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Autore: ellacowgirl in Madame_Butterfly    14/04/2014    0 recensioni
(Post Capitan America the winter soldier)
Hanno salvato la Terra, rischiando la propria vita e tutto ciò che hanno.
Si sono messi in gioco, hanno lottato, sfruttato al meglio le loro capacità per un fine superiore, ma ora che sembrano aver trovato di nuovo la pace è lo stesso pianeta a reclamare le loro teste.
I Capi di Stato delle Nazioni più potenti del mondo vengono uccisi, uno dopo l'altro, con tecniche e metodi che rassomigliano pericolosamente a quelle dei nuovi eroi della Terra e non.
Di nuovo minacciati ed ora in fuga, gli Avengers cercano di districarsi nella più pericolosa ragnatela che si sia mai creata attorno a loro, cercando disperatamente di sopravvivere, aggrappandosi agli ultimi barlumi di ideali rimasti e ad una fiducia ridotta a brandelli.
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bruce Banner/Hulk, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una montagna, una di quelle ripide, difficili da scalare ma soprattutto difficili da penetrare: fisicamente parlando, ma anche con qualsiasi marchingegno tecnologico all’avanguardia.
Non potevano scegliere una collinetta bella tranquilla o un posto al mare, nossignore!
Pianta un piccone con decisione, allunga l’altro braccio a cercare un appiglio: uno zaino sulle spalle ed una tuta aderentissima nera sono l’unica attrezzatura che possiede, oltre ad una corda di sicurezza che salda con dei moschettoni ogni tre metri precisi.
I capelli rossi sono, come sempre, liberi all’altezza delle spalle, un rosso scuro che risalta appena tra le rocce del monte che sta tanto abilmente scalando.
Lo sguardo è determinato, ha la decisione e la forza di chi non ha la minima intenzione di arrendersi.
Affidarsi agli Avengers?
Una volta è più che sufficiente, non ha intenzione di farsi “americanizzare” fino a questo punto.
La scalata continua, le iridi ghiaccio lanciano un rapido sguardo ad un rilevatore, il display cosparso di puntini verdi di diverse dimensioni, ad eccezione di uno rossastro che appena si intravvede.
Sbuffa, un altro paio di picconate e poi osserva meglio i dintorni: in alto, in basso, lateralmente. Sembra prendere mentalmente delle misure o qualcosa del genere.
Pianta meglio il piccone, con una mano si regge ad una roccia, con l’altra attorciglia la corda che la sorregge proprio al suddetto piccone: inspira ed espira profondamente un paio di volte, si risparmia la vista di quanto sia in alto in questo momento.
Socchiude le iridi, poi le riapre d’improvviso e si lancia quasi lateralmente, come se stesse cadendo nel vuoto: conta mentalmente i metri che percorre, poi la corda si blocca, proprio come aveva previsto, e lei viene letteralmente lanciata contro la roccia davanti a sé.
Sembra vera, dannazione, un errore di calcolo e quella è la sua tomba.
Stringe i denti, rannicchia le gambe, portandole davanti al petto e al contatto con la presunta roccia chiude bruscamente gli occhi: si sgretola a quel tocco violento, lasciando palesemente notare che non si tratti di una roccia effettiva, ma di semplice cartapesta ben mascherata.
Ha perso mezzo anno di vita, lo sa, ma ora non ha tempo da sprecare in batticuori: slega la corda che tiene in vita, legandola alla prima roccia disponibile: una via di fuga và sempre tenuta a portata di mano.
Davanti a lei si estende un cunicolo, illuminato dalla luce proveniente dall’esterno.
Osserva, scruta, studia, poi avanza lentamente, cauta, silenziosa come una serial killer professionista. Le pistole sono pronte per le evenienze, i coltelli nascosti pressochè ovunque nella tuta nera ed aderentissima che veste come ogni volta.
Sa che non debba avanzare poi molto, il segnale sul display si fa fortissimo già in quel punto, dunque il suo obiettivo è particolarmente vicino.
Ed infatti avanza, deve solo liberarsi di una grata, strisciare a terra in un secondo cunicolo più stretto ed è arrivata.
Balza a terra, restando accovacciata per qualche attimo: una stanza bianchissima, nessuna guardia o apparente telecamera a sorvegliare il tutto…
«Nat?»
