CAPITOLO
TRE
Ainohl
non tornò a casa quella notte, rimase con Ayleen fino al sorgere del
sole. In
senso figurato naturalmente, visto che i suoi raggi nulla potevano
contro le
nuvole perenni della Contea di Sien.
Inutile dire che non era riuscito a chiudere occhio, perseguitato dal
ricordo
del rito di purificazione a cui aveva assistito poche ore prima. Così,
mentre
la giovane maga accanto a lui aveva riposato placidamente, Ainohl non
aveva
fatto altro che tormentarsi con innumerevoli dubbi. Non era più certo
che
quella piccola ed angusta grotta fosse un buon nascondiglio per Ayleen.
Era una paura sciocca, lei aveva sempre vissuto lì. Ciò nonostante,
nulla
riuscì a debellare quell'ondata di apprensione che continuava ad
infrangersi
contro il suo cuore.
Aranel era il villaggio più vicino. Non era poi così distante, si
trovava appena
oltre il bosco. Il rischio che Ayleen venisse catturata era concreto …
Era
anche già accaduto che qualcuno avesse provato a prenderla. E adesso,
Ainohl
non riusciva a trovare né la forza né il coraggio di tornare a casa
propria e
lasciare lì la sua amica. Sola, senza alcuna protezione e in balia di
persone
guidate da dei pregiudizi sciocchi e pericolosi.
Tutto
ciò che desiderava era prenderla e portarla a casa sua, farla vivere in
un
ambiente decente, permetterle di dormire in un letto vero, di mangiare
del cibo
degno di quel nome, di strapparla almeno per un po' a
quell'insopportabile
pioggia. Ma non poteva farlo... Nulla di tutto ciò era possibile.
Nella sua famiglia, Ainohl era l'unico che non odiava i maghi. Era
l'unico di
tutta Amdir, ad essere sinceri... se non di tutto il regno di Theires.
La
presenza di Ayleen avrebbe creato molto scompiglio con i suoi genitori,
soprattutto con sua madre. Lei era forse la più cocciuta. Non avrebbe
mai e poi
mai cambiato idea a tal proposito. Inoltre, non poteva permettere che
la sua
famiglia rischiasse la pena capitale per aver dato ospitalità ad una
maga.
Per
di più, Ayleen era morbosamente ed insensatamente legata alla Contea di
Sien.
Ainohl non aveva mai capito il perchè.
Quella
terra le era stata sempre ostile, fin da quando era nata, eppure lei
l'amava
con tutta se stessa. Amava in particolare quella pioggia che invece
tutti
detestavano. Spesso lui la sorprendeva intenta a fissare il cielo.
Restava lì
anche per ore intere, senza muovere un solo muscolo. Chiudeva gli occhi
e
lasciava che la pioggia perenne di quella terra l'accarezzasse. Ogni
volta,
sorrideva. Era uno di quei rari momenti in cui anche lei sembrava
felice di
essere al mondo.
Ayleen
non aveva avuto molte gioie nella sua vita. Era orfana di entrambi i
genitori,
non aveva alcun ricordo di loro. Sua madre era morta dandola alla luce
e suo
padre era stato successivamente catturato, torturato e ucciso proprio
dagli
abitanti di Aranel. Ayleen aveva vissuto i suoi primi anni di vita
assieme alla
sorella maggiore, nascosta nel bosco come un animale. Col tempo e con
qualche
passo falso di troppo, si era guadagnata il nomignolo di «Fantasma
Rosso» al
villaggio di Aranel. Erano stati i bambini a darglielo, perchè
solamente loro
erano riusciti ad avvicinarla. Avevano provato a catturarla, le avevano
lanciato contro i sassi, manciate di fango, l'avevano legata ed avevano
infierito del tutto incuranti del fatto che, come loro, anche lei
provava
dolore. Erano riusciti a vedere l'oro delle sue iridi e spaventati
l'avevano
lasciata scappare, ma da quel momento anche gli adulti avevano
cominciato a
darle la caccia.
La
legge parlava chiaro. I maghi andavano consegnati a Re Roland o ad uno
dei
Principi Guardiani... Eppure nessuno sembrava essersi davvero impegnato
per catturarla.
Più che della magia, la gente di Aranel temeva il loro sovrano e i suoi
figli.
Non potevano avere la certezza che la promessa di gloria e ricchezza
eterna a
coloro che avessero consegnato vivi dei maghi, sarebbe stata davvero
mantenuta
dal Re. Non era certo un uomo famoso per il suo onore.
Ciò
nonostante non avevano mai rinunciato a cercare Ayleen. E se
inizialmente il
loro obiettivo era ingraziarsi il Re, adesso tutto ciò a cui anelavano
era la
Lacrima di Luna della giovane maga.
Ainohl spostò lo sguardo sul volto ancora dormiente di Ayleen. Il
bagliore
della sua Lacrima era ben visibile sul suo petto, anche sotto la stoffa
bianca
della sua veste. Tanta gente sarebbe arrivata ad uccidere per
impadronirsi di
quell'oggetto magico e misterioso.
Aveva
l'aspetto di una gemma di scarso valore, sembrava quasi un minerale. In
essa
però, vi era custodito tutto il potere di un mago. Ayleen non la
mostrava mai,
la teneva sempre nascosta dentro i propri vestiti. La custodiva e
proteggeva
più della sua stessa vita.
Una
volta, non sapendo nulla di quell'oggetto misterioso, Ainohl aveva
provato a
toccarlo, ma Ayleen si era ritratta terrorizzata ed era scappata via.
Il
ragazzo aveva impiegato ore per trovarla e convincerla che non voleva
rubarle
quella strana pietra.
Si
era poi documentato sui libri di suo padre. Ogni mago nasceva
stringendo fra le
mani una Lacrima di Luna. Il nome era dovuto al fatto che tutti i maghi
nascessero di notte , durante il plenilunio. La vita del mago era
indissolubilmente legata alla sua pietra. Non potevano vivere separati,
motivo
per cui Ayleen teneva la propria al collo. La luce che irradiava era
intensa
quando lei era in piena salute, si affievoliva se stava male o era
ferita.
Ainohl aveva visto solo quella di Ayleen, che era di un bianco
abbagliante, ma
sapeva che ve ne erano altre di tonalità differenti. Non aveva idea del
perchè
quella della sua amica fosse di quel colore, non osava mai fare domande
a tal
proposito. Ayleen appariva sempre molto a disagio quando lui si
mostrava
incuriosito da quella pietra.
Erano oggetti molto rari e preziosi, quello era stato suo padre a
dirglielo.
Quelle pietre non solo avevano un valore immenso, ma si diceva
potessero
allungare la vita di chi ne entrava in possesso.
