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Autore: Aurore    16/04/2014    1 recensioni
Sequel di Midnight star.
Dopo gli eventi e le rivelazioni che hanno scosso il suo piccolo mondo, la vita di Renesmee è tornata alla normalità: è sempre più felice con Alex e insieme a Jacob ha ritrovato l'affetto e la complicità del loro legame. Ma all'orizzonte si addensano nuove nubi: quando spaventosi incubi iniziano a tormentare le sue notti, Renesmee si trova costretta a scegliere tra perdere ciò che ama di più e tentare di salvarlo, e ad affrontare eventi imprevedibili che potrebbero cambiare ogni cosa.
Tutto finisce, nulla resta uguale, e a volte il destino impone scelte e cambiamenti dai quali non si torna indietro.
Tratto dal capitolo 7:
Il suo sguardo era stata la prima cosa che mi aveva colpita, di lui, nel giorno lontano in cui ci eravamo conosciuti. [...] Lo stesso sguardo che mi aveva osservata con tanta attenzione per catturare quello che c'era in me di più profondo mentre mi disegnava. Nessuno mi aveva mai guardata così. In quel disegno c'era qualcosa di bellissimo, potente e tremendo al tempo stesso. Qualcosa di ineluttabile, che ormai non poteva essere fermato.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jacob Black, Nuovo personaggio, Renesmee Cullen, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Midnight star'
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C 8
Capitolo 8
Madness

I, I can't get these memories out of my mind
It's some kind of madness, it started to evolve
I, I tried so hard to let you go
But some kind of madness is swallowing me
Whole
I have finally seen the light
And I have finally realized
What you mean
And now I need to know
Is this real love
Or is it just madness keeping us afloat.
Madness, Muse¹



Noi crediamo di condurre il destino, ma è sempre lui a condurre noi.
Denis Diderot, Jacques il fatalista e il suo padrone



«Ragazze, non ne posso più», annunciò Jas con tono drammatico. «Ho assolutamente bisogno di sedermi oppure ucciderò chi ha inventato questi strumenti di tortura».
Barcollando, si attaccò al braccio di Maggie e sollevò un po' la gamba sinistra per sistemare il cinturino del sandalo intorno alla caviglia, restando in precario equilibrio sull'altro piede.
«Sono d'accordo!», convenne Danielle, costretta ad urlare per sovrastare il ritmo martellante della musica sparata a tutto volume. Aveva una ciocca di capelli in disordine e l'aria accaldata, sebbene fossimo all'aperto, nel giardino sul retro della grande casa di Esme e Carlisle.
Maggie sospirò mentre aiutava Jas a mantenersi in piedi e ad evitare un capitombolo nel mezzo della pista da ballo. «Te l'avevo detto di non mettere queste scarpe, Jas».
Jas la guardò storto. «Ma se le ho comprate appositamente per la festa perchè erano intonate al vestito!», sbottò, indignata.
Maggie la guardò di sbieco, sospirò di nuovo e non rispose.
«Anche a me serve una pausa. Andiamo a bere qualcosa», intervenni.
«Cosa? Andate via?», strillò Holly, apparendo di colpo dal nulla al mio fianco. «Ma se avete ballato appena tre canzoni!».
Maggie fece per parlare, ma Jas la anticipò. «Io sto per stramazzare. Addio». Sgusciò tra la folla danzante alla massima velocità consentita dai tacchi e si allontanò. Maggie le andò dietro con aria sollevata.
«Vieni con noi?», chiesi ad Holly, avvicinandomi a lei e sperando che mi sentisse.
«No! Dai, ragazze, questa è proprio bella!», esclamò mentre iniziava una nuova canzone. «Paul! Balliamo!». Il suo ragazzo, che ballava poco distante da noi, emerse lentamente dalla folla muovendosi a ritmo sostenuto e le cinse i fianchi senza fermarsi. Holly gli gettò le braccia al collo con entusiasmo, puntando verso le sue labbra. Danielle ed io ci scambiammo un'occhiata eloquente e ci allontanammo per lasciarli soli; Holly avrebbe dimenticato in fretta la nostra assenza. Tenendoci per mano per non essere separate, attraversammo il giardino e raggiungemmo Jas e Maggie. Erano sedute ad uno degli alti tavolini rotondi con sgabelli che zia Alice aveva sistemato qua e là per dare l'idea di un romantico bar all'aperto, insieme alle lucine nascoste tra il fogliame e ai morbidi, rigogliosi festoni di tulle bianco sparsi in apparente disordine. Maggie sorseggiava una Coca, Jas si massaggiava una caviglia con aria sofferente.
«Perchè i ragazzi possono andare alle feste con le scarpe da ginnastica?», ci aggredì appena fummo abbastanza vicine.
Danielle fece un sorrisino. «Perchè non lo fai anche tu?», disse in tono divertito mentre estraeva un piccolo specchio dalla borsa e si ritoccava il rossetto. «Sarebbe una cosa che non si vede tutti i giorni».
Jas non era dell'umore adatto per fare dell'ironia e le lanciò un'occhiata gelida. «Stai scherzando, per caso? Dovrà congelarsi l'inferno prima che io faccia una cosa del genere».
Scoppiamo tutte a ridere, compresa Danielle, che fu costretta a smettere di passarsi il rossetto sulle labbra. Non avevamo ancora smesso quando sentii una mano poggiarsi delicata sulla schiena. Mi voltai e vidi zio Jasper dietro di me,
bellissimo come un fotomodello nel suo completo grigio scuro di Armani.
