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Autore: Mela Shapley    16/04/2014    1 recensioni
Marzo, 1943: la Camera dei Segreti libera per la prima volta i suoi orrori, e mentre il panico dilaga alcuni studenti di Hogwarts rimangono vittima di misteriose pietrificazioni. Ma quello di Salazar Serpeverde potrebbe non essere l'unico mostro a vivere nel castello...
Dalla storia:
I suoi occhi ora erano rossi, iniettati i sangue. Le vene del suo viso erano in risalto come nuove cicatrici. Ringhiava minacciosamente, mettendo in evidenza i denti innaturalmente allungati e appuntiti.
[…]
“Cosa sei?”, balbettò.
“Sono la stessa cosa che ora sei anche tu,” rispose, e poi alzò un sopracciglio. “Sono un vampiro.”
Genere: Drammatico, Generale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom O. Riddle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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II - oltre il fondo del tunnel.





Dal capitolo precedente:

E al centro del corridoio la ragazza era stesa a terra, immobile, con gli occhi aperti e la testa reclinata su un lato. Un’orribile ferita le sfigurava una guancia, proseguendo in un impressionante squarcio sul collo. I lunghi capelli le circondavano il capo come un’aureola; l’orecchio sinistro non c’era più. Il maglione era stato strappato in due da qualcosa di appuntito, e la camicia bianca sottostante mostrava un’enorme macchia rossa. Il sangue era ovunque: sotto la ragazza, sulle pareti; era schizzato persino sulla finestra a due metri di distanza. Sul pavimento si potevano indovinare segni di trascinamento.
Anche da qualche metro di distanza, il Prefetto seppe con assoluta certezza che il cuore di Katerina non batteva più.


 
* * *



Il corpo di Katerina sussultò come percorso da una scarica elettrica, e si tirò su a sedere di scatto. La sua mano salì a toccare la parte sinistra del viso, e non appena prese contatto con la pelle dilaniata iniziò a tremare ancora più forte di prima. I suoi arruffati capelli scuri, incrostati di polvere e sangue, le ricoprivano le spalle esili; le condizioni in cui si trovava la facevano apparire come una figura tragica, molto più giovane di quel che era in realtà. Lentamente, dalla sua gola uscì un verso a metà tra un urlo di dolore e di paura. Più che un essere umano, sembrava un animale in trappola e gravemente ferito.
Il Prefetto per un momento la guardò agitarsi e sussurrare qualcosa che assomigliava a “no, no, no…”. Sospirò stancamente tra sé e sé: sarebbe stata una cosa lunga.

Si sentiva semplicemente furioso, nonché incredulo. Non era così che doveva andare: non era quello il finale che aveva previsto per quella storia. Quella ragazzina non avrebbe dovuto trovarsi lì, in quel momento, in quelle condizioni; non era giusto, non per lei e soprattutto non per lui. Aveva fatto tutto il possibile per evitare che tutto degenerasse fino a quel punto, ma non era stato in grado di gestire le cose per colpa di stupide e impreviste forze esterne. E ora entrambi erano lì, e lui era pronto a iniziare una conversazione che non aveva nessuna voglia di intraprendere; sospettava che lei avrebbe avuto ancora meno voglia di sentirla. Di certo lui non ricordava con affetto quella volta, mesi fa, in cui si era ritrovato in quello che ora era il posto di lei.
Non sapeva se essere più arrabbiato con la ragazza, per l’incredibile sfortuna che aveva dimostrato riducendosi in quello stato, o con chi effettivamente l’aveva ridotta così, chiunque fosse. Era una bella gara.

