Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: lunadelpassato    09/04/2014    2 recensioni
"Le urla disperate provenivano da sotto di loro, così abbassarono la testa nello stesso momento verso la dura terra che si estendeva oltre il cancello. Davanti, un piccolo fagotto informe si muoveva energicamente, mentre urlava a più non posso.
Elsa era paralizzata dal terrore. Anna, invece, si chinò lentamente a terra, inginocchiata proprio accanto al fagotto, e scostò un lembo di quello che sembrava un vecchio straccio scuro.
Intanto il cielo brillava più che mai."
"- Oggi fa più freddo dell’ultima volta delle luci- notò sussurrando tristemente al cielo.
- È quello che penso anch’io- le rispose una voce ignota.
Aprì gli occhi di scatto e si girò indietro, sorpresa. Dietro di lei, solo la stanza ghiacciata illuminata dalle luci mistiche.
-Anna?- chiese tremante frugando con lo sguardo ogni angolo della stanza in penombra.
-Mi senti?- riprese la voce meravigliata.
Elsa fece qualche passo indietro e si rigirò di scatto verso la finestra, le mani pronte a sferrare un’ attacco.
- E mi vedi?- sussurrò il ragazzo."
Jelsa con un bambino abbandonato e il suo fratellastro. presenza di Kristanna e accenni di altre opere.
Nata da una frase di Let it Go: I'm one with the wind and sky
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Elsa, Kristoff, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Al bambino fu messo il nome di Damio, e dopo una vivace chiacchierata tra sorelle fu deciso che  la persona che lo avrebbe cresciuto sarebbe stata  Elsa, che promise di allevarlo come se fosse il suo primogenito di sangue. I suoi capelli erano biondi come il grano, gli occhi celesti come il cielo del sud nell’ora più calda.
Era un bambino molto sveglio, e imparò a camminare che aveva solo pochi mesi, ma ci vollero tre anni prima che spiccasse la sua prima parola, che non fu mamma: fu acqua.
Aveva un carattere molto introverso e simile a quello della madre adottiva per molti versi, ma così distante per altri, e godeva di un certo rispetto da parte di tutti, persino degli adulti.
Il giorno dopo la decisione di tenere il piccolo come un principe le due sorelle decisero di non svelare i poteri della regina al bambino fino a che non fosse stato necessario; tutto questo per evitare che il piccolo si sentisse in pericolo o a disagio al castello.
Da quel giorno erano ormai passati due anni abbondanti, e Damio dormiva tranquillo nella sua stanzetta personale con il sorriso nelle piccole labbra.
Elsa, invece, era tutt’altro che tranquilla.
Affacciata alla finestra, guardava verso l'alto senza poter dormire con un'aria molto preoccupata.
 Per la prima volta dalla notte in cui trovò Damio, il cielo si era svegliato.
Elsa sospirò forte, tradendo l’ansia che la divorava. La luce del cielo si riversava nella stanza, creando giochi di ombre tra le stalagmiti appuntite che ricoprivano il soffitto.
Tutt’ intorno, piccoli fiocchi di neve volteggiavano dentro la stanza dalle pareti ricoperte di ghiaccio. Era uno spettacolo magnifico da vedere, contornato dalla volubile luce verde. Se solo Elsa si fosse girata…
Invece restava lì, i gomiti appoggiato al davanzale e il naso all’insù, immobile mentre spiava le luci in movimento. Tre timidi colpi rimbombarono tra le pareti. Elsa sussultò, ma rimase a fissare il cielo.
-Avanti.- disse tremante.
Sentì la porta aprirsi e passi leggeri venire verso di lei. Conosceva perfettamente il proprietario di quei passi, ma questo stranamente non la fece sentire meglio come faceva al solito.
Non ci fu bisogno di parole; Anna la abbracciò, e insieme guardarono il cielo muoversi, pieno di luce.
-Che cosa potrebbe succedere ora?
La voce di Elsa era tremante, e la regina sembrava sull’orlo del pianto. Non l'avrebbe mai ammesso davanti alla sorella, ma aveva paura.
Anna non rispose. Lentamente sciolse l’abbraccio e si voltò.
- È meglio che vada in camera, da Kristoff. La notte è ancora lunga e io so di non poterti aiutare. È giunto il momento in cui devi essere coraggiosa anche da sola. Mi sembra soltanto la solita luce che si intravede ogni tanto sopra il nostro cielo, tutto qui.
Dopo queste parole si incamminò lenta verso la porta e senza girarsi nemmeno un’ attimo, oltrepassò l’ entrata. Elsa chiuse gli occhi. Doveva imparare ad avere fiducia in sé stessa. Anna l'aveva aiutata tantissimo nel periodo che successe il suo ritorno ad Arendelle, e sapeva bene che doveva arrivare il momento in cui bisognava fare la scelta giusta, e quel momento doveva superarlo da sola. Se sentiva che c'era qualcosa che non andava doveva semplicemente affrontarla; era questa la lezione che le aveva dato la sorella minore.
Abbassò la testa. Il collo protestò, dopo tanto tempo passato a fissare il cielo.
La leggera brezza che volava cambiò improvvisamente intensità, portando con sé il freddo pungente dell’inverno. La treccia della regina tremò assecondando quel nuovo vento.
- Oggi fa più freddo dell’ultima volta delle luci- notò sussurrando tristemente al cielo.