Essendo così legate al loro mago, era proibito per chiunque altro
toccarle. Era
qualcosa che Ainohl non aveva mai davvero capito a fondo, ma da quel
poco che
anche Ayleen gli aveva spiegato, toccare una lacrima di luna era una
vera e
propria violenza fisica e mentale per il mago.
«E' come se qualcuno ti squarciasse il petto per cercare di
strapparti via
l'anima, come se provasse ad entrare nella tua mente e controllarla.»
Gli aveva raccontato Ayleen. «Fa
male. E' doloroso. Come se
ti pugnalassero al cuore senza che però la morte sopraggiunga per darti
sollievo. Non riesci più a muoverti, a respirare, a pensare... desideri
solo
che tutto abbia fine.»
Ovviamente nulla di tutto ciò fermava gli uomini assetati di potere e
ricchezza. Ayleen non ne aveva mai parlato, ma era capitato che più di
una
volta Ainohl l'avesse trovata svenuta nella foresta, immersa nel fango,
con la
sua Lacrima di Luna stretta fra le dita. Non era complicato immaginare
cosa
accadesse. I bambini di Aranel passavano molto tempo nel bosco e
sapevano
essere spietati. Avevano imparato ad odiare e prendere di mira il
Fantasma
Rosso... ed erano affascinati da quella pietra luminosa che lei
indossava. Non
perdevano occasione di toccarla o giocarci o provare a rubarla.
Sapevano bene
cosa fosse e sapevano anche che gli adulti volevano impadronirsene.
Ayleen era
sempre riuscita ad evitare che gliela portassero via, in qualche modo.
Dopo
ogni battaglia però, aveva sempre impiegato giorni per riprendersi del
tutto.
Ad Ainohl piaceva paragonare le Lacrime di Luna ad un organo vitale.
Erano come
un secondo cuore. Senza di quello un mago non poteva vivere.
E la
gente di Aranel bramava proprio ad impadronirsi del secondo cuore di
Ayleen.
Ainohl cercò di sfuggire a
quei pensieri e
provò a distrarsi osservando la grotta in cui la ragazza aveva sempre
vissuto.
Dopo tanti anni, Ainohl ancora si chiedeva come facesse a vivere lì. A
malapena
si riusciva a stare in piedi, l'unica fonte di luce era un fuoco debole
e
prossimo all'estinguersi. Tutto intorno solo due giacigli improvvisati
di paglia
rubata al villaggio e alcuni teli di stoffa a coprirli. Sulle pareti
rocciose e
umide, vi erano ovunque incisioni e disegni vari. Era stata Ayleen a
farli. Per
fare i colori, aveva usato la terra, il fango, le pietre frantumate e i
petali
sminuzzati dei rarissimi fiori che crescevano in quella Contea. Aveva
smesso da
anni di decorare la sua grotta, non perchè si sentisse troppo cresciuta
per
farlo, ma semplicemente perchè non c'era più spazio. Anche Ainohl
l'aveva
aiutata quando erano più piccoli, era stato uno dei loro giochi
preferiti.
Tanti di quei disegni incomprensibili che in qualche modo rendevano
quel posto
più accogliente, portavano anche la sua firma.
«Mi
stai facendo venire il mal di testa.»
Ainohl
sussultò appena e si voltò verso la ragazza, ancora sdraiata sul suo
giaciglio.
I suoi occhi dorati erano liquidi di stanchezza, le sue labbra piegate
in
sorriso tanto dolce e spontaneo da far sorridere anche lui.
«Che
ho fatto?» domandò Ainohl, sinceramente incuriosito dalle parole di
Ayleen.
Lei si
mise a sedere, stiracchiò le braccia e puntò lo sguardo fuori dalla
grotta. Il
sorriso le si allargò. Inspirò l'aria mattutina a pieni polmoni e
chiuse per
qualche istante gli occhi. Era il buongiorno alla sua amata pioggia.
«Pensi
troppo.» spiegò, continuando a guardare verso l'esterno.
«Hai
imparato a leggermi nel pensiero, adesso?»
«Non
serve. Le tue emozioni sono piuttosto chiare.»
Quella
era forse la particolarità più curiosa e fastidiosa di Ayleen. Lei,
così come
tutti i maghi, possedeva il sottile e misterioso dono dell'empatia.
Percepiva
gli stati d'animo delle persone come fossero i suoi. Non era qualcosa
che
riusciva a controllare e spesso Ainohl si sentiva un po' troppo
vulnerabile al
suo fianco, dal momento che con lei era impossibile avere dei segreti.
«Oggi sono dodici anni esatti...»
La
voce di Ayleen lo riscosse da quei pensieri. La guardò notando il suo
viso
farsi di colpo malinconico e i suoi meravigliosi occhi dorati velarsi
di
tristezza. Ainohl non comprese subito le sue parole, ci volle qualche
istante
prima che ricordasse cosa fosse accaduto quello stesso giorno di dodici
anni
prima.
«...
Tua sorella?» azzardò.
Lei
annuì soltanto, abbassando il capo. I suoi boccoli vermigli ricaddero
morbidi
sulle sue spalle facendole da sipario dal resto del mondo. Ainohl non
era mai
certo di come comportarsi ogni qualvolta si toccasse quell'argomento.
Rael
era la sorella maggiore di Ayleen, colei che l'aveva cresciuta dopo la
morte
dei loro genitori. Erano esattamente dodici anni che Ayleen non la
vedeva. Rael
l'aveva abbandonata lì per andare a Keladia, il continente dove i maghi
vivevano in pace lontani dagli umani.
Le
aveva detto che era troppo piccola per affrontare un simile viaggio, e
poi le
aveva promesso che sarebbe tornata a prenderla, ma non era mai accaduto.
Ayleen
ancora la stava aspettando, ancora ci sperava che Rael avrebbe fatto
ritorno.
Ainohl aveva smesso di crederci già da un po', ma non osava esprimere
quel
pensiero a voce alta e distruggere così le speranze della giovane
maga...
Era una
cosa inutile a ben pensarci, visto che lei era in grado di percepire le
emozioni altrui come fossero le sue, e quindi capiva quando qualcuno
mentiva.
Eppure Ainohl non si era comunque mai permesso di infrangere le sue
speranze.
Non gli sembrava giusto. Ayleen sopravviveva grazie alle speranze,
solide o
fragili che fossero.
Due
erano le possibilità: o Rael era morta nell'impresa di raggiungere il
Regno di
Keladia, oppure aveva volontariamente abbandonato la sorella. Ainohl si
augurava con tutto il cuore che la prima ipotesi fosse quella vera. Per
quanto
triste, era quella meno crudele e più accettabile.