“Ehi,” disse seccamente, tanto per rendere nota la sua presenza.
Se possibile, Katerina sobbalzò ancora più violentemente di prima. Si girò a guardarlo, sistemandosi con cautela sopra i banchi dell’aula in disuso di Pozioni. Il ragazzo fece una smorfia impercettibile: il viso di lei, che normalmente era tondo e liscio, non era in un bello stato. Si appoggiò con la schiena al muro dietro di lui e incrociò le braccia, in attesa che la ragazza finisse di guardarsi intorno e di valutare la situazione.
“Chi sei?” chiese alla fine Katerina. “Cosa… cosa mi è successo?”
“Mi chiamo Louis. Sono di Serpeverde, un anno avanti a te. Forse mi hai visto in giro: sono un Prefetto. No?” disse lui, notando un’espressione calcolatrice negli occhi scuri della ragazza. Non sapeva dire se l’avesse riconosciuto o meno, e lei non disse nulla. La osservò ancora per qualche istante; prima che si risvegliasse aveva fatto giusto il minimo necessario per pulirle il volto dal sangue, e non era stato sufficiente.

“Per quanto riguarda quello che ti è successo… per quello ci vorrà un po’ di tempo. Abbiamo una lunga conversazione da fare.”
“Perché ho le mani coperte di sangue?”, chiese subito dopo Katerina. “E perché…” una mano risalì nuovamente a toccare prima lo squarcio sul collo, e poi la ferita sul viso. “…oddio. Oddio” terminò affannosamente. Ricominciò a dimenarsi per scendere dal banco.
“No, no! Non ti agitare. Le tue ferite non ti daranno nessun problema, quindi per ora ignorale. Ti fanno male?” chiese velocemente Louis.
La ragazza scosse il capo in un titubante segno di diniego. Ora lo guardava con occhioni sgranati, pieni di aspettativa. Durante il tempo trascorso ad attendere che si risvegliasse aveva messo a punto tutto il discorso che le avrebbe fatto; si era preparato parole confortanti, spiegazioni logiche e razionali, toni di speranza.
Beh, ora non si ricordava neppure mezza parola. Come procedere?
“C’è stato un attentato,” disse alla fine. Lei continuò a fissarlo, aggrottando la fronte.
“Di nuovo la Sindrome?”, sussurrò. La Sindrome? Quella malattia era sicuramente inquietante, ma non riusciva ad immaginare perché lei l’avesse associato alla parola attentato.
“Non lo so. E’ possibile,” concesse lui. “Ma stavolta la vittima è morta.”
“Cosa?”. Katerina respirò affannosamente. “Chi è morto?”
“Beh, tu.”
La ragazza lo fissò come se gli fossero spuntate due teste.
Louis sospirò. Sarebbe stata una cosa molto, molto lunga.

 
* * *



Katerina si sentì in dovere di sottolineare l’ovvio.
“Ti sbagli. Non sono morta. Non sarei di certo qui a parlare con te, se lo fossi,” disse lentamente. Sicuro, continuò tra sé, non so dove sono né perchè apparentemente sono senza mezza faccia. Ma non sono morta. Morta? Ridicolo. Quelli non erano scherzi da fare a una persona che si era appena risvegliata in un’aula sconosciuta, senza ricordare perché ci fosse arrivata e nemmeno perché fosse completamente coperta di sangue.
Quella situazione era surreale. Non si era mai sentita così confusa e impaurita, nemmeno nel peggiore degli incubi. Il sangue che le sporcava il viso e le mani era quasi sicuramente suo, lo sapeva. Moriva dalla voglia di Evocare uno specchio per controllare cosa le fosse successo al viso, ma non aveva il coraggio di farlo. E poi perché diavolo la ferita non le faceva male?