«Scusate l'interruzione, ragazze», disse, sfoggiando un sorriso affascinante che, ne ero sicura, fece perdere un paio di battiti alle mie amiche. «Renesmee, ti dispiace entrare un momento? È arrivato Charlie».
«Oh, certo». Smontai dallo sgabello stringendo la mano che Jazz mi offriva per mantenere l'equilibrio. Stavo cominciando a detestare le mie scarpe almeno quanto Jas detestava le sue. «Torno subito».
Entrammo insieme in biblioteca, dove c'era il buffet. Passando accanto al tavolo, presi al volo un minuscolo sandweech al salmone e lo mandai giù.
«Com'è?», chiese lo zio mentre salivamo le scale per raggiungere il soggiorno. 
«Ottimo», esclamai, allegra.
Lui sorrise. «Dovrò crederti sulla parola».
Sbucammo nel soggiorno, che era già piuttosto affollato. Faceva un gran caldo e la musica spaccatimpani giungeva attutita. Jasper mi guidò con destrezza tra gli ospiti, superando qualche Cullen sparso qua e là, e raggiungemmo Charlie e Sue intenti a chiacchierare con i miei genitori e Jacob.
«Eccola qui», annunciò zio Jazz. Mi fece l'occhiolino mentre lasciava la mia mano e sparì tra la folla, probabilmente in cerca di Alice.
«La nostra festeggiata! Tanti auguri, tesoro», disse Sue con gioia sincera. In una mano stringeva una flȗte di champagne e con l'altro braccio mi cinse le spalle.
«Grazie! Sono contenta che siate venuti».
«Non ce la saremmo persa per niente al mondo, piccola», disse Charlie, avanzando per stringermi in un goffo abbraccio. «Da non credere quanto sei cresciuta», aggiunse a mezza voce. Mi osservò con un'espressione strana. Il suo tono era burbero, ma velato di commozione. «Mi sembra che sia passato così poco tempo da quando ti tenevo in braccio.
È... sconvolgente».
«Eh, già, il tempo passa», commentò la mamma ostentando un fare disinvolto, ed io mi trattenni a stento dallo scoppiare a ridere. 
In quel momento arrivò Seth, sorridente e tirato a lucido con una camicia azzurra e una giacca elegante. Brandiva un bicchiere di birra e sembrava più carino del solito. Diede a Charlie una pacca sulla spalla.
«Ehi, di cosa parlate?», esclamò in tono allegro per inserirsi nella conversazione. Sembrava che fosse passato di lì casualmente, ma ebbi la sensazione che avesse ascoltato tutto e fosse intervenuto in un lampo.
«Siamo un po' nostalgici, questa sera», rispose Sue, mentre prendeva affettuosamente suo marito sotto braccio. Charlie si sforzava di mantenere un'espressione impassibile nonostante avesse gli occhi lucidi. 
Seth diede un'altra pacca comprensiva sulla spalla di Charlie. «È normale, la tua nipotina sta crescendo, vecchio mio».
«Certo.
È il trionfo della normalità, da queste parti», commentò Jacob, e rispose con uno sguardo divertito alla gomitata che gli rifilai.
Charlie sembrò non farci caso. «Hai ragione, Seth», sospirò. «Quando si invecchia si diventa sentimentali».
La mamma rise. «Dai, papà, non esagerare. Non hai novant'anni».
Lui inarcò le sopracciglia. «Uhm, no. Ma ormai sono un matusa, è inutile negarlo».
Sue disse qualcosa che fece ridere tutti, ma io non sentii; Seth mi aveva appena stretta in un abbraccio mozzafiato, quasi sollevandomi da terra.
«Buon compleanno, Nessie!», esclamò, la voce carica di sincero affetto.
«Grazie», borbottai, sul punto di soffocare. Cercai di prendere aria. Faceva già abbastanza caldo lì dentro senza che un licantropo mi si appiccicasse addosso. «Ehi, vacci piano».
«Ops, scusa».
Mi lasciò andare subito ed io ricominciai a respirare. Accidenti, quanto era forte. Avrebbe potuto stritolarmi con un braccio solo.
«Quando sei arrivato?», chiesi, mentre gli altri continuavano a parlare tra loro.
«Praticamente ora. Sono venuto con la mamma e Charlie. C'è anche Leah... credo sia qui, da qualche parte».
«Allora tu... non hai ancora visto nessuno?».
Seth mi sorrise, rilassato. «Chi avrei dovuto vedere?».
«Lo sai benissimo», risposi, lanciandogli un'occhiataccia eloquente.
«No, non l'ho vista», disse. Divenne serio di colpo. «Probabilmente in questo casino
non ci incontreremo, quindi sta' tranquilla».
Okay, perfetto. Adesso mi sentivo anche in colpa. Avrei voluto spiegargli che non ce l'avevo con lui, ma con l'imprinting; peccato a che a volte non fosse affatto semplice tracciare confini netti, pensai con un'occhiata malinconica verso Jacob. Poi Seth parlò di nuovo dopo un breve silenzio ed io cambiai subito idea.
«Quindi è già arrivata?», aggiunse, come niente fosse.
«Se è arrivata o no a te non deve interessare!», sbottai, irritata. «Senti, devi promettermi che non creerai problemi a Jas, stasera. Promettilo», dissi, guardandolo dritto negli occhi con determinazione.
«Renesmee, crearle problemi è l'ultima cosa che vorrei, te l'assicuro».
