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Autore: Marge    10/04/2014    1 recensioni
Frozen Flowers è il seguito di Flowers Wall; dopo aver coronato il loro sogno d'amore sotto *diversi* punti di vista, Howl e Sophie si cacceranno di nuovo in qualche guaio. Di chi è la colpa, questa volta?
E dal momento che ne hanno già vissute molte in patria, mi sembra giunto il momento di esplorare un po’ i dintorni. Chi è Hilde, e che paese è mai il suo, perennemente immerso nei ghiacci? E cosa avrà a che fare con i nostri due eroi ed il loro demone del focolare?
Si consiglia la lettura solo dopo aver letto Flowers Wall e tutte le storie della stessa saga!
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti | Coppie: Howl/Sophie
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Flowers Wall'
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FROZEN FLOWERS

V

In cui si giunge in un altro Castello, altrettanto pieno di guai.



“Non se ne può più di tutto questo bianco” disse Calcifer per l’ennesima volta. “Le Lande sono ripetitive, ma mai quanto questo paese: neve, neve e solo ne…”
“Ti ho detto di far silenzio” borbottò Howl tra i denti.
“Perché mai dovremmo? Rinchiusi in questo secchio da due giorni, non possiamo neanche mettere il naso fuori, si congela e c’è solo neve fino all’orizzonte. Bel viaggio davvero, degno di un dem…”
“Taci! Innanzitutto perché stai spaventando le altre persone.”
Una donna dai capelli bianchi, che viaggiava in compagnia di un ragazzetto, colta in fallo sobbalzò e distolse lo sguardo. Diede una gomitata al suo accompagnatore, che invece non riusciva a togliere gli occhi di dosso a Howl.
“Secondo, perché è inutile continuare a ripeterlo. Freedam si trova all’altro capo del paese, ci vorranno diversi giorni per arrivare, e nessuna tua lamentela potrà cambiare tutto ciò.”
Calcifer borbottò tra sé e sé; considerando conclusa la questione, Howl si voltò verso Sophie. “Tutto bene?”
Lei annuì.
“Ti annoi?”
“No, sto bene. La neve è bella!”
Si udirono dei fischi provenire dal secchio tra le loro gambe.
Howl la fissò a lungo, poi si accucciò per sussurrare a Calcifer: “A te non sembra che sia cresciuta un pochino?”
Il demone allungò un occhio in direzione della bambina. “Veramente no.”
“Non potrebbe, forse, trattarsi di un caso analogo alla maledizione della Strega delle Lande? Ricordi, in quel periodo, Sophie ringiovaniva un pochino ogni giorno che passava.”
“A noi non sembra che sia cambiata poi di tanto. E non porta addosso i segni di alcun maleficio.”
“Forse tu ed io non siamo abbastanza potenti da rendercene conto.”
“Non credo esistano in tutta Ingary esperti più grandi di noi in questa sorta di incantesimi. Ce ne saremmo accorti, invece non abbiamo neanche sentito l’arrivo della maledizione. Nulla di nulla.”
“E dunque, cosa può essere accaduto? Sophie non può certo essersi trasformata in una bambinetta di sua volontà!”
“Non credi sia stata colpa di tutti quegli incantesimi che le sono piovuti addosso quando il Castello si è fermato?”
Howl non rispose.
Sophie era intenta a osservare un bambinetto di fronte a sé, un Kamepohl dai capelli corvini; stava sdraiato tra le gambe della madre e disegnava su una pergamena con un carboncino.
“Posso disegnare anche io?” chiese lei. Il bambino alzò gli occhi e la fissò.
“Non ti può capire, se parli la lingua di Ingary” spiegò Howl. Si chinò e ripeté la richiesta al bambino.
“Ma sì, Uro, fai fare un disegno a questa bella bimba” disse la donna. Sorrise ma sembrava a disagio: spostava continuamente gli occhi dalla testa bionda di Howl a Calcifer nel suo secchio a terra. Il demone strinse gli occhietti, offeso.
“Guarda!” esclamò Sophie poco dopo. Tese a Howl il foglio.