“Senti… allora, è una cosa molto lunga da spiegare, perciò devi prestare attenzione,” ricominciò Louis in tono un po’ annoiato. Si staccò dal muro e si sedette su una sedia, rivolto verso di lei.
Lo osservò per bene. Inizialmente non era riuscita ad associare la sua faccia a un nome, ma ora che si era presentato si ricordava di averlo visto qualche volta in giro per il castello. Lo conosceva, certo, come si conosce un compagno di scuola con cui non hai mai parlato: di vista. Era alto, magro, con una zazzera di riccioli color biondo scuro, ed era il Prefetto di Serpeverde che una volta aveva tolto cinque punti ad Abigail per avergli tagliato la strada. Qual era il suo cognome?
“Dimmi solo cosa mi è successo stasera, e perché sono qui,” gli ordinò Katerina. L’agitazione data da tutta quella situazione assurda la stava facendo irritare.
“Va bene, se proprio insisti. Questa parte della storia è molto breve. L’ultima volta che ti ho vista ancora in vita stavi dormendo nella sezione di Storia in Biblioteca. Mi sono distratto, e quando ad un certo punto ho alzato gli occhi non c’eri più. Allora sono uscito dalla Biblioteca e ho cominciato a cercarti. Pensavo che fossi semplicemente stanca e volessi tornare alla tua Sala Comune.”
“E’ così,” confermò debolmente lei, spostando le gambe a penzoloni sul banco. Le si erano quasi addormentate. Corrugò la fronte: si ricordava la serata in Biblioteca. Era stata una perdita di tempo, visto che effettivamente si era assopita per poi risvegliarsi con un dolore incredibile al collo. In quello che il ragazzo aveva appena detto, però, c’era qualcosa che non tornava. “Ma perché…?”
“Te lo dico dopo il perché mi sono messo a cercarti,” la interruppe sgarbatamente Louis. “Quella è la parte più interessante della storia, non voglio certo rovinartela. Riassumendo, quindi, mi sono diretto verso la Torre di Corvonero. Ti ho trovata nel corridoio appena fuori da questa stanza. Siamo nella zona delle aule abbandonate del terzo piano, nel caso non l’avessi capito. Zona che, oserei dire, non si trova affatto lungo il tragitto tra la Biblioteca e la tua Sala Comune. Che ci facevi qui?” le chiese lui. Sembrava quasi arrabbiato.
“Non sono affari che ti riguardano,” rispose di rimando lei. Terzo piano? Aule abbandonate? La verità era che non aveva idea del perché lei fosse lì. E non si fidava affatto di quel ragazzo: le aveva appena detto che lei era morta, per l’amore di Merlino. O forse era da interpretare come una minaccia?

“Come no,” Louis scrollò le spalle. “Resta il fatto che quando ti ho trovata non eri, diciamo, in un bello stato. Eri stesa per terra, coperta di sangue, con un buco sul collo e indubbiamente morta. Qualcuno o qualcosa deve averti aggredita. Cosa diavolo è stato? Non ho mai visto ferite del genere prima d’ora.”
Katerina, senza parole, si limitò a scuotere la testa. Il suo cervello continuava a non fornire risposte. Non riusciva a metabolizzare quello che Louis le stava dicendo: era come se stessero parlando di una terza persona.
“Mmm. Comunque sia, ti ho trasportata dentro quest’aula e ho pulito il macello che c’era in corridoio. Sono passate tre ore, ed eccoci qui. Fine della storia. Deludente, lo so.”
“Tre ore?” ripetè lei. Sentì l’impellente bisogno di controllare l’orologio da polso. Era vero: era mezzanotte passata. Dopo averci pensato su un attimo, controllò con un Incantesimo che non fosse stato manomesso. Non era così: era davvero mezzanotte passata, e lei aveva un buco di tre ore che non poteva spiegare. Mentre rifletteva furiosamente, le parole le uscirono da sole di bocca.

“Hai detto che sei andato verso la Torre per vedere dove fossi finita: ma allora come hai fatto a trovarmi, se davvero siamo in un posto fuori percorso? Dubito che tu mi abbia cercata per tutto il castello. E poi perché mi stavi cercando?”
Louis la fissò come interdetto per un paio di secondi.
“Ti ho appena detto che ho trovato il tuo cadavere dilaniato in mezzo al corridoio, e questo è ciò che ti ha colpita di più?”, le chiese perplesso. “Non sono storie che capita di sentire tutti i giorni, pensavo che saresti stata più impressionata. O stai cercando di cogliermi in fallo per farmi ammettere che sono tutte bugie? Ti ho detto la verità, sai. Sei davvero morta. E per la cronaca, non ti ho uccisa io.”
“Non hai risposto alla domanda.”
“Va bene, va bene. La risposta è: no, non ho perlustrato tutto il castello. Ti ho trovata subito perché ieri ti ho lanciato un Incanto Localizzatore.”
Katerina sentì una fitta di paura.
“Cosa? Perché?”
“Per sapere dove fossi, ovviamente,” rispose Louis inarcando un sopracciglio.