Non mi sentii più tranquilla, neanche un po'. Forse era sincero, ma se non fosse riuscito a controllarsi? Se fosse successo qualcosa di strano in presenza di Tom?
«Cerca di starle alla larga, allora», aggiunsi in tono significativo. Accanto a me Jacob si mosse appena, forse una reazione a qualcosa che avevo detto. Lui e Seth si scambiarono un'occhiata che non capii.
«Farò del mio meglio», rispose Seth, lentamente.
Rimasi lì a scrutarlo ancora per un attimo, cercando di capire cosa significasse quella risposta. Ma la sua espressione era neutra.
«Devo tornare giù», dissi, distogliendo lo sguardo. «Accompagnami, Jake, per favore».
Lui mi prese per mano senza dire nulla e ci allontanammo attraverso il soggiorno, verso le scale.
«Che intenzioni ha?», indagai a bassa voce, accostandomi a lui.
Jacob mi lanciò un'occhiata. «Non è ovvio? Vuole saltarle addosso e chiederle di sposarlo per mettere al mondo dieci marmocchi».
Sebbene fossi sinceramente preoccupata, mi sfuggì un sorriso. «Jake, è una cosa seria».
Lui mi tirò per il braccio, costringendomi a fermarmi. Eravamo in cima alle scale, in un angolino tranquillo e isolato dal gruppo di ospiti cha gironzolava per il salotto chiacchierando e ridendo.
«Lo so, ma è il tuo compleanno. Perchè non cerchi di goderti la festa?».
Be', non aveva torto. Anzi, forse aveva pienamente ragione e stavo esagerando. Forse ero paranoica. No, non ero paranoica. Jas era la mia migliore amica e si era inconsapevolmente cacciata in una situazione complicata. Molto complicata. Era naturale che mi preoccupassi per lei. Ma se volevo aiutarla davvero dovevo restare lucida. Abbassai per un momento lo sguardo sulle scale, poi lo sollevai nuovamente su Jacob, che era lì in piedi e mi guardava con affetto.
«Mi prendi?».
Capì al volo e mi rivolse un sorriso splendente di affetto e complicità che mi scaldò il cuore. «Certo».
Scese rapidamente i gradini e si fermò ai piedi della scala. Scesi un paio di gradini anch'io e mi gettai un'occhiata veloce alle spalle per controllare che nessuno stesse guardando, poi, f
acendo leva sul corrimano, spiccai un salto decisamente poco umano e con un strillo di felicità mi tuffai tra le sue braccia tese e pronte ad accogliermi. Da bambina adoravo quel gioco e lo avevamo fatto così tante volte da essere ormai perfettamente sincronizzati. Mi fece girare un paio di volte, tenendomi sollevata, e strillai ancora, scossa da brividi di entusiasmo. Quando mi mise a terra, invece di lasciarmi andare mi strinse a sè ancora più forte, annullando la poca distanza che ci separava, e mi baciò la fronte.
«Wow, Renesmee! Deve essere divertentissimo!».
Mi voltai di scatto con un sussulto. Sulla porta che conduceva alla biblioteca erano apparse due persone: Danielle, che sembrava divertita dal nostro gioco, e Alex, alle sue spalle, muto e immobile.
«Sì. Ed è anche molto infantile», risposi, ridacchiando nervosamente. Guardai Alex. Ci fissava con un'espressione fredda che congelò all'istante il mio sorriso. Qualcosa non andava. Automaticamente mi allontanai da Jacob.
«Ti stavamo cercando, dov'eri finita?», chiese Danielle.
«Ero di sopra per salutare Charlie. Scusate se sono sparita. Vengo con voi».
E Jake? Mi girai verso di lui, incerta sul da farsi. Ero terribilmente imbarazzata. E infastidita, anche. Perchè mi sentivo così?
«Vai pure», disse lui, tranquillo. Mi strinse con forza la mano per un attimo, poi mi lasciò, salì le scale ed io lo seguii con gli occhi mentre si allontanava.
«Sai, Renesmee, il buffet è fantastico. Voglio assaggiare tutto. Scott ha detto che le tartine sono buonissime», stava dicendo Danielle con entusiasmo. «Venite, ragazzi?».
Pensierosa, stavo per seguirla varcando la soglia della biblioteca, quando Alex tese un braccio e mi bloccò.
«Balliamo?», propose. Aveva un tono freddo come il suo sguardo e per un attimo restai a fissarlo, paralizzata.
«Certo, se ti va», mormorai, preoccupata. Chissà che diavolo gli prendeva.
Accennò un sorriso brusco. «Sì, mi va. Questa canzone è perfetta... il testo è una vera ispirazione. Voglio baciarti ogni volta che me lo suggerisce²».
Lasciammo Danielle al buffet, intenta a chiacchierare con alcune amiche del corso di francese, e Alex mi trascinò in pista, ma non mantenne la sua parola, perchè invece di seguire il testo della canzone mi baciò praticamente senza interruzioni. Non ballammo quasi per niente. La canzone successiva era un lento. Alex mi abbracciò con dolcezza mentre ci muovevamo piano in tondo ed io misi la testa sulla sua spalla.
«Ti stai divertendo?», mi chiese in un sussurro, all'improvviso. Mi sfiorò la fronte con il mento e sentii il suo respiro sulla pelle.
Annuii. «Sì. È tutto perfetto».
Tutto tranne l'imprinting di Seth.
No, Renesmee, non pensarci. Non adesso.

«Ti ho già detto che stasera sei più bella del solito?».