«Tornerà.» le disse, pur consapevole che le sue emozioni l'avrebbero
tradito.
Lei infatti lo guardò con un'ombra di rassegnazione sul volto candido,
ma non
gli negò un sorriso colmo di gratitudine.
«Sarà dura convincerla che tu non odi i maghi, quando farà ritorno.»
Aggiunse
poi, scacciando in parte la tristezza dai suoi occhi.
«Ci
riuscirò, non temere! Ho convinto te, posso convincere qualunque mago!»
«Lei vi vorrebbe tutti morti.» confessò Ayleen, tornando a fissare per
terra,
quasi vergognandosi di quell'ammissione.
«Non la biasimo di certo...»
Ancora
non aveva raccontato cosa fosse successo ad Amdir. A dir la verità, non
se la
sentiva nemmeno di farlo. Temeva di spaventarla troppo. Uno dei suoi
difetti,
se così lo si poteva definire, era che possedeva una sensibilità a dir
poco
spiazzante.
L'espressione
malinconica della ragazza andò via a via con l'estinguersi, lasciando
il posto
ad un sorriso allegro, più tranquillo, ma sempre velato dalla sua
consueta
timidezza. «Non ti preoccupare. Ti proteggerò io da lei! » esclamò
svagata.
Ayleen
non era solita guardare negli occhi nessuno quando sorrideva, come se
provasse
imbarazzo a mostrare quei suoi rari momenti di gioia e divertimento.
Ogni volta
che sulle sue labbra si delineava un sorriso, lei abbassava lo sguardo
a terra
e lasciava che i suoi boccoli rossi le ricadessero sul volto e la
nascondessero
al mondo.
Ainohl
riconosceva in lei un'innegabile bellezza. Non era quel tipo di fascino
che
seduceva o faceva fremere di desiderio un uomo. Era più quello che
inteneriva,
che ti spingeva a cercare di conquistare la sua attenzione, un suo
cenno, un suo sguardo.
Che ti faceva desiderare di conoscerla, di poterle parlare, di poterle
essere
di conforto, senza altri scopi di natura più lasciva.
Osservare
Ayleen trasmetteva un'insolita serenità. Non c'era volgarità in lei,
non
c'erano ostentazione o vanità. Solo una dolcezza e un'innocenza che
solo una
bambina avrebbe potuto avere.
Ayleen non era più una bambina, ma aveva comunque mantenuto quella
purezza che
tanto mancava in quel mondo così corrotto e dominato dall'odio. Molto
spesso,
quando Ainohl guardava lei, gli balzava alla mente l'immagine di sua
sorella
Ari.
«Ascolta...»
ancora una volta fu la voce della maga a interrompere il fluire dei
pensieri di
Ainohl. «Qualunque cosa sia, adesso è passata.»
Ainohl
cercò il suo sguardo, ancora insistentemente fisso a terra. Non fece
domande,
non ce n'era alcun bisogno. Fece un profondo sospiro senza sapere cosa
dire.
«Lo sento che sei turbato da qualcosa. Lo sei da quando sei arrivato
qui.»
continuò lei.
«Scusami.»
«Non devi scusarti.» Finalmente, Ayleen si decise a rialzare gli occhi
da
terra. Ainohl scrutò il proprio riflesso in quelle incredibili iridi
color
dell'oro. «Le cose brutte non durano per sempre. Quindi, qualunque cosa
tu
abbia visto o sentito o fatto, la smetterà di torturarti prima o poi.»
Ainohl
le sorrise grato, sebbene quelle parole non fossero riuscite a
rincuorarlo più
di tanto. Lui non possedeva la stessa forza di Ayleen. Lei era sempre
riuscita
a vedere il buono in ogni cosa, persino negli umani che le davano la
caccia e
che avevano sterminato la sua famiglia. Lui non vedeva il mondo allo
stesso
modo. Avrebbe tanto voluto riuscirci, ma ormai era una battaglia persa.
Ayleen aveva ragione. Un giorno, l'immagine di quel neonato innocente,
gettato
crudelmente verso la morte in quel pozzo, avrebbe abbandonato la sua
mente.
Però, era anche consapevole che quel mondo corrotto nel quale viveva,
gli
avrebbe riempito la testa di altre immagini terribili ed difficili da
dimenticare. E la paura che qualcuno potesse fare del male ad Ayleen,
riservarle una condanna ben peggiore di quella del neonato ad Amdir,
non
l'avrebbe abbandonato mai.
«Sarà
meglio che io torni a casa. I miei genitori partono per Valcalia questa
mattina, devo occuparmi di Eiron.»
«Aspetta!»
esclamò Ayleen, dirigendosi verso il fondo di quella grotta fredda e
buia che
lei chiamava casa. Ainohl la sentì trafficare con qualcosa, ma prima
ancora di
riuscire ad appurare cosa stesse facendo, lei era già di ritorno. Gli
si
avvicinò e gli mise qualcosa fra le mani. Era un piccolo sacchetto di
stoffa
bianca, chiuso alla bell'e meglio con uno spago.
«E'
per Eiron.» dichiarò lei, con un sorriso.
Ainohl
osservò attentamente l'oggetto, per poi lanciare un'occhiata
interrogativa ad
Ayleen.
«Per la sua febbre.» s'affrettò subito a spiegare lei, «E' un'erba
speciale.
Fanne un infuso e faglielo bere. La febbre scenderà.»
Ainohl
non rimase sorpreso da quel gesto. Non era la prima volta che Ayleen
gli donava
erbe medicinali per il fratello. L'essere cresciuta in una foresta
aveva i suoi
vantaggi, in un certo senso. Ayleen conosceva ogni pianta, sapeva
esattamente
quali fossero pericolose e quali utili. Il provare a dare sollievo ad
Eiron era
l'unica cosa che la faceva sentire utile...
«Ti
ringrazio.» fece Ainohl, posandole una mano sul capo in un gesto quasi
paterno.
«Anche da parte di Eiron.»
Ovviamente,
lei si affrettò a sfuggire di nuovo al suo sguardo. Il suo viso si
vestì di
un'espressione improvvisamente mesta «Mi dispiace solo di non poter
fare di
più...»
«Non
torniamo sull'argomento.» la interruppe subito Ainohl. «Va bene così.
Le tue
erbe funzionano. Non serve altro.»
«Lo
so, però non dovrei ricorrere a questi rimedi per curare una persona!»
«Ayleen,
smettila!» Il tono di Ainohl si fece più severo. «Non è colpa tua. Non
serve
parlarne ogni volta.»
