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Autore: Sognolicantropi    10/04/2014    2 recensioni
È una scisaac (con molti accenni Sciles e Sterek) un po' diversa, il soprannaturale non c'entra, quindi non ci saranno lupi mannari, kanima ecc.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Derek Hale, Isaac Lahey, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: AU | Avvertimenti: Bondage
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Scott era rimasto sveglio tutta la notte pensando ad Isaac, il ragazzo misterioso che gli aveva rubato un bacio dalle labbra.
“Era solo un bacio Scott” si ripeteva cercando di convincere se stesso. Il guaio era che quello non era un semplice bacio: era il bacio.
Scott aveva avuto molte ragazze in passato, ma con nessuno aveva provato quello che Isaac gli aveva trasmesso. Scott era molto esperto sotto quel punto di vista, era il rubacuori della scuola prima che si riscoprisse gay. Ora che ci pensava doveva essere sincero, in fondo aveva sempre sospettato di una sua possibile omosessualità. Non aveva mai avuto un rapporto che durasse per più di un mese e anche con quelli che magicamente riuscivano ad andare avanti per più tempo le prestazioni non erano mai soddisfacenti.
Il bacio che Isaac gli aveva dato era il primo che contasse. Il primo dato, o meglio ricevuto, da un ragazzo.
Non ci poteva credere, lo sconosciuto aveva preso l’iniziativa e aveva incollato le labbra alle sue.
Da un lato era felice di aver finalmente provato la sensazione di essere baciati, ma allo stesso modo era molto irritato che il tipo gli avesse rubato il suo primo bacio.
Aveva immaginato molte volte quella scena, pensando che sarebbe stato il suo fidanzato a baciarlo per primo dicendogli quanto l’amava.
Invece si era ritrovato questo Isaac spiccicato contro il corpo.
Un ragazzo che tra l’altro non avrebbe mai più rivisto e che non aveva idea di chi fosse.
Magari era stato scelto come soggetto ignaro per qualche esperimento sociale…
“Okay Scott, stiamo esagerando” gli disse una vocina dentro alla sua testa, così mettendola a tacere infastidito si addormentò…
«Ma che cavolo…?!» esclamò Scott alzandosi dal letto e afferrando il suo cellulare che aveva lasciato sul pavimento la notte prima.
Stava squillando ad alto volume ininterrottamente, sulle note di “It Girl”. Ovviamente chi chiamava poteva essere solamente una persona: Lydia. La sua amica molto probabilmente gli aveva impostato la suoneria senza che se ne accorgesse il giorno prima al lavoro. Proprio quando prese in mano il cellulare la ragazza riagganciò. Erano le sette e tre. Un momento… le sette e cinque?! Il moro era ufficialmente morto. Per quale sana ragione Stiles non lo aveva svegliato?
Raccolse in fretta i primi vestiti che trovò sparsi per terra, infilandosi alla bell’e meglio. Entrò in cucina e infilò in bocca quanti più biscotti potevano starci; raccogliendo in fretta le All Star bianche, entrò in ascensore e guardandosi al grande specchio all’entrata gli venne quasi una sincope. Aveva i capelli tutti arruffati, nella corsa verso la morte non era nemmeno andato in bagno, la sua maglia era messa al contrario e aveva la faccia ricoperta di briciole. Imprecò mentalmente, poi sistemandosi con più cura, si guardò ancora allo specchio: ora poteva andare.
Attraversò la strada di fretta quasi facendosi atterrare da un taxi che gli suonò clacson più volte, gli urlò delle scuse al volo prima di entrare con uno scatto nel bar davanti a lui. Le sette e otto minuti: sorrise soddisfatto. Migliorava ogni volta e poi otto minuti di ritardo erano accettabili.
«SCOTT MCCALL! DOV’ERI FINITO?!».
 Un urlo riecheggiò tra le pareti del locale, facendolo gelare sul posto. Lydia, la sua migliore amica, nonché capo, era assolutamente fiscale negli orari. Se alle sette si apriva, alle sette meno un quarto dovevi essere già arrivato. Non che chiedesse molto dato che gli bastava attraversare la strada.
Scott intanto si fece piccolo piccolo, mentre la ragazza si avvicinava a lui con passo veloce, attirando le occhiate curiose dei pochi presenti.
«Da quando baci gli sconosciuti senza dirmi una parola?!» soffiò lei irritata, quando gli fu abbastanza vicino.
Che cosa?! Lei come faceva a saperlo? Quasi avrebbe preferito una ramanzina sugli orari da rispettare.
