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Autore: Lotiel    13/04/2014    1 recensioni
Una storia che spero riuscirà a colpirvi nel cuore e rimanervi nella mente.
-Devo prendere ciò che custodisci.
Lo sguardo di lei si rabbuiò per qualche istante prima di sollevarlo da terra e posarlo su di lui, scostò poi la mano come se le parole dell’uomo l’avessero infastidita.
-Sai che contravverrei alle regole.
Disse lei cercando di mantenere la sua voce calma, sentendo che nel cuore il pensiero di piangere stava prendendo spazio.
Genere: Mistero, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo




TERZA PARTE

La creatura di addolcì, riversando verso di lei uno sguardo ammansito, per poi rivolgersi verso Hori nuovamente rabbioso.

-Calmo Kalefith, sta buono.

Elaide lo accarezzò sulla folta pelliccia e l’animale si accucciò come se fosse un cagnolino addestrato, sotto lo sguardo sbigottito dell’uomo. Senza abbassare la guardia, Hori si volse verso Elaide che lo osservava triste.

-Ho provato a fermarti- disse Elaide con un velo di rabbia nel tono vocale. – Ma non ci sono riuscita. Dovevo fermare Kalefith altrimenti ti avrebbe ucciso.

Abbassò l’arma senza avvicinarsi troppo alla Dama della Montagna che, immota nella figura di dea, stava lì a cercare di fermare le lacrime e di rendere la sua figura più autoritaria possibile. Però sembrava sempre più somigliare alle donne umane ripercorrendo il viso di colei che voleva fermarlo.

Il mostro di nome Kalefith ritornò da dove era venuto allontanandosi dai due. Elaide si chinò a terra senza curarsi di colui che la guardava e che si chiedeva del perché stava mettendo a repentaglio la sua stessa esistenza. Non riusciva a capire realmente i sentimenti di Elaide accecato com’era dalla ricerca e dalla conoscenza. Si avvicinò a lei riponendo la spada nel fodero e si chinò raccogliendo il viso della ragazza tra le mani fredde, neanche il vento che freddo e pungente sfiorava il suo viso gli dava fastidio.

-La Dama di Ghiaccio sapeva bene che avrei ceduto, ma mi ha messo ugualmente a proteggere la grotta. Sapeva che tu saresti ritornato.

La Dama cominciò a singhiozzare sommessamente stringendo le labbra per non far uscire i gemiti, oramai le lacrime bagnavano il suo viso giovane e immortale. Allungò poi una mano per sfiorare il viso di Hori che fermo la stava a guardare, sorrise come se fosse la cosa più naturale del mondo.

-Stai rischiando la tua vita.

-Io sono morta nel momento in cui colui che amavo se ne andò tempo fa.

Hori non poté far altro che sorridere candidamente. Sapeva dell’amore di Elaide verso di lui, ma non le aveva mai dato una speranza concreta, nessun piccolo gesto, non cercò neanche le parole per consolarla, oppure non riusciva semplicemente a trovarle. Chinò il capo rassegnato verso il basso lasciando il viso della dea che gli si stava rivolgendo.

-Vai ora.

La figura della Dama della Montagna scomparve in una nuvola di fumo, lasciando che le ultime lacrime bagnassero la terra ai suoi piedi. Lacrime amare che avevano segnato nuovamente la sua debolezza verso Hori. Ma un sorriso strano comparve sul suo volto.

Si dissolse tra le sue mani che strinse a pugno, serrò gli occhi e gridò con quanto fiato aveva in corpo la sua frustrazione per non essere capace di dirle nulla. Forse lei non lo avrebbe nemmeno più ascoltato e da uomo umano, percepiva quelle emozioni più intensamente.

Mise un passo avanti all’altro avanzando verso la caverna, deciso a percorrere quella strada che si era prefissato, cercando di mettere da parte i suoi sentimenti per riuscire a scagionarsi da quella colpa che gli faceva male.

La luce di un raggio di sole entrava da una fenditura posta al soffitto della piccola grotta, illuminava un piedistallo di roccia scarno e rozzo, sulla cui sommità giaceva un sacchetto. Hori rimase sorpreso da come quello stesso sacchetto somigliasse a quello visto in sogno. Si avvicinò guardandolo felice e al contempo triste per ciò che ora, dopo averlo recuperato, doveva fare.