I maghi non usavano le erbe per curarsi o per curare gli altri. Era
assurdo
pensare che ricorressero a simili rimedi da umani, quando potevano
contare
sulla magia. Ma Ayleen era diversa.
Qualcosa non funzionava in lei. Se non fosse stato per i suoi occhi
dorati e
per la sua Lacrima di Luna, sarebbe potuta passare per una semplice
ragazza
umana. Erano dieci anni che Ainohl la conosceva. Dieci anni che si
prendeva
cura di lei e andava a farle visita di nascosto... e in tutto quel
tempo, mai
una volta Ayleen aveva utilizzato la magia.
Era
raro che ne parlasse. Si vergognava molto per quella situazione. Lei
non era in
grado di sfruttare il dono di cui era stata investita. Era come se la
magia non
scorresse in lei. Ci aveva provato in un paio d'occasioni, finendo
sempre col
sentirsi male o perdere addirittura i sensi. Cercava di non darlo
vedere, ma
era chiaro quanto quella menomazione la disturbasse.
Quando
Ainohl l'aveva incontrata la prima volta e aveva capito che fosse una
maga, il
suo pensiero era subito volato ad Eiron. Nessuna medicina umana era mai
riuscita a guarirlo... forse solo un incantesimo di guarigione avrebbe
potuto
salvarlo. Ainohl aveva visto in Ayleen la salvezza di suo fratello. Ma
le cose
erano andate molto diversamente da come si era immaginato.
Sarebbe
stato un bugiardo a dire che non gli importava che Ayleen non riuscisse
ad
utilizzare la magia. Preferiva sempre sviare il discorso per non ferire
ulteriormente i sentimenti della ragazza. Le voleva troppo bene per
riuscire a
confessarle quanto fosse in realtà deluso da quella sua condizione.
In fondo, così come nascevano umani ciechi o sordi o con malformazioni
fisiche,
forse allo stesso modo potevano nascere maghi incapaci di usare la
magia.
Il
fatto che quella sorte fosse toccata all'unica maga che Ainohl avesse
mai
conosciuto, lo irritava non poco. Si sforzava sempre però, di soffocare
quelle
emozioni. Ayleen non doveva assolutamente percepirle. Conoscendola
avrebbe
provato ad usare la magia fino ad uccidersi di fatica. E questo non
doveva
assolutamente succedere. Ainohl non se lo sarebbe mai perdonato!
Sarebbe stato complicato farle capire che non ce l'aveva con lei, ma
con il
destino che in qualche modo continuava ad ostacolarlo e impediva ad
Eiron di
guarire.
«Sei
l'unica persona che riesce a far stare meglio Eiron. Nessun guaritore
ci
riesce. Solamente tu!»
Ayleen sorrise timidamente, sistemandosi una ciocca vermiglia dietro
l'orecchio
e tenendo lo sguardo fisso a terra.
«Ho
trovato cosa fare nella mia vita, allora.»
Entrambi
ridacchiarono appena, pur consapevoli che una simile eventualità non
era
proprio possibile. Chi mai si sarebbe fatto curare da una guaritrice
con gli
occhi dorati? La gente avrebbe preferito morire piuttosto che farsi
toccare da
lei.
«Tornerò
il prima possibile.» Annunciò infine Ainohl, calandosi il cappuccio sul
capo e
uscendo dalla grotta. Ayleen lo seguì, naturalmente senza preoccuparsi
di
coprirsi e proteggersi un minimo dalla pioggia battente che li investì.
«Non
andare troppo in giro, va bene?» si raccomandò poi.
«Ho cibo a sufficienza per rimanere qui un altro po'. Non ti
preoccupare, non
andrò nel bosco.»
Ainohl annuì più sereno. Ancora una volta, in maniera del tutto
istintiva, le
posò una mano sul capo. «Cerca di non prenderti un malanno qui fuori!»
Ayleen
sorrise divertita. «Attento a non prendertelo tu!»
Il
ragazzo trattenne a stento una risata. Nonostante lei apparisse esile e
fragile
come una bambina, il freddo e la pioggia di quella contea non la
scalfivano.
Era decisamente più facile che si ammalasse lui, non essendo abituato a
quel
clima.
«Verrei
a farmi curare dalla mia guaritrice di fiducia, se dovesse succedere.»
riuscì a
farla ridere, e subito percepì la preoccupazione che l'aveva spinto
fino lì,
abbandonare il suo corpo. Col cuore più leggero, la salutò con un cenno
del
capo e corse via sotto la pioggia, ansioso di trovare riparo nella
propria
Contea.
Ogni
volta che lasciava Ayleen indietro, un lieve senso di colpa gli
prendeva lo
stomaco. Gli sembrava sempre troppo ingiusto che lei dovesse rimanere
lì sola e
completamente indifesa.
Scacciò in fretta quelle sensazioni e raggiunse in fretta il confine.
Prese un
respiro prima di attraversare l'immensa cascata d'acqua che delimitava
la fine
di Sien e l'inizio di Keiran.
Fu un
vero sollievo per lui sfuggire a quella pioggia insopportabile. Accolse
con
gioia lo spesso muro di nebbia che anticipò il suo ingresso a Keiran.
Procedette sicuro, senza lasciare che la visibilità pressoché nulla
intaccasse
il suo orientamento. Pochi passi e la nebbia si fece meno opprimente. I
suoi
occhi iniziarono a delineare il profilo degli alberi e il tracciato del
sentiero sotto i suoi piedi. Le lanterne perennemente accese che
delimitavano
tutte le strade di Keiran lo condussero fuori dalla linea di confine,
dove la
visibilità era certamente migliore.
Finalmente
lontano dalla pioggia di Sien, Ainohl si tolse il cappuccio e si passò
una mano
fra i capelli scuri ormai fradici. Ancora una volta si trovò a
chiedersi come
facesse Ayleen ad amare così tanto quella Contea.
Era
quasi arrivato a casa quando fu costretto ad un brusco arresto. Un
sibilo, uno
spostamento d'aria ad un soffio dal suo viso e una freccia che si
conficcò
dritta nel tronco di un albero che stava per superare.
Ainohl fece un profondo respiro. Strinse i pugni irritato e alzò poi
gli occhi
al cielo con rassegnazione. Si voltò verso il punto da cui la freccia
era stata
scagliata. Non vide nessuno, complici la nebbia e la vegetazione, ma
sapeva
benissimo chi fosse stato l'artefice di quel tiro da manuale.
«Buongiorno anche a te, Dana!» disse apparentemente al nulla.
Non fu difficile,
nell'assoluto silenzio che contraddistingueva la Contea di Keiran,
udire lo
scalpiccio di passi e la malcelata risata che seguirono.
