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Autore: Donixmadness    08/04/2014    2 recensioni
La vita ci mette, alle volta, dinnanzi a scelte tanto difficili quanto importanti.
Non è ammesso lasciare il foglio in bianco e questo ci mette in sotto pressione, perchè è ovvio che si voglia beccare la risposta giusta.
Quattro adolescenti di IE Go dovranno superare la prova in assoluto più difficile: vivere al meglio.
"Quando varcai per la prima volta la soglia del Sun Garden, mi imposi di non fidarmi mai di nessuno, per quanto gentile si mostrasse. E invece ora?
Sono stato adottato da due tizi che –ne sono certo– non hanno tutte le rotelle apposto, frequento la Raimon e ho perfino dei compagni di squadra, dei quali mi fido.
O almeno credo. Tenma dice che siamo “amici”.
Sì, forse. Ma credo che sarà il tempo a stabilire se sia davvero così. Alla fine io il vizio non l’ho perso, ma come si dice … sto smettendo, no?"
Coppie: Shin x Nuovo; Ran x Masa, (Mina x Kura accenni).
Buona lettura!
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Kariya Masaki, Kirino Ranmaru, Shindou Takuto, Sorpresa, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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*Capitolo 9*
 






-Non voglio! Io e quell’uomo non abbiamo più nulla a che fare!

-Cerca di ragionare, non dipende da me … è un suo diritto vederti.

-Però … Ma ti rendi conto di che cosa ha fatto?!! È imperdonabile! Pensa di riacquistare il mio affetto come nulla fosse?!!

-Lo so Takuto, ma non possiamo farci niente è la legge!!

-Da quando sei diventata tanto accondiscendente?


-BASTA COSI’ TAKUTO!! La situazione è già abbastanza difficile!


 