Allungò la mano per prenderlo e rimase scioccato quando, posata la mano per afferrarlo, sentì il calore e le pulsazioni di qualcosa di ancora vivo all’interno. Ritrasse la mano, spaventato si afferrò il polso con la mano libera e guardò il palmo della mano, tirò un sospiro di sollievo vedendolo ancora intatto. Il coraggio gli era venuto meno un’altra volta, continuando così avrebbe soltanto fallito e tutto ciò avrebbe significato solo morte. Aveva pensato senza ragione che quella cosa pulsante gli avesse scalfito la pelle.

Raccolse il sacchetto afferrandolo velocemente e si voltò senza rimanere un secondo di più in quel luogo suggestivo e traditore. Lo legò accanto a quello con le erbe e riprese il viaggio, questa volta verso il mare.

 

Una bara di cristallo racchiudeva il corpo martoriato di una donna con la coda di pesce. Giaceva immobile lì nel suo innaturale splendore con le braccia lasciate stese lungo i fianchi. Si vedevano i segni di una lotta aggressiva e definitiva, nella sua bocca il fiore di ibisco era ancora conservato, racchiusa in una grotta illuminata dal laghetto azzurro che c’era ai suoi piedi. Una figura era chinato sulla bara, ma il suo viso era ancora celato abbastanza da non riuscire a riconoscerlo.

La stessa figura si tuffò e a ritroso rifece il percorso del luogo sottomarino ove giaceva il corpo della sirena, ma nel viaggio di ritorno sulla terra.

Sotto le profondità marine, in una grotta in cui si accedeva solo per una via segreta, riposava lei.

-Riportami ciò che è mio.

 

Nuovamente quel sogno e il risveglio agitato che lo tormentavano ormai da tempo. Era ancora notte fonda sulla spiaggia che aveva raggiunto al calar del sole, ma aveva visto il luogo e la strada da percorrere.

Ma come avrebbe fatto con un semplice corpo mortale a resistere senza aria sotto l’acqua?

Hori si rivoltò nuovamente per prendere sonno, ma non gli riuscì e solo ora che aveva il cuore in mano e la certezza della sua innocenza. Lo rendevano euforico facendogli dimenticare anche la voce che sentiva ora soltanto in sogno.

Si alzò dal giaciglio per rimettere, poco dopo, tutto in ordine. Il mare era ormai di fronte a lui e la montagna l’aveva lasciata dietro le sue spalle.

Ora il problema maggiore era affrontare la Dama di Ghiaccio, colei che l’aveva rinnegato, ma ancora più preoccupante era come entrare nell’acqua senza la paura di morire annegati.

Cercò di rimembrare ciò che aveva appreso durante i suoi viaggi per le terre conosciute, ma nessuna idea su qualcosa che potesse essergli utile. Cominciò a camminare avanti e indietro nell’attesa che gli venisse qualcosa in mente, dopotutto era giunto fino a lì quindi ci sarebbe riuscito anche adesso.

Alla sua cintura sentiva pulsare il cuore della sirena e si chiedeva, ancora una volta, com’era possibile che un cuore, fuori il suo guscio naturale, possa ancora battere intensamente?

Poi si ricordò di non saper nulla delle creature che abitavano i luoghi sottomarini e cedette ai suoi pensieri. Gli sovvenne il viso di Elaide di fronte a lui, incapace di portarle conforto o solo di dire una parola che avrebbe acquietato il suo animo irrequieto.

Hori scosse il capo sentendosi richiamare da quella voce.

-Restituiscimi la vita.

Scosse nuovamente la testa posando le mani sul capo. Voleva attendere fino al giorno dopo, infine non poteva far nulla in quel momento e decise di tornare a dormire e sperando che, almeno per il lasso di tempo che lo divideva dal sole mattutino, sarebbe riuscito a riposare tranquillo.

 

Di nuovo la bara di cristallo e la figura che si era voltata di spalle. Un sacchetto era legato alla sua cintola e improvvisamente lo afferrò.

Prese delle strane piante dal colore viola somiglianti molto alle felci donategli da Gome e ne spezzò un pezzo. Si voltò un’altra volta verso la bara per poi infilarsi quella pianta in bocca cominciando a masticarla.

