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Autore: DearDiary    10/04/2014    2 recensioni
«Le persone che hanno così tanto odio dentro di loro, molto spesso, hanno anche amato con la stessa intensità.»
Genere: Generale, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO TRE

 

Ainohl non tornò a casa quella notte, rimase con Ayleen fino al sorgere del sole. In senso figurato naturalmente, visto che i suoi raggi nulla potevano contro le nuvole perenni della Contea di Sien.
Inutile dire che non era riuscito a chiudere occhio, perseguitato dal ricordo del rito di purificazione a cui aveva assistito poche ore prima. Così, mentre la giovane maga accanto a lui aveva riposato placidamente, Ainohl non aveva fatto altro che tormentarsi con innumerevoli dubbi. Non era più certo che quella piccola ed angusta grotta fosse un buon nascondiglio per Ayleen.
Era una paura sciocca, lei aveva sempre vissuto lì. Ciò nonostante, nulla riuscì a debellare quell'ondata di apprensione che continuava ad infrangersi contro il suo cuore.
Aranel era il villaggio più vicino. Non era poi così distante, si trovava appena oltre il bosco. Il rischio che Ayleen venisse catturata era concreto … Era anche già accaduto che qualcuno avesse provato a prenderla. E adesso, Ainohl non riusciva a trovare né la forza né il coraggio di tornare a casa propria e lasciare lì la sua amica. Sola, senza alcuna protezione e in balia di persone guidate da dei pregiudizi sciocchi e pericolosi.
Tutto ciò che desiderava era prenderla e portarla a casa sua, farla vivere in un ambiente decente, permetterle di dormire in un letto vero, di mangiare del cibo degno di quel nome, di strapparla almeno per un po' a quell'insopportabile pioggia. Ma non poteva farlo... Nulla di tutto ciò era possibile.
Nella sua famiglia, Ainohl era l'unico che non odiava i maghi. Era l'unico di tutta Amdir, ad essere sinceri... se non di tutto il regno di Theires. La presenza di Ayleen avrebbe creato molto scompiglio con i suoi genitori, soprattutto con sua madre. Lei era forse la più cocciuta. Non avrebbe mai e poi mai cambiato idea a tal proposito. Inoltre, non poteva permettere che la sua famiglia rischiasse la pena capitale per aver dato ospitalità ad una maga.
Per di più, Ayleen era morbosamente ed insensatamente legata alla Contea di Sien. Ainohl non aveva mai capito il perchè.
Quella terra le era stata sempre ostile, fin da quando era nata, eppure lei l'amava con tutta se stessa. Amava in particolare quella pioggia che invece tutti detestavano. Spesso lui la sorprendeva intenta a fissare il cielo. Restava lì anche per ore intere, senza muovere un solo muscolo. Chiudeva gli occhi e lasciava che la pioggia perenne di quella terra l'accarezzasse. Ogni volta, sorrideva. Era uno di quei rari momenti in cui anche lei sembrava felice di essere al mondo.
Ayleen non aveva avuto molte gioie nella sua vita. Era orfana di entrambi i genitori, non aveva alcun ricordo di loro. Sua madre era morta dandola alla luce e suo padre era stato successivamente catturato, torturato e ucciso proprio dagli abitanti di Aranel. Ayleen aveva vissuto i suoi primi anni di vita assieme alla sorella maggiore, nascosta nel bosco come un animale. Col tempo e con qualche passo falso di troppo, si era guadagnata il nomignolo di «Fantasma Rosso» al villaggio di Aranel. Erano stati i bambini a darglielo, perchè solamente loro erano riusciti ad avvicinarla. Avevano provato a catturarla, le avevano lanciato contro i sassi, manciate di fango, l'avevano legata ed avevano infierito del tutto incuranti del fatto che, come loro, anche lei provava dolore. Erano riusciti a vedere l'oro delle sue iridi e spaventati l'avevano lasciata scappare, ma da quel momento anche gli adulti avevano cominciato a darle la caccia.
La legge parlava chiaro. I maghi andavano consegnati a Re Roland o ad uno dei Principi Guardiani... Eppure nessuno sembrava essersi davvero impegnato per catturarla. Più che della magia, la gente di Aranel temeva il loro sovrano e i suoi figli. Non potevano avere la certezza che la promessa di gloria e ricchezza eterna a coloro che avessero consegnato vivi dei maghi, sarebbe stata davvero mantenuta dal Re. Non era certo un uomo famoso per il suo onore.
Ciò nonostante non avevano mai rinunciato a cercare Ayleen. E se inizialmente il loro obiettivo era ingraziarsi il Re, adesso tutto ciò a cui anelavano era la Lacrima di Luna della giovane maga.
Ainohl spostò lo sguardo sul volto ancora dormiente di Ayleen. Il bagliore della sua Lacrima era ben visibile sul suo petto, anche sotto la stoffa bianca della sua veste. Tanta gente sarebbe arrivata ad uccidere per impadronirsi di quell'oggetto magico e misterioso.
Aveva l'aspetto di una gemma di scarso valore, sembrava quasi un minerale. In essa però, vi era custodito tutto il potere di un mago. Ayleen non la mostrava mai, la teneva sempre nascosta dentro i propri vestiti. La custodiva e proteggeva più della sua stessa vita.
Una volta, non sapendo nulla di quell'oggetto misterioso, Ainohl aveva provato a toccarlo, ma Ayleen si era ritratta terrorizzata ed era scappata via. Il ragazzo aveva impiegato ore per trovarla e convincerla che non voleva rubarle quella strana pietra.
Si era poi documentato sui libri di suo padre. Ogni mago nasceva stringendo fra le mani una Lacrima di Luna. Il nome era dovuto al fatto che tutti i maghi nascessero di notte , durante il plenilunio. La vita del mago era indissolubilmente legata alla sua pietra. Non potevano vivere separati, motivo per cui Ayleen teneva la propria al collo. La luce che irradiava era intensa quando lei era in piena salute, si affievoliva se stava male o era ferita. Ainohl aveva visto solo quella di Ayleen, che era di un bianco abbagliante, ma sapeva che ve ne erano altre di tonalità differenti. Non aveva idea del perchè quella della sua amica fosse di quel colore, non osava mai fare domande a tal proposito. Ayleen appariva sempre molto a disagio quando lui si mostrava incuriosito da quella pietra.
