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Autore: Sognolicantropi    13/04/2014    4 recensioni
È una scisaac (con molti accenni Sciles e Sterek) un po' diversa, il soprannaturale non c'entra, quindi non ci saranno lupi mannari, kanima ecc.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Derek Hale, Isaac Lahey, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: AU | Avvertimenti: Bondage
Capitoli:
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Stiles aveva aspettato Scott per tutto il pomeriggio a casa da solo.
Era tornato presto e avrebbe potuto benissimo raggiungere i suoi amici, ma stava cercando di assimilare la conversazione che aveva avuto con il ragazzo dei suoi sogni, Derek.
Non era ben sicuro che fosse accaduto realmente, almeno questo era quello che cercava di ripetere a se stesso. Non voleva ammettere che lì, davanti al ragazzo dagli occhi stupendi, si era sentito vulnerabile, scoperto, e la colpa era di Scott: ne era sicuro. Diciamo che voleva dargli la colpa.
L'aver incontrato Derek (e l'averci fatto una figura da poter risparmiare) era decisamente fuori copione.
Era entrato nel panico e più cercava di stare calmo, più il ragazzo davanti a lui sembrava metterlo in agitazione.
Quando tornò a casa si accorse che quello che aveva provato di fronte al moro l'aveva fatto sentire bene, era in agitazione, ma era una sensazione piacevole.
Tra le altre cose cercava di non ricordare la stretta sicura di Derke nel suo polso, ma sopratutto di come si era sentito. Ogni volta che nella sua mente riaffiorava quel pensiero pensava ardentemente a quanto avrebbe voluto sentire quella mano su di lui, nel suo corpo, nel suo petto. Cercava, però, di non pensarci, si sentiva in imbarazzo e aveva bisogno di Scott per dare voce ai suoi pensieri.
Tutto il pomeriggio se n’era stato con il cellulare tra le mani, pensava a come Scott avesse trovato il coraggio per scrivere ad Isaac, perché, lui, di forza, non ne aveva.
Verso le sei e mezza, quella sera, quando Scott tornò, Stiles era molto agitato tanto che non appena lo vide dal balcone scattò in piedi e si fiondò dalle scale aspettando che lui rientrasse. Si incontrarono a metà strada sorridendosi; Scott aveva previsto che Stiles scendesse andandogli incontro, ma stranamente la ragione della gioia dell’amico non aveva a che vedere solamente con il suo ritorno.
Scott conosceva le espressioni di Stiles a memoria, a partire da quando era arrabbiato o triste, fino ad arrivare ai momenti di gioia, ma doveva ammettere che per lui quello era un sentimento nuovo: Stiles era diviso a metà, una in conflitto con l’altra. Voleva essere felice, ma era come se qualcosa lo stesse trattenendo.
Scott lo guardò interrogativo senza dire nulla, ma prima di rispondere Stiles si girò, lasciandogli intuire che quello non era il luogo adatto per parlarne. Il moro seguì l’amico fino ad arrivare al loro appartamento; entrambi, poi, si sedettero in cucina un di fronte all’altro.
«Scott, capisco che quel ragazzo ti ha offuscato la mente con i suoi occhi blu e il suo sorriso luminoso, ma per favore  connetti quei neuroni!» suggerì Stiles con la stessa espressione di poco prima. Scott si risvegliò, almeno apparentemente, dal suo stato di estasi, cominciando a riflettere sulla ragione del strano comportamento dell’amico. Spalancò gli occhi di colpo, elettrizzato: «Oddio, com’è andata?!» esclamò allora Scott, con voce decisamente alta.
«Non lo so, probabilmente mi ha preso per un idiota, grazie a te» mormorò Stiles, masticando le parole.
«Per colpa mia?» Scott era sconvolto, «Lo sai che non sopporto queste cose, dio, ti ho odiato per tutto il pomeriggio» spiegò Stiled, distogliendo lo sguardo da quello dell’amico. Il ragazzo di fronte a lui lo guardò sereno, Scott ora capiva cosa aveva Stiles, si alzò in fretta, sedendosi nelle sue gambe, lo abbracciò stretto.
Scene come quella erano successe un milione di volte e, proprio come Stiles accettava sempre di dormire con Scott quando ne aveva bisogno, Scott sapeva che Stiles si innervosiva ogni qual’volta i suoi piani non venivano seguiti. Scott paziente si lasciava dire cose come quella senza nessun tipo di problema, il più grande aveva solo bisogno di sfogarsi, prima di riuscire a calmarsi.
«Stiles, lo so, ma devi imparare ad accettare le sorprese. Non potrai mai essere sicuro che quello che programmi sarà sempre certo» mormorò Scott, una volta riemerso da quell’abbraccio, accarezzando il capelli di Stiles.