Non appena lo ebbe tra le mani, lui impallidì e gli sfuggì dalle dita. La pergamena cadde sulla superficie di legno della diligenza ed i contorni del disegno s’incendiarono d’una fiamma chiarissima: due figure umane, una più grande ed una più piccola, inscritte in un cerchio, e intorno tante piccole stelle. La pergamena bruciò fino a farsi cenere, tra le urla del bambino e di sua madre.
“Non è successo nulla” mormorò Howl. “Vogliate scusarmi, è assolutamente mia la colpa.”
“Succedono cose strane, da qualche settimana” borbottò la donna.
“Vogliate spiegarvi” la esortò lui, improvvisamente interessato.
“Gli spiriti, che da tempo si erano ritirati, sono tornati a mostrarsi. Sono arrabbiati.”
“Ne avete visti altri?”
“Noi stiamo andando in città proprio per questo motivo” intervenne un vecchio, dalla fila alle loro spalle. “Nel mio villaggio ci sono state due apparizioni e in una è rimasta ferita una ragazzina. Noi andiamo dai nostri parenti a Freedam, almeno lì saremo al sicuro.”
“Terra di spiriti…” disse Calcifer.
“Non si è mai al sicuro” ribatté la vecchia nell’angolo e gli riservò un’occhiata gelida. “Se perfino agli spiriti è permesso di viaggiare in diligenza a questa maniera…”
“Noi non siamo uno spirito, signora, noi siamo un demone!” cominciò Calcifer.
“Spiriti, demoni, che differenza volete che faccia? Bestie che dovrebbero…” Uno schianto improvviso interruppe le sue parole. La diligenza derapò verso sinistra e si bloccò. I cani uggiolarono.
“Cos’è stato?” gridò qualcuno. Si levarono delle urla dalle file posteriori.
“Spirito, spirito!”
Cominciarono a scemare dalla diligenza gridando.
Un’ombra nera balzò sulla slitta e cominciò a rovistare con le due zampe anteriori, scaraventando un uomo sulla neve come fosse un sacco vuoto.
In un attimo, Howl afferrò Sophie sotto le ascelle. “Calcifer, in alto!” gridò e spiccò un salto. In aria distese le gambe e a grandi falcate si allontanò dalla slitta, tra le urla delle persone. Sophie gli si stringeva al petto.
“Howl, quella gente!” esclamò indicando in basso con un ditino.
Lui planò a terra ad alcuni metri di distanza.
“Non ti allontanare da lei” ordinò, e si lanciò verso la slitta. La bestia, insoddisfatta, lanciò un grugnito, balzò in avanti sulla fila successiva di sedili e riprese a cercare.
Howl alzò un braccio, strinse le labbra e compì un ampio movimento. Quella si irrigidì un istante, poi emise un urlo e si voltò con gli occhi accecati dalla rabbia.
“Non basta!” urlò Calcifer.
Howl spiccò un altro salto, proprio un momento prima che la bestia si gettasse su di lui; mucchi di neve volarono in ogni direzione.
“Sophie, non ti muovere!” gridò Howl, ma lei incurante trotterellò verso una vecchina che arrancava cercando di mettersi in salvo. Il conducente correva di qua e di là, cercando di trattenere i cani e al contempo urlando isterico tra sé e sé.
“L’avevo detto io!” ripeteva la donna Kamepohl. “Non è un viaggio da fare, di questi tempi, ora moriremo tutti per colpa di un demone!”
“Ehi, noi non stiamo…” cominciò Calcifer offeso, ma s’interruppe subito. “Howl! È un demone!”
Quasi a confermare la sua intuizione, la bestia alzò il muso dalla neve e fissò Howl. Il mago aggrottò le sopracciglia bionde e sorrise.
“Bene, allora staremo a vedere.”
Allungò il collo e spalancò la bocca, mentre squame nere gli comparivano sul volto.
“No!” gridò Sophie e si gettò verso di lui. Fece appena in tempo ad afferrargli una gamba, che le ali squarciarono i vestiti di Howl. D’istinto, pur alzandosi in volo, lui chiuse le braccia coperte di piume nere attorno a lei.