Si tuffò provocando uno spruzzo che bagnò il letto di riposo eterno della sirena. Lei ebbe un piccolo sussulto, aprì gli occhi di scatto e così li richiuse ritornando nel suo sonno.

La figura nuotò fino in superficie e uscendo, inghiottì la pianta che aveva in bocca scomparendo nel buio della notte.

 

Il sole stava per sorgere e lui si destò dal sogno che aveva appena avuto. Come poteva essere stato così cieco da non ricordare delle piante che il vecchio Gome gli aveva lasciato?

Sicuramente il vecchio mago sapeva delle proprietà di quella pianta e sapeva anche ciò che lui avrebbe fatto. Raccolse il sacchetto e lo strinse a sé ringraziandolo per il dono che lo avrebbe aiutato. Appena tutto sarebbe stato concluso, si promise, sarebbe andato da lui a ringraziarlo di persona.

Consumò una colazione fugace e raccolse tutti i suoi averi avvolgendoli dentro il mantello stesso, riponendo anche la spada. Li nascose dietro una roccia, portando con sé solo i due sacchetti.

L’uomo si avvicinò alle acque del mare osservando i gabbiani in cerca di cibo volteggiare sopra la distesa marina, sorrise prima di aprire il sacchetto con le felci viola. Strappò un piccolo pezzo e richiuse il tutto. Lo infilò in bocca cominciandolo a masticare. Doveva solo ricordare di non ingoiarlo durante il tragitto, come aveva visto fare.

Si voltò per qualche attimo ricordando che la spiaggia del sogno era proprio quella e che non gli sarebbe risultato difficile trovare la strada per raggiungere la bara della sirena. Si tuffò in acqua senza avere altri impedimenti che i vestiti stessi.

Cominciò con rapide falcate verso il fondo sentendo che i poteri di quella pianta stavano facendo effetto, rallegrandosi di non essersi sbagliato, mentre il movimento delle gambe seguiva quello delle braccia che lo facevano procedere velocemente.

In quel mare abitava la Dama di Ghiaccio che lo conosceva più di ogni altro e più di ogni altro lo odiava. Odiava qualsiasi cosa fosse diversa da lei e soprattutto le divinità terrestri che si tenevano alla larga da colei che li aveva creati. Ma infine per la Dama era meglio così; nessuno da guardare e nessuno da punire. Quando Hori fu condannato, lo aveva odiato perché aveva osato risponderle, ma la Dama in fondo allo sguardo di Hori quel giorno aveva visto una nota di rammarico.

Procedeva meravigliandosi del mondo che non aveva mai conosciuto. Il suo sguardo spaziava nell’immensa distesa azzurra che via via,  sempre più in profondità, diventava più scura. Lui non riusciva a capacitarsi di quanti colori e quante razze animali esistessero in quel luogo, lasciandolo sempre più meravigliato.

Gli avevano però fatto perdere l’orientamento, dove si trovava in quel momento?

La superficie era lontana alcuni metri sopra la sua testa, ma lui riusciva a respirare senza fatica.

Senza meta cominciò a girovagare cercando un punto di riferimento, un qualcosa che gli avrebbe permesso di ricordare la strada, si sentiva spaesato e abbattuto per la sua debolezza a quel mondo sottomarino perdendo ogni singola cognizione del tempo e dello spazio. Si fermò lasciando che solo le braccia e le gambe dessero un moto al corpo, si osservava intorno e realizzò di essersi perso. Aveva visto la strada solo due volte, come pretendeva di saperla ripercorrere?

Ma non poteva arrendersi adesso che era così vicino alla sua meta. Continuò a scendere sapendo che sarebbe potuto perire in quella missione che si stava rivelando più difficile di quanto aveva pensato.

Gli occhi chiari si velarono di sconforto quando realizzò nuovamente di essersi perso in quella distesa marina. Il mare era un luogo ancor più difficile della terra, non c’erano luoghi a cui fare riferimento ne il vento che lo guidasse verso la giusta direzione, vedeva solo acqua che lo circondava e le piante marine che sinuose si muovevano insieme al movimento impercettibile delle profondità marine.

Sospirò per poi sentire espandersi una contrazione muscolare al polpaccio destro, strinse con le mani per attutire il dolore, ma non cessava. Si sentì mancare all’improvviso mentre nell’oscurità cui la mente stava andando incontro vide uno scorcio del viso della Dama di Ghiaccio.