Questo era troppo. Katerina scese dal banco e si tirò su in piedi, guardando Louis con ostilità.
“Senti, non so cosa tu voglia da me, ma non resterò qui un secondo di più. So che sei pazzo e probabilmente anche pericoloso, ma lasciami subito in pace e forse non ti denuncerò ai professori,” gli disse seccamente.
Stava per abbassare la maniglia della porta e uscire dall’aula, ma prima che la sua mano arrivasse a destinazione si sentì spingere con forza di nuovo al centro della stanza. Cadde rovinosamente per terra. All’improvviso c’era qualcosa di spaventoso che si frapponeva tra lei e la porta.

Era Louis, ma allo stesso tempo non lo era.

Gli occhi del ragazzo ora erano rossi, iniettati i sangue. Le vene sul suo viso erano in risalto come nuove cicatrici. Dalla sua gola proveniva un basso ringhio minaccioso, e sulla sua bocca erano ora in evidenza denti innaturalmente allungati e appuntiti.
La osservò dall’alto al basso per qualche momento. Katerina non si era mossa, bloccata sul pavimento dalla sorpresa e dal terrore a guardare a bocca aperta la scena davanti a lei. Si aspettava di essere aggredita da un momento all’altro, di sentire quei denti chiudersi attorno alla sua gola e tirare.
Così com’era arrivato, il mostro improvvisamente scomparve, lasciando solo un minaccioso bagliore rosso negli occhi di Louis.
“Non così in fretta,” sibilò con voce rauca. “Abbiamo ancora un paio di cose di cui discutere. E poi non è sicuro girare per il castello senza questa.”
Dalla tasca tirò fuori la bacchetta di Katerina e cominciò a rigirarsela casualmente tra le mani.
“Cosa sei?”, balbettò Katerina appena si sentì in grado di parlare. Louis sorrise amaramente.
“Sono la stessa cosa che ora sei anche tu,” rispose, e poi alzò un sopracciglio. “Sono un vampiro.”

 
* * *



La reazione della ragazza, doveva ammetterlo, fu impagabile.
L’espressione sul suo volto, da un quarto apprensione e tre quarti paura, passò a puro e sconfinato orrore.
Quella ragazzina, pensò Louis tra sé mentre aspettava che lei si riprendesse dallo shock, aveva qualche rotella fuori posto. Qualcosa nella sua testa la faceva scivolare senza preavviso da un atteggiamento remissivo a uno più aggressivo, e viceversa. Come ora, ad esempio: nel giro di mezzo secondo non era più un animaletto spaventato e raggomitolato al centro della stanza, ma si era alzata a fronteggiarlo con un’espressione di massima serietà.

“Quello che dici,” disse lei lentamente, come se stesse parlando a una persona tarda di comprendonio, “non ha il minimo senso. Se fossi diventata un vampiro, me ne sarei accorta. Quanto a te, non so quale sia il tuo problema, ma penso che se ci fosse davvero un vampiro ad Hogwarts qualcuno l’avrebbe sicuramente scoperto e ucciso. Quindi,” concluse in tono pratico, “non vedo come… la cosa ti fa ridere?”
Sentendola parlare, Louis era sbuffato in una mezza risata.

