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Autore: ChiaraBaroons    09/04/2014    2 recensioni
Maya, fotografa emergente, non ne vuole più sapere del mondo a cui, suo padre, ha sempre cercato di incatenarla: il nuoto. Le piacerebbe viaggiare, vedere il mondo, e invece, per uno scherzo del destino, dopo la laurea si ritrova costretta a convivere con quell'ambiente che poco sopporta, solo per ottenere un lavoro degno di essere chiamato tale.
Ed è qui che spunta fuori Travis, nuova stella del nuoto italiano, bello da far male, ma con un ego talmente grande capace di far concorrenza a quello di Sua Maestà, la Regina Elisabetta II; ed è proprio lui il soggetto che Maya dovrà immortalare per ottenere quel fantomatico lavoro, ma non tutto risulterà semplice quanto sembra. Non sarebbe divertente, almeno per noi lettori.
Due caratteri predominati messi a confronto, due prime donne che, purtroppo oppure per fortuna, non riusciranno a restare nella stessa stanza a causa del loro orgoglio, troppo grande per rendere le cose semplici sin dall'inizio.
Sono solamente esseri umani e, complicarsi la vita nel peggior modo possibile, sembra proprio la loro linea guida.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Maya9




*****



Tornai con lo sguardo davanti a me, sulla tenda che ancora ci proteggeva dalla pioggia che, man mano che il tempo passava, diminuiva sempre più.

Poi cominciai a pensare a cosa avrei potuto dire e Travis, a come avrei potuto usare al meglio le parole.

Sul mio viso comparve un sorrisetto divertito: avevo, finalmente, la possibilità di dire apertamente tutto quello che pensavo di quel ragazzo, senza filtri né divieti.

Ricorda Travis: totale sincerità”, lo intimai, con uno sguardo di sbieco. Poi ricominciai il mio monologo. “Allora… sei pieno di te, in un modo davvero impressionante, ed estremamente arrogante, come se in tutto quello che fai fossi bravo solamente tu”, mi resi conto di parlare a macchinetta, ad una velocità tale che, a stento, si comprendeva ciò che dicevo. Ero partita in quarta e sembrava che nulla avesse il potere di fermarmi. “Sei anche molto lunatico, infatti per la maggior parte del tempo non riesco a capire cosa ti passi per la testa”.

Travis, mentre il mio sproloquio procedeva senza sosta, non si era ancora azzardato ad interrompermi oppure a ribattere, il ché mi sembrò a dir poco singolare, ma per fortuna le sue mani non si erano fermate un secondo dal massaggiare il maniera sublime sia il mio collo che le mie spalle.

Un’altra cosa, Travis… quella volta nella stanza delle scope… lì ti ho odiato davvero”, mormorai con molta meno decisione di poco prima. Sembrava svanito tutto il coraggio che avevo utilizzato per parlare, o meglio criticare, quel ragazzo. Mi sentivo stranamente vulnerabile, privata della mia solita corazza, come ancora non mi era capitato.

Le sue mani esitarono per un momento, prima di ricominciare nella loro danza.

Perché mi avresti odiato davvero, scusa?”, chiese quasi offeso.

Perché mi hai spaventata, idiota!”, mi giustificai, cominciando ad alterarmi. “Non mi sembra di averti fatto un gran torto, visto come ti stavi esibendo con le tue doti da stronzo nei miei confronti. Volevo solamente vendicarmi in qualche modo”, dissi, tormentando la cerniera della mia felpa. “Poi ho visto tua madre, così le ho detto semplicemente che non mi sembravi un soggetto adatto alla macchina fotografica, ma l’ho fatto perché mi sembrava una cosa stupida, insignificante… poi arrivi tu, mi fai prendere un infarto e mi tratti in quel modo”.

La mia voce era poco più che un sussurro.

Quella mia amata corazza di spavalderia e di coraggio era andata in frantumi, lei, sempre presente e pronta a proteggermi, se n’era andata, lasciandomi più indifesa che mai.

Travis si fermò di colpo e lo sentii allontanarsi da me, sospirando.

Attesi un momento, decidendo sul da farsi, poi mi girai verso di lui.