Erano oggetti molto rari e preziosi, quello era stato suo padre a dirglielo. Quelle pietre non solo avevano un valore immenso, ma si diceva potessero allungare la vita di chi ne entrava in possesso.
Essendo così legate al loro mago, era proibito per chiunque altro toccarle. Era qualcosa che Ainohl non aveva mai davvero capito a fondo, ma da quel poco che anche Ayleen gli aveva spiegato, toccare una lacrima di luna era una vera e propria violenza fisica e mentale per il mago.
«E' come se qualcuno ti squarciasse il petto per cercare di strapparti via l'anima, come se provasse ad entrare nella tua mente e controllarla.»  Gli aveva raccontato Ayleen. «Fa male. E' doloroso. Come se ti pugnalassero al cuore senza che però la morte sopraggiunga per darti sollievo. Non riesci più a muoverti, a respirare, a pensare... desideri solo che tutto abbia fine.»
Ovviamente nulla di tutto ciò fermava gli uomini assetati di potere e ricchezza. Ayleen non ne aveva mai parlato, ma era capitato che più di una volta Ainohl l'avesse trovata svenuta nella foresta, immersa nel fango, con la sua Lacrima di Luna stretta fra le dita. Non era complicato immaginare cosa accadesse. I bambini di Aranel passavano molto tempo nel bosco e sapevano essere spietati. Avevano imparato ad odiare e prendere di mira il Fantasma Rosso... ed erano affascinati da quella pietra luminosa che lei indossava. Non perdevano occasione di toccarla o giocarci o provare a rubarla. Sapevano bene cosa fosse e sapevano anche che gli adulti volevano impadronirsene. Ayleen era sempre riuscita ad evitare che gliela portassero via, in qualche modo.
Dopo ogni battaglia però, aveva sempre impiegato giorni per riprendersi del tutto. Ad Ainohl piaceva paragonare le Lacrime di Luna ad un organo vitale. Erano come un secondo cuore. Senza di quello un mago non poteva vivere.
E la gente di Aranel bramava proprio ad impadronirsi del secondo cuore di Ayleen.
Ainohl cercò di sfuggire a quei pensieri e provò a distrarsi osservando la grotta in cui la ragazza aveva sempre vissuto. Dopo tanti anni, Ainohl ancora si chiedeva come facesse a vivere lì. A malapena si riusciva a stare in piedi, l'unica fonte di luce era un fuoco debole e prossimo all'estinguersi. Tutto intorno solo due giacigli improvvisati di paglia rubata al villaggio e alcuni teli di stoffa a coprirli. Sulle pareti rocciose e umide, vi erano ovunque incisioni e disegni vari. Era stata Ayleen a farli. Per fare i colori, aveva usato la terra, il fango, le pietre frantumate e i petali sminuzzati dei rarissimi fiori che crescevano in quella Contea. Aveva smesso da anni di decorare la sua grotta, non perchè si sentisse troppo cresciuta per farlo, ma semplicemente perchè non c'era più spazio. Anche Ainohl l'aveva aiutata quando erano più piccoli, era stato uno dei loro giochi preferiti. Tanti di quei disegni incomprensibili che in qualche modo rendevano quel posto più accogliente, portavano anche la sua firma.
«Mi stai facendo venire il mal di testa.»
Ainohl sussultò appena e si voltò verso la ragazza, ancora sdraiata sul suo giaciglio. I suoi occhi dorati erano liquidi di stanchezza, le sue labbra piegate in sorriso tanto dolce e spontaneo da far sorridere anche lui.
«Che ho fatto?» domandò Ainohl, sinceramente incuriosito dalle parole di Ayleen.
Lei si mise a sedere, stiracchiò le braccia e puntò lo sguardo fuori dalla grotta. Il sorriso le si allargò. Inspirò l'aria mattutina a pieni polmoni e chiuse per qualche istante gli occhi. Era il buongiorno alla sua amata pioggia.
«Pensi troppo.» spiegò, continuando a guardare verso l'esterno.
«Hai imparato a leggermi nel pensiero, adesso?»
«Non serve. Le tue emozioni sono piuttosto chiare.»
Quella era forse la particolarità più curiosa e fastidiosa di Ayleen. Lei, così come tutti i maghi, possedeva il sottile e misterioso dono dell'empatia. Percepiva gli stati d'animo delle persone come fossero i suoi. Non era qualcosa che riusciva a controllare e spesso Ainohl si sentiva un po' troppo vulnerabile al suo fianco, dal momento che con lei era impossibile avere dei segreti.
«Oggi sono dodici anni esatti...»
La voce di Ayleen lo riscosse da quei pensieri. La guardò notando il suo viso farsi di colpo malinconico e i suoi meravigliosi occhi dorati velarsi di tristezza. Ainohl non comprese subito le sue parole, ci volle qualche istante prima che ricordasse cosa fosse accaduto quello stesso giorno di dodici anni prima.
«... Tua sorella?» azzardò.
Lei annuì soltanto, abbassando il capo. I suoi boccoli vermigli ricaddero morbidi sulle sue spalle facendole da sipario dal resto del mondo. Ainohl non era mai certo di come comportarsi ogni qualvolta si toccasse quell'argomento.
Rael era la sorella maggiore di Ayleen, colei che l'aveva cresciuta dopo la morte dei loro genitori. Erano esattamente dodici anni che Ayleen non la vedeva. Rael l'aveva abbandonata lì per andare a Keladia, il continente dove i maghi vivevano in pace lontani dagli umani.
Le aveva detto che era troppo piccola per affrontare un simile viaggio, e poi le aveva promesso che sarebbe tornata a prenderla, ma non era mai accaduto.
Ayleen ancora la stava aspettando, ancora ci sperava che Rael avrebbe fatto ritorno. Ainohl aveva smesso di crederci già da un po', ma non osava esprimere quel pensiero a voce alta e distruggere così le speranze della giovane maga...
Era una cosa inutile a ben pensarci, visto che lei era in grado di percepire le emozioni altrui come fossero le sue, e quindi capiva quando qualcuno mentiva. Eppure Ainohl non si era comunque mai permesso di infrangere le sue speranze. Non gli sembrava giusto. Ayleen sopravviveva grazie alle speranze, solide o fragili che fossero.