“Non farlo Howl!” implorò Sophie con le lacrime agli occhi. “Non ti trasformare!” Strinse i pugni attorno al pelo scuro sul petto. In quel momento i denti della bestia penetrarono nella carne della spalla e Howl emise un lamento roco. Rovinarono a terra tra le urla degli altri.
“Sophie, va via di qui…” mormorò. Lei scosse la testa. “Non vado da nessuna parte” disse, e a Howl sembrò di udire la sua voce di adulta, ma il dolore non gli permetteva di vedere chiaramente.
Un calore si spanse all’improvviso alle sue spalle. Nell’aria si diffuse un suono strano, che sembrava una lingua fatta di scoppiettii e fischi e vampate. Sophie si strinse contro il petto di Howl, e lui sentì distintamente, tra le braccia, il suo corpicino da bambina.

“Howl?”
Aprì gli occhi e li richiuse subito: tutto quel bianco non faceva che aumentare il suo mal di testa.
“È vivo” disse Calcifer.
Sophie posò una manina sulla sua fronte. “Non avrà freddo, con tutti i vestiti a brandelli?”
Si guardarono attorno, ma tutti si tenevano a debita distanza, ammucchiati davanti ai resti della slitta; perfino i cani, accucciati a terra, non emettevano un fiato, con le orecchie tirate indietro e le code tra le zampe.
“Calcifer…” biascicò Howl. Aprì un occhio: “Sei ridotto ad una fiammella azzurra… Morirai…”
Sophie sussultò a quelle parole. Corse verso la slitta, dove le persone tremanti si aprirono in due ali per farla passare. Rovistò sotto al sedile dove erano seduti e tornò con le mani piene delle ossa donate da Minna. Calcifer spalancò la bocca e ne ingurgito una in un momento solo.
“Brava bimba” mormorò Howl sorridendo. Con un grugnito si alzò a sedere. Sophie lo guardò aggrottando le sopracciglia.
“Non essere preoccupata, non mi fa più male.”
Lei incrociò le braccia al petto e Calcifer ruotò gli occhietti verso l’alto.
“In poco tempo saremo pronti per riprendere il viaggio” gridò quindi Howl nella lingua di Angelia. Il conducente annuì, incapace di proferire parola.
“Io non voglio riprendere il viaggio con loro!” esclamò un signore.
“Suvvia” brontolò un’altra. “Dove volete che vadano, siamo nel bel mezzo del nulla! Non possiamo di certo abbandonare la bambina.”
“Ma il demone sì!”
“Ma è stato lui a fermare l’altro!”
“Bell’affare, finire in mezzo a lotte tra demoni!”
Ognuno cominciò a dire la sua sull’argomento, in un crescendo di voci. Calcifer, ridotto a poche fiammelle, non sapeva più dove guardare.
“E quelli ora chi sono?” esclamò il conducente con il cappello tra le mani. I cani cominciarono ad abbaiare: all’orizzonte erano comparse delle figure.
In poco tempo furono vicini: un gruppo di dieci uomini a cavallo di renne dal manto bianco, le cui briglie erano adornate di ricami color d’oro e blu.
“Corpo delle Guardie Reali di Angelia” annunciò il primo di loro. Scese dalla cavalcatura. “Chi di voi è il signor mago Howl Pendragon della terra d’Ingary?”
“Io rispondo a questo nome” disse Howl alzandosi. Il dolore alla spalla gli strappò una smorfia. “Sono in viaggio verso Freedam con il mio demone del focolare su invito del mago Espen.”
“Il Primo Ministro Gunnar ci ha inviati a scortarvi fino alla capitale. Sapete cavalcare una renna?”
“Sempre che le renne non abbiano rimostranze a portare i maghi ed i loro demoni.”
La guardia fece un cenno ad uno degli altri, che smontò a sua volta e gli condusse la bestia candida. “Non vi sarà alcun problema, signor mago” assicurò.
Howl prese Sophie e la issò sulla sella.