I suoi occhi erano fissi a terra, aveva le ginocchia sollevate, con le braccia poggiate su di esse. I capelli castano chiaro, oramai asciutti, gli ricadevano sulla fronte, spettinati, donandogli un’aria da ragazzino che poteva lasciare incantati.

Non riuscivo a distinguere la sua espressione, ma poi sollevò il capo, allacciando il suo sguardo al mio. Quasi mi mancò il respiro.

I suoi occhi erano pieni di qualcosa di nuovo, forse stanchezza, ma non la solita, quella fisica, Travis pareva provato, stanco di quell’assurda situazione come, d'altronde, lo ero io. Mi fissò per alcuni istanti, poi scosse la testa sorridendo, chissà per quale motivo.

Se ti ho spaventata e trattata male, ti chiedo scusa”, disse, con ancora quello squarcio allegro sul viso.

Come!? Mi stai prendendo in giro, Diva?

L’ho fatto perché… hai sbagliato. Te l’ho detto quel giorno: possiamo insultarci, odiarci quanto vuoi, ma lascia perdere mia madre. Mi crea già abbastanza problemi senza che tu la istighi”.

Va bene, lasciamo perdere…”. Travis mi interruppe con un gesto della mano.

Ora tocca a me”, il suo sorriso divenne quasi un ghigno.

Mi voltai ancora verso la tenda: non avevo nessuna intenzione di guardare quell’odioso ed incomprensibile ragazzo, mentre si dilettava in un monologo dove, sicuramente, non avrebbe fatto altro che insultarmi.

Bene… sei così testarda che, a volte, vorrei chiuderti da qualche parte e lasciarti sbollire da sola, pensi sempre di essere nel giusto, di aver ragione… spesso mi viene da ridere perché ci credi così tanto che riesci a far cambiare idea anche a me”, parlava con voce seria, anche se velata da un pizzico di ironia. “Inoltre, hai una grande stima di te stesse, a volte anche troppa”.

Cosa!?

“Cerchi di far sempre la simpatica e, nonostante a volte tu riesca nel tuo intento, spesso non ti rendi conto di come tu possa superare il limite. Però…”.

Un però!? Mi degni di questo onore, Travis? Stai davvero pensando di farmi un complimento?

Fino a quel momento era stato tutto una critica continua, un’analisi superficiale del mio atteggiamento e dei miei comportamenti, senza magari chiedersi da cosa potessero essere dati, ma poi c’era stato quel barlume di speranza, quel però che mi faceva pensare in qualcosa di buono.

Ti ho osservata mentre fotografi, quando hai la tua macchina fotografica in mano…”, ebbe un attimo di esitazione, poi continuò a parlare. “La passione e l’impegno che metti in quello che fai è davvero ammirevole”.

Raddrizzai il capo, sorpresa dalle sue parole.

Mi ha appena fatto un complimento.

Aveva davvero apprezzato il mio modo di lavorare. Non potevo crederci. Mi voltai verso di lui, incredula e, alla vista della mia espressione, Travis rise ancora.

Si, Maya, ho appena fatto un apprezzamento su un particolare del tuo carattere, ma solo questo… per il resto sei insopportabile”, aggiunse avvicinando per un secondo il suo viso al mio, con aria complice.

Lo guardai con un sopracciglio sollevato. “Come se tu fossi un angioletto”, dissi sarcastica.

Ci fu un attimo, solamente un secondo, in cui i nostri sguardi si incollarono ancora gli uni agli altri, ma quando mi resi conto che la pioggia aveva finalmente terminato la sua crociata contro quella tenda, che cominciava a diventare troppo piccola, il momento passò.

Se ne accorse anche lui. “Possiamo uscire ora, penso”, disse con un accenno di imbarazzo.

Aprii la tenda, sentendo subito l’aria fresca di salsedine sfiorarmi le spalle ancora scoperte. Uscii sperando di apparire il meno goffa possibile.

Avvertii la sabbia ancora bagnata sotto i piedi, ma non ci badai più di tanto: ero troppo impegnata ad ammirare il paesaggio che mi si presentò attorno. Era da mozzare il fiato.

Il mare agitato, con le onde increspate di bianco, sotto un cielo pieno di nuvole grigie, ma con un particolare raggio di luce che risplendeva sull’acqua, come se il Sole avesse appena deciso di riposarsi su quel mare infuriato. Il tutto possedeva una strana aria misteriosa.