Due erano le possibilità: o Rael era morta nell'impresa di raggiungere il Regno di Keladia, oppure aveva volontariamente abbandonato la sorella. Ainohl si augurava con tutto il cuore che la prima ipotesi fosse quella vera. Per quanto triste, era quella meno crudele e più accettabile.
«Tornerà.» le disse, pur consapevole che le sue emozioni l'avrebbero tradito. Lei infatti lo guardò con un'ombra di rassegnazione sul volto candido, ma non gli negò un sorriso colmo di gratitudine.
«Sarà dura convincerla che tu non odi i maghi, quando farà ritorno.» Aggiunse poi, scacciando in parte la tristezza dai suoi occhi.
«Ci riuscirò, non temere! Ho convinto te, posso convincere qualunque mago!»
«Lei vi vorrebbe tutti morti.» confessò Ayleen, tornando a fissare per terra, quasi vergognandosi di quell'ammissione.
«Non la biasimo di certo...»
Ancora non aveva raccontato cosa fosse successo ad Amdir. A dir la verità, non se la sentiva nemmeno di farlo. Temeva di spaventarla troppo. Uno dei suoi difetti, se così lo si poteva definire, era che possedeva una sensibilità a dir poco spiazzante.
L'espressione malinconica della ragazza andò via a via con l'estinguersi, lasciando il posto ad un sorriso allegro, più tranquillo, ma sempre velato dalla sua consueta timidezza. «Non ti preoccupare. Ti proteggerò io da lei! » esclamò svagata.
Ayleen non era solita guardare negli occhi nessuno quando sorrideva, come se provasse imbarazzo a mostrare quei suoi rari momenti di gioia e divertimento. Ogni volta che sulle sue labbra si delineava un sorriso, lei abbassava lo sguardo a terra e lasciava che i suoi boccoli rossi le ricadessero sul volto e la nascondessero al mondo.
Ainohl riconosceva in lei un'innegabile bellezza. Non era quel tipo di fascino che seduceva o faceva fremere di desiderio un uomo. Era più quello che inteneriva, che ti spingeva a cercare di conquistare la sua attenzione, un suo cenno, un suo sguardo. Che ti faceva desiderare di conoscerla, di poterle parlare, di poterle essere di conforto, senza altri scopi di natura più lasciva.
Osservare Ayleen trasmetteva un'insolita serenità. Non c'era volgarità in lei, non c'erano ostentazione o vanità. Solo una dolcezza e un'innocenza che solo una bambina avrebbe potuto avere.
Ayleen non era più una bambina, ma aveva comunque mantenuto quella purezza che tanto mancava in quel mondo così corrotto e dominato dall'odio. Molto spesso, quando Ainohl guardava lei, gli balzava alla mente l'immagine di sua sorella Ari.
«Ascolta...» ancora una volta fu la voce della maga a interrompere il fluire dei pensieri di Ainohl. «Qualunque cosa sia, adesso è passata.»
Ainohl cercò il suo sguardo, ancora insistentemente fisso a terra. Non fece domande, non ce n'era alcun bisogno. Fece un profondo sospiro senza sapere cosa dire.
«Lo sento che sei turbato da qualcosa. Lo sei da quando sei arrivato qui.» continuò lei.
«Scusami.»
«Non devi scusarti.» Finalmente, Ayleen si decise a rialzare gli occhi da terra. Ainohl scrutò il proprio riflesso in quelle incredibili iridi color dell'oro. «Le cose brutte non durano per sempre. Quindi, qualunque cosa tu abbia visto o sentito o fatto, la smetterà di torturarti prima o poi.»
Ainohl le sorrise grato, sebbene quelle parole non fossero riuscite a rincuorarlo più di tanto. Lui non possedeva la stessa forza di Ayleen. Lei era sempre riuscita a vedere il buono in ogni cosa, persino negli umani che le davano la caccia e che avevano sterminato la sua famiglia. Lui non vedeva il mondo allo stesso modo. Avrebbe tanto voluto riuscirci, ma ormai era una battaglia persa.
Ayleen aveva ragione. Un giorno, l'immagine di quel neonato innocente, gettato crudelmente verso la morte in quel pozzo, avrebbe abbandonato la sua mente. Però, era anche consapevole che quel mondo corrotto nel quale viveva, gli avrebbe riempito la testa di altre immagini terribili ed difficili da dimenticare. E la paura che qualcuno potesse fare del male ad Ayleen, riservarle una condanna ben peggiore di quella del neonato ad Amdir, non l'avrebbe abbandonato mai.
«Sarà meglio che io torni a casa. I miei genitori partono per Valcalia questa mattina, devo occuparmi di Eiron.»
«Aspetta!» esclamò Ayleen, dirigendosi verso il fondo di quella grotta fredda e buia che lei chiamava casa. Ainohl la sentì trafficare con qualcosa, ma prima ancora di riuscire ad appurare cosa stesse facendo, lei era già di ritorno. Gli si avvicinò e gli mise qualcosa fra le mani. Era un piccolo sacchetto di stoffa bianca, chiuso alla bell'e meglio con uno spago.
«E' per Eiron.» dichiarò lei, con un sorriso.
Ainohl osservò attentamente l'oggetto, per poi lanciare un'occhiata interrogativa ad Ayleen.
«Per la sua febbre.» s'affrettò subito a spiegare lei, «E' un'erba speciale. Fanne un infuso e faglielo bere. La febbre scenderà.»
Ainohl non rimase sorpreso da quel gesto. Non era la prima volta che Ayleen gli donava erbe medicinali per il fratello. L'essere cresciuta in una foresta aveva i suoi vantaggi, in un certo senso. Ayleen conosceva ogni pianta, sapeva esattamente quali fossero pericolose e quali utili. Il provare a dare sollievo ad Eiron era l'unica cosa che la faceva sentire utile...
«Ti ringrazio.» fece Ainohl, posandole una mano sul capo in un gesto quasi paterno. «Anche da parte di Eiron.»
Ovviamente, lei si affrettò a sfuggire di nuovo al suo sguardo. Il suo viso si vestì di un'espressione improvvisamente mesta «Mi dispiace solo di non poter fare di più...»
«Non torniamo sull'argomento.» la interruppe subito Ainohl. «Va bene così. Le tue erbe funzionano. Non serve altro.»
«Lo so, però non dovrei ricorrere a questi rimedi per curare una persona!»
«Ayleen, smettila!» Il tono di Ainohl si fece più severo. «Non è colpa tua. Non serve parlarne ogni volta.»