…e lui, proprio come aveva previsto.
«Che diavolo ci fai qui?» Gli domanda l’uomo, più preoccupato che irritato, assottigliando appena le iridi chiare.
Lei si rialza e si guarda intorno, cauta, diffidente, furtiva.
«Non sapevo come passarmi la giornata e mi son detta: perché non scalare una montagna di milleduecento metri per andare a salvare il fondoschiena del “Legolas” di turno?» Giusto per citare Stark.
Lo dice con noncuranza, con tono piatto, benché sia palese l’ironia.
Sicura che non vi siano trappole, avanza rapida verso di lui.
«Non dovresti essere qui.» Replica ancora, freddo e deciso nella sua posizione: lo sa benissimo chi l’abbia catturato ed il motivo.
E lo sa benissimo anche lei, ed è ciò che più lo preoccupa.
«Nemmeno tu.» Gli risponde in tutta tranquillità, senza abbandonare la freddezza.
Si avvicina al palo in metallo a cui è legato, liscio, senza nulla attorno con cui poterli liberare.
Estrae un coltello e taglia con un gesto secco le corde che gli immobilizzano i piedi, ma nel momento esatto in cui queste si lacerano un meccanismo si mette in atto:  alle sue spalle, una delle pareti sembra abbassarsi, lasciando spazio ad un piccolo incavo, come ad una cella, dove all’interno è legata ed imbavagliata una donna.
La Vedova estrae d’istinto la pistola e la punta in quella direzione, ma immediatamente si ferma.
«Ma cosa…» Bisbiglia fra sé e sé, anche Clint pare piuttosto sorpreso.
Jane Foster.
«Anche lei non dovrebbe essere qui.» Afferma secca. Questo non lo aveva previsto, per niente.
Impreca mentalmente, sin quando una voce ironica e divertita non attira l’attenzione dei presenti.
«Adoro la vostra espressione stupita, Natalia Romanova…»  Le iridi ghiaccio vanno immediatamente a cercarlo, lo fulminano senza dargli la soddisfazione di reagire.
«…o devo chiamarvi Vedova Nera, in questi casi?»
Si fissano per un lungo ed intenso attimo, la tensione è palpabile al massimo, quelle prorompenti corna dorate non fanno che enfatizzare un volto lindo pervaso dal male, dal sadismo più cinico.
E da un insano divertimento.
«Nat…» Bisbiglia Occhio di Falco, quasi a volerle intimare di non fare ciò che ha in mente – perché lo sa che sta per compiere l’ennesima pazzia, la conosce fin troppo bene.
Lei inclina il capo di lato, i capelli rossi oscillano appena, mentre accenna a rinfoderare la pistola.
«Mi devi un favore.» E’ una semplice constatazione, o meglio, la ratifica di un patto: e ancora una volta lui sa a cosa, o meglio a chi, si riferisca.
Questione di un attimo e nel momento in cui rinfodera la pistola prende fra le mani due dischetti esplosivi, lanciandoli rispettivamente uno verso Loki e l’altro verso la piccola prigione della ragazza.
Tra tutte le terrestri, proprio la fidanzata del fratello doveva imprigionare, complicandole la situazione?
Maledizione, lei mica è un’eroina per davvero!
Il coltello nell’altra mano và a recidere con un gesto secco le corde alle mani di Barton, lascia che prenda una delle due pistole alla sua cintura ed un coltello, il tutto in una frazione di secondo.
Gli bisbiglia qualcosa all’orecchio.
L’uomo non esita, sa che in questi casi potrebbe essere fatale per tutti e tre e si dirige rapido verso la prigione della scienziata.
«Vogliamo giocare col fuoco, vulvetta?» Quell’appellativo se lo ricorda, eccome se se lo ricorda.
Le ricorda la sua vittoria e al contempo una minaccia che, a quanto pare, lui ha intenzione di mantenere.
Il fumo si dirada appena, lasciando visibile il dio che rimane immobile nella sua posizione, a qualche metro da lei.
Non si è mossa, è rimasta immobile a fissarlo con tutto il disprezzo che quelle iridi ghiaccio sanno trasmettere, assieme ad un animo duro ed indistruttibile.
Lei è russa, dopotutto.
