Anime & Manga > Naruto
Segui la storia  |       
Autore: Ulixes    15/07/2008    3 recensioni
La guerra non ha mai stabilito chi avesse ragione e chi torto. In compenso, ha sempre deciso chi sopravvive(e che spesso si trova a invidiare chi è morto). A raccogliere i frutti di questa mattanza sono i vecchi tranquillamente seduti al sicuro dietro le loro scrivanie, che dichiarano guerra ad altri vecchi ma che mai si sognerebbero di massacrarsi tra di loro. Questo compito spetta a giovani uomini, per l’occasione soldati. L’operazione Overlord è stata la più importante, nota e meglio pianificata manovra di invasione alleata durante la seconda guerra mondiale, ma anche una delle più sanguinose, con le sue quattrocentomila vittime stimate. Ad un comune gruppo di soldati alleati viene affidata una semplice missione di supporto che ben presto di trasformerà in una rovinosa azione dietro le linee nemiche, e tra le numerose vie per tornare a casa, il loro coraggio li porterà a scegliere quella che passa attraverso l’inferno.
Genere: Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Shikamaru Nara, Un po' tutti
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
the dawn
The Dawn
 
In guerra, per un soldato,  tornare a casa  è tanto difficile quanto più facile è morire. È questo il concetto basilare della sopravvivenza. In guerra, per un soldato, la morte può arrivare in molteplici modi, tanti quanti sono i proiettili  del nemico. In guerra, per un soldato, l’unico vero biglietto per il ritorno a casa è il soldato al suo fianco: deve sceglierlo bene perché la sua vita dipende da questo.
Shikamaru lo sapeva, almeno in via teorica. Anche un tiratore scelto deve sempre avere un osservatore per poter svolgere al meglio il suo lavoro, ma da quello che il giovane aveva visto fino ad allora, a fare la differenza interviene anche la singola capacità del soldato, anzi, forse il punto della questione era proprio quello: il più bravo sopravvive. La lampante dimostrazione del suo incontrovertibile ragionamento l’aveva avuta nella foresta a Sud di Juno proprio il giorno prima. Se gli avessero detto che entro solo ventiquattro ore avrebbe completamente rivisto la sua posizione non ci avrebbe mai creduto.
Era l’alba dell’otto di giugno mentre la sesta sezione della terza divisione di fanteria canadese entrava, a bordo di un M2A1, in una folta foresta poco a Est di Saint-Lò, dove era stanziata un’intera compagnia di fanteria tedesca. Per grazia della sorte il loro obiettivo non era attaccare il paese, ma trovare una squadra di americani spediti lì vicino per dare supporto a dei parà. Una volta entrati in contatto con gli alleati dovevano consegnargli l’ordine di aborto della missione: ai paracadutisti toccava il compito di prendere Saint-Lò, che fino al due giorni prima era presieduta da  un solo plotone nemico.
La sera precedente ogni contatto radio con gli americani si era reso impossibile, e per ciò che gli era dato di sapere potevano anche essere tutti morti; eppure il Comando Centrale si era rifiutato di abbandonarli al loro destino e aveva chiesto alla prima squadra-tanto folle da accettare una tale missione-di andarli a recuperare. Con tutta probabilità gli americani neanche sapevano che la guarnigione del paese aveva ricevuto rinforzi e, nel caso fossero stati ancora vivi, si sarebbero suicidati presto con un assalto diretto al nemico.
Il capitano Sarutobi, naturalmente, al grido di ”non lasceremo nessuno indietro” aveva accettato l’oneroso compito di salvare le chiappe degli yankee, e senza sentire le lamentele dei suoi subordinati, li aveva messi uno per uno sul veloce M2A1 fornito dal Comando per arrivare alla zona di contatto dei parà con gli americani il più velocemente possibile.