I maghi non usavano le erbe per curarsi o per curare gli altri. Era assurdo pensare che ricorressero a simili rimedi da umani, quando potevano contare sulla magia. Ma Ayleen era diversa.
Qualcosa non funzionava in lei. Se non fosse stato per i suoi occhi dorati e per la sua Lacrima di Luna, sarebbe potuta passare per una semplice ragazza umana. Erano dieci anni che Ainohl la conosceva. Dieci anni che si prendeva cura di lei e andava a farle visita di nascosto... e in tutto quel tempo, mai una volta Ayleen aveva utilizzato la magia.
Era raro che ne parlasse. Si vergognava molto per quella situazione. Lei non era in grado di sfruttare il dono di cui era stata investita. Era come se la magia non scorresse in lei. Ci aveva provato in un paio d'occasioni, finendo sempre col sentirsi male o perdere addirittura i sensi. Cercava di non darlo vedere, ma era chiaro quanto quella menomazione la disturbasse.
Quando Ainohl l'aveva incontrata la prima volta e aveva capito che fosse una maga, il suo pensiero era subito volato ad Eiron. Nessuna medicina umana era mai riuscita a guarirlo... forse solo un incantesimo di guarigione avrebbe potuto salvarlo. Ainohl aveva visto in Ayleen la salvezza di suo fratello. Ma le cose erano andate molto diversamente da come si era immaginato.
Sarebbe stato un bugiardo a dire che non gli importava che Ayleen non riuscisse ad utilizzare la magia. Preferiva sempre sviare il discorso per non ferire ulteriormente i sentimenti della ragazza. Le voleva troppo bene per riuscire a confessarle quanto fosse in realtà deluso da quella sua condizione.
In fondo, così come nascevano umani ciechi o sordi o con malformazioni fisiche, forse allo stesso modo potevano nascere maghi incapaci di usare la magia.
Il fatto che quella sorte fosse toccata all'unica maga che Ainohl avesse mai conosciuto, lo irritava non poco. Si sforzava sempre però, di soffocare quelle emozioni. Ayleen non doveva assolutamente percepirle. Conoscendola avrebbe provato ad usare la magia fino ad uccidersi di fatica. E questo non doveva assolutamente succedere. Ainohl non se lo sarebbe mai perdonato!
Sarebbe stato complicato farle capire che non ce l'aveva con lei, ma con il destino che in qualche modo continuava ad ostacolarlo e impediva ad Eiron di guarire.
«Sei l'unica persona che riesce a far stare meglio Eiron. Nessun guaritore ci riesce. Solamente tu!»
Ayleen sorrise timidamente, sistemandosi una ciocca vermiglia dietro l'orecchio e tenendo lo sguardo fisso a terra.
«Ho trovato cosa fare nella mia vita, allora.»
Entrambi ridacchiarono appena, pur consapevoli che una simile eventualità non era proprio possibile. Chi mai si sarebbe fatto curare da una guaritrice con gli occhi dorati? La gente avrebbe preferito morire piuttosto che farsi toccare da lei.
«Tornerò il prima possibile.» Annunciò infine Ainohl, calandosi il cappuccio sul capo e uscendo dalla grotta. Ayleen lo seguì, naturalmente senza preoccuparsi di coprirsi e proteggersi un minimo dalla pioggia battente che li investì. «Non andare troppo in giro, va bene?» si raccomandò poi.
«Ho cibo a sufficienza per rimanere qui un altro po'. Non ti preoccupare, non andrò nel bosco.»
Ainohl annuì più sereno. Ancora una volta, in maniera del tutto istintiva, le posò una mano sul capo. «Cerca di non prenderti un malanno qui fuori!»
Ayleen sorrise divertita. «Attento a non prendertelo tu!»
Il ragazzo trattenne a stento una risata. Nonostante lei apparisse esile e fragile come una bambina, il freddo e la pioggia di quella contea non la scalfivano. Era decisamente più facile che si ammalasse lui, non essendo abituato a quel clima. 
«Verrei a farmi curare dalla mia guaritrice di fiducia, se dovesse succedere.» riuscì a farla ridere, e subito percepì la preoccupazione che l'aveva spinto fino lì, abbandonare il suo corpo. Col cuore più leggero, la salutò con un cenno del capo e corse via sotto la pioggia, ansioso di trovare riparo nella propria Contea.
Ogni volta che lasciava Ayleen indietro, un lieve senso di colpa gli prendeva lo stomaco. Gli sembrava sempre troppo ingiusto che lei dovesse rimanere lì sola e completamente indifesa.
Scacciò in fretta quelle sensazioni e raggiunse in fretta il confine. Prese un respiro prima di attraversare l'immensa cascata d'acqua che delimitava la fine di Sien e l'inizio di Keiran.
Fu un vero sollievo per lui sfuggire a quella pioggia insopportabile. Accolse con gioia lo spesso muro di nebbia che anticipò il suo ingresso a Keiran. Procedette sicuro, senza lasciare che la visibilità pressoché nulla intaccasse il suo orientamento. Pochi passi e la nebbia si fece meno opprimente. I suoi occhi iniziarono a delineare il profilo degli alberi e il tracciato del sentiero sotto i suoi piedi. Le lanterne perennemente accese che delimitavano tutte le strade di Keiran lo condussero fuori dalla linea di confine, dove la visibilità era certamente migliore.
Finalmente lontano dalla pioggia di Sien, Ainohl si tolse il cappuccio e si passò una mano fra i capelli scuri ormai fradici. Ancora una volta si trovò a chiedersi come facesse Ayleen ad amare così tanto quella Contea.
Era quasi arrivato a casa quando fu costretto ad un brusco arresto. Un sibilo, uno spostamento d'aria ad un soffio dal suo viso e una freccia che si conficcò dritta nel tronco di un albero che stava per superare.
Ainohl fece un profondo respiro. Strinse i pugni irritato e alzò poi gli occhi al cielo con rassegnazione. Si voltò verso il punto da cui la freccia era stata scagliata. Non vide nessuno, complici la nebbia e la vegetazione, ma sapeva benissimo chi fosse stato l'artefice di quel tiro da manuale.
«Buongiorno anche a te, Dana!» disse apparentemente al nulla. 