«Soltanto una decina di volte», risposi, un sorriso divertito sulle labbra. «Ma anche l'undicesima sarebbe apprezzata».
Avvicinò di nuovo la bocca al mio orecchio. «Sei stupenda, Scheggia. Ogni tuo desiderio è un ordine».
«Davvero? Allora posso chiedere anche di non essere chiamata "Scheggia" almeno per stasera?».
«No, questo no».
Il suo tono serio mi fece ridere. Mossi leggermente la testa e qualcosa catturò l'attenzione di Alex. Aggrottò la fronte.
«Belli questi orecchini. Regalo dei tuoi?».
Con un dito disegnò il profilo di uno dei due cuori d'argento che portavo alle orecchie. Colta alla sprovvista, esitai un istante prima di parlare.
«No, veramente... me li ha regalati Jacob», mormorai e sollevai lo sguardo d'istinto per osservare la sua reazione.
Il dito di Alex si fermò. Il volto rimase impassibile, ma negli occhi colsi un guizzo di qualcosa che mi lasciò a bocca aperta. Rabbia. Allo stato puro. Abbassò la mano di scatto.
«Però. Questo sì che è un regalo degno del tuo migliore amico», commentò freddamente.
Era tornato gelido e distaccato, come prima, quando mi aveva vista sulle scale con Jake. Eravamo ancora stretti l'uno all'altra, girando lentamente in tondo, eppure mi parve che in un attimo tra noi si fosse eretto un muro. E nello stesso momento capii. Gelosia: ecco la spiegazione di tutti quegli strani comportamenti e di tutto quell'imbarazzo ogni volta che io, Alex e Jacob ci trovavamo insieme. Alex era geloso di Jake. Mi sembrò una verità così spaventosamente chiara che mi sentii un'autentica idiota per non esserci arrivata prima. Era geloso dei nostri abbracci, della nostra sintonia, del nostro legame forte e indissolubile come la pietra. Sapeva benissimo che Jacob era il mio amico più caro, eppure sembrava che ai suoi occhi non fosse tutto lì. Ma una cosa del genere era impossibile, naturalmente. Alex si sbagliava.
E Jacob? Era a sua volta geloso di Alex? Ripensai al tono formale con cui gli rivolgeva la parola, alla freddezza nei suoi confronti, e mi sentii cadere la mascella per la seconda volta nel giro di un minuto. Allora la follia che mi aveva colta al matrimonio di Rachel, l'improvviso, assurdo desiderio di prendere a schiaffi Summer ogni volta che si avvicinava a Jake, non apparteneva soltanto a me. Jacob provava la stessa cosa?
Ma che accidenti stava succedendo?
Confusa e un po' agitata, lasciavo vagare lo sguardo qua e là sul giardino senza vedere niente, presa dai miei pensieri e cercando soltanto di non guardare in faccia Alex; mi sembrava di sentirlo sempre più lontano, come un sogno evanescente che si dissolve nella luce del mattino lasciando solo una vaga sensazione in ricordo di sè. Poi, all'improvviso, qualcosa suscitò la mia attenzione: seduti da soli a un tavolino, intenti a chiacchierare vivacemente, c'erano Seth e Jas. Seth e Jas. «Maledizione», sbottai senza rendermene conto. Li avevo completamente dimenticati.
«Cosa?», domandò Alex.
Lo guardai; nei suoi occhi c'era un'espressione circospetta. Sbattei le palpebre, cercando di pensare in fretta a qualcosa.
«Ehm... No, niente... Scusami», farfugliai.
Non aggiunse altro. Sembrava ancora arrabbiato. Continuammo a ballare, anche se io non badavo più a dove mettevo i piedi e cercavo solo di allungare il collo per sbirciare verso Seth e Jas, ma ben presto ci allontanammo troppo e la folla di persone in movimento li nascose al mio sguardo. Fantastico. Decisi che al termine della canzone li avrei raggiunti e sarei rimasta con loro, a costo di fare il terzo incomodo per tutta la sera. Ma il mio brillante piano fallì. Poco dopo fummo raggiunti da alcuni compagni di classe di Alex che erano appena arrivati alla festa e volevano salutarci, farmi gli auguri e consegnarmi il loro regalo.
Alex appariva disinvolto e spiritoso come al solito, ma dal suo sguardo e dalla piega della bocca capivo che non gli era passata; era solo un maestro nell'arte di far finta di nulla. Riuscii ad intravedere nuovamente la mia amica che ballava con Seth una canzone veloce. Lui le diceva chissà cosa e lei rideva. Sembrava che si divertissero parecchio. Ero così preoccupata che prestavo scarsissima attenzione agli amici di Alex, sentivo un gran caldo al viso e uno strano ronzio nelle orecchie. Non potevo credere che Seth ignorasse in quel modo le promesse che mi aveva fatto soltanto mezz'ora prima. Ogni tanto notavo che Alex mi osservava, ma non riuscivo a concentrarmi neanche su di lui. L'unica cosa che desideravo era cercare quei due e impedire che succedesse un disastro.
A un tratto non ce la feci più. Inventai una scusa qualunque e scappai via senza osare guardare Alex. Percorsi in tutta fretta il perimetro del giardino, ma non li scorsi da nessuna parte. Avevano smesso di ballare? Passai accanto ai tavolini, dove c'erano solo Holly e Paul molto impegnati a baciarsi appassionatamente, ed entrai in biblioteca. Era affollata, soprattutto nei pressi del buffet, ma non troppo; decisamente Seth e Jas non erano lì. Mentre mi guardavo intorno, sentii il panico invadermi lo stomaco come un fiotto acido e poi salire su per la gola. Una piccolissima parte di me era consapevole del fatto che stavo esagerando, ma non riuscivo a ragionare. Dove erano finiti? Dove?