E lì, al momento dell’imbarco, era successo il pandemonio: tra le bestemmie dei canadesi, che per l’occasione avevano  abbandonato la loro proverbiale aplomb, si era sollevata la voce del francese Kankuro, il quale era entrato in uno stato parossistico dopo aver sentito che la loro destinazione era nei pressi di Saint-Lò. Insomma, alla fine si era capito che il giovane era nato là e che smaniava dalla voglia d’andare con loro in missione con la scusa di conoscere la zona come le sue tasche-cosa peraltro vera-, e quindi Sarutobi lo aveva messo alla guida del M2 con l’ordine di evitare ogni strada esposta o di importanza strategica.
Così, alle cinque del mattino, la sezione era riuscita a superare il borgo francese senza essere individuata; era però chiaro dai mugugni di Subaku che il giovane avrebbe preferito passarci in mezzo piuttosto che accanto, tanto per poter confermare che i suoi familiari stavano ancora bene... le due o tre pallottole che avrebbero potuto colpirlo le riteneva un rischio calcolato.
A bordo del blindato i più vigili di tutti erano Izumo, alla mitragliatrice, e il capitano Sarutobi, seduto accanto al posto di guida. Scrutavano entrambi il paesaggio come avrebbero fatto due falchi in cerca di una preda-o, più semplicemente, due soldati alleati in cerca di un crucco-. Talora il capitano chiedeva a Kankuro la loro posizione, e nel mentre controllava una cartina. Tranne per quei pochi intermezzi a base di bisbigli e cenni d’assenso e la melodia infinita della natura, il silenzio regnava sovrano sul mezzo, facendo sembrare il rumore dei piccoli cingoli più appropriato a quello di un carro armato pesante.
Il resto della truppa stringeva saldamente le armi, ma sembrava avere la testa tra le nuvole.
Shikamaru nel senso quasi letterale del termine.
Il moro, elmetto posato sulle ginocchia, si era dissociato dalla realtà e ora si trovava a tremila metri di quota a chiedersi perché non era entrato in aviazione, dove avrebbe potuto sfrecciare col suo Corsair tra le nuvole che gli piacevano tanto. Secondo lui c’era la possibilità che quella missione si risolvesse senza che fosse costretto a sparare un singolo colpo.
Si sarebbe presto reso conto di quanto si sbagliava.
 
۞
 
«Sai! Hai finito con quella dannata radio?!»
«E’ inutile... ci sta provando da quasi un’ora e non ci ha cavato un ragno dal buco».
«Sì, sarà anche capace di disinnescare una mina... ma come marconista fa schifo!»
«Ma andatevene tutti affanculo! Ma sempre con rispetto, capitano».
Il povero Hatake era ormai sull’orlo della disperazione.
Da piccolo gli avevano spesso detto che le cose non andavano sempre per il verso giusto. Altra nozione che gli avevano ripetuto fino alla nausea, soprattutto quando si comportava male, era: “c’è un limite a tutto! ”... In quel determinato caso si poteva benissimo affermare che il valore di verità della seconda affermazione era inversamente proporzionale a quello della prima, la quale era decisamente molto vera.
Insomma, sapeva che dei parà cui doveva portare aiuto se ne erano salvati solo cinque, e che questi in erano anche in mano a quaranta soldati tedeschi stanziati a tre ore di marcia dalla loro posizione. Ad aggravare il tutto c’era una radio rotta da una pigna grossa come un pallone da football, un marconista che non sapeva ripararla e, come di conseguenza, l’impossibilità di avvisare il campo-base della loro situazione.
Per un uomo che altro non chiedeva che la possibilità di avere un maggiore potere decisionale sul campo-per preservare la salute dei suoi uomini, nonché la sua-, trovarsi a sperare in una qualsiasi direttiva da parte dei superiori era una bella caduta in basso.
«Sai, forse quelle viti collegate ai cavetti vanno strette di più».
«Scusa, Naruto, me lo fai fare il mio lavoro?»
«Ma se fino ad ora non hai fatto una mazza!»
E come se non bastasse, quel branco di idioti al suo comando non taceva un attimo.