Non fu difficile, nell'assoluto silenzio che contraddistingueva la Contea di Keiran, udire lo scalpiccio di passi e la malcelata risata che seguirono.
A fare la sua comparsa fu una ragazza vestita di abiti maschili, i capelli biondi lunghi fino alle spalle e gli occhi azzurri decisamente seri e ostili. «Ah, sei solo tu!» si lamentò subito, andando senza indugi a recuperare la sua freccia dal tronco dell'albero. «Così conciato ti ho scambiato per un cinghiale.» 
Dana si concesse qualche istante per osservarlo da capo a piedi «Sono abiti invernali quelli?»
Ainohl non le rispose, non sapendo che scusa inventarsi per giustificare il proprio abbigliamento. Dana sorrise del suo silenzio. Era difficile avere a che fare con lei. Non tutti ci riuscivano. Aveva la fama di essere piuttosto intrattabile con tutti. Era facilissimo farla arrabbiare, complicatissimo avere una conversazione pacifica con lei. Ainohl la conosceva da sempre. Ogni qualvolta si ritrovasse a ripensare alla propria infanzia, nei suoi ricordi Dana era sempre presente.
Le persone in genere la evitavano, proprio a causa del suo brutto carattere, ma lui era diverso. Non solo aveva imparato a sopportare i suoi modi di fare, era persino arrivato ad apprezzarli. Li trovava più divertenti che fastidiosi. Dana non era sempre stata così. Lo era diventata dopo la tragica ed improvvisa morte dei suoi genitori. Il carattere freddo e scontroso era l'unica arma di difesa che era riuscita a costruirsi per non crollare in pezzi. Ainohl l'aveva sempre saputo e non l'aveva mai giudicata per questo. Per certi versi l'ammirava. Sembrava che nulla potesse abbatterla. Al suo fianco, lui si sentiva infinitamente più debole. Ciò nonostante le voleva bene. L'affetto che li legava non era mai stato espresso né con le parole né con i gesti da nessuno dei due, ma c'era. Entrambi lo sentivano, entrambi ne avevano bisogno. Probabilmente molto più Ainohl che Dana...
Non aveva mai mentito a sé stesso su quali sentimenti in realtà lo legassero a quella ragazza così strana. Non era semplice amicizia. Era molto di più. Ma Dana non era il tipo di donna a cui dichiarare il proprio amore. Probabilmente ne avrebbe riso, si sarebbe arrabbiata, o, peggio, non avrebbe reagito in alcun modo. Ainohl preferiva lasciare le cose immutate. Non voleva rischiare di rovinare il legame che li teneva uniti.
«Ebbene?» la voce di Dana lo riscosse da propri pensieri. «Cosa ti ha spinto fino alla Contea di Sien?»
Ainohl riprese subito il cammino, cercando di sfuggire in fretta da quel discorso. «Non sono andato a Sien.»
Dana lo raggiunse e gli lanciò un'occhiata eloquente. «Sei fradicio.» gli fece notare. «Quindi o sei caduto accidentalmente nel fiume, oppure hai oltrepassato il confine. Peccato però che gli abiti invernali che indossi ti tradiscano.»
Messo alle strette, Ainohl si sforzò di trovare una scusa decente, senza però trovarla. Era sempre così con Dana. Era sempre stata una buona osservatrice, anche se in quel caso non serviva esserlo per intuire la verità.
Non poteva rivelarle la verità. Dana purtroppo non la pensava come lui sui maghi. La sua mente era ricolma di odio e pregiudizi, causati in gran parte dal fatto che era stato proprio un mago a porre fine alle vite dei suoi genitori. Dana non avrebbe mai cambiato idea, non avrebbe mai compreso che non tutti i maghi erano malvagi. Se avesse saputo di Ayleen avrebbe immediatamente avvertito i suoi nonni, i capi – villaggio di Amdir. Loro avrebbero catturato Ayleen, l'avrebbero torturata fino all'arrivo delle guardie reali che l'avrebbero poi giustiziata.
Ad Ainohl non piaceva mentire a Dana, ma non poteva fare altrimenti.
«Sono andato a prendere un'erba medicinale per Eiron.» fu abbastanza soddisfatto di quella bugia improvvisata. Nemmeno Dana avrebbe potuto mettere in dubbio quelle parole. «E' una delle poche cose che funzionano davvero. Il problema è che cresce solamente in quel postaccio!» continuò imperterrito, per evitare che lei facesse troppe domande.
Dana sembrò convinta. «Bene. La prossima volta vengo con te!»
Ad Ainohl si mozzò il respiro in gola. «Non serve, faccio da solo. E poi quel posto è davvero orribile. Non ti piacerebbe per niente! Fa freddo e la pioggia è insopportabile.»
«E' probabilmente l'unica possibilità che ho per visitare una Contea diversa da questa. Vuoi forse negarmela?»
A quelle parole, Ainohl si rabbuiò. Dana era la nipote del Capo Villaggio... il suo destino era di diventare la guida di Amdir a sua volta, un giorno. Raggiunta l'età giusta, suo padre l'aveva chiusa in casa e aveva dato l'inizio al suo addestramento da futuro Capo Villaggio. Questo fino al giorno in cui era tragicamente morto insieme alla moglie. Da quel momento erano stati i suoi nonni a prendersi cura di lei ed occuparsi della sua severa educazione.
Dana non avrebbe mai voluto diventare il prossimo Capo Villaggio... Lei odiava sottostare alle regole, sentirsi in catene, obbligata ad un destino che non aveva scelto. Il suo sogno era lo stesso di Ainohl : lasciare Amdir ed esplorare l'intero Regno di Theires. Ma entrambi erano imprigionati lì. Dana aveva un ruolo da ricoprire, Ainohl un fratello malato e un'amica maga di cui occuparsi. 
«Ci faremo compagnia,» aveva detto una volta lei. «Marciremo insieme in questa dannata nebbia.»
Ainohl non l'avrebbe mai ammesso, ma quelle parole l'avevano riempito di gioia. Sarebbe rimasto volentieri bloccato per sempre ad Amdir se il prezzo da pagare era quello di trascorrere la vita al fianco di Dana.
«Ti assicuro che rimarresti molto delusa. Sien non è altro che un immenso acquitrino! Persino camminare è difficile.»
Quando arrivarono nei pressi dell'abitazone di Ainohl, gli occhi di Dana si accesero di entusiasmo nel vedere i genitori del ragazzo intenti a caricare di bagagli un carro. «Sono in partenza per Valcalia?» chiese.