“E questa bambina… chi è?”
“Lei viaggia con noi.” Si inchinò verso il conducente della diligenza: “Vogliate scusarmi se abbandono la vostra splendida compagnia a metà del viaggio. Il denaro che ho versato all’inizio, potete tenerlo. Spero sarà sufficiente a riparare i danni subiti dal vostro mezzo. Con permesso.”
In poco tempo la compagnia era scomparsa nuovamente oltre le dune bianche, tra gli sguardi allucinati ma sollevati del resto dei viaggiatori.

“Howl! Il grande mago farfallone!”
“Espen!”
Scese dalla renna e strinse con forza la mano all’altro stregone, vestito d’una tunica in pelle chiara e decorata da ricami in argento.
“Sei riuscito a giungere qui, infine! Avevo quasi perso le speranze.”
“Anche noi, Espen.”
“Hai trovato moglie, finalmente, smettendo di terrorizzare tutte le fanciulle del regno d’Ingary?”
Senza rispondere, Howl alzò gli occhi sul Castello Reale e la sua statua alata.
“Hai ancora con te il tuo demone!”
Espen era ben stupito, ma non ebbe tempo di dire altro: alle sue spalle comparve un uomo con una lunga barba bianca, ma sopracciglia ancora rosse.
“Signor mago Pendragon, è un piacere ed un immenso onore avervi nel nostro palazzo” esordì.
“Howl, ricordi Gunnar, il nostro Primo Ministro?”
“Senza dubbio” rispose lui inchinandosi. “ È un onore per me essere qui, e spero di potervi essere d’aiuto.”
“Il vostro apporto sarà prezioso. Vi prego di seguirmi. Il Re vuole incontrarvi quanto prima.”
“Il mio amico viene da un viaggio lungo diversi giorni, Primo Ministro. Avrà sicuramente bisogno di rinfrescarsi e riposarsi. La questione può attendere fino a domani mattina.”
Gunnar fece una smorfia, poi annuì lentamente. “Domattina cominceremo i nostri lavori con il Re, dunque. Vi sono state assegnate delle stanze.”
“Ho bisogno di legna per il mio demone” disse Howl.
“Chi è quella bambina?” chiese Espen. Sophie, ancora in cima alla renna, sorrise e agitò una manina.
“Lei viaggia con me. E resterà con me in ogni momento.”
“Non è possibile tenere una bambina così piccola continuamente al vostro fianco” intervenne Gunnar. “Avremo importanti discussioni da portare avanti. Non sarà che d’intralcio.”
Howl s’inalberò: “Sono venuto fin nel vostro paese, libero da qualsiasi vincolo, solo per un sentimento di amicizia profonda. Non sono tenuto a rimanere né ad accettare alcuna delle vostre condizioni.”
“Oh oh” sussurrò Calcifer a Sophie, “le cose non si mettono bene. Del resto noi indietro non possiamo certo tornare da soli, con il Castello in quelle condizioni.”
Gunnar e Howl si fissavano torvi, ma Espen si mise in mezzo: “C’è una soluzione, amico mio. Conosco una persona fidata a cui affidare la bambina mentre noi saremo occupati. Non devi preoccuparti, non le accadrà nulla: è una promessa.”
Dopo un momento di riflessione, Howl annuì. “Vedremo” pensò.

Il Castello di Freedam era immutato da quando l’aveva visitato anni prima: una enorme costruzione bianca, difficile distinguere la pietra chiara dal ghiaccio. All’interno corridoi, volte ed enormi sale si susseguivano in un complicato labirinto, in cui era impossibile orientarsi se non dopo averlo conosciuto a lungo. Si diceva che solo Gunnar, Primo Ministro da quando era Re il padre di Baldur, conoscesse ogni singolo angolo, ma era più probabile che vi fossero camere segrete anche a lui.
Howl ricordava i tempi passati, quando assieme a Espen aveva cercato di visitarlo completamente; alcune zone erano protette da antichi incantesimi, che all’epoca non erano riusciti a infrangere.
Un suono di passi alle sue spalle lo fece voltare. Sorrise.