Stiles però non rispose, sapeva che Scott aveva ragione, ma era più forte di lui non arrabbiarsi.
«Allora: com’è andata?» provò ancora Scott, cercando di farsi ascoltare. «Non lo so» ripeté ancora Stiles, «Mi ha dato il suo numero, mi ha chiesto se domani ci vediamo» mormorò infine.
Scott spalancò gli occhi e la bocca, scioccato e, se fosse stato possibile sarebbero caduti a terra proprio come nei cartoni.
«Stilinski fai ancora l’incazzato con me per aver rimediato il suo numero più un appuntamento e ti sacrifico agli dei!» sbraitò Scott giusto nelle orecchie del povero Stiles che fece un salto per lo spavento.
«Scott ma che ti prende?!» chiese allora Stiles di rimando, coprendosi le orecchie avendo paura di un’altra possibile strigliata da parte dell’amico.
«Stiles Stilinski» sibilò Scott, scandendo una ad una le parole, «ti conviene prendere il tuo cellulare e, con l’uso di quei due neuroni che ti rimangono, scrivergli subito un messaggio» terminò chiudendo gli occhi e massaggiandosi le tempie per ritrovare un po’ di serenità interiore.
«Io non capisco. Con te sono sempre carino e coccoloso quando hai bisogno, ma tu devi sempre urlarmi dietro…» borbottò Stiles piano, sperando di non essere sentito.
Gli arrivò uno scappellotto da Scott che, avendo sentito tutto, non poté fare a meno di ridere, avvicinandosi subito dopo per rimediare.
«Adesso» ordinò dopo avergli dato un bacio a fior di labbra.
«Grazie Scott» disse Stiles sincero.
Il moro poi si alzò dalle gambe di Stiles, cominciando a preparare la cena, lasciando così a Stiles un po’ di tempo per pensare da solo. Anche se aveva urlato un po’ contro l’amico, era di buon umore. Continuava a pensare al pomeriggio passato con Isaac, alle loro risate, alle loro chiacchierate, alle loro mani intrecciate assieme. Sembravano essere nate per stare legate l’una con l’altra e Scott, durante quelle ore, non si era sentito mai “sbagliato”: per lui stare accanto ad Isaac era la cosa più giusta al mondo. Era come se tutto quello che le persone gli avevano detto negli ultimi anni fosse svanito nel nulla, non sentiva più quell’ombra di odio che lo seguiva ovunque andasse e finalmente si sentiva bene, libero di essere se stesso.
Ogni tanto lanciava delle fugaci occhiate a Stiles che con un espressione concentrata stava premendo i tasti del suo blackberry. Sembrava stesse scrivendo da quando lui si era alzato, ma Scott in fondo sapeva che, proprio come lui, stava cercando il messaggio adatto e non era impresa facile!
Dopo qualche minuto sentì Stiles sbattere sul tavolo il cellulare, si girò di scatto e vide Stiles allontanarsi: «Se mi hai fatto fare la figura dell’idiota ti ammazzo!» sbraitò allora il ragazzo, dirigendosi in salotto con il suo inseparabile Mac tra le mani.
Scott lo guardò scettico, senza registrare nel momento la reazione esagerata dell’amico. Si diresse successivamente in bagno, innervosito dagli sbalzi di umore dell’amico, e cominciò a frugare tra i vari cassetti e mensole cercando una cosa ben precisa. Tornò velocemente in salotto dove il più grande si era sistemato tra i cuscini e sembrava concentrato a leggere qualcosa in internet. Con una precisione calcolatrice il moro gli lanciò dritto in testa il morbido cofanetto rosa che poco prima stava cercando e aspettò in piedi con le braccia incrociate la reazione di Stiles.
Prima lanciò un grido e, subito dopo, si accorse del contenuto della scatolina:
«Ma che ci devo fare con gli assorbenti di Lydia?!» urlò allora scandalizzato, guardando Scott furioso.
«Beh, potresti usarli dato che sembri lei quando ha il ciclo!» sbraitò di rimando Scott, tornando in cucina prima che Stiles potesse arrabbiarsi nuovamente.
«Scott torna qui, vigliacco!».
Quella situazione stava raggiungendo il punto di non ritorno, Scott non si ricordava nemmeno quando fosse stata l’ultima volta che Stiles si era adirato con lui così tanto. Doveva ammettere che solitamente in casi come quelli Stiles era facile da controllare, dopo qualche minuto si riusciva di nuovo ad avere una conversazione tranquilla con il più grande, ma se solo per aver mandato un messaggio  al suo Derek aveva scatenato la Terza Guerra Mondiale contro di lui, non sapeva davvero come avrebbe potuto raggiungere il pomeriggio del giorno dopo.
«Ma hai sbattuto la testa da piccolo?!» chiese il moro acido, ma prima che Stiles potesse rispondergli suonarono al campanello.