Caspita!”. Travis fu al mio fianco.

Mi mossi in fretta, per paura di perdere quel fotogramma spettacolare, e dalla tenda afferrai la mia macchina fotografica. Cominciai a scattare, a congelare quel momento, a renderlo indelebile ed eterno.

Il mondo attorno a me sparì.

Prima mi riferivo a questa passione”, disse lui, con un sussurro all’orecchio.

Il mio corpo si irrigidì all’istante, sorpreso dall’effetto provocatomi dalla sua voce. Sentivo Travis terribilmente vicino, per l’ennesima volta.

Lui posò ancora le sue mani sulle mie spalle, facendomi partire un brivido lungo la schiena.

Non era l’unico complimento che volevo farti, Maya”, disse ancora con tono flebile, accattivante. “Quando prima ti ho detto che mi metti a disagio per il tuo aspetto, mi riferivo al tuo viso, ai tuoi lineamenti… al tuo fisico”.

Cosa!?                                   

Lo stupore invase il mio viso, facendomi perdere l’uso della parola. Non riuscivo a credere che proprio lui, lo stesso ragazzo che mi aveva insultata e quasi minacciata, mi stesse confessando delle cose simili.

Sei di una bellezza disarmante e, probabilmente, neanche te ne rendi conto, ma ti posso assicurare che, il primo giorno che hai varcato la porta della piscina, gli sguardi degli atleti erano tutti rivolti a te”.

Cosa stava facendo? Come si stava comportando? Quella confessione mi lasciò a bocca aperta.

Non poteva essere vero. Non ci volevo credere, non potevano essere vere, quelle parole. E per quale motivo mi stava dicendo quelle cose?

Una valanga di domande mi investì la mente, come un treno in corsa. Non riuscivo più a pensare lucidamente.

Le mani di Travis ripartirono nel loro viaggio sulla mia pelle, facendomi rabbrividire ancora. Le gambe nude, poi, non erano d’aiuto.

“N… non è vero, Travis, ne sono sicura!”, la voce mi mancò dalla tensione e dall’imbarazzo.

Mi prese la macchina fotografica dalle mani e lo sentii posarla ancora all’interno della tenda, poi tornò dietro di me, posandomi la coperta sulle spalle e lasciandomi le mani su di essa. “È davvero strano vederti così in imbarazzo quando ti si fa un complimento”, disse con una risata. “Te l’ho detto, non te ne rendi conto, ma hai la capacità di attirare lo sguardo di chiunque”, aggiunse avvicinandosi ancora a me.

Presi un profondo respiro, ignorando il continuo subbuglio che ribolliva dentro di me e sperando che, dalle mie labbra, uscisse un tono di voce apparentemente tranquillo.

Come potrei attirare lo sguardo di chiunque? Non mi sembra di essere così attraente da potermelo permettere”. La mia sicurezza era andata a farsi un giro.

È questo il punto: non ti sembra, ma lo sei”.

L’ennesimo incidente di percorso, l’ennesima sensazione di essere stata appena investita da qualcosa di troppo veloce e pesante per me.

Facciamo una cosa, Maya: proseguiamo con il gioco di poco fa, ricominciamo a parlarci con sincerità”, disse voltandomi verso di lui. “Oramai ho capito che non mi sopporti, quindi non farti tanti scrupoli: insultami, criticami… voglio sapere tutto quello che ti passa per la testa”. Un irritante sorriso si stampò sul suo viso. “Non mi sembra che ti sia fatta tanti problemi, poco fa”.

Ce la posso fare!

Dovevo recuperare quella sicurezza, quel carattere tanto spavaldo, quella sfacciataggine che tanto mi contraddistinguevano , perché ne avevo abbastanza di tutta quella sensazione di vulnerabilità.

Perché Travis era ancora così vicino a me? Perché non manteneva le distanze?

Per quanto mi sforzassi non riuscivo a trovare una risposta esauriente alle mie domande.

Gli occhi cangianti di quel ragazzo non mollavano per un secondo i miei, facendomi sentire più imbarazzata che mai.