La discussione di qualche minuto fa rimbomba nella testa come una litania continua, una cassetta che riproduce sempre lo stesso suono. Quando ha saputo le condizioni riguardo l’affidamento, Shindou è sprofondato nell’oblio: la terra è tremata una seconda volta sotto di lui.
Che cosa è che vuole? Che si vedano una volta a settimana? Il venerdì sera a cena? Con lui? Ah … non ha capito proprio un bel niente! Vuole tagliare i ponti definitivamente, punto e basta. Senza contare che dovrebbe farsi vivo lui, non il contrario!!
Poi cosa ha detto riguardo alle lezioni di pianoforte?? Come se non fosse capace di studiare per conto suo, magari a scuola nell’aula di musica. Oppure sempre a casa, con un nuovo piano – se non può comprarne uno si arrangerà, perché non vuole prendersi lo strumento che sta nella sua vecchia dimora –  e far venire lì il suo insegnate. Perché da lui?
Troppe domande. Troppe congetture … Vuole tagliarci corto! E ci si mette pure sua madre con la legge o roba simile. Eppure Shindou non è stupido: è perfettamente a conoscenza delle procedure che si effettuano in certi casi e sa bene che Yasuko ha ragione, ma … non può sopportarlo! Proprio non ce la fa a mandare giù un boccone così amaro. Del resto come si dovrebbe comportare?? Non lo vuole vedere neanche in fotografia suo padre! Si sente così frustrato e … deluso.
Sospira seccato passandosi nervosamente le mani tra i capelli. È seduto, come la prima volta che Kirino venne da lui, sulle scale dell’appartamento. Annichilito e con una spalla appoggiata alla parete accanto, quello sembra essere diventato il posto ideale per commiserarsi. China mestamente il capo con gli occhi che gli bruciano da morire, però, per qualche insensato motivo, si trattiene ancora  dal piangere.
Da quando è cominciata questa storia, non si è mai sfogato, nemmeno con Ranmaru: probabilmente perché credeva che sarebbe risultato una palla al piede con i suoi continui piagnistei. Ha preso, quindi, il capriccio di farsi carico del suo stesso fardello, senza gravarlo sugli altri. Ma non può andate avanti così …
Non appena la vista comincia ad annebbiarsi, cala la testa sulle ginocchia trattenendo quanto più possibile i singulti. Conficca le unghie nella manica della maglia: si vergogna di essere così dannatamente debole.
“Accidenti!!” impreca mentalmente e sprofonda ancora di più il capo tra le braccia incrociate.
Che umiliazione! È così che si sente ... umiliato.
Il giovane si stringe nelle spalle e i ricordi gli affollano la mente, inesorabili, dolorosi, nostalgici … Non potrà mai dimenticare il sorriso di suo padre quando toccò per la prima volta il tasto di un pianoforte, oppure quando disputò la sua prima partita di calcio. Lui era lì, sugli spalti, a fare il tifo per suo figlio.
“Possibile che non abbia mai capito cosa provasse veramente?” si domanda ancora più confuso: tra due facce della stessa medaglia, non ha proprio idea di quale sia quella reale. Forse entrambe, chissà.
Nel tempo però, non si è accorto che, ai piedi della rampa, qualcuno lo sta osservando e stavolta non si tratta di Kirino. Ma Takuto è talmente sconvolto ed amareggiato, che non sente nemmeno il rumore di passi, i quali si avvicinano.
-Cerchi un po’ di fresco oppure non hai le chiavi?- una voce nota giunge alle sue orecchie. Alza improvvisamente il capo di scatto, incrociando il suo sguardo azzurro.
-Fu-Furude-san … - mormora stupefatto, ma subito si passa energicamente la manica sul volto per celare le sue debolezze. La ragazza si siede accanto a lui.
-Che ci fai qui? – domanda il castano con un tono di voce basso, cercando di concentrare la sua attenzione sul granito delle scale.
-Beh, io ci abito. – risponde con ovvietà e leggerezza, tentando di smorzare la pesantezza. Shindou annuisce meccanicamente, tuttavia non aggiunge altro.
Trascorrono minuti di silenzio, in cui nessuno spiccica una parola: forse sarebbe troppo banale, inopportuno. Restano lì immobili, mentre fissano il vuoto.
-Scusami. – spezza quell’innaturale mutismo, Rin –Non sono di certo affari miei, ma … Si sono separati, vero? Intendo i tuoi genitori. – la giovane ha preferito non girarci troppo intorno, essendo, come prevede la sua indole, abbastanza diretta.
Takuto all’inizio la guarda sorpreso, dopo di ché abbassa il capo pronunciando un flebile: -Sì …
-Lo immaginavo. – si limita ad dire la corvina. Shindou non fa domande su come l’abbia scoperto, senza contare che è ormai sulla bocca di tutti. Ma non gli importa affatto, piuttosto affonda parte del viso nell’incavo creato dalle braccia e riprende a guardare lo stesso punto di prima. Neanche la ragazza accanto a lui aggiunge altro: ritorna nuovamente quel silenzio malinconico.
-Furude-san …? – stavolta è la voce di Shindou a echeggiare per le scale. Anche trattandosi di un mero sussurro, risulta amplificato a causa dell’eco. Rin posa semplicemente lo sguardo su di lui e il capitano continua:
-Perché vivi da sola?
La compagna abbozza un mezzo sorriso. È fin troppo evidente.
-Perché non sono in buoni rapporti con i miei genitori e né io sono sempre stata una ragazzina tanto ubbidiente. Per cui, quando ho detto “Voglio andarmene di casa” mi hanno comprato un appartamento in città, lontano da loro.
Takuto sgrana gli occhi nell’udire tali parole: come possono un padre e una madre trattare così la propria figlia?
-Ovviamente non è questa la mia vera casa. – aggiunge, riferendosi all’attuale appartamento – Sono in affitto qui, per via del trasferimento alla Raimon.
-Ah … mi dispiace. Non volevo essere indiscreto. – si rammarica Shindou, dal profondo del cuore. Furude, invece, fa spallucce asserendo che non è nulla.
-Mio padre … ha tradito mia madre. – confida, a un certo punto, il castano, probabilmente più a suo agio in quel clima diventato, in qualche modo, più intimo.
Da parte sua, Rin non è affatto scossa dalla notizia, piuttosto riconferma i suoi presentimenti. Non ha saputo della separazione dai giornali, dalle riviste di gossip o dai pettegolezzi a scuola. Semplicemente l’ha appreso la prima volta che ha incontrato Shindou insieme a sua madre: escludendo a priori che sapesse già chi era il capitano, il bagliore ametista negli occhi di Minazaki-san era fin troppo palese.
La ragazzina dai capelli corti e neri sospira, poggiando una guancia su un palmo:
-Eh, lo so. È dura quando un padre getta la maschera. Potrebbe stare a braccetto con il mio, credimi.
-Perché è così difficile?- domanda l’altro, trattenendo a stento un tremito.
-Non so. In realtà, i miei non si sono mai sposati. Appartengono a due mondi completamente diversi e, oltretutto, non si amano affatto. Io sono soltanto il frutto di uno “sfortunato incidente” avvenuto tra una famosa védette e un imprenditore di successo. Né più, né meno.
A quel punto Shindou rivolge i suoi opali scuri a Furude, la quale si guarda la punta delle scarpe. Vorrebbe dire qualcosa, ma non gli esce alcun suono. Sa soltanto che le lacrime minacciano di solcargli il viso.
-Però … - riprende Rin, dopo interminabili minuti di silenzio– Non devi pensare che sarai solo. Hai tantissimi amici che ti vogliono bene e pure tua madre. Anche se … il dolore di perdere qualcuno rimane, non puoi farci niente. So quanto sia difficile accettare che un genitore, all’improvviso, cambi atteggiamento diventando quasi uno sconosciuto. Queste sono, purtroppo, le situazioni che non possiamo cambiare: non si può cambiare una persona se questa non è disposta a farlo.
Le sue parole risuonano pacate e sagge, tanto che Takuto non può fare a meno di darle ragione: di certo, però, non immaginava la disastrosa situazione famigliare dell’amica.
-Ehi … Shindou? – soffia la giovane dopo un po’. Il ragazzo solleva il capo per ascoltarla: -Ti sei mai sfogato prima?
Quella domanda lo colpisce come un secchio di acqua gelata; serra le labbra pronunciando appena un : -No … nemmeno con Kirino. – aggiunge poi, anticipando la risposta alla –sicuramente– domanda successiva.  
-Capisco … Non credi sia il momento?
Takuto sgrana appena gli occhi, mentre piccole stille salate cominciano ad affiorare dalle palpebre inferiori. Ed eccola: la prima lacrima adamantina scivolare lungo il profilo del viso. Poi un’altra e un’altra ancora … Finché i singulti e i tremiti non si trasformano in un pianto liberatorio.
Il castano sta per affondare nuovamente il viso sulle le ginocchia, ma una mano di Rin gli porta il capo contro il suo. Il ragazzo rimane un po’ sorpreso da quel gesto, tuttavia non si oppone, continuando sommessamente ad abbandonarsi al dolore.
La ragazzina rimane immobile accanto al suo amico, le dita intrecciate tra le ciocche ondulate. Le iridi azzurre perse nel vuoto. Solo singhiozzi mal trattenuti risuonano.
Lo sfogo di Shindou non è straziante, ma tacito e composto: non per un senso di vergogna, ma più che altro per quei rivoli salati così brucianti da togliergli il fiato.
Le spalle sussultano leggermente scosse da piccoli tremiti.
 