Passando accanto al buffet incrociai Maggie mentre si versava un bicchiere di punch. La afferrai per un braccio, lei si voltò e strabuzzò gli occhi.
«Renesmee, tutto bene?».
«Hai visto Jas?», chiesi per tutta risposta.
«No. Poco fa era insieme al tuo amico della riserva, mi pare. Come si chiama? Seth, giusto?».
Non dissi nulla. Mi diressi rapidamente verso la porta, mentre Maggie mi chiamava. «Renesmee, che cos'hai? Renesmee!».
Mi fiondai nell'ingresso, dove il fracasso della musica giugeva appena, i sensi tesi al massimo, e finalmente colsi qualcosa che mi spinse a fermarmi. Qualcuno gridava oltre la porta di ingresso. Guardai attraverso i vetri e nel buio riconobbi due sagome. Ascoltai attentamente, avvicinandomi di qualche passo alla porta chiusa.
«Non posso credere che tu abbia fatto una cosa del genere!».
«Non è stato niente, te l'ho già detto!».
«Baciare un altro per te è niente?».
«Lo conoscevo a malapena!».
«Questa sì che è una consolazione! E perchè mai hai deciso di dirmelo proprio adesso?».
«Volevo solo essere sincera!».
«
È successo due mesi fa e a te viene in mente ora di essere sincera?».

«Non trovavo mai il momento giusto!».
«E ti sembra questo il momento giusto, dannazione? Stai rovinando la festa di Renesmee!».
«Non è vero!».
Agii d'istinto. Senza riflettere, spalancai la porta ed uscii. Tom e Jas erano in piedi sui gradini, uno di fronte all'altra; si girarono contemporaneamente a guardarmi ed io rimasi lì impalata per un secondo, titubante.
«Oh, scusate», mormorai, sfoderando una faccia da poker. «Non volevo disturbarvi, ma ho sentito gridare e...». Non terminai la frase e li osservai con ansia, aspettando le loro reazioni.
Jas incrociò le braccia bruscamente. «È tutto a posto, Renesmee», rispose, sebbene la sua voce incrinata e risentita suggerisse l'esatto contrario.
Tom non disse una parola. Conoscendolo, sapevo che con ogni probabilità farsi beccare a litigare con la sua ragazza nel mezzo della mia festa di compleanno doveva infastidirlo parecchio. A quel punto non potevo fare altro che andarmene e sperare che il mio breve intervento avesse raffreddato un po' gli animi. Annuii.
«Okay. Allora io... vado. Scusatemi ancora».
Guardai Jas con espressione significativa, cercando di intuire cosa stesse accadendo, ma lei tenne gli occhi puntati a terra con decisione. Tornai dentro e mi chiusi la porta alle spalle. Un attimo dopo avevano già ricominciato.
«Hai visto?», sbottò Tom. «Sapevo che avresti rovinato la festa!».
«Non ho rovinato un bel niente!», strillò la mia amica di rimando, e dalla voce capii che stava piangendo.
«Davvero? Ne sei sicura? Chissà che diamine sarebbe successo tra te e quella specie di energumeno pellerossa se fossi arrivato cinque minuti dopo!».
«Stavamo solo parlando, te l'ho detto mille volte!».
«Anche con il barista di Long Beach stavi solo parlando prima di baciarlo, immagino!».
Okay, avevo ascoltato abbastanza. Con una specie di fredda determinazione, sebbene fossi piuttosto arrabbiata, marciai su per le scale e piombai in salotto, evitando per un pelo di finire addosso a Charlie e a Billy che chiacchieravano tra loro bevendo birra. Individuai Seth tra la folla e puntai dritta verso di lui. Stava parlando con Jacob e la mamma, ma notai a malapena la loro presenza.
«Che cavolo hai combinato?», lo aggredii con una certa veemenza.
Lui sgranò gli occhi, stupefatto. «Come?».
«Non fare il finto tonto, hai capito benissimo! Che cavolo hai combinato?».
Prima che Seth potesse rispondere, papà apparve al mio fianco come se si fosse materializzato dal nulla e mi circondò la vita con un braccio.
«Tesoro, per favore. Sta' calma», sussurrò, la voce bassa e controllata. «Non è come pensi...».
Mi divincolai per sottrarmi alla sua stretta. «E com'è, allora?», sibilai, fissando Seth con un'espressione che parve spaventarlo un poco.
«Non so di cosa stai parlando, Nessie».
«Tom e Jas! Stanno litigando furiosamente, di sotto!
È colpa tua, lo so! Che cosa hai fatto?».

Seth assunse lentamente un'aria grave a mano a mano che afferrava la situazione. «Niente, te lo giuro. Stavamo chiacchierando... Poi abbiamo ballato...».
«Ma Tom se l'è presa e adesso le sta urlando contro!».
«Mi dispiace, ma non è successo niente...».
«Ti avevo detto di starle lontano! Perchè eravate insieme?».