«Uomini, ora basta» sbottò infine il capitano. «Se Sai non riesce a riparare la radio dobbiamo abbandonare la missione: non me la sento di attaccare Saint-Lò senza conoscere la posizione del nemico».
«Ma capitano, non possiamo lasciare la squadra degli inglesi nelle mani dei crucchi!»
L’obiezione di Naruto non fece altro che innervosire ulteriormente Hatake. L’idiota pensava forse che trovasse piacevole abbandonare alleati?
«Naruto!» intervenne Sasuke, un po’ a sproposito data la crescente irritazione del suo capitano. «Lo sai anche tu che sarebbe un suicidio tentare di liberarli non sapendo neanche dove li tengono. Io n...»
«Adesso... basta».
Quello di Hatake Kakashi fu quasi un sussurro, ma sufficiente a far gelare il sangue nelle vene dei suoi subordinati.
«Forse non vi è chiara la gravità della situazione. Se non abbiamo la radio non possiamo chiedere rinforzi o informazioni strategiche di alcun tipo e il salvataggio va a puttane. Siamo in un territorio ancora sotto il controllo tedesco. Lo sa solo Dio se ci arriveremo a sta sera! Quindi adesso fate lavorare Sai in santissima pace ed evitate di aprire la bocca a sproposito... se dovesse passare un esploratore in questa zona saremmo spacciati! Silenzio di tomba da ora» avrebbe voluto aggiungere che il silenzio lo esigeva anche perché cominciava ad averne fin sopra le scarpe dei loro battibecchi, ma questo lo tenne per se. «Chiaro?»
Fu sicuro di aver ottenuto dai suoi ciò che voleva dal loro assolutamente muto coro di assensi: cinque teste che eseguivano lo stesso movimento verticale nello stesso istante.
Però, nonostante l’auspicato silenzio fosse giunto tanto repentinamente, il cervello del capitano andò in black-out. Si poteva praticamente dire che Kakashi, preso dallo sconforto, stava evitando qualsiasi tipo di esercizio mentale: gli sarebbe bastato aspettare che Sai avesse finito di riparare la radio, ma una parte di se gli diceva che in guerra non era quello il modo per sopravvivere.
Facendo appello a tutto il suo buon senso, mandò tutta la squadra, escluso il marconista, a sorvegliare il perimetro. Poi si disconnetté completamente da ciò che gli stava intorno, cercando di recuperare tutta la sua solita calma e di vedere un qualcosa di positivo anche in quella situazione.
Non gli parve vero quando Ebisu annunciò che un veicolo alleato stava risalendo il pendio a Nord del loro campo.
 
۞
 
«Capitano Sarutobi, c’è qualcuno in cima» pronunciò Izumo premendo contro gli occhi il binocolo che gli aveva prestato Shikamaru prima della partenza.
«Cosa!?» sbraitò Asuma, improvvisamente allarmato. «Forse sono gli americani.... Dammi il  binocolo, Kamizuki».
Il capitano sperava di aver ragione, dopotutto aveva dato per scontato che sulla vetta di quel colle ci avrebbe trovato i soldati alleati che doveva riportare indietro. Purtroppo, in un solo istante, dubbi su dubbi cominciarono ad assalirgli il cervello. Cosa avrebbero fatto se, arrivati a quel punto, gli avessero scoperti? E se gli americani erano stati catturati e avessero rivelato il codice della missione e le loro parole di riconoscimento?
A confortarlo era il fatto che, a scrutar bene tra gli alberi del bosco che copriva parte della pendio, i soldati verso cui si stava dirigendo indossavano la classica divisa verde-opaco della fanteria regolare americana; ma ripensandoci poteva anche trattarsi di una trappola ben congegnata.
Cosa? Ma da quando era diventato tanto paranoico?
«LAMPO».
L’urlo di Sarutobi per poco non aveva sfondato i timpani di Kankuro, che per lo spavento inchiodò il veicolo lì dove si trovava.
«TUONO».
Nonostante la distanza a separare i due gruppi fosse ancora molta, la risposta fu chiaramente udibile.