«Nel caso te lo stessi chiedendo: Stiles» aggiunse sorridendo questa volta. Lydia non era davvero arrabbiata e Scott lo sapeva, quello era il suo modo di mostrarsi interessata.
«A proposito dov’è quel piccolo nano che non mi ha svegliato?» chiese cogliendo al volo l’occasione per cambiare discorso e successivamente cominciò a cercarlo nella stanza.
«Ehi guardami» disse Lydia, schioccando le dita davanti ai suoi occhi. «Sta guardando quel ragazzo laggiù da un quarto d’ora. Non ti ha svegliato perché alle sei e mezza era qui fuori ad aspettarmi che aprissi. Voleva essere puntuale per lui» concluse, dando un occhiata all’interessato. Scott guardò il ragazzo con occhio critico, Stiles era il suo migliore amico, meritava il meglio.
Era molto bello, alto e magro e muscoloso da far paura. Una pelle chiara che sembrava essere davvero liscia, due occhi verdi, molto profondi che gli donavano un’aria misteriosa e infine aveva un ciuffo assurdo sui suoi capelli perfettamente neri.
Bello, in ogni caso, era riduttivo, pensò Scott. Più correttamente “perfetto”, ma decisamente non il suo genere.
«Aww, il piccolo Scott fa progressi!» una ragazza mora, con un sorriso smagliante, gli corse incontro abbracciandolo stretto.
«Te ne vai in giro a baciare gli sconosciuti e non ci dici niente? Nemmeno un messaggio?» chiese la mora una volta riemersa da quell’abbraccio.
«Allison e Lydia, non so cosa vi abbia detto Stiles, ma ascolterete la mia versione dopo! Ora se non sbaglio abbiamo un bar da mandare avanti» sbuffò deciso, dirigendosi verso il camerino per prendere il suo grembiule.
«Stilinski, asciuga la bava».
Scott passò vicino a Stiles con un vassoio in mano e quando gli sussurrò quelle parole all’orecchio Stiles si ridestò dal suo stato comatoso sussultando.
«I-Io non sto sbavando!» balbettò Stiles, arrossendo. Scott sogghignò, portando il caffè ad un uomo sulla cinquantina che stava leggendo un giornale.
Passarono più o meno un’ora a prendersi in girò, chi Stiles chi Scott. Lavorare con loro era decisamente salutare per il moro, riuscivano sempre a portare un po’ di luce nei suoi giorni.
«Ehi Scott, puoi servire quel tavolo?» gli chiese gentilmente Lydia, passandogli accanto. «Lo chiederei a Stiles dato che c’è il suo amato, ma è già occupato» aggiunse facendolo ridere.
«Nessun problema!» le disse, prima di prendere il blocchetto delle ordinazioni. Si diresse in direzione del moro che prima aveva osservato. Era in compagnia di un ragazzo che però gli dava le spalle, chino sul menù del bar.
«Desiderate?» chiese gentilmente, sorridendo ai due ragazzi seduti, e attirando in quel modo la loro attenzione.
Due occhi azzurri si incatenarono subito ai suoi, facendogli perdere un battito.
Possibile che non se ne fosse accorto prima? Avrebbe decisamente detto a Lydia di andare al suo posto.
Isaac aveva la testa china sul menù e finché Scott non fu abbastanza vicino da potergli parlare, non si era accorto della sua presenza.
Il ragazzo gli sorrise sapiente, ricordandosi  il loro incontro avvenuto appena il giorno prima.
«Ehi..» soffiò con voce melliflua
Dio, Scott non era pronto. E poi quella voce, non si doveva permettere di parlargli così, infondo non aveva idea di chi fosse.
«P-Posso portarvi qualcosa?» balbettò Scott  insicuro, ignorando il saluto del ragazzo.
Scott, respira e datti un contegno. Non farti vedere vulnerabile anche questa volta.
«Io sono a posto, grazie. Tu, Isaac?» rispose sorridendo il ragazzo più grande.
Isaac guardò Scott negli occhi, che distolse lo sguardo in fretta. Non riusciva a sostenere quegli occhi azzurri che sembravano leggergli l’anima. Era come la sua cura personale. Quando Isaac lo guardava si sentiva un po’ meglio, la cosa buffa era che tutto ciò era successo solo due volte.
Poi il ragazzo si alzò dal tavolo, avvicinandosi a Scott ancora una volta immobile; gli prese delicatamente il polso con la mano e lo portò fuori dal bar.