Seth alzò la voce per sovrastare la mia, senza smettere di guardarmi dritto negli occhi con espressione seria, tranquilla, vagamente dispiaciuta. «
È stata lei a cercarmi, Renesmee», esclamò. Restai talmente basita che ammutolii di colpo. Lui ne approfittò per proseguire. «Mi ha visto da lontano ed è venuta da me. Che cosa avrei dovuto fare? Mandarla via? Rifiutarmi di parlarle? Lo sai che non posso». Pronunciò l'ultima frase con voce più bassa e intensa, quasi tormentata. Il suo sguardo era limpido e sincero come sempre.
Ed io ero confusa. Restai in silenzio, fissandolo ad occhi spalancati. Jas aveva cercato lui? In quel momento scorsi con la coda dell'occhio un lampo di lunghi, lisci capelli biondi che si fiondava su per le scale. Era lei. Mollai tutti lì senza fornire nessuna spiegazione e le corsi dietro, ignorando le occhiate perplesse e curiose della gente intorno a me. Ero piuttosto sicura che gli ospiti si stessero ponendo qualche domanda osservando tutto quell'ansioso via vai.
Al secondo piano sentii una porta che sbatteva e, seguendo il rumore di singhiozzi soffocati, percorsi il corridoio fino alla camera di Alice. Mi guardai intorno; non c'era nessuno, ma la porta del bagno era chiusa. Con un piccolo sospiro, mi avvicinai camminando lentamente e bussai dopo una breve esitazione. Nessuna risposta. Bussai di nuovo.
«Vattene, Renesmee! Lo so che sei tu!».
Stava piangendo davvero. Maledizione. «J, ti prego, fammi entrare. Voglio aiutarti. Per favore», mormorai, preoccupata. Trattenni a stento un sorriso un po' triste; avevo usato inconsciamente il suo vecchio nomignolo, forse nella speranza che stuzzicasse qualcosa dentro di lei e la spingesse a darmi ascolto.
Ci fu una lunga pausa. Poi sentii dei passi dall'altra parte e la chiave girò nella toppa. Abbassai piano la maniglia, con l'assurda sensazione che fosse meglio non fare rumore, ed entrai. Jas era seduta sul bordo della vasca da bagno, una gamba elegantemente accavallata, un b
raccio stretto intorno alla vita e l'altra mano sulla bocca, come per nascondere il viso. Mi gettò una rapida occhiata, poi girò la testa dall'altro lato e scoppiò in lacrime. Mi chiusi la porta alle spalle, sperando che nessuno udisse quel baccano e pensasse di venire a controllare.
«Che succede?», domandai con cautela, avvicinandomi di qualche passo.
«Ho litigato con Tom», balbettò lei tra i singhiozzi, senza scoprire il viso.
Avrei dovuto soprannominarla "Miss Ovvio" invece di "J". «Sì, questo l'ho capito. Ma perchè stavate litigando?».
Jas fece un respiro profondo, mentre il flusso di lacrime sembrava diminuire appena, e si passò il dorso della mano su una guancia bagnata, rivelando il volto congestionato. «Mi ha... mi ha vista... con Seth... E si è arrabbiato. Che razza di idiota!». La sua voce si ruppe in uno nuovo scoppio di pianto e per un paio di minuti non riuscì a dire altro. Io la guardavo in silenzio, immobile, tesa. «Stavamo soltanto ballando», aggiunse all'improvviso in tono quasi isterico.
Proprio quello che avevo sospettato. E probabilmente non era colpa di Seth. «Tutto qui? A giudicare da quello che ho sentito c'è qualcos'altro», mormorai. Non volevo forzarla a confidarsi con me, ma dovevo capire cosa stava succedendo e soprattutto capire il ruolo di Seth in quella faccenda.
Lei scrollò la testa, il volto ancora girato verso la parete per non guardare verso di me. «Hai ragione», sussurrò. Per un lungo istante mi sentii quasi sospesa nell'aria mentre aspettavo l'inevitabile. Lentamente, Jas mi fissò con aria tragica. «Gli ho detto di Luke. Il ragazzo di Long Beach».
Repressi a stento la voglia di mettermi a strillare agitando le braccia al cielo; non sarebbe servito a nulla, se non a far accorrere gente. Mi lasciai sfuggire un gemito basso, quasi un lamento.
«Oh, Jas... Non posso crederci. Perchè l'hai fatto?».
Le lacrime aumentarono di intensità mentre parlava. «Perchè lui continuava a ripetermi che non poteva fidarsi di me, che ero strana, che gli nascondevo qualcosa... La stessa roba che mi ripete da un mese e a un certo punto non ce l'ho fatta più e gli ho raccontato tutto! So di aver sempre detto che tutti i normali rapporti di coppia si basano su sfiducia e bugie, ma non resistevo più a mentirgli, mi sentivo in colpa... Io gli voglio bene».
Jas tacque, asciugandosi le guance, e per un minuto restammo in silenzio. La musica e l'allegro vociare della festa giungevano fino a noi, anche se attutiti, e sembravano fuori luogo in quel momento. Camminando a passi lenti, sedetti al suo fianco con un sospiro.
«Questo ti fa onore, Jas», risposi a bassa voce, passandole un braccio intorno alle spalle scosse dai singhiozzi.
Fissai il pavimento, pensierosa, e mi presi una pausa prima di continuare. Le parole della mia amica mi spingevano a riflettere su tutto ciò che nascondevo ad Alex. Il bacio di Nahuel era solo la punta dell'iceberg. Una parte di me si sentiva tremendamente in colpa, come Jas, ma ero anche consapevole del fatto che confessargli del bacio e continuare a mentire su mille altre cose non avrebbe avuto molto senso. Per lei era diverso: non aveva segreti da nascondere, era giusto che fosse sincera fino in fondo.