«MISSIONE?»
«UNO, SEI, QUATTRO, DUE, CINQUE, NOVE».
«Dovrebbero essere loro, coff» sussurrò Gekko, l’unico ad avere imparato quella sequenza a memoria.
Eppure il capitano non dava ancora l’ordine di ripartire, aveva una bruttissima sensazione in quel momento.
«Non si preoccupi» intervenne Kankuro, come se avesse intuito le preoccupazioni del nuovo superiore. «Li ho sentiti parlare, tedeschi e àmericani... le assicuro che quello è del Nord-Est... yankee fino al midollo»
Il capitano Sarutobi lo guardò con tanto d’occhi mentre rimetteva in moto il veicolo, e i canadesi dietro di lui fecero lo stesso.
«S-sicuro?»
«Non ha idea di quanti newyorchesi ho conosciuto. Erano di lì quasi tutti gli americani che ho incontrato».
Il capitano non era ancora convinto, ma cos’altro poteva fare se non fidarsi?
«Azz...» fu il commento di Raido quando uno dei soldati “americani” fu pienamente riconoscibile: biondo e con gli occhi azzurri.
E con un sorriso troppo ebete e convinto per  essere quello di un tedesco.
«’Giorno! Uzumaki Naruto. Finalmente qualcuno è arrivato!» trillò quello, “molto” felice.
I canadesi, che scendevano tranquillamente dal blindato, si scambiarono occhiate cariche di significato: da dove sbucava quel pirla/idiota/babbeo?
Altrettanto fecero le loro controparti americane, che se avessero potuto avrebbero preso a calci il biondino fino a Parigi.
Il capitano Hatake, intanto,  si era avvicinato ad Asuma, che a giudicare dai gradi doveva essere il suo “collega” della truppa di canadesi.
«Buongiorno, sono Hatake Kakashi, capitano della III compagnia della prima divisione di fanteria Americana» disse l’uomo tutto d’un fiato, come se stesse recitando una parte provata da anni e che gli calzava alla perfezione.
«Big Red One, eh? Capitano Asuma Satutobi, III divisone della fanteria canadese. Piacere».
«Il piacere è mio» continuò Kakashi. «Ma ora che abbiamo finito coi convenevoli... come mai siete qui?»
Prima di rispondere, il capitano Sarutobi si guardò attentamente intorno. Croci di legno tirate su senza troppa attenzione ai fronzoli-quali il muschio e le foglie ancora attaccate alle braccia fatte di rametti striminziti- giacevano tra i rottami di un aereo abbattuto. Se ci fosse stata un immagine che poteva rappresentare il concetto di cimitero di guerra meglio di ogni altra, era proprio quella.
« I rilevamenti aerei ci hanno permesso di scoprire che la guarnigione di Saint-Lò ha ricevuto ingenti rinforzi, una compagnia intera, e che attaccare è impossibile, quindi il vostro ordine è annullato» disse il canadese, che con fare pratico consegno al collega un foglietto sgualcito. «Quanti parà sono sopravvissuti?»
«Cinque» rispose il capitano Hatake leggendo gli ordini dal supporto cartaceo: Sarutobi diceva il vero. «Li hanno catturati prima che arrivassimo, questa notte».
Asuma si rattristò alla notizia. Lui si aspettava davvero di riportare indietro quasi tutti, ma osservando gli uomini tra i rottami, esclusi i suoi, si sarebbe dovuto rendere conto che indossavano tutti la stessa divisa: certamente non era quella dei parà.
Intanto i soldati di grado inferiore si erano radunati intorno a Sai e alla sua radio, e si erano già scambiati tutte le informazioni di cui disponevano prima ancora di fare conoscenza.
Nonostante un cupo pessimismo avesse cominciato a serpeggiare tra i ranghi, gli uomini tentavano di distrarsi, chi prendendo in giro Sai e la sua sfortuna, chi spiegando tecniche di combattimento e raccontando di eroiche gesta, spesso gonfiate da vezzeggiativi vari.