“Non ho affatto dimenticato come è ospitale questo vostro Castello, nonostante il suo volto austero. Le stanze sono davvero belle, e te ne ringrazio.”
Sophie dormiva di già nel grande letto al centro, mentre Calcifer sonnecchiava finalmente tra due ciocchi di legno.
“Vi è una stanza in cui può dormire la bambina, di là” ripose l’altro mago, in abiti civili. I suoi occhi leggermente allungati e neri come la notte brillavano vivaci.
“Lei rimane qui.”
Espen non aggiunse altro.
“E tu, hai trovato moglie?” chiese Howl. Stava sistemando le sue cose in due grandi bauli.
“No, non ancora. Nonostante le tue lezioni su come affascinare una donna, devo ammettere di non essere molto bravo. Credo mi manchi l’incanto della chioma dorata.”
“A questo è facile porre rimedio, se solo mi lasciassi fare.”
“E spiccare come una stella tra tutti questi Kamepohl neri e Ramepohl rossi? Non sarebbe acuto da parte mia!”
Risero insieme, ma Espen tornò immediatamente serio.
“Mi spiace di averti trascinato fin quaggiù. Domani Re Baldur ti comunicherà la questione. Ho veramente bisogno del tuo aiuto per risolvere questo grattacapo.”
“Sono venuto per questo.”
“Non sarà così facile. Purtroppo è diventato molto difficile fidarsi l’uno dell’altro. Non potevo chiedere aiuto che a te, esterno alla vicenda, senza alcun interesse in essa. Sai che l’equilibrio tra Kamepohl e Ramepohl è sempre prossimo a spezzarsi.”
Howl lo fissò pensieroso.
“Domani comincerò a fare tutto quanto in mio potere, Espen.”

Sophie, vestita d’un abitino blu dalla linea dritta e pieno di decorazioni, stava in piedi in mezzo alla stanza enorme, con le mani dietro la schiena.
“Allora, come ti chiami?”
“Lei non parla la lingua di Angelia” intervenne Howl.
La donna alzò gli occhi. “Voi sareste...?”
“Howl, mago del regno d’Ingary. E lei è Sophie. Voi, signora?”
“Talitha” rispose lei. “E sono la balia di…” Si interruppe e si morse un labbro. “Potete lasciare con me Sophie per tutto il tempo necessario. Il signor mago Espen si è molto raccomandato, e per me sarà un immenso piacere.”
Howl si inchinò: “Vi prego aver molta cura della mia Sophie, signora balia.” La balia sussultò per l’inusualità del gesto. Howl si voltò in un tintinnio di ciondoli e scomparve, accompagnato dal ticchettio dei suoi stivali.
Rimaste sole, si guardarono per un momento, entrambe dubbiose.
“Sei una bimba molto carina” disse Talitha dopo un po’. “Con questi capelli color della legna… non ve ne sono di bambine come te, qui, sai?”
Si chinò su di lei e sorrise: “Anche se non mi capisci, sono sicura che insieme ci divertiremo. Conosco molti giochi che piacciono ai bambini della tua età.”
Per un momento un velo di tristezza passò nei suoi occhi. “Quando Hilde aveva la tua età, era la bambina più bella del mondo.”
Sophie sorrise.
“Vuoi fare un disegno?”
La prese per mano e la condusse ad un grande tavolo dove campeggiavano carta, colori e libri di ogni tipo. “Mi spiace di non poterti leggere alcuna favola, bambina, ma possiamo disegnare insieme.” Sophie s’illuminò. Si gettò sul tavolo e si mise subito al lavoro. Talitha sorrise ancora d’un sorriso triste.
Poco dopo Sophie le porse il frutto delle sue fatiche: un mare verde in cui galleggiavano fiori gialli e rosa.
“Il mio giardino segreto” disse nella sua lingua.
“Non posso capirti…” mormorò Talitha. Prese il foglio tra le mani e lo osservò con attenzione. “Oh, mia Hilde!” esclamò poi, e una lacrima le scese dagli occhi e annacquò i colori. “Come vorrei poterti condurre in un luogo tanto bello!”