A
fare la sua comparsa fu una ragazza vestita di abiti maschili, i
capelli biondi
lunghi fino alle spalle e gli occhi azzurri decisamente seri e ostili.
«Ah, sei
solo tu!» si lamentò subito, andando senza indugi a recuperare la sua
freccia
dal tronco dell'albero. «Così
conciato ti ho scambiato per un cinghiale.»
Dana si concesse qualche istante
per osservarlo da capo a piedi «Sono abiti invernali quelli?»
Ainohl
non le rispose, non sapendo che scusa inventarsi per giustificare il
proprio
abbigliamento. Dana sorrise del suo silenzio. Era difficile avere a che
fare
con lei. Non tutti ci riuscivano. Aveva la fama di essere piuttosto
intrattabile
con tutti. Era facilissimo farla arrabbiare, complicatissimo avere una
conversazione pacifica con lei. Ainohl la conosceva da sempre. Ogni
qualvolta
si ritrovasse a ripensare alla propria infanzia, nei suoi ricordi Dana
era
sempre presente.
Le persone
in genere la evitavano, proprio a causa del suo brutto carattere, ma
lui era
diverso. Non solo aveva imparato a sopportare i suoi modi di fare, era
persino
arrivato ad apprezzarli. Li trovava più divertenti che fastidiosi. Dana
non era
sempre stata così. Lo era diventata dopo la tragica ed improvvisa morte
dei
suoi genitori. Il carattere freddo e scontroso era l'unica arma di
difesa che
era riuscita a costruirsi per non crollare in pezzi. Ainohl l'aveva
sempre
saputo e non l'aveva mai giudicata per questo. Per certi versi
l'ammirava.
Sembrava che nulla potesse abbatterla. Al suo fianco, lui si sentiva
infinitamente più debole. Ciò nonostante le voleva bene. L'affetto che
li
legava non era mai stato espresso né con le parole né con i gesti da
nessuno dei
due, ma c'era. Entrambi lo sentivano, entrambi ne avevano bisogno.
Probabilmente molto più Ainohl che Dana...
Non aveva mai mentito a sé stesso su quali sentimenti in realtà lo
legassero a
quella ragazza così strana. Non era semplice amicizia. Era molto di
più. Ma
Dana non era il tipo di donna a cui dichiarare il proprio amore.
Probabilmente ne avrebbe riso, si sarebbe arrabbiata, o, peggio, non
avrebbe
reagito in alcun modo. Ainohl preferiva lasciare le cose immutate. Non
voleva
rischiare di rovinare il legame che li teneva uniti.
«Ebbene?»
la voce di Dana lo riscosse da propri pensieri. «Cosa ti ha spinto fino
alla
Contea di Sien?»
Ainohl riprese subito il cammino, cercando di sfuggire in fretta da
quel
discorso. «Non sono andato a Sien.»
Dana
lo raggiunse e gli lanciò un'occhiata eloquente. «Sei fradicio.» gli
fece
notare. «Quindi o sei caduto accidentalmente nel fiume, oppure hai
oltrepassato
il confine. Peccato però che gli abiti invernali che indossi ti
tradiscano.»
Messo
alle strette, Ainohl si sforzò di trovare una scusa decente, senza però
trovarla. Era sempre così con Dana. Era sempre stata una buona
osservatrice,
anche se in quel caso non serviva esserlo per intuire la verità.
Non
poteva rivelarle la verità. Dana purtroppo non la pensava come lui sui
maghi.
La sua mente era ricolma di odio e pregiudizi, causati in gran parte
dal fatto
che era stato proprio un mago a porre fine alle vite dei suoi genitori.
Dana
non avrebbe mai cambiato idea, non avrebbe mai compreso che non tutti i
maghi
erano malvagi. Se avesse saputo di Ayleen avrebbe immediatamente
avvertito i
suoi nonni, i capi – villaggio di Amdir. Loro avrebbero catturato
Ayleen,
l'avrebbero torturata fino all'arrivo delle guardie reali che
l'avrebbero poi
giustiziata.
Ad
Ainohl non piaceva mentire a Dana, ma non poteva fare altrimenti.
«Sono
andato a prendere un'erba medicinale per Eiron.» fu abbastanza
soddisfatto di
quella bugia improvvisata. Nemmeno Dana avrebbe potuto mettere in
dubbio quelle
parole. «E' una delle poche cose che funzionano davvero. Il problema è
che
cresce solamente in quel postaccio!» continuò imperterrito, per evitare
che lei
facesse troppe domande.
Dana
sembrò convinta. «Bene. La prossima volta vengo con te!»
Ad
Ainohl si mozzò il respiro in gola. «Non serve, faccio da solo. E poi
quel
posto è davvero orribile. Non ti piacerebbe per niente! Fa freddo e la
pioggia
è insopportabile.»
«E'
probabilmente l'unica possibilità che ho per visitare una Contea
diversa da
questa. Vuoi forse negarmela?»
A quelle parole, Ainohl si rabbuiò. Dana era la nipote del Capo
Villaggio... il
suo destino era di diventare la guida di Amdir a sua volta, un giorno.
Raggiunta l'età giusta, suo padre l'aveva chiusa in casa e aveva dato
l'inizio
al suo addestramento da futuro Capo Villaggio. Questo fino al giorno in
cui era
tragicamente morto insieme alla moglie. Da quel momento erano stati i
suoi
nonni a prendersi cura di lei ed occuparsi della sua severa educazione.
Dana
non avrebbe mai voluto diventare il prossimo Capo Villaggio... Lei
odiava
sottostare alle regole, sentirsi in catene, obbligata ad un destino che
non
aveva scelto. Il suo sogno era lo stesso di Ainohl : lasciare Amdir ed
esplorare l'intero Regno di Theires. Ma entrambi erano imprigionati lì.
Dana
aveva un ruolo da ricoprire, Ainohl un fratello malato e un'amica maga
di cui
occuparsi.
«Ci
faremo compagnia,» aveva detto una volta
lei. «Marciremo
insieme in questa dannata nebbia.»
Ainohl non l'avrebbe mai ammesso, ma quelle parole l'avevano riempito
di gioia.
Sarebbe rimasto volentieri bloccato per sempre ad Amdir se il prezzo da
pagare
era quello di trascorrere la vita al fianco di Dana.
«Ti
assicuro che rimarresti molto delusa. Sien non è altro che un immenso
acquitrino! Persino camminare è difficile.»
Quando
arrivarono nei pressi dell'abitazone di Ainohl, gli occhi di Dana si
accesero
di entusiasmo nel vedere i genitori del ragazzo intenti a caricare di
bagagli
un carro. «Sono in partenza per Valcalia?» chiese.