- È quello che penso anch’io- le rispose una voce ignota.
Aprì gli occhi di scatto e si girò indietro, sorpresa. Dietro di lei, solo la stanza ghiacciata illuminata dalle luci mistiche.
-Anna?- chiese tremante frugando con lo sguardo ogni angolo della stanza in penombra.
-Mi senti?- riprese la voce meravigliata.
Elsa fece qualche passo indietro e si rigirò di scatto verso la finestra, le mani pronte a sferrare un’ attacco. Spalancò gli occhi dallo stupore. Davanti a lei, un ragazzo sedeva nel punto in cui aveva poggiato i gomiti fino a un momento prima. Aveva un lungo bastone con sé, e la guardava con occhi colmi di sorpresa. Era scalzo.
- E mi vedi?- sussurrò il ragazzo.
Elsa non mosse un muscolo, tesa fino al midollo. La treccia le ricadeva morbida nella spalla destra. Poteva sentire il ghiaccio che le premeva contro i palmi.
- Chi sei?- chiese fingendosi aggressiva.
Il ragazzo scese dal balcone e ricadde con un lieve tonfo nel pavimento freddo. Aveva i capelli candidi, quasi bianchi. Azzardò qualche passo verso Elsa, e in tutta risposta lei lanciò una scaglia di ghiaccio dalla mano destra. la scaglia si andò a conficcare nel muro dietro il ragazzo, passando a meno di due centimetri dal suo viso.
Ora la sorpresa dello sconosciuto era enorme.
-Io… io mi chiamo Jack.
Elsa rilassò leggermente i muscoli.
-Jack chi? Mi sembra troppo vago per poterti riconoscere.
Il ragazzo non rispose. Batté tranquillo il bastone una volta nel pavimento. Il rumore fu quello di uno schianto secco. Tra disegni incredibili, dal punto in cui il bastone aveva colpito il suo obiettivo, spuntò nel pavimento un sottile strato di ghiaccio. Elsa ne poteva sentire la consistenza sotto i piedi nudi.
-Anche tu hai… la magia?- farfugliò piano.
Jack annuì piano.
Elsa era sbalordita. Era così meravigliata che non ebbe più il controllo sul suo equilibrio. Cadde a terra, lo sguardo fisso su Jack. Lui la guardava confuso, lei lo guardava diffidente.
-Non pensavo esistessi veramente- disse Jack piano. Si muoveva lentamente per evitare di mettere in allarme la ragazza davanti a sé.
Elsa non poté fare a meno di scoppiare a ridere.
-Figurati io- disse infine.
Jack le offrì cavallerescamente la mano, e lei si rialzò. I loro sguardi si incrociarono per un attimo, e in quell’attimo entrambi trattennero il respiro. Avevano la stessa espressione negli occhi chiari.
-Mi dispiace, non volevo spaventarti.
-Non fa nulla, tranquillo. È che… è strano trovare uno come me.
Rimasero in silenzio, studiandosi a vicenda.
Elsa guardava l'abbigliamento di Jack, malridotto ma adatto al personaggio, che emanava una sorta di aura; a sua volta, Jack ammirava lo sguardo della regina, così misterioso e pieno di rimpianti.
Fu Elsa a riscuotersi per prima. Ricordò ad un tratto le buone maniere che le erano state insegnate e, presa una sedia, invitò Jack a sedersi.
-Vieni, non vorrai restare in piedi per tutto il tempo.- gli disse.
Jack accolse la cortesia, e un attimo dopo erano seduti accanto, lui nella sedia offerta, lei nel letto disfatto. Il cielo continuava a brillare, e la luce chiara proiettava sui due ragazzi ombre danzanti.
Parlarono a lungo, e non sto ad elencarvi tutti gli argomenti di cui discussero. Ma parlarono di esperienze tristi e di ricordi più piacevoli, così profondi che il loro umore cambiava a seconda della storia. Piansero e risero insieme per tutta la notte, e quando l’alba inondò la stanza di fresca luce rosata, parlavano ancora.
- A me è successo di ghiacciare per sbaglio un’ intero parco giochi, ma mai una sala da ballo.- stava dicendo Jack.
- E pensa che all’epoca ero solo una bambina.
Jack emise un lungo fischio di ammirazione che ruppe l’aria gelata di quella mattina.
Elsa  ridacchiò composta sotto la mano che aveva pudicamente portato alla bocca.
Ora che c’era abbastanza luce, poteva vedere bene come le donava la lunga camicia da notte celeste, semplice ma elegante, che nascondeva al punto giusto le sue forme.
Sotto gli occhi andavano formandosi due leggere occhiaie e  capelli avevano qualche ciuffo fuori posto, ma anche in quello stato Jack trovava Elsa veramente bella.
Elsa dal canto suo trovava Jack un ragazzo di spessore, un tantino infantile ma con un grande cuore.
Dopo che il riverbero del fischio si spense, Jack si alzò dalla sedia, un po’ indolenzito per la posizione tenuta per tutta la notte, e si avvicinò alla finestra.
-Ora devo andare,- incominciò, -ma spero di rivederti presto. Addio!
E detto questo, si buttò giù. Elsa accorse preoccupata, ma dovette ricredersi quando vide in lontananza, verso ovest, una leggera figura volare, trasportata dal vento.
  
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