Piegò leggermente la testa di lato e mi fissò incuriosito, per un momento. “Io ho già detto qualcosa, ora tocca a te”, esclamò con ancora il sorriso a contornargli le labbra.

L’avrei volentieri preso a schiaffi.

Respirai profondamente, in cerca delle parole giuste da utilizzare, ma nulla occupava la mia mente. C’era solamente il vuoto.

Comincio ad odiare questo gioco”, mormorai.

Lo scrutai ancora una volta, prima di distogliere definitivamente lo sguardo. Come potevo trovare le parole giuste per criticarlo?

Eravamo passati sull’aspetto fisico, da quel poco che avevo capito, e, per quanto mi costasse ammetterlo, riguardo a quello non aveva nulla da invidiare a nessuno.

Optai per la schiettezza.

Sarà l’ultima volta in cui lo vedrò, in cui gli parlerò, tanto vale essere sinceri.

La mia mente viaggiava alla velocità della luce nella speranza di trovare un modo per uscire indenni da quella situazione.

Allora… per quanto il tuo carattere possa lasciare a desiderare, riguardo al tuo aspetto…”, la mia voce era ancora flebile. Strinsi i denti, mi decisi a darmi una svegliata e, dopo aver incontrato ancora i suoi occhi, ricominciai a parlare. “Riguardo al tuo aspetto non ho niente da dirti, sono sincera. Penso che tu sia un bel ragazzo, con un viso anche fin troppo giovane ed angelico per il tuo carattere e… con un bel fisico”.

L’avevo detto. Nel momento stesso in cui quelle parole uscirono dalle mie labbra, sentii le guance diventare di fuoco. “Anche se in quella palestra, di fisici scartabili, ne ho visti ben pochi”, aggiunsi, infine, per sviare l’argomento, agitando confusamente una mano.

Un lampo divertito si posò sullo sguardo di Travis, facendolo sembrare un adolescente davanti ad un videogioco. “Tutto qui?”, chiese, fingendosi geloso, quando quell’aria soddisfatta lasciava intendere anche troppo.

Aveva avuto quello che volevo: io avevo abbassato la guardia ed avevo giocato le sue stesse carte. Si era sentito elogiato e lui sembrava esserne felice.

I suoi occhi parevano ardere, pieni di una qualche sensazione o emozione particolare, a cui non riuscivo a dare un nome.

Mi chiesi da dove arrivasse tutta quella mia agitazione.

Sentivo ogni muscolo fuori uso, pietrificato da quel suo sguardo.

Cosa significano queste fitte allo stomaco?

Tutto qui!? Probabilmente non ti rendi conto di quanto sia imbarazzante, per me, dire queste cose apertamente”, esclamai esasperata. “Tu la fai facile… beh, per me non lo è!”. In un batter d’occhio avevo recuperato la mia voce.

Quel sorriso divertito, ancora lì a tormentarmi, sembrava non volersene andare e cominciavo ad odiarlo come mai prima di allora.

Non è facile nemmeno per me, ma mi rendo conto che questa, probabilmente, sarà l’ultima volta in cui parleremo, quindi cercherò di non crearmi problemi a dirti in faccia quello che penso”. Si avvicinò ancora a me, mentre era occupato nel suo sproloquio.

Si trovava, per la centesima volta, fin troppo vicino a me, sovrastandomi con i suoi numerosi centimetri in più del mio scarso metro e sessanta.

Provai a non sentirmi eccessivamente insignificante.

Per questo motivo cercherò di essere sincero: come ti ho detto prima, non te ne rendi conto, ma sei davvero attraente, Maya”, disse abbassandosi leggermente verso di me e sfiorandomi una guancia con le nocche.

Sentii la pelle bruciare, come fosse stata appena inondata da un getto di acqua bollente

E c’è un qualcosa di terribilmente affascinante nei tuoi occhi”, continuò, sfiorandomi lo zigomo. “Quando prima ti ho vista in costume da bagno, poi quando sei uscita dall’acqua… pensavo mi stesse per prendere un infarto”.

Terra chiama Maya! Terra chiama Maya! Houston abbiamo un problema!

“Che stupidaggine questo gioco della sincerità, Travis”, mormorai in preda alle emozioni.