“Per niente.” Continuò a sorridere sarcastico solo perché aveva intuito che la cosa le dava fastidio. “Ero solo compiaciuto: non mi sono mai reso conto di quanto io sia stato in gamba a sfuggire alla polizia dei vampiri per tutto questo tempo. Senti,” aggiunse in tono più serio, prima che lei lo interrompesse per insultarlo, “so che è difficile da credere, ma abbiamo molte cose di cui parlare, e alla fine della nostra chiacchierata forse le cose ti saranno un po’ più chiare. Non te ne andrai da qui fino a che non avremo sistemato i dettagli. Tra parentesi: coraggioso da parte tua cercare di andartene come se nulla fosse poco fa, ma la porta ovviamente è chiusa con un incantesimo, e come vedi la tua bacchetta è in mano mia. Morale della favola, non hai molta scelta in proposito. Ora siediti, oppure ti lego a una sedia.”
La osservò abbandonare l’atteggiamento ribelle e sedersi con un sospiro sopra il banco di prima. Distolse gli occhi da lui e abbassò il capo per osservare le sue mani ancora rosse di sangue. Ci fu un momento di silenzio.

 
* * *



“Non ha senso,” ripetè Katerina, lanciando uno sguardo veloce al ragazzo di fronte a lei. “I vampiri sono creature Oscure, prive di anima e assetate di sangue umano. Lo sanno tutti. Tu dici di essere un vampiro, ma sembri… normale. Più o meno. A parte poco fa.”
“Ti ringrazio,” commentò il ragazzo in tono sarcastico. “La verità è che le informazioni sui vampiri che come dici tu sanno tutti sono false, o a voler essere gentili interpretate male.”
“Cosa intendi dire?”
“Sveglia, Katerina,” disse tranquillamente. “La comunità di maghi e streghe non è certo famosa per avere a cuore le minoranze magiche. Sirene, elfi, lupi mannari, goblin, vampiri… dire che vengono considerati come cittadini di seconda scelta è un eufemismo. Esiste una regolamentazione, ma la verità è che chi se ne occupa non vuole affatto che le minoranze si integrino, ma semmai che se ne vadano il più lontano possibile. Nessuno è mai stato sufficientemente interessato da cercare di capire come stanno veramente le cose. Guarda tutti i pregiudizi che esistono nei confronti dei Nati Babbani, e loro sono esseri umani esattamente come i Purosangue.”

“Stai dicendo che tutte le voci che circolano sui vampiri sono mistificazioni inventate per screditarli?” domandò Katerina. Nonostante la situazione fosse surreale, la sua anima di Corvonero trovava quei discorsi interessanti.
“Non proprio,” ammise Louis. “Sto dicendo che siamo creature Oscure, prive di anima e assetate di sangue umano. Beh, forse proprio senz’anima no, anche se a volte la sensazione è quella. Ciò che voglio farti capire è che i maghi non conoscono davvero i vampiri, perché questi tendono a vivere isolati dalle comunità magiche a causa della paura che gli altri nutrono nei loro confronti. Nel corso dei secoli la paura spesso si è trasformata in caccia, odio e morte; perciò i vampiri preferiscono restare nell’ombra, spesso da soli. Un po’ come vivevano i maghi per nascondersi dai Babbani prima che entrasse in vigore lo Statuto di Segretezza.”
“Ma tu non vivi nell’ombra. Frequenti una scuola piena di persone.”
“Esatto. Ho potuto continuare a frequentare la scuola perché ho approfittato dei pregiudizi e delle leggende. Nessuno mi ha scoperto perché nessuno sa davvero come riconoscere un vampiro. Questo tornerà utile anche a te.”
Ignorando l’ultima affermazione, Katerina ragionò, “Non posso credere che mai nessuno abbia studiato seriamente i vampiri. Nel corso dei secoli sono vissuti grandi ricercatori; qualcuno di loro deve aver studiato le creature Oscure. Newt Scamander, ad esempio, è noto per…”
“Qualcuno probabilmente l’ha fatto, ma non abbastanza da scardinare il mito,” la interruppe Louis.
“Ma queste cose ce le insegnano a scuola. Li abbiamo studiati al terzo anno.”
“E in quanto Corvonero sapere che la scuola ti insegna cose sbagliate ti inorridisce. Lo so. E’ la dura realtà.”
Katerina si lasciò sfuggire un’incerta mezza risata. Louis sembrò rilassarsi.