“Sua Maestà” si inchinò Espen. Alle sua spalle, anche Howl chinò il capo e rimase in attesa. Nella sala immensa non vi erano che loro, alcuni ministri e poche guardie accanto al portone.
“Il mio nome è Baldur, re di Angelia. Benvenuto nel mio paese, mago Pendragon” disse la voce di un ragazzo.
“È un piacere per me esservi d’aiuto” rispose. Osò alzare gli occhi: davanti a lui vi era effettivamente un uomo giovane, sicuramente più giovane di lui stesso, dal volto imberbe e folti capelli rossicci. Nella sua mente tornò l’immagine di un ragazzino. “Ci siamo già incontrati, quando visitai a lungo il vostro paese, anni or sono.”
“Mi spiace di non ricordarmi di voi” ammise il Re. “All’epoca ero solo un ragazzo e voi…”
“Non mi sono trattenuto a lungo presso il Castello Reale. Espen ed io abbiamo compiuto dei viaggi in tutto il regno. Fu una visita splendida.”
Gunnar, in piedi alla destra del Re, si schiarì la voce.
“Ed è proprio Espen, il nostro mago di corte” esordì, “ad aver caldamente incoraggiato il vostro arrivo qui. La questione è della massima importanza ed urgenza.”
Il volto di Baldur si adombrò. “Esattamente. Si tratta di Hilde.”
Howl drizzò le orecchie. “Credevo il problema fosse il ritorno di spiriti e demoni.”
“Ah, quelli” intervenne Gunnar. “Non sono altro che dicerie del popolo. Ogni qual volta accade qualcosa, una valanga o una tempesta particolarmente violenta, sono sempre pronti a dare la colpa agli spiriti.”
Howl aggrottò le sopracciglia. “E cosa è accaduto alla principessa Hilde?”
“Ella è giunta circa un mese fa nel mio Castello. Le nostre nozze erano programmate per la settimana successiva, dal momento che io mi sarei in seguito dovuto recare nel regno di Turny.”
Il Re tacque per un momento, quasi a raccogliere i pensieri. Gettò un’occhiata al suo Primo Ministro, poi riprese con voce più bassa: “Ma, pochi giorni dopo il suo arrivo, Hilde è scomparsa.”
“Scomparsa?”
Intervenne Gunnar: “Esattamente. Non vi è alcun segno di lotta, né nessuno ha visto nulla. Vi erano delle guardie, ovviamente, davanti le sue stanze, e la sua balia dormiva in una stanzetta attigua, pronta a giungere ad ogni richiesta della principessa. Tuttavia anch’essa non ha udito nulla. La principessa si è volatilizzata.”
“Abbiamo provato ogni sorta di incantesimo di ritrovamento” si intromise a quel punto Espen. “Ma nessuno ha dato risultati. Il Castello è stato inoltre frugato da cima a fondo, senza esito.”
“Non ho sentito parlare di tutto ciò durante il mio viaggio.”
“La notizia è segreta” intervenne Re Baldur. “Hilde è figlia di uno dei più importanti capifamiglia del Nord. Non vogliamo scatenare una guerra civile annunciando la sua scomparsa, proprio mentre si trovata al Castello Reale!”
Gunnar annuì gravemente.
“Siete famoso per i vostri incantesimi di divinazione. Ed è notizia risaputa, ormai, che avete avuto un ruolo assai fondamentale nelle trattative di pace tra Ingary e Turny. Il vostro aiuto è fondamentale.”
Howl fissò a lungo i volti degli uomini attorno a sé: il giovane Re intimorito, il vecchio Ministro dall’aria seria e preoccupata, il Mago di Corte pieno di speranza.
“Farò quanto in mio potere” asserì. “Ma un incantesimo di divinazione non è semplice da effettuare, se non si conosce affatto la materia che si va cercando. Le risposte possono talvolta essere arcane e di difficile interpretazione.”
Espen annuì. “E dunque?”
“Ho bisogno di conoscere la vostra principessa. Parlerò con le persone che erano con lei. Farò delle ricerche.”