Ainohl si limitò ad annuire in silenzio. Quando erano bambini, le diceva in continuazione che l'avrebbe portata a vedere Valcalia un giorno, ma quando poi era giunta la consapevolezza che ciò non sarebbe mai accaduto, non aveva più osato toccare quell'argomento. Dana sembrò colta dallo stesso identico pensiero e il suo viso s'incupì per il volgere di un istante.
La prima a vederli arrivare fu la piccola Ari, già seduta sul carro, circondata da casse grosse il doppio di lei. Li chiamò a squarciagola, sbracciandosi per salutarli, poi saltò giù dal carro e corse loro incontro. Si aggrappò alla vita di Ainohl senza riuscire a contenersi.
«Hanno detto che mi portano con loro a Valcalia! Non volevano ma ho detto che sei stato tu a promettermelo!»
Ainohl fu davvero felice di vedere la bambina così allegra. Gli avvenimenti di quella notte sembravano aver lasciato la sua mente almeno per un po'. Gli sorrise provando ad apparire entusiasta tanto quanto lei «Io mantengo sempre le promesse, lo sai.»
Ari si sciolse in una risata gioiosa prima di tornare di corsa ad accomodarsi sul carro, ansiosa di iniziare quel viaggio.
«Si può sapere dove sei stato?» Fu la voce di sua madre a farlo trasalire l'istante successivo, autoritaria come sempre. «Fai promesse a tua sorella senza disturbarti di renderci partecipi, te ne vai in giro in piena notte... torni completamente fradicio!» aggiunse, notando solo all'ultimo momento il suo aspetto. «Cosa ti è successo?»
«Sono caduto nel fiume.» rispose immediatamente Ainohl, senza nemmeno starci a pensare. Pur non vedendola, percepì l'occhiataccia di Dana trapassarlo da parte a parte, ma provò ad ignorarla.
Sorprendentemente però, la ragazza gli resse il gioco. «Incidente di caccia!»
La donna sbuffò con stizza «Sembrate due bambini!» continuando a borbottare e lamentarsi, andò poi ad aiutare il marito a sistemare le ultime casse sul carro. Ari, curiosa, le controllava una ad una, ponendo in continuazione domande al padre che, paziente come sempre, le spiegava tutto ciò che voleva sapere.
Nella famiglia di Ainohl i ruoli erano tutti rovesciati. Erano i fratelli minori a trasmettere forza al maggiore, era il primogenito ad incoraggiare i genitori, era l'unica donna di casa a detenere il potere fra le mura domestiche. Il padre di Ainohl aveva un'indole troppo buona e gentile per poter anche solo sperare di apparire severo agli occhi di chiunque.
Sanae e Morsten, questi erano i loro nomi. Sanae era una straniera. La sua pelle olivastra e i suoi occhi scuri lasciavano intuire che provenisse dalla lontana ed inospitale Contea di Sahat. Aveva abbandonato la sua terra all'età di sedici anni, unicamente per amore dell'uomo che poi aveva sposato.  
Morsten al contrario era originario della Contea di Keiran, luogo dove aveva poi scelto di far crescere i suoi tre figli. La sua non fu una scelta dettata dall'affetto verso la propria terra natìa, ma piuttosto dalle condizioni favorevoli in cui quel luogo versava. Era l'unica Contea di tutta Theires dove nessuno soffriva la fame e dove le condizioni climatiche non erano troppo difficili da affrontare. Ad affliggere i suoi abitanti vi era solamente una spessa e perenne nebbia. Si soffriva un po' la mancanza del sole, ma si sopravviveva senza troppi problemi.
Morsten era un Cacciatore di Reliquie, l'unico di tutta la Contea di Keiran. Godeva del rispetto di tutti e il suo lavoro aveva permesso ad Ainohl, Eiron ed Ari di crescere in un ambiente sereno e economicamente stabile. Era uno storico, uno studioso, aveva visitato tutto il Regno di Theires ed era entrato in possesso d'importanti manufatti che rivendeva poi a facoltose famiglie nobiliari. Una volta aveva anche fatto affari con Re Roland in persona, ma era un aneddoto di cui non aveva mai amato particolarmente parlare. Morsten non andava famoso per la sua lealtà nei confronti del sovrano. Non che ci fosse molta gente che gli fosse fedele, in genere si evitava di toccare l'argomento. Le persone raramente parlano di ciò che li terrorizza.
Sanae era una donna molto severa e intransigente. Non aveva mai avuto i comportamenti tipici di una madre, ma Ainohl non gliene faceva una colpa. Era la più piccola di cinque fratelli e l'unica figlia femmina della sua famiglia. Era cresciuta senza una figura materna. Sua madre era morta dandola alla luce, quindi lei era cresciuta circondata da uomini.... e gli uomini della Contea di Sahat erano assai famosi per la loro rudezza e per la loro spiccata brutalità. Duri e spietati come il deserto che aveva inghiottito la loro terra.
Non era certo complicato capire cosa l'avesse fatta innamorare perdutamente di Morsten. Lui era l'esatto opposto di tutto ciò che lei aveva sempre visto in un uomo. Era dolce, affettuoso, gentile, sensibile... qualità che lei non aveva mai conosciuto.
Eiron tuttavia, era l'unico che aveva l'onore di vedere il lato più tenero di lei. Ad Ainohl non avevano mai irritato le attenzioni che Sanae rivolgeva al suo figlio minore. Di tante sfortune di cui si era fatto carico, almeno aveva il vantaggio di essere il figlio prediletto. Persino la piccola Ari l'aveva capito.
«Sei ancora in tempo a venire con noi, se vuoi.» 
La voce di suo padre lo riscosse da ogni pensiero, mentre mezzo intorpidito dalla notte in bianco si avvicinava al carro dei suoi genitori.
Andavano ogni estate a Valcalia. Laggiù arrivavano le navi direttamente dal Regno di Keladia e Morsten riusciva a barattare ed entrare in possesso di reliquie rare e preziose. Il tutto avveniva sotto l'occhio vigile delle guardie del Re ovviamente. Erano davvero in pochi ad avere l'onore di avvicinarsi a quelle navi, i cacciatori di reliquie erano fra questi.
Tante volte Ainohl aveva voluto andarci, aveva sentito storie incredibili sulla Contea Sheiran.