“Dai, allora dimmi quello che sai”, la spronò incrociando le braccia.
“Beh, più o meno… più o meno quello che ho detto prima. I vampiri sono creature Oscure semiumane, più precisamente considerate non-morte. Per sopravvivere hanno bisogno di bere sangue umano, e per ottenerlo dissanguano le vittime spesso fino a ucciderle. Sono particolarmente abili a incantare i loro bersagli. Possono essere allontanati con pozioni a base di aglio e uccisi con un paletto di legno.”
Louis cominciò a contare con le dita.
“Dunque, l’alimentazione e il metodo per assassinarli corrispondono alla realtà, più o meno. Di fatto siamo morti, è giusto. Non è esattamente vero che abbiamo bisogno di sangue per sopravvivere, perché un vampiro resta comunque in vita anche senza berne, ma non è consigliabile rimanere per molto tempo senza nutrirsi. La maledizione che ci avvolge è talmente potente da renderci immortali: un vampiro non invecchia; potenzialmente, è in grado di vivere per sempre. Si dice che là fuori esistano vampiri millenari.”
Katerina lo guardò affascinata.
“Poi non è necessario dissanguare le vittime… diciamo che va a gusti personali. La storia del paletto di legno è tristemente vera. Un bel paletto impiantato nel cuore, e torni ad essere polvere nella polvere. Lo stesso effetto ha una bella decapitazione, anche se con molta meno eleganza. Infine, le pozioni a base di aglio non servono a nulla, a parte dare un tocco di ironia a tutta la storia. Ciò che fa davvero effetto è la verbena, una pianta tossica per i vampiri.”
“E come si diventa vampiri? Si nasce?” chiese con interesse Katerina.
“No. Vampiri non si nasce.” Si fermò per un momento a guardarla, come soppesando qualcosa. Poi si decise a continuare. “C’è un unico modo per diventarlo, e consiste nel morire poco dopo aver ingerito sangue di vampiro.”

 
* * *



Katerina sembrò valutare la frase, mentre probabilmente nella sua testa cominciava a suonare un campanello d’allarme. Louis la osservò mentre si faceva i metaforici due conti.
“Quindi io… mi hai detto che ora sono un vampiro. Mi hai detto che sono morta - ho ferite spaventose sul collo e sullo stomaco, e non esce sangue,” aggiunse bruscamente, come se nella sua testa qualcuno avesse sollevato un’obiezione. “Sarei un vampiro solo se fossi morta con sangue di vampiro in circolo. Perché mai avrei dovuto ingerirne?” concluse la ragazza, stringendo gli occhi. “Perché stasera mi stavi seguendo?”
Louis scommetteva che non l’avrebbe presa bene.
“Katerina, è da una settimana che ti seguo. Ti ho vista in Biblioteca qualche tempo fa e mi sono reso conto che eri sempre da sola. Stavi ore e ore a studiare per conto tuo, a volte anche dopo il coprifuoco. Ho passato un po’ di tempo per assicurarmene, ma poi ho deciso che nessuno si sarebbe accorto se tu fossi sparita per un po’.”

