva
convertito alcuni suoi risparmi in denaro Babbano e aveva preso l’abitudine di
fare la spesa settimanale la domenica mattina, al piccolo supermercato della
cittadina. Trovava che fosse meno deprimente andare lì, piuttosto che recarsi a
Diagon Alley per osservare con desiderio
la vetrina della farmacia e dei negozi che vendevano ingredienti di pozioni,
sapendo che non poteva permetterseli. In concomitanza con quest’abitudine,
quindi, scoprì un piccolo parco giochi non molto lontano dal fiume che scorreva
proprio dietro casa sua. La prima volta che ci andò avvertì subito un senso di
sbagliato, come se nel tempo il luogo fosse cambiato, e uno strano nodo allo
stomaco. Era doloroso, ma anche dolce.
Aveva il sapore della malinconia e Severus si sedette su una panchina,
mentre l’Ombra riprendeva forma e andava a dondolarsi sull’altalena o a giocare
sullo scivolo. Era molto presto, e non c’erano bambini in giro, quindi poteva
rimanere per qualche tempo così, immobile.
Era strano anche solo pensarlo, ma… Si sentiva in attesa. Come se l’Ombra
dovesse diventare una persona reale, in carne ed ossa, e lui potesse vederla
finalmente in viso.
Ovviamente non accadde nulla di tutto ciò, ma Severus prese anche quella
piccola abitudine: o prima o dopo aver fatto la spesa – a seconda di quanta
gente ci fosse nel parco; non voleva passare per un vecchio pervertito che
spiava bambini – si sedeva per qualche minuto sulla panchina, osservando la sua
Ombra giocare e assaporando appieno il nodo allo stomaco che quella visione gli
provocava.
La sua routine fu spezzata dopo circa tre mesi, quando finalmente trovò
lavoro, appena prima che iniziasse a preoccuparsi sul serio per lo scarso
livello delle sue finanze. Lo aveva assunto un uomo forte e barbuto che gestiva
un piccolo negozio di oggettistica in Diagon Alley, e Severus si ritrovò ad
essere praticamente un tuttofare.
L’uomo lo faceva lavorare principalmente in magazzino, sul retro, dato che
aveva paura che il suo viso spaventasse i clienti, ma con il passare degli anni
la gente aveva iniziato a dimenticare le brutture della guerra e a capire che
Severus Piton era una nuova persona. Ovviamente sapevano tutti del Bacio del
Dissennatore, e parecchi dei suoi ex alunni furono stupiti nel ritrovarlo privo
del suo solito ghigno sarcastico. A volte accennava persino un sorriso cortese,
soprattutto se doveva accogliere i clienti e mostrare loro i prodotti, e in men
che non si dica la gente iniziò ad arrivare a fiumi. A quanto pareva erano
tutti curiosi di vedere l’ex professore più odiato di tutta la scuola – ad
eccezione forse di una tale Umbridge, come spesso gli veniva detto – porsi in
modo così gentile e cordiale.
La novità passò però ben presto e, dopo qualche mese di boom, il negozietto
tornò ad avere la solita clientela.
Il proprietario, il signor Broodey, non si pentì della sua scelta. Severus
Piton aveva portato clienti ed era stato in grado di renderlo più conosciuto,
quindi lo prese sotto la sua ala. Gli insegnò alcuni trucchi del mestiere –
come incantare i giocattoli magici – e, una volta saputo il suo interesse per
le pozioni, ogni tanto gli regalava qualche ingrediente raro che era riuscito a
trovare nei suoi viaggi, d’affari o meno. Severus, infatti, non aveva smesso di
studiare pozioni la sera, una volta staccato dal lavoro, e anzi, ora che aveva
uno stipendio fisso, acquistava regolarmente ciò che gli serviva per
esercitarsi e migliorarsi giorno dopo giorno.
L’unica volta in cui il signor Broodey non gli regalò qualcosa di relativo
alle pozioni fu solo anni dopo, quando Severus consegnò le dimissioni. In
quell’occasione, chiese all’uomo di scegliere un oggetto del negozio e di
prenderselo, per tutti gli anni di eccellente servizio che gli aveva reso.
Dopo qualche istante di esitazione, Severus si diresse verso una piccola
statuina intagliata nel legno, raffigurante una cerva. L’aveva notata già più
volte nel corso degli anni, dato che era in negozio da parecchio, ma non aveva
mai avuto il coraggio di comprarla, forse perché gli sembrava stupido, visto
che in genere non era solito sperperare il denaro per inutili soprammobili, e
non aveva nessun amico a cui regalare una cosa così. Il signor Broodey,
comunque, non sembrò aver nulla da ridire, e gli incartò con cura la cerva,
raccomandandogli di fare attenzione perché gli urti avrebbero potuto avere
conseguenze sull’incantesimo che l’animava – difatti la cerva era stata
stregata perché piegasse il capo e sbattesse gli occhi, di tanto in tanto.
Severus uscì soddisfatto dal suo ex luogo di lavoro e quella cerva fu
l’unica cosa non relativa alle pozioni che rimase esposta nel suo negozio per
un bel po’ di tempo. Infatti, Severus aveva dato le dimissioni perché per anni
aveva risparmiato e aveva studiato con l’intento di aprire un suo laboratorio
di pozioni. Da poco era riuscito a trovare un locale in affitto, sempre a
Diagon Alley, e aveva dato il via ai lavori.
Prima di aprire assunse una commessa/contabile, una madre di famiglia con
tre figli ad Hogwarts, che si occupò anche di far pubblicità al posto. Gli
affari andarono sempre piuttosto bene, una volta che la sua fama si fu diffusa,
e la sua giornata tipo si svolgeva con Severus nel piccolo laboratorio, sul
retro, a preparare pozioni, e Sandy, la commessa, che accoglieva i clienti nel
negozio e si occupava di tutto in quel senso, prendendo le ordinazioni e
vendendo le pozioni già pronte.
Con il passare degli anni si instaurò fra loro un rapporto di stima e anche
affetto, sebbene Severus fosse ridiventato il tipo un po’ scontroso che sempre
era stato quando insegnava, senza tuttavia essere maleducato. Sandy non seppe
mai molto di lui, ma conosceva il suo indirizzo – per contattarlo nel caso in
cui succedesse qualcosa – e aveva indovinato la sua passione per le cerve dal
soprammobile esposto in negozio, così ad ogni Natale gli regalava una statuina
o qualcosa che le ricordasse – un anno aveva preso un cervo maschio, una
statuetta rivestita in vero pelo, ma Severus aveva borbottato un po’ e
quell’oggetto non si era mai più visto, così lei aveva imparato – e che l’uomo
esponeva poi accanto alla prima.
Così erano andati avanti per anni, lei ad occuparsi del clienti e della
contabilità, e lui a lavorare in silenzio sul retro, finché dalla porta non era
entrata Lily Luna Potter.