Ainohl
si limitò ad annuire in silenzio. Quando erano bambini, le diceva in
continuazione che l'avrebbe portata a vedere Valcalia un giorno, ma
quando poi
era giunta la consapevolezza che ciò non sarebbe mai accaduto, non
aveva più
osato toccare quell'argomento. Dana sembrò colta dallo stesso identico
pensiero
e il suo viso s'incupì per il volgere di un istante.
La
prima a vederli arrivare fu la piccola Ari, già seduta sul carro,
circondata da
casse grosse il doppio di lei. Li chiamò a squarciagola,
sbracciandosi per
salutarli, poi saltò giù dal carro e corse loro incontro. Si aggrappò
alla vita
di Ainohl senza riuscire a contenersi.
«Hanno
detto che mi portano con loro a Valcalia! Non volevano ma ho detto che
sei
stato tu a promettermelo!»
Ainohl fu davvero felice di vedere la bambina così allegra. Gli
avvenimenti di
quella notte sembravano aver lasciato la sua mente almeno per un po'.
Gli
sorrise provando ad apparire entusiasta tanto quanto lei «Io mantengo
sempre le
promesse, lo sai.»
Ari
si sciolse in una risata gioiosa prima di tornare di corsa ad
accomodarsi sul
carro, ansiosa di iniziare quel viaggio.
«Si
può sapere dove sei stato?» Fu la voce di sua madre a farlo trasalire
l'istante
successivo, autoritaria come sempre. «Fai promesse a tua sorella senza
disturbarti di renderci partecipi, te ne vai in giro in piena notte...
torni
completamente fradicio!» aggiunse, notando solo all'ultimo momento il
suo
aspetto. «Cosa ti è successo?»
«Sono
caduto nel fiume.» rispose immediatamente Ainohl, senza nemmeno starci
a
pensare. Pur non vedendola, percepì l'occhiataccia di Dana trapassarlo
da parte
a parte, ma provò ad ignorarla.
Sorprendentemente però, la ragazza gli resse il gioco. «Incidente di
caccia!»
La
donna sbuffò con stizza «Sembrate due bambini!» continuando a
borbottare e
lamentarsi, andò poi ad aiutare il marito a sistemare le ultime casse
sul
carro. Ari, curiosa, le controllava una ad una, ponendo in
continuazione
domande al padre che, paziente come sempre, le spiegava tutto ciò che
voleva
sapere.
Nella
famiglia di Ainohl i ruoli erano tutti rovesciati. Erano i fratelli
minori a
trasmettere forza al maggiore, era il primogenito ad incoraggiare i
genitori,
era l'unica donna di casa a detenere il potere fra le mura domestiche.
Il padre
di Ainohl aveva un'indole troppo buona e gentile per poter anche solo
sperare
di apparire severo agli occhi di chiunque.
Sanae
e Morsten, questi erano i loro nomi. Sanae era una straniera. La sua
pelle
olivastra e i suoi occhi scuri lasciavano intuire che provenisse dalla
lontana
ed inospitale Contea di Sahat. Aveva abbandonato la sua terra all'età
di sedici
anni, unicamente per amore dell'uomo che poi aveva sposato.
Morsten al contrario era originario della Contea di Keiran, luogo dove
aveva
poi scelto di far crescere i suoi tre figli. La sua non fu una scelta
dettata
dall'affetto verso la propria terra natìa, ma piuttosto dalle
condizioni
favorevoli in cui quel luogo versava. Era l'unica Contea di tutta
Theires dove
nessuno soffriva la fame e dove le condizioni climatiche non erano
troppo
difficili da affrontare. Ad affliggere i suoi abitanti vi era solamente
una
spessa e perenne nebbia. Si soffriva un po' la mancanza del sole, ma si
sopravviveva senza troppi problemi.
Morsten
era un Cacciatore di Reliquie, l'unico di tutta la Contea di Keiran.
Godeva del
rispetto di tutti e il suo lavoro aveva permesso ad Ainohl, Eiron ed
Ari di
crescere in un ambiente sereno e economicamente stabile. Era uno
storico, uno
studioso, aveva visitato tutto il Regno di Theires ed era entrato in
possesso
d'importanti manufatti che rivendeva poi a facoltose famiglie
nobiliari. Una
volta aveva anche fatto affari con Re Roland in persona, ma era un
aneddoto di
cui non aveva mai amato particolarmente parlare. Morsten non andava
famoso per
la sua lealtà nei confronti del sovrano. Non che ci fosse molta gente
che gli fosse
fedele, in genere si evitava di toccare l'argomento. Le persone
raramente
parlano di ciò che li terrorizza.
Sanae
era una donna molto severa e intransigente. Non aveva mai avuto i
comportamenti
tipici di una madre, ma Ainohl non gliene faceva una colpa. Era la più
piccola
di cinque fratelli e l'unica figlia femmina della sua famiglia. Era
cresciuta
senza una figura materna. Sua madre era morta dandola alla luce, quindi
lei era
cresciuta circondata da uomini.... e gli uomini della Contea di Sahat
erano assai
famosi per la loro rudezza e per la loro spiccata brutalità. Duri e
spietati
come il deserto che aveva inghiottito la loro terra.
Non
era certo complicato capire cosa l'avesse fatta innamorare perdutamente
di
Morsten. Lui era l'esatto opposto di tutto ciò che lei aveva sempre
visto in un
uomo. Era dolce, affettuoso, gentile, sensibile... qualità che lei non
aveva
mai conosciuto.
Eiron
tuttavia, era l'unico che aveva l'onore di vedere il lato più tenero di
lei. Ad
Ainohl non avevano mai irritato le attenzioni che Sanae rivolgeva al
suo figlio
minore. Di tante sfortune di cui si era fatto carico, almeno aveva il
vantaggio
di essere il figlio prediletto. Persino la piccola Ari l'aveva capito.
«Sei
ancora in tempo a venire con noi, se vuoi.»
La
voce di suo padre lo riscosse da ogni pensiero, mentre mezzo
intorpidito dalla
notte in bianco si avvicinava al carro dei suoi genitori.
Andavano
ogni estate a Valcalia. Laggiù arrivavano le navi direttamente dal
Regno di
Keladia e Morsten riusciva a barattare ed entrare in possesso di
reliquie rare
e preziose. Il tutto avveniva sotto l'occhio vigile delle guardie del
Re
ovviamente. Erano davvero in pochi ad avere l'onore di avvicinarsi a
quelle
navi, i cacciatori di reliquie erano fra questi.
Tante
volte Ainohl aveva voluto andarci, aveva sentito storie incredibili
sulla
Contea Sheiran.