La ragazza lo stava guardando a bocca aperta, respirando sempre più a fatica.
“Cosa mi hai fatto?”
“Ieri sera ho aspettato che tutti uscissero. Avevo lanciato un Incanto Attenuante per fare in modo che nessuno ti disturbasse e che tu non ti rendessi conto dell’orario. Ti ho Schiantata, Disillusa e Levitata fino a una zona più nascosta.”
Katerina ora era pallidissima.
“Tu… ti sei nutrito del mio sangue?!” esclamò con voce più acuta del normale, allontanandosi di qualche passo da lui. Louis scrollò le spalle.
“Eri la vittima perfetta. Nulla di personale: se non fossi stata tu, sarebbe stato qualcun altro.”
“Ma io non ricordo nulla di tutto questo!”, gridò la ragazza mettendosi le mani tra i capelli. Sembrava sul punto di scoppiare in lacrime. “Mi risveglio in un’aula vuota, senza sapere perché sono coperta di sangue, e tu mi dici che sono morta, che sono diventata un vampiro e… e che sono stata aggredita per due sere di fila da due persone diverse! E io non ricordo nulla!”. Gli puntò sprezzante un dito contro. “Ma non è così che è andata, vero? Nessuno è talmente sfortunato da essere attaccato per due giorni di fila da persone differenti. Sei stato tu.”
“No,” sospirò Louis. “Anche se sono d’accordo con te. E’ assurdo che qualcuno sia così sfortunato.”
“Non ti credo,” scandì rabbiosamente Katerina, mentre le lacrime cominciavano a scenderle lungo le guance. Camminò verso la porta, avvicinandosi a lui. “Perché dovrei fidarmi della parola di un vampiro? Fammi uscire! Me ne voglio andare.”
“Non vai da nessuna parte,” la contraddisse lui.
Katerina lo guardò con odio. Improvvisamente alzò i pugni e cominciò a colpirlo.
“Fammi – uscire!” Continuando ad attaccarlo, allungò una mano per cercare di afferrare la sua bacchetta, ma Louis le intercettò il polso.
“Ehi, ferma, ma che diamine fai?”
La ragazza lo colpì al volto con l’altra mano. Afferrò anche quella. Ora le teneva saldamente i polsi con entrambe le mani, ma lei cercava inutilmente di divincolarsi dalla presa.
“Ferma!” Le assestò un paio di scrolloni e lei sembrò bloccarsi. Abbassò il viso verso il suo per guardarla bene negli occhi; era più alto di lei di quasi tutta la testa.

“Senti, pazza, puoi arrabbiarti quanto vuoi, ma quel che è successo è successo. Ti ho detto la verità: ti ho aggredita la prima sera, ma non la seconda. , mi sono nutrito del tuo sangue. Non ti ricordi nulla perché sei rimasta Schiantata per la maggior parte del tempo, e quando ti sei risvegliata ho manipolato la tua mente per farti dimenticare di avermi incontrato. La cosa può anche turbare la tua anima moralista, ma vedremo come la penserai quando la sete di sangue ti annebbierà talmente tanto il cervello da farti saltare alla giugulare della prima persona che vedrai.” Le diede un’ultima scrollata e le lasciò i polsi. Lei si tirò indietro immediatamente, con uno sguardo velenoso.

“Se hai bevuto il mio sangue, perché dovrei avere ingerito il tuo?” chiese sprezzante Katerina cambiando discorso. Louis incrociò le braccia.
“Il sangue di vampiro ha proprietà altamente curative. Quando ci facciamo male, le nostre ferite guariscono alla perfezione nel giro di pochi minuti. La stessa cosa funziona sugli esseri umani, quando diamo loro il nostro sangue. Sapevo che ci sarebbero state troppe domande se ti avessi rispedita indietro con il collo lacerato e con qualche litro di sangue in meno, perciò ti ho costretta a bere un po’ del mio sangue per guarirti. Era molto più efficiente rispetto a darti decine di pozioni per rimpolpare il sangue e risanare le ferite di corpo e mente, ma dannazione, non avrei dovuto farlo.” Colpì la sedia più vicina con un calcio. La sedia si spezzò di netto. “Il sangue di vampiro resta in circolo per ventiquattro, massimo quarantotto ore. Ho semplicemente deciso di tenerti d’occhio per un paio di giorni in modo da evitare che ti accadessero improbabili incidenti e che morissi trasformandoti anche tu in vampiro. Del resto a Hogwarts non si sente spesso parlare di studenti morti. Ero sicuro che non ti sarebbe successo nulla,” disse amaramente. Ora sentiva nuovamente la stessa furia che l’aveva colpito quando aveva visto per la prima volta il corpo di Katerina a terra. “Invece tu nel giro di cinque minuti sei riuscita ad allontanarti e a farti ammazzare. Non era così che doveva andare!”