Shikamaru si sentì chiamato in causa da Izumo mentre si consultava con Ebisu sulla delicata questione della “mimetizzazione strategica avendo a disposizione un beneamato tubo per non divagare nella volgarità”.
Il racconto della battaglia nella foresta stava circolando in fretta, e accanto ai tre carri e al cecchino erano comparse due squadre di “infami crucchi” e una postazione di artiglieria.
«Non date retta a quel ballista... si sta inventando tutto» intervenne all’improvviso il tiratore scelto.
«Il fatto dei carri e del cecchino sono veri» obiettò Choji, intenzionato, come del resto i compagni, a dimostrare che i soldati canadesi erano i migliori.
«Comu...»
«Ma porca miseria! Andate a rompere da un’altra parte!» sbottò improvvisamente Sai, che disperatamente cercava di fare il suo lavoro.
«L’americano ha ragione» disse Gekko, che ora lo aiutava con la radio. «Però... come hai fatto a ridurla in queste condizioni? Coff... pare che ci sia caduta sopra una granata»
«era una pigna».
«Come?!»
«Una grossa, fottuta, pigna francese».
Il silenzio cadde incredulo sul manipolo di uomini, di cui molti cercavano di non scoppiare a ridere.
Ma ironicamente, proprio mentre l’aria cominciava ad alleggerirsi, la situazione prese una piega completamente inaspettata.
Nel giro di un minuto successe davvero l’inimmaginabile.
«Hayate!» chiamò, perentorio, il capitano Sarutobi. «Contatta il comando centrale e digli  che abbiamo incontrato gli americani e che loro stanno bene, ma i tedeschi hanno preso i parà britannici».
«Sissignore, coff» disse Gekko, facendo poi segno a tutti di fare silenzio.
Il marconista manovrò per qualche secondo con le manopole della sua apparecchiatura, sotto lo sguardo vigile dei compagni e degli alleati. All’improvviso dalla cornetta cominciò a provenire un intenso fruscio.
«Qui è la sesta sezione della seconda compagnia della terza divisione di fanteria canadese. Ricevete, passo».
«Vi riceviamo chiaramente. Qual è il vostro codice operativo, soldato? Passo»
«Tre, due , sei , otto, cinque , uno. Passo».
«Ricevuto... volete fare rapporto? Passo».
«Affermativo. La squadra americana è stata rintracciata e informata dei nuovi ordini. La loro radio è... rimasta casualmente danneggiata. Il gruppo di paracadutisti britannici della sesta aviotrasportata è stato catturato prima dell’arrivo dei rinforzi. Richiediamo istruzioni a riguardo. Passo».
«Attendete».
E loro attesero in rigoroso silenzio, preparandosi a carpire dallo spicchio di cornetta lasciato libero dal marconista ogni stralcio di conversazione.
«Soldato, sapete dove sono tenuti?»
La voce alla radio era improvvisamente cambiata, e se ne erano accorti anche i soldati più lontani da Gekko.
«Eh...» cominciò il marconista cercando aiuto nei volti compassati dei capitani. Saint-Lò, sembravano voler dire le loro labbra che si muovevano, mute. «Saint-Lò, supponiamo».
«Supponete?! Almeno sapete se il tenente colonnello Yamato è ancora vivo?»
«S-si... coff... è vivo» confermò Gekko con l’aiuto di Hatake.
«Merda... dovete assolutamente recuperare i superstiti, non importa come!»
«Che?!» sbraitarono in coro i soldati più vicini alla radio, tra cui l’irriducibile Naruto.
«Ascoltatemi bene. Quegli uomini sono una fonte di informazioni incredibile sia per noi che per i tedeschi. Dovete recuperarli il più presto possibile. Noi intanto ci organizzeremo per darvi supporto. A Saint-Lò ci sono anche alcuni membri della resistenza francese. Se li contattiamo vi faremo aiutare anche da loro. Ades...»
