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Autore: Lylawantsacracker    08/04/2014    0 recensioni
Harry Potter è un bambino felice. Adora i suoi genitori, i suoi amici, ed il mondo magico in cui vive. E, soprattutto, non vede l'ora di frequentare Hogwarts. Tuttavia, ha la strana sensazione di non far completamente parte di quel mondo.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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La mattina del 31 luglio tutta la casa era in festa. Era piena di addobbi e festoni per il compleanno del Potter più giovane, i regali già perfettamente impacchettati e pronti sul tavolo della sala da pranzo; Lily e James erano rimasti svegli fino a tarda notte proprio per organizzare tutto.

Harry non aveva dormito molto. Si era svegliato verso le quattro del mattino e non aveva più ripreso sonno; avrebbe compiuto undici anni, e ciò significava che avrebbe finalmente raggiunto l’età per andare ad Hogwarts. Aveva passato il tempo a fantasticare sulla sua vita a scuola, ad immaginare il suo pazzo e geniale preside, Albus Silente, e ad avere già l’acquolina in bocca per il banchetto di inizio anno.

In quel momento, decise di scendere per bere un bicchiere d’acqua; l’ansia e l’eccitazione per la festa gli avevano fatto venire una gran sete.

Si alzò dal letto e si fece spazio tra i mucchi di vestiti sporchi per terra (era stato sempre piuttosto disordinato; era una delle poche cose che facevano davvero infuriare sua madre), quindi si avviò verso il piano di sotto.

Mentre percorreva il corridoio che lo separava dalle scale, udì delle voci nella stanza alla sua destra (poco più avanti della sua), quella dei suoi genitori. Curioso, decise di origliare, sapendo che se l’avessero sorpreso gli avrebbero fatto una gran predica.

-… no James, è troppo presto. Non è ancora pronto.- stava dicendo la madre.

-Troppo presto, Lily?- replicò James.  -Gli abbiamo mentito per undici anni, e ora subirà un enorme delusione perché lo abbiamo protetto per troppo tempo. Piuttosto, sei tu a non essere pronta. Come non lo sono io. Ma glielo dobbiamo, Lily. Lo dobbiamo a lui, e a John e Mary. Deve conoscere la sua vera identità.

Harry, piuttosto confuso e spaventato, premette ulteriormente il suo orecchio contro la serratura, per non perdersi neanche una parola di quel dicorso.

Lily sospirò, angosciata. -Lo so, hai ragione. Se i suoi genitori avessero saputo che abbiamo aspettato fino a questo momento per dirgli la verità, dopo anni e anni in cui lo abbiamo illuso di essere un mago come noi… di avergli fatto credere che ad undici anni sarebbe finalmente andato ad Hogwarts insieme ai suoi amici… Non ce la faccio James.. Non riesco a trovare il coraggio… ho paura di perderlo. 

-Lo so Lily, lo so. Ma come ho già detto, dobbiamo farlo. Abbiamo sempre saputo che questo momento sarebbe arrivato, prima o poi. Comunque, torniamo a letto e parliamone domani sera, dopo la festa. Glielo diremo giovedì.

Harry rimase immobile davanti alla porta per almeno dieci minuti. Era pieno di orrore e confusione.

Come in trance, tornò in camera sua. Andò avanti e indietro per un’ora. Stava tremando.

Era disperato, confuso, deluso: come potevano avergli nascosto tutto questo per undici anni? Si sentiva ferito. Non sarebbe mai stato un Grifondoro; non avrebbe mai frequentato le lezioni di magia con Ron… E non sarebbe mai diventato un famoso Cercatore, cosa che aveva sognato da quando aveva quattro anni.

Era certo solo di una cosa: quel giorno non avrebbe potuto festeggiare il suo compleanno, e comportarsi come se non avesse sentito nulla. Probabilmente non sarebbe nemmeno riuscito a guardare in faccia i suoi genitori.

Ormai erano le sei, e stava sorgendo il sole. Un raggio illuminò un volume nella sua libreria; era il suo album di ricordi. Inferocito, lo prese e iniziò a strapparlo, buttando ciò che ne restava per terra. Voleva urlare, piangere, distruggere tutto. Ma non lo fece. Era come intorpidito.

Improvvisamente, ebbe una folle idea: fuggire. Senza fermarsi a riflettere, si precipitò a prendere uno zaino dall’armadio, e vi buttò disordinatamente alcuni suoi vestiti.

Andò in cucina, lentamente, attento a non svegliare nessuno, e prese biscotti, patatine e una bottiglia d’acqua dalla dispensa.

Stava per uscire di casa, quando si ricordò che avrebbe avuto bisogno di soldi. 

Tornò subito in camera sua, e iniziò a rovistare nel cassetto del comodino.

Trovò un paio di falci d’argento e un mucchietto di zellini di bronzo; non gli sarebbero mai bastati. Allora decise di prendere un po’ dei soldi di quelli che aveva sempre chiamato genitori. Purtroppo però, li tenevano nella loro stanza.

  
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