Katerina sgranò gli occhi.
“Adesso sarebbe colpa mia?”, esclamò. “Non c’entro niente se fai schifo come guardia del corpo. Non ti ho chiesto io di aggredirmi. Non ti ho fatto niente, non ti avevo nemmeno mai parlato prima! Potevi lasciarmi in pace e nulla di questo sarebbe successo!”
“Dovresti solo ringraziarmi, stupida! Non sono stato io ad ucciderti, ricordi? Quello sarebbe successo comunque. Ma senza di me adesso non saresti qui a strepitare, saresti morta e basta, e ci saremmo risparmiati un bel problema,” terminò Louis in tono cattivo.
“Fammi uscire e non sarò più un tuo problema,” ribattè gelidamente Katerina.
“Certo, come no! Non dire sciocchezze. Se scoprono te, prima o poi finiranno per scoprire anche me. I maghi non saranno capaci di riconoscerci dai dettagli, ma sono in grado di fare due più due se qualcuno comincia ad aggredirli per bere il loro sangue. Non ho nessuna intenzione di venire catturato per causa tua, quindi adesso calmati e ragiona.” Le afferrò un braccio e abbassò la voce. “So che è difficile da accettare, ma ora questo è ciò che sei. Puoi rifiutarlo e morire adesso, oppure puoi sopravvivere.”

Katerina si ammutolì per un attimo.
“Non voglio certo morire,” commentò alla fine malvolentieri.
“Allora ascoltami. Nessuno, e dico nessuno, dovrà mai venire a sapere cosa sei diventata. Non capirebbero, Katerina. Ti ucciderebbero senza pensarci su due volte. Dovrai stare attenta a qualsiasi cosa tu faccia. Promettimelo.” La ragazza non disse nulla. “Promettimi che non metterai mai in pericolo la nostra identità.”
“Lo prometto,” rispose di malavoglia.
“Allora bevi questo”, ordinò lui Evocando dal nulla una bottiglietta sigillata e porgendogliela. Katerina la afferrò e aprì. Il contenuto era un denso liquido rosso il cui odore intenso le solleticava irresistibilmente le narici.
“E’ quello che penso? … sangue?”
“Sì.”
“Di chi?”
“Non ti serve saperlo. Ora pensaci bene, Katerina. In questo momento sei in una fase di transizione tra essere umano e vampiro: è per questo che le tue ferite non si sono ancora rimarginate. Non sei né l’uno né l’altro. Bevendo sangue umano completerai la trasformazione e diventerai un vampiro vero e proprio; se non lo bevi, morirai in modo definitivo entro qualche ora. La scelta è tua.”
“Perché me lo dici solo adesso?”
“Non era un dettaglio importante,” rispose Louis scrollando le spalle. Katerina lo osservò di sottecchi.
“O forse perché, se mi avessi creduta una minaccia per il tuo segreto, non mi avresti dato il sangue e mi avresti semplicemente lasciata qui a morire,” commentò lei in tono accusatorio.
“Anche se ora lo bevi, non credere che non ti possa comunque uccidere più tardi,” rispose lui. Ma non negò.
Katerina non disse nulla. Teneva in mano l’ampolla rossa come se fosse stata una bomba, con molta cautela e un po’ di apprensione. Fece per avvicinarsela alle labbra, ma poi esitò, e la riabbassò.









Note dell'Autrice: spero che questo capitolo non sia risultato troppo noioso, con tutte le chiacchiere che contiene, e soprattutto che l'alternarsi dei punti di vista non abbia dato origine a confusione. Mi piaceva l'idea di togliere quasi tutte le spiegazioni subito via dai piedi e andare avanti.
Il nome di Louis è un omaggio a Louis de Pointe du Lac, uno dei miei personaggi preferiti delle Cronache dei Vampiri di Anne Rice.
Alla prossima.
  
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