Ero decisamente terrorizzata da quello che sarebbe potuto succedere se non fossi riuscita a fare marcia indietro ed allontanarmi da quel ragazzo, ma una parte di me desiderava che, quel qualcosa, succedesse. Una piccola parte, davvero insignificante, ma perfettamente capace di annebbiarmi la mente. Inoltre, avevo paura di come sarebbe cambiata la situazione se i nostri volti si fossero avvicinati ancora di pochi centimetri, ma sempre quella piccola parte di me stessa voleva scoprirlo.

Mi resi conto di come, la mia idea su Travis, potesse mutare con tanta facilità.

Lo penso anche io, Maya, ma almeno ora sappiamo che, tra noi, non c’è solamente odio e disprezzo”.

Lui si avvicinò ancora, facendo quasi aderire i nostri corpi.

Se io, in quei giorni, ero divenuta un’incognita, quel ragazzo per me continuava ad essere sempre lo stesso mistero.

La realtà era innegabile: quel sincero confronto sull’aspetto fisico aveva innescato la miccia e, per quanto mi costasse ammetterlo, lui davanti a me era un continuo richiamo.

Che cosa superficiale, pensai.

Sentivo il bisogno di avvicinarmi ancora, per bruciare quella breve distanza che ancora ci separava, ma poi la mia mente cominciò ad espormi a gran voce le sue solite paranoie ed i soliti flussi di pensieri che si contraddicevano a vicenda.

Non sapevo cosa fare!

E se per una volta nella mia vita mandassi al diavolo tutto?

Quel pensiero dilagò nel mio cervello come un’epidemia.

Mi dissi che, si, potevo mandare tutto e tutti a quel paese per una volta e seguire solamente i miei istinti. Alle conseguenze avrei pensato in un secondo momento.

Avrei pensato in un’altra occasione al mio lavoro, a mio padre alla sua disapprovazione se fosse venuto a conoscenza anche solo di un minimo particolare, perché in quel momento vedevo solamente Travis ed i suoi occhi, pronti a divorare ogni singola parte di me.

Eravamo a pochi centimetri di distanza l’una dall’altro, infatti potevo sentire il suo respiro sfiorarmi il viso.

Percepivo il mio corpo svuotato da ogni cellula vitale, immobile ed inerme di fronte a lui, ma al tempo stesso pieno di energia, euforia ed eccitazione, come se lo sguardo di quel ragazzo avesse la capacità di rinvigorirmi e di farmi sentire più viva che mai.

Una mano di Travis continuava a viaggiare sul mio viso, sulla mia guancia, con una delicatezza incredibilmente piacevole, poi scese e si aprì sulla linea del mio collo, provocandomi una serie di brividi su tutto il corpo.

Piegai leggermente la testa, per facilitare lo scorrere di quelle carezze tanto caste quanto peccaminose.

Nessuno aveva ceduto lo sguardo: continuavamo a scrutarci attentamente, in attesa di chi avrebbe avuto il coraggio di fare la prima mossa.

Poi mi avvicinai a lui, riducendo ulteriormente le distanze e poggiando leggermente il mio corpo al suo.

Ancora mi chiedo da quale remota parte di me stessa trovai la forza, la sfacciataggine di fare la prima mossa.

Perché mi ero alzata sulle punte dei piedi ed avevo preso tra le mani i capelli ancora umidi di Travis? Perché mi ero avvicinata ancora di più?

Mi sentivo stranamente piena di coraggio e di insicurezze al tempo stesso. Speravo solamente che l’espressione sul mio viso non mi tradisse, che non mostrasse la mia agitazione.

“Stai avendo una brutta influenza su di me, Travis”. Non riuscii a fermare quelle parole prima che uscissero dalla mia bocca.

*

Ciao bella gente! Che dire...
Questo capitolo non è tra i più convincenti, ma è stato buttato giù di getto: volevo mantenere la mia parola e postarvi il seguito prima della mia partenza!

Comunque... Come sempre grazie a chi legge, a chi mi segue e a chi solamente legge in silenzio! Un bacione enorme a tutti <3

Ci "vediamo" la prossima settimana!
Un mega abbraccione a tutti voi,
Chiara 

p.s. Ovviamente fatemi sapere cosa pensate di questo capitolo! :)
  
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