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Autore: macabromantic    19/04/2014    0 recensioni
Dal prologo:
“[...]L’unica cosa che non hai avuto il coraggio di spostare è il vecchio orologio che sovrasta il tavolo della cucina. Dovresti toglierlo, sai? Il suo modo di scandire il tempo, con le sue lancette storte, è una nota dissestante in mezzo a tutta questa serenità; è una goccia d’inchiostro nero finita per sbaglio in una tela dai colori pastello. Ed io mi sento così: l’unico ricordo di cui non riesci ancora a liberarti; l’unico che è ancora qui, non vuole lasciarti andare.
Mi sono sempre sentito responsabile della vita. Mi sentivo la causa dei tuoi problemi, il motivo di fondo ai tuoi mali, ma tu sei sempre stata così buona, con me. Ed io ti ho sempre amata[...].”
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[OCs ©] [Logan x Kevin; per il momento, si parlerà solo di questa coppia. Per il momento. ♥] [Rating crescente.]
Hope you'll enjoy.
Genere: Angst, Erotico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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• Prologo •
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Credevo di esserci riuscito. Pensavo che quella mia smania di volerne ancora mi fosse passata, dopo tutto questo tempo. Mi ero messo in testa che questa volta ce l’avrei fatta, a rivederti. Avevo aspettato tutti quegli anni perché ero dannatamente solo ed insicuro e, adesso che finalmente avevo un barlume di sicurezza e stavo imparando a ricostruire la mia vita, credevo che questo potesse bastare a darmi la forza per vederti di nuovo. Invece non ho retto, non ce l’ho fatta.
Quando hai aperto la porta di quella casa in cui siamo cresciuti insieme, ho stentato a riconoscerti: eri un’altra donna, con le tue labbra di rosa e il volto di madreperla incorniciato da una chioma d’ebano. Le occhiaie avevano abbandonato il tuo viso e le siringhe avevano smesso di annerirti le braccia da quanto tempo? Una voce squillante mi ha distratto, poi, mentre osservavo la pioggia scenderti dagli occhi. Era l’entusiasmo di un bambino. Ha i tuoi stessi capelli, i tuoi stessi occhi, le tue stesse labbra, Hai un’altra persona con cui crescere, ora; un nuovo eroe che ti salverà dai fantasmi del passato. Mi dispiace così tanto di avere avuto la presunzione di poter essere l’unico in grado di salvarti. Dopotutto, dovevo aspettarmelo: non puoi salvare qualcuno dai fantasmi del passato se anche tu sei uno dei suoi fantasmi.
Poi mi hai fatto venire dentro casa e anche lì tutto era diverso: i colori bui, tristi, che accompagnavano la mia memoria, sono stati sostituiti da tonalità piacevoli, quiete, morbide. Persino nella mia vecchia cameretta tutto è cambiato. Non vedere più i miei incubi fra le loro pareti, trovare solo coccole e colori, mi ha fatto sentire come se qualcuno avesse soffocato il mio cuore in un pugno. L’unica cosa che non hai avuto il coraggio di spostare è il vecchio orologio che sovrasta il tavolo della cucina. Dovresti toglierlo, sai? Il suo modo di scandire il tempo, con le sue lancette storte, è una nota dissestante in mezzo a tutta questa serenità; è una goccia d’inchiostro nero finita per sbaglio in una tela dai colori pastello. Ed io mi sento così: l’unico ricordo di cui non riesci ancora a liberarti; l’unico che è ancora qui, non vuole lasciarti andare.
Mi sono sempre sentito responsabile della vita. Mi sentivo la causa dei tuoi problemi, il motivo di fondo ai tuoi mali, ma tu sei sempre stata così buona, con me. Ed io ti ho sempre amata, Mamma. Sono stato in silenzio per tutti questi anni perché avevo timore che potessi essere morta e non riuscivo a sopportare l’idea di dover tornare a casa per cercare una lapide. Scusami se non ho avuto e non avrò mai il coraggio di dirtelo in faccia, Mamma. Perdonami.
Sei stata forte. Ti sei lasciata il passato alle spalle, non ti sei fatta vincere da nessuno. Ma devo fare qualcosa per te, per renderti più forte. Devi completare il lavoro che hai cominciato, Mamma, altrimenti rischi di cadere negli stessi errori che facevi un tempo. Siamo giunti al nostro punto di non ritorno, al momento in cui io ho visto una sconosciuta nei panni di mia madre e tu hai visto un estraneo che si atteggiava a tuo figlio. Quindi eccomi qui, steso per terra, e non mi ricordo se è perché sono caduto o perché mi ci sono steso. Ho ingoiato un flacone intero di lexotan, l’ho mandato giù insieme a mezzo litro di Jack Daniel’s, tutto d’un fiato. La gola ancora mi brucia, tremo e ho caldo. Sembra di stare immersi in un manto di neve, ma sotto il sole cocente dell’Oriente. Alle tempie, sento le arterie scandire gli ultimi battiti. Le pile dell’orologio in cucina, Mamma, stanno per buttare l’acido alcalino; il suo meccanismo arrugginito sta per smettere di funzionare. Ascoltane il ticchettio rallentato.
Tic.                         Tac.                                Tic.                                                Tac.                                                                      Tic.
                                                                                                        Tac.
Eccolo, Mamma: l'ultimo rintocco. Lo hai sentito?
   
 
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