Scott corse ad aprire la porta grato a chiunque l’avesse salvato da quella situazione spinosa.
«Sono io!» trillò Lydia allegra nel citofono, sfondando un timpano al povero Scott; la invitò poi ad entrare aspettandola nella soglia di casa. Non appena la vide nel corridoio, le mimò un “aiutami” con le labbra. Scott doveva avere una faccia esasperata perché Lydia lo guardò interrogativa e senza aspettare che il ragazzo si spostasse passò la porta entrando in salotto. Dietro di lei fece capolino Allison accompagnata da un altro ragazzo, probabilmente un amico di Lydia.
Scott lo salutò amichevole e li lasciò passare prima di chiudere la porta. Fece un respiro profondo tornando in salotto dove tutti si erano già sistemati. Lydia si era seduta accanto a Stiles circondandolo con le braccia, apparentemente stavano parlando, ma era difficile dirlo dato che quasi non muovevano le labbra. Il moro allora si rilassò un poco, sperando che Stiles non si fosse arrabbiato troppo con lui e che la ragazza riuscisse a fargli tornare il lume della ragione.
«Scusami non mi sono presentato, sono Scott, piacere» esordì il moro, rivolgendosi al ragazzo seduto accanto ad Allison nel divano.
«Piacere mio, Ethan» si presentò un po’ impacciato, stringendogli la mano. Gli sorrise, voleva metterlo a suo agio, non capiva perché fosse così agitato, insomma erano tra amici dopotutto.
«Allora quel ragazzo nel divano accanto a Lydia si chiama Stiles, di solito non è così, anzi è lui che fa le presentazioni e questo genere di cose, ma l’hai incontrato nella sua giornata “no”» spiegò Scott sotto voce, stando ben attento a non farsi sentire dall’amico, onde evitare strane reazioni.
Allison rise sotto i baffi e Ethan si unì a lei, accennando un “non c’è problema”. Cominciarono a parlare del più e meno, lasciando Stiles e Lydia in disparte dando loro il tempo di chiarirsi.
Scott si sentiva in colpa per aver risposto in malo modo a Stiles, ora come ora avrebbe solamente voluto stringerlo tra le braccia, chiedendogli scusa. Non gli interessava se avesse cominciato lui a trattarlo male, voleva solamente dimenticare quella discussione e tornare a sentirsi meglio.
«Scott non è che hai qualcosa da mangiare?» chiese con finta nonchalance Allison, cercando di sembrare più normale possibile. Il moro si batté una mano nella fronte, ricordandosi proprio in quel momento che poco prima era in cucina per preparare la cena.
«Credo che andrò a prendere delle pizze!» annunciò la mora, interpretando lo sguardo di Scott. «Vieni con me Ethan?» chiese subito dopo, insicura, con sguardo basso. Il ragazzo da parte sua sorrise raggiante, alzandosi velocemente per seguire la mora fuori dalla porta.
Scott li guardò curioso, non sicuro di aver interpretato quel gioco di sguardi appieno. Allison era strana quando aveva chiesto al biondo di accompagnarla e Allison non era mai strana quando doveva interagire con le altre persone.
Scosse le spalle, abbandonando per un momento quel pensiero, dirigendosi in cucina a preparare la tavola. Quando spostò il cellulare di Stiles si accorse che aveva ricevuto un messaggio, non potè fare a meno di sorridere. Non sapeva se parlargli ora era un buon momento, non capiva se l’avesse perdonato, così rimase fermo di fronte al tavolo, pensando a che cosa fare e aspettando di prendere la decisione giusta.
Due braccia forti lo circondarono, stringendolo in un caldo abbraccio, dove il petto di Stiles si scontrava con la sua schiena. Era un abbraccio dolce, segno di resa: Stiles, al pari di Scott, si sentiva in colpa e voleva scusarsi.
Appoggiò poi il mento sulla spalla del moro, ancora senza parlare, cullandosi a vicenda con i loro respiri.
«Scusa» dissero infine all’unisono, un’altra conferma della loro incredibile affinità. Sorrisero. Entrambi erano stati perdonati, non serviva aggiungere altro e andava bene così.
«Non lo leggiamo?» chiese Stiles, stando fermo appoggiato alla spalla del moro. Per tutta risposta Scott sbloccò il cellulare dell’amico, aprendo con mani appena tremanti il messaggio ricevuto.
I due ragazzi lo lessero silenziosamente, ognuno nella propria mente. Stiles dentro di sé si sentiva finalmente leggero, felice e ammise a se stesso che i cambiamenti possono essere positivi, Scott fu felice per il suo migliore amico che finalmente aveva trovato qualcuno alla sua altezza.
«Direi che è un sì» soffiò piano Scott, guardando appena l’amico.
«E’ un sì» confermò Stiles altrettanto sotto voce.
 
  
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