«Oh la dovresti vedere Ainohl...» Aveva
detto una volta sua madre
parlando della capitale di quella terra, eccitata quanto una
bambina. «Valcalia
risplende di luce propria, nonostante il sole laggiù non splenda quasi
mai. E
il mare... il suo odore, il suo suono. É qualcosa d'impossibile da
descrivere.
Sembra vivo! E' così diverso da qui. All'alba e al tramonto, ogni cosa
brilla.
Il sale rende tutto scintillante e le strade sembrano ricoperte di
diamanti.»
Era
la caratteristica più famosa della Contea di Sheiran: il sale.
Gli
abitanti in pratica, ci camminavano sopra. Uno spesso strato di sale
marino
ricopriva tutta la Contea, come fosse neve. Il cielo era sempre coperto
di
nuvole, ma all'alba e al tramonto il sole decideva di fare capolino e i
suoi
raggi andavano a sfiorare proprio quei granelli di sale, che così
prendevano a
brillare.
Sua
madre ne aveva raccolto un po'. Lo aveva messo in una boccetta di vetro
che
portava al collo, sperando di portare con sé un po' di quella luce, ma
nella
Contea di Keiran, non vi era nulla a far brillare quel sale.
Gli
occhi neri di Sanae si riempivano sempre di malinconia ogni volta che
parlava
della luce, o del sole. Era qualcosa che a lei, cresciuta nel luogo più
assolato di Theires, era sempre mancato. Lì nella Contea di Keiran il
sole non
c'era... O meglio, c'era ma non lo si poteva vedere.
Le strade erano costeggiate di fiaccole perennemente accese, quelle
erano
l'unica fonte di luce di quella terra.. Si poteva apprezzare
solo se si
era nati lì. Ad Ainohl la nebbia piaceva. Lo faceva sentire al sicuro,
protetto
dagli orrori che spesso si consumavano nelle altre Contee. «La
nebbia ci
nasconde anche dalla follia di Re Roland» , diceva sempre suo
padre. Aveva
ragione. Mai si erano viste le guardie del Re solcare quel territorio.
Evidentemente non riuscendo ad orientarsi a causa della nebbia,
preferivano non
addentrarsi entro i confini di quella Contea, o rimanersene a
proteggere il
Principe Guardiano nel suo palazzo. Per gli stranieri era
straordinariamente
facile perdersi.
«No, qualcuno deve restare con Eiron.» rispose Ainohl a suo padre,
aiutandolo a
caricare un grosso baule sul carro. «Magari la prossima volta...» Lo
ripeteva
sempre, ma quella fantomatica prossima volta non era
mai arrivata.
«Non
sarebbe da solo, lo sai.» L'uomo lanciò uno sguardo a Dana che,
silenziosa, si
stava divertendo a raccontare cose spaventose e false su Valcalia ad
Ari.
Morsten si stava ovviamente riferendo alla nonna della ragazza. La
moglie del
Capo Villaggio, che era anche l'unica Guaritrice presente lì nel
piccolo e
sperduto villaggio di Amdir, sarebbe stata più che disponibile a
prendersi cura
di Eiron durante la loro assenza, ma ciò non bastò a convincere Ainohl.
Ad Eiron
non piaceva quella donna. Non aveva niente che non andava, ma
semplicemente lo
metteva in soggezione. Non aveva mai detto nulla a tal proposito, ma
Ainohl
sapeva che preferiva avere un famigliare al suo fianco, piuttosto che
una mezza
estranea.
E
poi, non poteva stare via così a lungo. Aveva Ayleen... Non poteva
lasciarla
sola. Lei non aveva nessun'altro.
«Si lo so...»
Suo
padre non insistette, si limitò a sorridergli comprensivo. «Non potrai
occuparti per sempre di lui, Ainohl. Dovrai farti una vita prima o
poi.»
aggiunse comunque.
Ainohl
sospirò senza dire nulla. A ventidue anni, tanti suoi coetanei avevano
lasciato
da un pezzo la loro casa. La maggior parte dei suoi amici d'infanzia
erano già
sposati, alcuni con figli, altri avevano lasciato Amdir... Ma non lui.
Sebbene
fin da bambino avesse sognato di esplorare tutto il Regno di Theires.
Non se la
sentiva di andare via, non ancora. «Quando Eiron sarà
guarito.» Si
ripeteva sempre...
«Vuoi
che ti porti qualcosa da Valcalia?» domandò poi Morsten, assumendo un
tono più
allegro e cordiale, mentre caricava l'ultima cassa sul carro e copriva
il tutto
con un telo. Ari scoppiò a ridere e lanciò un urletto quando
ci rimase
sotto. Dana l'aiutò a trovare l'uscita.
«Si.»
rispose pronto Ainohl, «Una medicina per Eiron. Quelle navi provengono
dal
regno dei maghi! Dovranno pur contenere qualcosa che non sia qualche
inutile
coccio o il solito vecchio libro scritto in qualche lingua sconosciuta,
no?»
Morsten
lo fissò accigliato, ma in una maniera del tutto bonaria. «Rispetta il
mio
lavoro, ragazzo! Sono quegli inutili vecchi cocci a darti da mangiare.»
«No,
è la tua spiccata persuasione a darci da mangiare. Solo uno stupido
riempirebbe
casa propria con quella robaccia.»
«I
nobili sono stupidi, per nostra fortuna. E molto annoiati. Inoltre
hanno delle
dimore con un sacco di stanze inutilizzate da poter riempire con quella
robaccia.»
Ainohl
soffocò una risata che spense subito non appena Sanae li raggiunse. Non
aveva
paura di sua madre, ma sapeva quanto a lei non piacessero quei
discorsi. Per
lei il lavoro era sempre fatica e sacrificio, andava rispettato, mai
deriso.
Tipica convinzione degli abitanti della Contea di Sahat...
«E' tutto pronto, cara.» Disse Morsten, salvando il figlio da una
probabile
ramanzina. Sanae gli rivolse un fugace sorriso, prima di avvicinarsi ad
Ainohl,
stavolta con un'espressione più dolce.
«Mi raccomando...» fece, posandogli una mano sul viso. «Prenditi cura
di tuo
fratello.»
«Lo faccio sempre.»
«Continua
a farlo, va bene? ... Almeno finchè non torniamo.»
Ainohl
annuì, sorridendo a sua madre in uno di quei rari momenti in cui lei
non
appariva minacciosa. «Goditi la luce di Valcalia.»
Gli
occhi di Sanae brillarono di entusiasmo all'istante, come ogni volta
che si
accennava al sole o a qualsiasi cosa luminosa. «Lo farò. Puoi
scommetterci!»