Scott fremette a quel tocco gentile, nessuno lo aveva mai toccato con così tanto riguardo. Era abituato a spintoni, parole taglienti che, molto spesso, erano anche peggio. Si lasciò poi guidare da Isaac sotto le occhiate sconvolte di Allison e Lydia e quella indagatrice di Stiles.
Guardò il ragazzo che aveva un’espressione rilassata, ma che intenzioni aveva?
Quando uscirono Scott appoggiò la schiena al muro, distrutto. Isaac in cinque minuti aveva frantumato quella barriera che lui con fatica aveva creato in due anni. No, Scott non era d’accordo: ci sarebbero voluti altrettanti anni per una persona ad invadere il suo spazio.
Stiles, Allison e Lydia erano l’eccezione, ma anche loro avevano lavorato tanto su quell’aspetto.
«Cos’era?» chiese Scott quasi senza accorgersi di aver parlato, con lo sguardo a terra.
Isaac sorrise, si aspettava quella domanda. Dopo tutto lo aveva baciato senza preavviso.
«Un bacio» rispose alzando le spalle. Scott si sentì innervosire appena; quel ragazzo poteva farlo andare in brodo di giuggiole con uno sguardo e poi farlo arrabbiare un secondo dopo. Ancora non era chiaro per Scott se amarlo o odiarlo.
«Perché?!» sbottò Scott non riuscendo a contenersi.
«Perché tu sei dannatamente bello e morivo dalla voglia di baciarti» soffiò Isaac avvicinandosi appena.
Oh. Questa non se l’aspettava. Si sentì arrossire e pregò che il ragazzo non se ne accorgesse. Sapeva che non era il vero motivo di quel bacio, insomma non si può baciare la prima persona che ti passa accanto solo perché è stupenda!
«Perché sei qui?!» chiese ancora, ignorando il commento precedente.
«Perché un incantevole scherzo del destino ha deciso di farci incontrare ancora» rispose dolcemente quell’Isaac, sorridendogli.
«Ti odio» sputò fuori Scott, cercando di allontanarsi. Le prese in giro facevano parte del suo passato e non era pronto per riceverne altre.
Due forti braccia, però, si appoggiarono al muro tra il suo capo, impedendogli ogni movimento.
«Esci con me».
Non era una domanda e Scott l’aveva capito benissimo. D’istinto avrebbe detto di sì, si ricordava quando aveva sedici anni, quando era lui a fare quel tipo di affermazioni, quando era lui che cercava di mettere le basi per una relazione, che solo dopo si rendeva conto di quanto fosse sbagliata.
«Non ti conosco nemmeno…» sussurrò allora, con tono dispiaciuto.
«E’ per conoscersi che le persone escono assieme», disse Isaac deciso. «Per favore…?» provò ancora, scongiurandolo con lo sguardo.
«Non posso» sussurrò ancora Scott.
Isaac allora sospirò triste,  togliendo le mani dal muro, dandogli la possibilità di muoversi; il moro però era ancora fermo contro il muro, aspettando.
Il ragazzo gli sorrise dolce, posandogli gentilmente un bacio sulla guancia, prima di voltarsi e tornare nel locale.
A Scott gli ci vollero cinque minuti buoni per immagazzinare tutto ciò che era successo.
Il giorno prima un ragazzo sconosciuto chiamato Isaac si era fermato a metà del ponte di Brooklyn perché aveva visto un ragazzo da solo. Gli aveva chiesto che cosa aspettasse, una domanda tanto personale a pensarci bene. Tutti nella propria vita aspettano che succeda qualcosa, senza capire che forse è meglio cominciare ad impiegare le proprie energie invece di aspettare passivi.
Successivamente gli aveva dato un bacio sulle labbra e se n’era andato.
Isaac, dopo solo un giorno, era spuntato fuori nel bar dove lavora, gli aveva detto che era bellissimo e che voleva uscire con lui. Dopo i rifiuti di Scott gli aveva dato un bacio sulla guancia ed era tornato dentro.
Scott era abbastanza sconvolto, durante quell’anno a Brooklyn non gli era mai successo niente del genere. Per quanto varia fosse la gente del luogo, nessuno era mai stato tanto sfacciato. Insomma alcuni ragazzi ci avevano provato con lui nel locali dove veniva trascinato dai suoi amici, ma la dolcezza di Isaac era tutta tutta un’altra cosa.