«Oh la dovresti vedere Ainohl...» Aveva detto una volta sua madre parlando della capitale di quella terra, eccitata quanto una bambina. «Valcalia risplende di luce propria, nonostante il sole laggiù non splenda quasi mai. E il mare... il suo odore, il suo suono. É qualcosa d'impossibile da descrivere. Sembra vivo! E' così diverso da qui. All'alba e al tramonto, ogni cosa brilla. Il sale rende tutto scintillante e le strade sembrano ricoperte di diamanti.»
Era la caratteristica più famosa della Contea di Sheiran: il sale.
Gli abitanti in pratica, ci camminavano sopra. Uno spesso strato di sale marino ricopriva tutta la Contea, come fosse neve. Il cielo era sempre coperto di nuvole, ma all'alba e al tramonto il sole decideva di fare capolino e i suoi raggi andavano a sfiorare proprio quei granelli di sale, che così prendevano a brillare.
Sua madre ne aveva raccolto un po'. Lo aveva messo in una boccetta di vetro che portava al collo, sperando di portare con sé un po' di quella luce, ma nella Contea di Keiran, non vi era nulla a far brillare quel sale.
Gli occhi neri di Sanae si riempivano sempre di malinconia ogni volta che parlava della luce, o del sole. Era qualcosa che a lei, cresciuta nel luogo più assolato di Theires, era sempre mancato. Lì nella Contea di Keiran il sole non c'era... O meglio, c'era ma non lo si poteva vedere.
Le strade erano costeggiate di fiaccole perennemente accese, quelle erano l'unica fonte di luce di quella terra.. Si poteva apprezzare  solo se si era nati lì. Ad Ainohl la nebbia piaceva. Lo faceva sentire al sicuro, protetto dagli orrori che spesso si consumavano nelle altre Contee. «La nebbia ci nasconde anche dalla follia di Re Roland» , diceva sempre suo padre. Aveva ragione. Mai si erano viste le guardie del Re solcare quel territorio. Evidentemente non riuscendo ad orientarsi a causa della nebbia, preferivano non addentrarsi entro i confini di quella Contea, o rimanersene a proteggere il Principe Guardiano nel suo palazzo. Per gli stranieri era straordinariamente facile perdersi.
«No, qualcuno deve restare con Eiron.» rispose Ainohl a suo padre, aiutandolo a caricare un grosso baule sul carro. «Magari la prossima volta...» Lo ripeteva sempre, ma quella fantomatica prossima volta non era mai arrivata.
«Non sarebbe da solo, lo sai.» L'uomo lanciò uno sguardo a Dana che, silenziosa, si stava divertendo a raccontare cose spaventose e false su Valcalia ad Ari. Morsten si stava ovviamente riferendo alla nonna della ragazza. La moglie del Capo Villaggio, che era anche l'unica Guaritrice presente lì nel piccolo e sperduto villaggio di Amdir, sarebbe stata più che disponibile a prendersi cura di Eiron durante la loro assenza, ma ciò non bastò a convincere Ainohl. Ad Eiron non piaceva quella donna. Non aveva niente che non andava, ma semplicemente lo metteva in soggezione. Non aveva mai detto nulla a tal proposito, ma Ainohl sapeva che preferiva avere un famigliare al suo fianco, piuttosto che una mezza estranea. 
E poi, non poteva stare via così a lungo. Aveva Ayleen... Non poteva lasciarla sola. Lei non aveva nessun'altro.
«Si lo so...»
Suo padre non insistette, si limitò a sorridergli comprensivo. «Non potrai occuparti per sempre di lui, Ainohl. Dovrai farti una vita prima o poi.» aggiunse comunque.
Ainohl sospirò senza dire nulla. A ventidue anni, tanti suoi coetanei avevano lasciato da un pezzo la loro casa. La maggior parte dei suoi amici d'infanzia erano già sposati, alcuni con figli, altri avevano lasciato Amdir... Ma non lui. Sebbene fin da bambino avesse sognato di esplorare tutto il Regno di Theires. Non se la sentiva di andare via, non ancora. «Quando Eiron sarà guarito.» Si ripeteva sempre...
«Vuoi che ti porti qualcosa da Valcalia?» domandò poi Morsten, assumendo un tono più allegro e cordiale, mentre caricava l'ultima cassa sul carro e copriva il tutto con un telo.  Ari scoppiò a ridere e lanciò un urletto quando ci rimase sotto. Dana l'aiutò a trovare l'uscita.
«Si.» rispose pronto Ainohl, «Una medicina per Eiron. Quelle navi provengono dal regno dei maghi! Dovranno pur contenere qualcosa che non sia qualche inutile coccio o il solito vecchio libro scritto in qualche lingua sconosciuta, no?»
Morsten lo fissò accigliato, ma in una maniera del tutto bonaria. «Rispetta il mio lavoro, ragazzo! Sono quegli inutili vecchi cocci a darti da mangiare.»
«No, è la tua spiccata persuasione a darci da mangiare. Solo uno stupido riempirebbe casa propria con quella robaccia.»
«I nobili sono stupidi, per nostra fortuna. E molto annoiati. Inoltre hanno delle dimore con un sacco di stanze inutilizzate da poter riempire con quella robaccia.»
Ainohl soffocò una risata che spense subito non appena Sanae li raggiunse. Non aveva paura di sua madre, ma sapeva quanto a lei non piacessero quei discorsi. Per lei il lavoro era sempre fatica e sacrificio, andava rispettato, mai deriso. Tipica convinzione degli abitanti della Contea di Sahat... 
«E' tutto pronto, cara.» Disse Morsten, salvando il figlio da una probabile ramanzina. Sanae gli rivolse un fugace sorriso, prima di avvicinarsi ad Ainohl, stavolta con un'espressione più dolce.  
«Mi raccomando...» fece, posandogli una mano sul viso. «Prenditi cura di tuo fratello.»
«Lo faccio sempre.»
«Continua a farlo, va bene? ... Almeno finchè non torniamo.»
Ainohl annuì, sorridendo a sua madre in uno di quei rari momenti in cui lei non appariva minacciosa. «Goditi la luce di Valcalia.»
Gli occhi di Sanae brillarono di entusiasmo all'istante, come ogni volta che si accennava al sole o a qualsiasi cosa luminosa. «Lo farò. Puoi scommetterci!»