Quello che seguì fu solo un acuto fischio, seguito da raffiche di mitragliatore.
Quando i soldati si girarono, calci alla spalla, verso la direzione dei colpi, rimasero sconcertati.
Una donna, o almeno pareva, gli dava le spalle stesa a terra con un MP40 fumante all’altezza del fianco. Davanti a lei, un soldato tedesco si accasciava inesorabilmente al suolo. Quella, però, non attese che il corpo del crucco toccasse il suolo: si lanciò verso i militari alleati, e a salvarla da una loro raffica di proiettili fu solo il fatto che avesse abbandonato il mitragliatore al suolo.
«Americani?» chiese.
Era decisamente una giovane donna, e anche di bell’aspetto, ma doveva averne passate parecchie. Tralasciando i pantaloni e la camicia logori e strappati in più punti, le sue condizioni erano pietose: graffi ancora sanguinanti, lividi e terra su tutto il corpo; però a renderne l’aspetto grottesco era l’acconciatura dei suoi i capelli scuri, che a destra erano raccolti in uno chignon semidisfatto e a sinistra cadevano fin sulle spalle.
La ragazza crollò ansimante ai piedi dei soldati, e Shino le fu subito accanto a controllare le sue condizioni.
«Tedeschi! Stanno arrivando dei tedeschi!» disse la nuova arrivata in un inglese sicuro, ma dalla leggera inflessione francese.
«Tedeschi?! E dove?» chiese il capitano Sarutobi facendo segno a tutti di abbassarsi.
«Stanno risalendo il... pendio. Non sono molti».
Kakashi, mentre disponeva gli uomini secondo una tattica standard-mandando avanti i mitraglieri e spostando i fucilieri tra i rottami- non poté che pensare a quanto fosse infame il destino. Ci avrebbe scommesso anche la casa: se alla fine erano stati scoperti era solo dovuto al caso!
Prima che i nemici arrivassero in cima alla collinetta, i canadesi copiarono l’assetto dei loro alleati, con l’unica differenza che il cecchino aveva preferito salire su un albero a destra della linea avanzata. In tutto ci vollero pochi secondi per tranciare gli sfortunati tedeschi che, colti impreparati, non avevano nemmeno provato a rispondere al fuoco; con loro avevano anche dei grossi cani, anch’essi caduti sotto l’unica, lunga raffica dei mitraglieri.
«Sergente, ne vedi altri?» gracchiò Sarutobi mentre ricaricava la sua arma.
«Nossignore» disse Shikamaru, che spaziando un poco con il suo mirino non aveva visto niente se non un’immobile vegetazione.
Intanto, alle spalle dei fucilieri, la ragazza bruna aveva inutilmente cercato di convincere Shino a dargli un’arma per “ammazzare quei bastardi”, mentre il dottore continuava ad insistere perché prima si disinfettasse le ferite più profonde. Il buonsenso ebbe la meglio solo dopo la conferma dell’annientamento dei nemici.
«Allora, ce lo dici il tuo nome?» sbotto Sasuke mentre con gli altri si dirigeva velocemente dietro la carcassa dell’aereo abbattuto. Solo i cecchini erano rimasti indietro a controllare la zona.
«Ten Ten».
«Eh?!» esclamò Naruto.
«Ten Ten. Sei sordo?»
«Ma hai un nome assurdo!»
«In Francia non è assurdo!» obbiettò la ragazza, terribilmente arrabbiata, e forse più per il giudizio del biondino che l’impossibilità di sparare ai crucchi.
«Comunque», intervenne il capitano Sarutobi, «come mai quei soldati ti stavano venendo dietro?»
«Com... è una lunga storia. Siete con quelli che hanno portato in paese stanotte?»
Un istante dopo Ten Ten si sentì come nuda, sotto dieci paia d’occhi che sembravano poterla trafiggere con l’efficacia di proiettili.
«Quattro o cinque britannici» si affrettò a spiegare. «Li detengono nel municipio di Saint-Lò...»
«E tu come lo sai?» insistette Asuma.