«Però... forse hai scelto il momento peggiore, lascia che te lo dica».
Jas tirò su col naso. «Mi dispiace di averti rovinato la festa».
«Cosa? Ma no, non intendevo questo. Voi due eravate già in crisi, non credo che la tua... confessione vi aiuterà, ecco», borbottai, a disagio. Non volevo fare l'uccello del malaugurio, ma non potevo neanche mentirle e fingere che andasse tutto bene.
Jas annuì lentamente. «Lo so. Sono una stupida, vero? Ho rovinato tutto».
La sua voce incrinata dal pianto mi serrava il cuore in una morsa di tristezza e sembrava risvegliare le mie paure. Le strinsi le spalle con più forza.
«No, non è vero. Vedrai che le cose si aggiusteranno», risposi, cercando di apparire tranquilla e sicura e di infonderle un minimo di fiducia. Lei non aggiunse altro, occupata a tamponarsi gli occhi con un fazzoletto, e di nuovo scese il silenzio. Poi, all'improvviso, mi ritrovai a parlare ancora quasi senza accorgermene. «Credo che Alex e Jacob siano gelosi l'uno dell'altro», dissi tutto d'un fiato.
Jas mi lanciò un'occhiata strana, forse stupita da quel repentino cambio di argomento. La sua risposta, però, mi spiazzò completamente.
«Davvero? Be', un po' me l'aspettavo. Se io avessi per amico un gran figo di ventidue anni, come credi che reagirebbe Tom?».
«Jacob è un fratello per me!», obiettai, incredula.
«Forse sì, ma... direi che siete anche più di questo. Tra voi c'è qualcosa di speciale, si vede benissimo. È normale che Alex sia geloso. E Jacob probabilmente si preoccupa per te, da bravo fratello maggiore».
Non sapevo cosa rispondere. Continuai a fissarla sbalordita per un po', poi abbassai gli occhi sul pavimento. Avevo pensato che Jas avrebbe riso delle mie supposizioni e invece era d'accordo con me. Non avrei saputo dire come mi sentivo in quel momento, se più sorpresa o più in imbarazzo.
«In ogni caso, non ci voleva proprio», sbottai con tono stanco. Quella faccenda rischiava di crearmi un bel po' di problemi e al momento ne avevo più che a sufficienza.

«Che casino», commentò Jas all'improvviso, scocciata. Non piangeva più, ma la sua voce era ancora debole e roca. «Come  siamo riuscite a cacciarci tutte e due in una situazione da soap opera? È un talento naturale, forse?».
«
Siamo tutti pazzi» risposi di getto, buscamente. «È l'unica spiegazione, punto».
Mi tornò in mente l'espressione fredda e dura di Alex quando aveva visto Jacob prendermi tra le braccia e quel guizzo di rabbia nei suoi occhi scoprendo che i miei orecchini erano un regalo di Jake. E ricordai il modo in cui l'avevo lasciato, pochi minuti prima, senza neanche guardarlo, senza una spiegazione. Una fitta di senso di colpa mi strinse lo stomaco. Chissà cosa stava facendo adesso. Chissà se mi stava cercando. Chissà se era arrabbiato.
Fui distratta dal suono di una sorta di singhiozzo sommesso accanto a me. Stupita, mi voltai verso Jas, pensando che avesse ripreso a piangere, e scorsi le sue spalle minute sussultare mentre ridacchiava con una mano a coppa sul viso, come nel tentativo di trattanersi.
«Be'? Cosa c'è?», indagai, fissandola con le sopracciglia inarcate. Faceva venire voglia di ridere anche a me, sebbene non ne conoscessi il motivo, e sentii nascere un sorriso spontaneo sul mio volto.
Scosse la testa, asciugandosi gli occhi con le dita delicatamente per non spargere ombretto e mascara ovunque, e per un attimo pensai che stesse ridendo di se stessa. O di tutti noi.
«Niente, è solo che... siamo davvero tutti pazzi quando si parla di amore». Fece un sospiro pesante e si passò le mani sulle guance, sotto gli occhi, con più decisione, come se fosse intenzionata ad arginare le lacrime - e le risatine isteriche - una volta per tutte. «Spero proprio che Tom ne valga la pena», aggiunse dopo un secondo di silenzio, un lieve scetticismo nella voce.
«Certo che ne vale la pena», esclamai, convinta. «State attraversando un brutto momento, ma passerà».
Lei mi fissò di sotto in su, leggermente dubbiosa. «Tu dici?».
Annuii con forza. «Io dico».
Non rispose, ma non smise di guardarmi negli occhi, attenta, come se cercasse di leggervi cosa pensavo veramente. Mi allungai per afferrare la scatola di Kleenex dal mobiletto del bagno e gliela passai.
«Devo tornare giù, non posso sparire così», dissi, i pensieri fissi su Alex. «Vieni con me?».
Jas si soffiò rumorosamente il naso. «Resto qui ancora un po'. Devo darmi una sistemata e rifarmi il trucco».
Per fortuna aveva messo l'eyeliner resistente all'acqua, come al solito, ma un po' di ombretto era sbavato insieme al mascara, disegnandole ombre nere intorno agli occhi.
Sorrisi. «Va bene. Ci vediamo più tardi». Mi sporsi verso di lei e ci stringemmo in un breve abbraccio. Le accarezzai i capelli, lisci e soffici come seta, sperando di averla tranquillizzata un poco. «Coraggio, J», sussurrai.