“Tutto questo ci farà perdere molto tempo prezioso!” sbottò Gunnar. “Le nozze dovevano già esser state celebrate!”
“Potete continuare a cercarla con i vostri metodi, nel frattempo” concesse Howl. “La magia non è certo un’arte che obbedisce a comando.”
“Howl è un grande esperto di divinazione, ve lo assicuro” intervenne Espen. “Saprà ritrovarla.”
“Sua Maestà?” chiese dunque Gunnar.
Il ragazzo si guardò attorno, spaesato. “Bene, dunque,” cominciò. “Il signor mago Howl può cominciare come ritiene più giusto. Noi proseguiremo con le nostre ricerche, e tutte le Guardie di palazzo saranno avvertite di cercare in ogni angolo della città.”
“Mantenere il più assoluto riserbo è una priorità” aggiunse il Primo Ministro. Baldur annuì.
“Dunque, siamo d’accordo?”
“Un momento ancora” disse Howl. “Non abbiamo discusso del mio compenso, mi pare.”
Tre paia di occhi spalancati si puntarono su di lui.

“Piccola Sophie, ora ti presenterò un amico. Lo vuoi conoscere?”
La bambina, presa com’era dai suoi pastelli, alzò a malapena gli occhi. Talitha scrollò le spalle e fece un cenno ad una guardia. Poco dopo arrivò un bambinetto Kamepohl, di poco più grande.
“Buongiorno, Even. Hai terminato la tua lezione?”
“Chi è quella bambina?” chiese lui senza prestarle attenzione.
“Alle domande si risponde.”
“Io te ne ho fatta una” ribatté lui. Raggiunse Sophie: “Ehi, chi sei?”
Lei alzò gli occhi.
Talitha sospirò. “Non può capirti, non parla la nostra lingua. Viene da Ingary, il regno al di là delle montagne. Lo hai studiato, vero?”
Even annuì. “Come si chiama? E chi è? Perché è qui?”
“Sophie. È giunta con il mago Howl, che ora sta aiutando tuo zio Espen.”
“È sua figlia?”
Talitha si trovò senza risposta. “Credo di sì, non saprei…” mormorò. “Vuoi disegnare anche tu?”
“No, sono stufo. Voglio la mia renna.”
“Di certo la tua educazione lascia molto a desiderare. Si dice vorrei e si chiede il permesso. Vuoi ricominciare dall’inizio?”
Even sbuffò, scese dalla sedia e si mise in piedi di fronte la balia, composto. “Ho studiato molto, questa mattina, quindi ora vorrei, per piacere, cavalcare la mia renna nel giardino del Castello. Posso, signora balia?” Sorrise, ed il suo voltò sembrò quello di un angelo. Talitha s’intenerì: “Ben fatto, Even. Puoi andare, ti farò accompagnare da qualcuno.”
“Non puoi venire con me?”
“Devo rimanere con Sophie. Ordine tassativo: non possiamo lasciare questa stanza.”
Uno scoppiettio del fuoco nel camino sottolineò le sue parole.
Il bambino corrugò le labbra.
“Su, vai a cavalcare. Domani mi mostrerai cosa sai fare, chiederemo al signor mago il permesso di portare con noi la piccolina.”
Il fuoco fischiò ancora.



***
Finalmente siamo giunti nella capitale! Come vi è sembrato questo capitolo? Io personalmente non vedevo l’ora di arrivare tra quattro solide mura e cominciare a raccontare della sparizione di Hilde, e di tutti i personaggi che ruotano attorno a lei – losche trame, interessi personali… vedrete!

Durante questo mese ho superato i 150 likes sulla mia pagina FB, non posso che ringraziarmi! Se qualcuno di voi lettori, non l’avesse ancora fatto mi trovate come Marge Pendragon oppure direttamente alla pagina dedicata alla saga di Flowers Wall. Aggiungetemi e mipiaciatemi, mi farà molto piacere!
Vi aspetto numerosi! See ya, al prossimo mese con il prossimo capitolo!
  
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