 
Saranno passati minuti –ore forse …? – da quando le lacrime hanno cessato di cadere.
Adesso non sono più vicini come prima, ma entrambi ancora seduti l’uno di fianco all’altro. Il capitano si passa un’ultima volta la manica sugli occhi arrossati:
-Grazie davvero … - pronuncia, stavolta, con un tono più alto della voce.
-Figurati. – gli sorride dolcemente la giovane, per poi alzarsi e spazzolarsi i pantaloni della tuta.
-Su!- incita allungando la mano. Takuto dapprima sbatte le palpebre sorpreso, poi l’afferra e si rialza. La mano di Rin emana un tepore rassicurante, ma più che altro è rimasto incantato dalla sua immagine riflessa negli occhi cristallini dell’amica. Con la luce del tramonto divengono chiari, quasi trasparenti come un sottile velo, mentre il contorno dell’iride è di un nero intenso che va ad incorniciare il cielo più terso.
Il colore dei suoi occhi è indefinibile: cambia a seconda della luce e questo lo colpisce molto. Tanto che non si è nemmeno accorto di averle lasciato la mano e di come le sopracciglia di Furude siano contratte. Uno schiocco di dita lo fa riprendere all’improvviso:
-Ehi ti sei incantato? – domanda divertita e anche un po’ stranita.
-No, no …
-E quindi? Sì o no? – incalza l’altra.
-Eh?
-Uff … Lo vedi che ti eri incantato? Ti ho chiesto se vuoi una tazza di tè.
-Ah … Certo, se non ti dispiace … - riprende il filo del discorso barcollando un po’. La numero ventuno della Raimon arriccia un po’ il naso, ma poi si volta verso la porta di casa. Così per la seconda volta, Takuto entra in casa sua.
Rin lo fa accomodare nel piccolo salottino, in cui c’è una tv a schermo piatto e un tavolo con delle sedie a sinistra della stanza. In seguito, la corvina esce fuori dalla cucina con due tazze fumanti.
Si risiede nuovamente accanto a lui sorseggiando il tè e mangiando qualche biscotto. Viene a crearsi una strana pace in cui, finalmente, Shindou può sgombrare la mente da ogni cattivo pensiero. Sarà che il tè caldo è rilassante, ma forse è merito della compagnia di quella ragazza se ora può vedere la situazione da un’altra prospettiva.
-Va meglio? – chiede, appunto, quest’ultima bevendo un sorso di tè.
-Sì. Grazie. – afferma tranquillo.
“E’ così gentile …” si ritrova a pensare, ammaliato.
-Ma promettimi che non te ne uscirai con cavolate del tipo: “mi vergogno di aver pianto davanti ad una ragazza”! Perché non le sopporto!!- minaccia in seguito, tagliente. Shindou si limita ad un cenno del capo, segno che ha afferrato il concetto.
“ Appunto … è gentile …” ripensa il ragazzo, ridacchiando tra sé e sé.
Passano i minuti successivi parlando del più e del meno: l’aria non è più pensante come prima e chiacchierano come se nulla fosse accaduto.
Consumate bevande e biscotti, Rin si alza per riporre le tazze in cucina, ma un richiamo di Takuto la fa voltare.
-E quella? – indica con il capo una foto appoggiata su un mobile – E’ la tua squadra?– chiede incuriosito, il capitano.
Furude fissa le figure di sedici ragazzini con le espressioni più buffe dipinte sui volti: -Già . –asserisce poco dopo. Prende la cornice in mano e osserva con sguardo perso la foto. Le labbra si piegano all’insù :
-Sì, questa è la Sakurazaki Junior High, Shindou … - riconferma mostrandogli la foto- La mia famiglia …












Rieccomi con il capitolo, diciamo, "cult" della prima parte della storia.
Sì cari lettori, siamo ancora all'inizio di questa schifezza!! XD

Però un commentino non mi dispiacerebbe!! Vi preeeeeeegooooooo :'(
  
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