Sua madre lo abbracciò un po' impacciatamente. Ainohl era troppo alto per lei ormai, dovette mettersi in punta di piedi e lui dovette abbassarsi un po' per ricambiare. «Attenta, sono bagnato fradicio!»
«Questo perchè sei un pessimo cacciatore!» lo prese in giro Dana.
Salutò poi suo padre con un semplice cenno del capo e un sorriso denso di parole inespresse. Ainohl ebbe l'impressione che stesse per dirgli «Fai il bravo», ma lui di certo ormai era troppo cresciuto per sentirselo dire.
Ari si sporse verso di lui e gli mostrò qualcosa che si era messa al collo. Era una boccetta di vetro identica a quella della madre, solamente vuota. «Ci metterò il sale e lo porterò sempre con me!» gli confidò tutta eccitata.
Ainohl le sorrise «Prendine tanto, così riempiamo una boccetta anche per me.» La bambina annuì raggiante ed entusiasta a quel compito che le era stato appena assegnato. In quel momento gli ricordò tanto Ayleen... quella collana improvvisata, che ora la bambina nascose dentro i suoi abiti come per proteggerla, gli fece venire in mente la Lacrima di Luna della sua amica maga.
Entrambi i suoi genitori salirono poi sul carro e partirono, pochi istanti e sparirono inghiottiti dalla nebbia. Solo il rumore delle ruote sul sentiero, degli zoccoli del cavallo e della vocina di Ari che si era messa a cantare, ci misero di più a dissolversi.
Ainohl rimase a fissare il punto in cui erano come spariti per qualche istante. Ogni volta che partivano si trovava ad immaginarsi come sarebbe stato fare un viaggio tutti insieme. Lui, Ari, i suoi genitori e Eiron. Ma era meglio non pensarci troppo... le probabilità che rimanesse solo un sogno ad occhi aperti erano fin troppo alte.
La mano di Dana si posò sulla sua spalla, in maniera tutt'altro che delicata. «Ho mentito per te, mio caro ragazzo. Mi devi un favore!»
Ainohl sospirò rassegnato. I favori nei confronti di Dana assomigliavano il più delle volte a dei ricatti veri e propri. Si voltò in attesa della sua richiesta, aspettandosi qualunque cosa.
«Ho una fame tremenda.» fu tutto ciò che disse.
Ainohl si lasciò andare ad un sospiro sollevato. «Vieni.»
Le fece strada fino all'uscio di casa. Appena entrarono, il calore che dal camino si disperdeva in tutta la casa, lo avvolse in un dolce e piacevole abbraccio. Solo in quel momento si accorse di quanto infreddolito fosse con quegli abiti fradici addosso.
Dana andò senza troppi fronzoli a sedersi al tavolo da pranzo. Ainohl avrebbe voluto mettere radici davanti al fuoco e non muoversi più, ma l'istinto lo spinse di getto verso la propria stanza da letto. Si assicurò che Eiron dormisse ancora e che... respirasse ancora.
Il terrore di trovarlo senza vita gli prendeva lo stomaco ogni volta che varcava la porta di quella camera. Suo fratello dormiva sereno e respirava regolarmente. Ainohl ne approffittò per levarsi quegli indumenti bagnati e mettersi qualcosa di asciutto.
Quando tornò da Dana, deciso a preparare la colazione sia per lei, che per sé e Eiron, Dana ruppe il silenzio.
«Stanotte c'è stato un rito di purificazione.»
Ainohl si sentì gelare il sangue nelle vene. Non voleva ripensare a quell'avvenimento. Era riuscito a distrarsi a sufficienza per dimenticarlo almeno per un po'. Non voleva affrontare quell'argomento. Soprattutto, non con lei.
«Che spreco!» continuò Dana, come se stesse parlando di una delle prede che cacciava, anziché di un bambino innocente. «Lasciargli indosso la Lacrima di Luna è un vero delitto. Cosa se ne può fare da morto? … Quelle dei neonati non hanno molto valore, però forse la vita te l'allungano lo stesso!»
Ainohl stava dando le spalle a Dana e nell'ascoltarla, si sentì invadere dalla rabbia. 
«Non ne voglio parlare.» disse con un tono talmente freddo, da stupire anche se stesso. Tuttavia Dana, non sembrò sentirlo.
«Quei piccoli mostri avvelenano anche la loro stessa madre! Quella povera donna ha del tutto perso il senno, dovresti sentire cosa va blaterando!»
«Penso che il senno l'abbia perso perchè si è vista strappare via il suo bambino dalle proprie braccia e gettarlo in un pozzo.» gli fece notare lui, cercando di restare calmo. «Qualunque madre reagirebbe allo stesso modo.»
Dana rimase in silenzio qualche istante. Ainohl ancora le dava le spalle e non poteva provare ad intuire cose le stesse passando per la testa.
«Quale madre considera quegli abomini alla pari dei propri figli ?»
Solo a quel punto, Ainohl si decise a voltarsi verso di lei. Vedere il suo volto privo di qualsiasi pentimento, lo fece irritare ancora di più. Era una battaglia persa. Non sarebbe mai riuscito a farle cambiare idea... Pensare che la ragazza che amava potesse avere simili convinzioni, faceva male. Poteva accettare che i suoi stessi famigliari le avessero, così come la gente di Amdir e di tutto il regno. Ma era soprattutto l'idea che le avesse Dana a farlo soffrire.
«Non sono abomini. Non decidono loro di nascere così!»
Dana sbuffò sonoramente, alzando gli occhi al cielo, «Ti prego, dimmi che non hai intenzione di ricominciare con questa storia del difendere i maghi!»
Ainohl si vide costretto a ricacciare indietro ciò che davvero premeva per uscire dalle sue labbra. Tante volte aveva provato a far ragionare a Dana, e i risultati non erano mai arrivati. Non voleva litigare con lei. Non voleva sentirla accusare i maghi di essere dei mostri. Non con l'immagine del sorriso radioso e gentile di Ayleen in testa, mentre gli donava le erbe curative per Eiron che aveva raccolto rischiando di venire catturata dagli abitanti di Aranel. Non con il ricordo del volto terrorizzato di Ari mente assisteva a quello scempio. Non con Eiron nella stanza accanto, che finalmente dormiva sereno.
«Come ho già detto Dana, non ne voglio parlare.»

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