Lei non disse nulla, ma quando ci separammo e mi alzai, mi rivolse un piccolo sorriso. Uscii, chiudendo accuratamente la porta del bagno, e tornai di sotto con passo pesante come i miei pensieri. Il solotto mi parve all'improvviso troppo affollato, rumoroso e caotico; avrei desiderato che la festa terminasse e che sparissero tutti, per restare sola, in silenzio, a riflettere. Seth mi scorse da un angolo della stanza e cambiò espressione, passando quasi istantaneamente da una faccia preoccupata ad una molto preoccupata. Mi raggiunse con tre passi delle sue lunghissime gambe.
«Che succede?», indagò, la voce carica di sincera premura. Fu proprio la preoccupazione che traspariva dai suoi occhi a stuzzicare i miei nervi, già tesi al massimo, più di qualunque altra cosa accaduta quella sera. Che diritto aveva di essere preoccupato per la mia migliore amica? Non era niente, niente, per lei. Come osava? Era tutta colpa sua se Jas era in lacrime, chiusa in un bagno.
«Quello che succede a Jas non ti riguarda», risposi, sforzandomi con tutta me stessa di non alzare la voce e di controllarmi. Poco più in là, Alice e Rosalie ci stavano fissando con attenzione e sembravano allarmate.
La sicurezza di Seth non vacillò, ma non gli permisi di ribattere. Mi allontanai in fretta e imboccai le scale, desiderosa soltanto di allontanarmi, da lui, da tutto e tutti, di mettere più spazio possibile tra me e quella situazione così complicata, perchè nessuno si accorgesse del bruciore sempre più intenso alla gola che mi impediva di spiccicare parola, e del velo di lacrime che mi offuscava la vista. Farmi un bel pianto e poi dormire per una settimana senza incubi. Non avrei desiderato nient'altro.
Nell'ingresso un'ombra mi si parò improvvisamente davanti. Sussultai, spaventata, prima di rendermi conto che era Alex, ma l'ondata di aggressività che mi rovesciò addosso non mi fece sentire affatto più sollevata. Neanche un po'.
«Renesmee!», sbottò in tono arrabbiato; sembrava sul punto di esplodere in mille pezzi e che si contenesse a stento, mentre si fermava a un centimetro da me. «Finalmente! Ti sto cercando da mezz'ora. Dov'eri finita? Si può sapere che succede?».
Mi sforzai di rispondere, ma le parole mi morirono in gola, strozzate da quella insopprimibile voglia di piangere. Lo guardai in silenzio, mordendomi un labbro, indecisa, preoccupata dalla sua reazione. Poi con due passi colmai la piccola distanza che ci separava e gli gettai le braccia al collo. Alex rimase perfettamente immobile per un tempo che mi parve infinito. Lo sentivo respirare a malapena, le spalle rigide sotto le mie mani che si aggrappavano al tessuto fine della sua giacca.
«Ti prego, stringimi», sussurrai con un filo di voce. «Per favore».
Doveva essere spiazzato. Molto lentamente, sollevò le braccia e le passò intorno alle mie, in un gesto dapprima meccanico, freddo, poi più morbido e spontaneo. Mi accarezzò piano la schiena e strinse con più forza quando mi sfuggì un singhiozzo contro il suo collo. Pensai alla mia migliore amica, la cui esistenza era destinata a cambiare nel folle, complicato mondo con il quale era entrata in contatto per causa mia. Pensai ai sogni in cui il corpo caldo, vivo e meraviglioso che adesso stringevo contro il mio si spegneva lentamente, come la fiammella di una candela nel vento.
Forse non avevo alcun potere sull'imprinting di Seth e sul futuro di Jas, ma Alex era mio. Proteggerlo o condannarlo dipendeva esclusivamente da me. Se esisteva un modo perchè fosse al sicuro, almeno lui, l'avrei trovato.








Note.
1. Link. Meravigliosa, vero?
2. Qui la canzone che Alex è tanto ansioso di ballare con Renesmee. Ecco perchè si sentiva ispirato xd.









Spazio autrice.
Salve a tutti!
E allora, eccoci qui con un nuovo capitolo! Cavoli, mi sembra che il tempo stia passando in un attimo, tra poco avrò pubblicato tutta la fanfiction e neanche me ne sarò resa conto xd. Incredibile.
La storia prosegue e ci avviciniamo ad una svolta, come sicuramente avrete intuito. Renesmee si trova a un bivio e deve decidere cosa fare. A mano a mano che si va avanti, alcune domande che forse vi siete poste nei capitoli precedenti stanno trovando risposta (o almeno spero xd), ma allo stesso tempo ne sorgono di nuove e una piccola parte di me sarebbe quasi tentata dall'idea di dirvi tutto, davvero, perchè non resisto, ah ah ah! Ma ovviamente sarebbe come darsi la zappa sui piedi! xd Quindi come al solito, per qualunque dubbio, chiarimento o semplice chiacchierata aspetto le vostre recensioni. Ultimamente sto riflettendo molto su quello che scrivo e su come scrivo, e mi rendo conto sempre più di quanto io debba ancora migliorare... E affinchè ciò avvenga i vostri pareri e i vostri suggerimenti sono fondamentali. Perciò fatevi sentire, se vi va ;-).
Spero che il capitolo vi sia piaciuto comunque, anche con i suoi difetti ^^. Un bacio e alla prossima!
   
 
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