Dopo aver respirato a fondo, entrò nuovamente nel bar, stando ben attento a non incontrare lo sguardo di Isaac che si sentì addosso per la buona parte del tempo. A mezzogiorno il ragazzo se ne andò con l'amico che sedeva accanto a lui.
I suoi amici provarono più volte a chiedergli chi era e di che cosa avessero parlato, ma Scott non riusciva ad aprir bocca.
Continuò il suo lavoro servendo gentilmente i clienti e tornado alla sua espressione corrucciata una volta che si girava.
Alla pausa pranzo Scott si volatilizzò con la stessa velocità con cui era uscito quella mattina rintanandosi in camera sua.
Non poté stare da solo due minuti che i suoi amici lo raggiunsero preoccupati.
«Scott che è successo?» disse Lydia, entrando piano dopo aver bussato senza sentire risposta.
Allison e Stiles la seguirono, la prima con un cartone di pizza tra le mani. Guardandola Scott sorrise, non sicuro se quello fosse solo per lei o per tutti e quattro. I suoi amici si sedettero accanto a lui, tra le lenzuola del suo letto.
«Chi era quel ragazzo?» chiese Stiles con fare indagatore. Se una cosa gli riusciva bene era proprio proteggere il suo Scott.
«Era il ragazzo, Stiles» rispose Scott con sguardo perso. «Quello di ieri?!» Stiles quasi urlò, sconvolto.
«Oh mio dio, Scott te li scegli bene! Speravo di avere qualche chance con lui» la buttò sul ridere Lydia.
«Beh che cosa ha detto?» chiese Allison sorridendo, senza dare il tempo a Scott di ribattere
«Che sono bello...» disse Scott, «Che sono dannatamente bello» aggiunse, ricordandosi le esatte parole.
«Aww Scott che dolce!» mugugnò Lydia sognante tra i sospiri infastiditi di Stiles, «Perche nessuno mi dice queste cose?»
«Sei dannatamente bella Lyds» bofonchiò la mora con la bocca piena. «Sei bella anche tu Ally» scherzò allora la ragazza, lasciandogli un bacio nella guancia.
«Mi ha chiesto di uscire» aggiunse guardando i suoi amici
«Che cosa?!» Allison quasi si strozzò, Stiles sbuffò e Lydia si alzò dal letto elettrizzata.
«Gli ho detto di no Stiles».
Scott parlò rivolgendosi esplicitamente a Stiles che cominciò a balbettare parole sconnesse.
«Stiles quando sei geloso, sei adorabile» disse Scott, avvicinandosi per sistemarsi tra le sue gambe. Il più grande lo abbracciò stretto, circondandolo con le sue braccia, soddisfatto. Isaac doveva stare ben attento, qualsiasi fossero le sue intenzioni. Aveva promesso a se stesso che avrebbe protetto Scott da tutti, perfino da se stesso se ce ne fosse stato il bisogno.
«Ma perche?!» esclamò Allison assecondata da Lydia.
«Non lo so, io... non lo so. Sono stato male per troppo tempo per colpa di chiunque, perfino gli amici mi avevano abbandonato.
Se fosse solo una presa in giro? Magari non gli interesso veramente. Sono solo un esperimento e ne esco ancora una volta distrutto».
I suoi amici lo guardarono comprensivi, capivano bene che per lui era molto difficile fidarsi delle persone.
«Scott» cominciò la rossa sedendosi nuovamente nel letto, «Lo capiamo che hai subito cose  terribili da chi credevi ti fosse più vicino, ma devi abbandonare il tuo passato e imparare a fidarti delle persone. Non sempre puoi sapere cosa succederà finche non arrivi alla fine. Quindi dovresti solo provarci».
«E’ vero Scott, Lyd ha ragione» disse Allison.
«Se quel ragazzo davvero voleva uscire con te domani mattina sarà ancora lì» aggiunse Stiles, appoggiato alla sua spalla.
«Ora ti abbraccerò, okay?» chiese Lydia, prima di stringerlo tra le sue braccia.
«Vorrei non avergli detto di no» sussurrò Scott, dopo le parole rassicuranti dei suoi amici. Avevano ragione, doveva imparare a fidarsi.
Allison, sconvolgendo i suoi amici, aveva detto che la pizza era per tutti, così stettero lì durante la pausa, chiacchierando.
La mora dopo un po’ tirò fuori dalla tasca dei jeans una salvietta probabilmente portata dal bar.
«Allison non per turbarti sai, ma perche nella tua salvietta c’è scritto “Scott”?» chiese Stiles prendendola tra le mani.
  
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