Sua
madre lo abbracciò un po' impacciatamente. Ainohl era troppo alto per
lei
ormai, dovette mettersi in punta di piedi e lui dovette abbassarsi un
po' per
ricambiare. «Attenta, sono bagnato fradicio!»
«Questo perchè sei un pessimo cacciatore!» lo prese in giro Dana.
Salutò
poi suo padre con un semplice cenno del capo e un sorriso denso di
parole
inespresse. Ainohl ebbe l'impressione che stesse per
dirgli «Fai il
bravo», ma lui di certo ormai era troppo cresciuto per sentirselo dire.
Ari
si sporse verso di lui e gli mostrò qualcosa che si era messa al collo.
Era una
boccetta di vetro identica a quella della madre, solamente vuota. «Ci
metterò
il sale e lo porterò sempre con me!» gli confidò tutta eccitata.
Ainohl
le sorrise «Prendine tanto, così riempiamo una boccetta anche per me.»
La
bambina annuì raggiante ed entusiasta a quel compito che le era stato
appena
assegnato. In quel momento gli ricordò tanto Ayleen... quella collana
improvvisata, che ora la bambina nascose dentro i suoi abiti come per
proteggerla, gli fece venire in mente la Lacrima di Luna della sua
amica maga.
Entrambi i suoi genitori salirono poi sul carro e partirono, pochi
istanti e
sparirono inghiottiti dalla nebbia. Solo il rumore delle ruote sul
sentiero,
degli zoccoli del cavallo e della vocina di Ari che si era messa a
cantare, ci
misero di più a dissolversi.
Ainohl
rimase a fissare il punto in cui erano come spariti per qualche
istante. Ogni
volta che partivano si trovava ad immaginarsi come sarebbe stato fare
un
viaggio tutti insieme. Lui, Ari, i suoi genitori e Eiron. Ma era meglio
non
pensarci troppo... le probabilità che rimanesse solo un sogno ad occhi
aperti
erano fin troppo alte.
La
mano di Dana si posò sulla sua spalla, in maniera tutt'altro che
delicata. «Ho
mentito per te, mio caro ragazzo. Mi devi un favore!»
Ainohl
sospirò rassegnato. I favori nei confronti di Dana assomigliavano il
più delle
volte a dei ricatti veri e propri. Si voltò in attesa della sua
richiesta,
aspettandosi qualunque cosa.
«Ho una fame tremenda.» fu tutto ciò che disse.
Ainohl
si lasciò andare ad un sospiro sollevato. «Vieni.»
Le
fece strada fino all'uscio di casa. Appena entrarono, il calore che dal
camino
si disperdeva in tutta la casa, lo avvolse in un dolce e piacevole
abbraccio.
Solo in quel momento si accorse di quanto infreddolito fosse con quegli
abiti
fradici addosso.
Dana
andò senza troppi fronzoli a sedersi al tavolo da pranzo. Ainohl
avrebbe voluto
mettere radici davanti al fuoco e non muoversi più, ma l'istinto lo
spinse di
getto verso la propria stanza da letto. Si assicurò che Eiron dormisse
ancora e
che... respirasse ancora.
Il
terrore di trovarlo senza vita gli prendeva lo stomaco ogni volta che
varcava
la porta di quella camera. Suo fratello dormiva sereno e respirava
regolarmente. Ainohl ne approffittò per levarsi quegli indumenti
bagnati e
mettersi qualcosa di asciutto.
Quando
tornò da Dana, deciso a preparare la colazione sia per lei, che per sé
e Eiron,
Dana ruppe il silenzio.
«Stanotte c'è stato un rito di purificazione.»
Ainohl
si sentì gelare il sangue nelle vene. Non voleva ripensare a
quell'avvenimento.
Era riuscito a distrarsi a sufficienza per dimenticarlo almeno per un
po'. Non
voleva affrontare quell'argomento. Soprattutto, non con lei.
«Che
spreco!» continuò Dana, come se stesse parlando di una delle prede che
cacciava, anziché di un bambino innocente. «Lasciargli indosso la
Lacrima di
Luna è un vero delitto. Cosa se ne può fare da morto? … Quelle dei
neonati non
hanno molto valore, però forse la vita te l'allungano lo stesso!»
Ainohl stava dando le spalle a Dana e nell'ascoltarla, si sentì
invadere dalla
rabbia.
«Non ne voglio parlare.» disse con un tono talmente freddo, da stupire
anche se stesso. Tuttavia Dana, non sembrò sentirlo.
«Quei piccoli mostri avvelenano anche la loro stessa madre! Quella
povera donna
ha del tutto perso il senno, dovresti sentire cosa va blaterando!»
«Penso
che il senno l'abbia perso perchè si è vista strappare via il suo
bambino dalle
proprie braccia e gettarlo in un pozzo.» gli fece notare lui, cercando
di
restare calmo. «Qualunque madre reagirebbe allo stesso modo.»
Dana
rimase in silenzio qualche istante. Ainohl ancora le dava le spalle e
non
poteva provare ad intuire cose le stesse passando per la testa.
«Quale
madre considera quegli abomini alla pari dei propri figli ?»
Solo
a quel punto, Ainohl si decise a voltarsi verso di lei. Vedere il suo
volto
privo di qualsiasi pentimento, lo fece irritare ancora di più. Era una
battaglia persa. Non sarebbe mai riuscito a farle cambiare idea...
Pensare che
la ragazza che amava potesse avere simili convinzioni, faceva male.
Poteva
accettare che i suoi stessi famigliari le avessero, così come la gente
di Amdir
e di tutto il regno. Ma era soprattutto l'idea che le avesse Dana a
farlo
soffrire.
«Non
sono abomini. Non decidono loro di nascere così!»
Dana
sbuffò sonoramente, alzando gli occhi al cielo, «Ti prego, dimmi che
non hai
intenzione di ricominciare con questa storia del difendere i maghi!»
Ainohl
si vide costretto a ricacciare indietro ciò che davvero premeva per
uscire
dalle sue labbra. Tante volte aveva provato a far ragionare a Dana, e i
risultati non erano mai arrivati. Non voleva litigare con lei. Non
voleva
sentirla accusare i maghi di essere dei mostri. Non con l'immagine del
sorriso
radioso e gentile di Ayleen in testa, mentre gli donava le erbe
curative per
Eiron che aveva raccolto rischiando di venire catturata dagli abitanti
di
Aranel. Non con il ricordo del volto terrorizzato di Ari mente
assisteva a quello
scempio. Non con Eiron nella stanza accanto, che finalmente dormiva
sereno.
«Come
ho già detto Dana, non ne voglio parlare.»
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