Il sorriso si allarga su quel volto maligno, lo scettro viene puntato contro la piccola prigione di Jane con il peggiore degli intenti.
«Ingenua e sciocca, se pensi che io ti lasci salvare il tuo unico punto debole!» E lancia una scarica in quella direzione, ma lei non esita, non si muove nemmeno questa volta.
La prigione viene distrutta e con essa una parte della montagna, ma non v’è traccia di resti umani.
La Vedova sorride appena, incrociando le braccia sotto il seno: Barton non era il miglior agente dello S.H.I.E.L.D. a caso, e questo lo sanno entrambi.
«Non li inseguirai. Non puoi farlo.» Replica calma, probabilmente per prender tempo, o semplicemente perché sa benissimo a cosa vada incontro.
Lui la osserva divertito, quasi avesse davanti un raro pezzo da collezione con cui passarsi il tempo.
«Cosa te lo fa pensare?» replica. Sta al gioco solo per vedere dove lei voglia arrivare, consci entrambi che Clint e Jane non possano essere andati poi molto lontani, da soli e in quelle condizioni.
«Hai catturato Barton, mettendo in allarme gli Avengers. L’hai fatto perché sapevi che lui sarebbe stato l’unico in grado di uccidermi, oppure lo avresti usato come esca. Nel secondo caso, avresti avuto un duplice vantaggio perché sia io che lui avremmo visto che tenessi prigioniera la fidanzata di tuo fratello.» Spiega lucidamente e con una precisione del tutto naturale, quasi stesse facendo la lista della spesa.
«Mi avresti lasciato liberare Barton, cosicché lui portasse la notizia del rapimento di Jane Foster e avresti così attirato Thor nella tua trappola. Ma anche questo è un piano troppo scontato, tu hai guardato oltre.» Continua, il discorso comincia a farsi interessante, non perde mezza virgola.
«Mi avresti lasciato liberare non solo Burton ma anche la scienziata, così da confondere ulteriormente gli Avengers sul mio operato ed i miei intenti: prima scompaio, senza rendermi disponibile per loro e senza volermi fidare, tradendo ciò che è stato; poi d’improvviso libero sia Occhio di Falco che la fidanzata di Thor, lasciandomi eroicamente nelle mani del nemico.» Spiega ancora, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi per sfizio, senza perdere il contatto visivo con l’altro.
«Volevi mettermi contro gli Avengers e con me anche Occhio di Falco, il quale sarebbe sempre stato trattato con diffidenza per la sua alleanza con me. Ed ora che sono qui e mi terrai prigioniera, probabilmente cercherai di condizionarmi per farmi compiere gli omicidi che sino a questo momento hai fatto fare a qualcun altro, sempre per gettare fango e disordini tra gli eroi che ti hanno sconfitto.»
Non fa una piega, il suo ragionamento. Loki ne pare soddisfatto, ha dimostrato ancora una volta la sua genialità, quella mentre brillante non si è minimamente smentita, andando oltre ciò che è palese in modo metodico ed implacabile.
Ghigna appena, incrociando anche lui le braccia sul petto.
«Magnifico. Dimmi qualcosa che non sai, Vedova Nera.» Asserisce calmo, quasi curioso.
Lei esita un attimo.
«Lasciando libero Occhio di Falco e con lui Jane Foster, hai dato agli Avengers la prova che tu sia tornato, che l’artefice di quegli omicidi pensati e apparentemente perfetti sia tu. » Esita.
«Ma non è così.»
Afferma ancora, sventrando nuovamente la pianificazione del dio.
«Non so chi ci sia davvero dietro questi omicidi pensati e chi ci stia dando davvero la caccia.»
Ecco la sentenza, mette a nudo anche se stessa, per lasciare che lui si spogli ulteriormente.
Le fa un piccolo applauso, con fare decisamente teatrale ed ironico, benché sentito.
«Molto, molto bene…» Afferma.
«Ora ti dirò qualcosa che non so io, Natasha Romanoff.» La chiama con un nome differente, ancora una volta.
Poi scompare d’improvviso, apparendo dietro di lei poco pochi attimi, vicinissimo.
Un brivido freddo le percorre la schiena.
«Perché tutto questo non lo hai detto ai tuoi amichetti

 
  
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