 

In un luogo nelle profondità marine, Hori venne trasportato da due creature di dubbia provenienza nella casa della Dama di Ghiaccio. Voleva parlargli e capire del perché aveva intrapreso quella strada così pericolosa. Raggiunta la struttura, somigliante ad un castello delle epoche medievali, entrarono attraverso il portone interamente decorato in cristallo. Sembrava scolpito direttamente nel ghiaccio stesso e Hori fu trascinato, per così dire, attraverso un corridoio buio. Dopo pochi minuti fu deposto sul pavimento di un’enorme sala illuminata solo da una strana luce azzurra. Una scala alta si inerpicata fino al piano superiore.

Hori era stato lasciato solo e addormentato. Non tentarono di ucciderlo o di prendergli ciò che custodiva gelosamente, ma si sentiva comunque che erano totalmente diffidenti verso l’umano.

Hori si riprese scuotendo il capo aprendo piano gli occhi, che sgranò all’improvviso quando vide il luogo in cui si trovava.

Nuovamente quella sala dove la sua condanna era stata attuata. All’entrata sembrò che l’acqua non avesse più presa e che proprio di fronte al portone si fermasse, come se ci fosse stato un alto muro magico a proteggere quel luogo. Anche se quel castello era sott’acqua, l’elemento non c’era all’interno, permettendo ad Hori di ingoiare le felci che teneva ancora in bocca.

Si alzò cercando di mantenersi in piedi, ma sentì una tremenda debolezza agli arti inferiori che non gli permettevano, per il momento, di stare dritto. Con le mani andò nervosamente alla cintura per appurare che tutti e due i sacchetti fossero al loro posto e questo gli fece tirare un sospiro di sollievo appurando che entrambi erano ben saldi sotto le sue dita.

-Cosa fai qui, figlio rinnegato di Selandra?

Una voce femminile stroncò quel silenzio ovattato, una voce cristallina si sentì dall’alto delle scale e una dama dall’abito azzurro scese le scale senza provocare il minimo rumore.

La sua pelle era di un candore inusuale, le sue iridi quasi bianche lo scrutavano intensamente come se volessero carpire ogni singola emozione dell’uomo. Il viso non mostrava alcuna traccia di sentimento, benché fosse di lineamenti delicati e giovanili, ma al contempo pareva dolce e tranquilla. I capelli erano bianchi e lisci e sul capo portava un diadema di raffinata bellezza, spigoloso e dalle forme eleganti. La Dama portava sulla sommità del diadema, cinque punte. Rappresentazioni che potevano somigliare a delfini erano sulla sommità di queste.

Le labbra erano rosse e contrastavano con biancore strano della pelle, mentre un sorriso ne accarezzava le linee. Le braccia magre e nude erano posate lungo il corpo e un bracciale ornava il polso destro, costituito da intrecci deliziosi e da due sottilissime linee di perline chiare attaccate ad esso da una strana allacciatura. L’abito bianco infine gli fasciava il fisico magro, forse troppo.

Aveva una bellezza tipica delle divinità del luogo, fredda e calcolatrice. Un’aura azzurra la circondava, come un’apparizione.

-Dama di Ghiaccio.

Hori chinò il viso in segno di rispetto verso colei che comandava su tutto. Si sentiva un tremore su tutto il corpo che non riusciva a trattenere e piano cominciò a rabbrividire. Aveva timore, come tutti del resto e sapeva che doveva esserci un motivo per cui era stato portato fin lì.

  



Angolo dell'Autrice

Questa storia l'avevo già postata tempo fa, ma visto che la dovevo rivedere, l'avevo tolta dal sito. Ringrazio chi è arrivato a questo punto e continui a seguire la storia. Grazie ancora della segnalazione degli errori che naturalmente quanto prima, correggerò.

Ricordatevi che lasciare ad un'autrice il proprio commento la aiuta a crescere, quindi vi chiedo solo di spendere due minuti del vostro tempo per farmi sapere cosa ne pensate. Ho diviso in cinque parti il racconto, altrimenti sarebbe risultato troppo pesante da leggere tutto d'un fiato.
Questa invece è la mia pagina FB dove scoprire curiosità e altro su personaggi da me inventati e sulle mie storie.

 
Lotiel Scrittrice - Come pioggia sulla neve

   
 
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