Prima di rispondere, Ten Ten si prese un bel po’ di tempo, come se soppesasse l’idea di dire qualcosa di spiacevole o troppo importante. Alla fine cedette.
«Sono della resistenza all’occupazione nazista locale... hanno catturato il nostro capo ieri e sono stata incaricata di scoprire dove la tengono. Ho saputo solo per caso dei britannici».
«Il tuo capo è una lei?» chiese Sasuke, quasi shockato. Tutto poteva sentirsi dire, ma questo no!
«Sì, qualcosa in contrario?!» gli ringhiò contro la ragazza con fare bellicoso.
«N-no... per carità».
«Bene. Ora io vi suggerisco di... di...»
All’improvviso, con la stessa ferocia e imprevedibilità di un fulmine che si abbatte sulla più salda delle querce, divellendola e incenerendola fin nelle radici, le pupille di Ten Ten si restrinsero tanto da ridursi a granelli di sabbia o poco più, la sua pelle perse tutto il suo colore.
Shino e Raido riconobbero in quei repentini cambiamenti i primi sintomi di un attacco di panico, mentre gli altri attoniti spettatori temettero che, puntando lo sguardo nella medesima direzione di quello della ragazza, avrebbero visto un fantasma, o, per i più realisti, un manipolo ben armato di nemici.
Quando però si voltarono e distinsero solamente la magra figura Shikamaru che gli si avvicinava con fare pigro, cominciarono a scambiarsi sguardi intrisi di dubbio e muto timore.
Il moro, sentendosi in quel momento come un criminale colto sul fatto, azzardò una timida protesta prima cadere anch’egli in nella silenziosa attesa di un qualsivoglia verdetto.
«Tu...» mormorò Ten Ten, ora sorretta da uno dei medici. «Tu... dovresti essere... come...»
Fu allora che i membri della compagine canadese capirono a grandi linee cosa stava succedendo: Ten Ten non aveva visto alcun fantasma, né stava guardando verso il loro tiratore. I suoi occhi erano puntati su Kankuro, l’unico di loro a non aver avuto alcuna reazione evidente di fronte al comportamento della partigiana, ma che, quasi a voler nascondere i suoi tratti, teneva ostinatamente l’elmetto calato sul viso con una mano tremolante.
«Ciao Ten...»
 
 
 
 
 
 
Personal space
Wow che roba. Pensate che ho progettato una specie di cronaca minuto per minuto che andrà avanti per ventiquattro ore, un infinità di pagine e, per me, molte notti insonni. Ma che soddisfazione!
The Dawn è il capitolo finale della mia operetta, se così la posso definire. Succederà di tutto e di più, e questo non è che un piccolo assaggio.
Ciò che avete letto è avvenuto tra cinque e le sei di mattina.
Ora, prima di rispondere alle recensioni, vorrei darvi un po’ di informazioni sulla mia fanfiction, a partire da un dubbio sollevato da Targul: perché a Neji il Bren?
Bene, la scelta di ogni arma, almeno in alcuni casi, non è stata casuale. Neji, a mio modesto dire, sarà anche abile col byakugan(quindi perché non un cecchino, direte voi), ma la sua tecnica si basa su una serie rapida di colpi lanciati da distanza ravvicinata e quasi da fermo. Per lui il mitragliatore mi pareva una scelta azzeccata.
Per il lanciarazzi ho pensato a Lee o a Gai per la potenza dei loro colpi, ma un capitano porta raramente dietro qualcosa così tanto ingombrante, quindi ho scelto il Sopracciglione Minore.
A Shikamaru il fucile di precisione perché ogni cecchino che si rispetti deve avere occhio per la strategia, intelligenza e abilità nel tendere trappole e imboscate.
Ebisu invece mi ricordava troppo un personaggio di Resistance che era, come lui nella fanfiction, un cecchino.
A Choji, invece, un Bar per la sua stazza che di certo ne allevia il peso.
Per Kiba inizialmente avevo pensato ad un lanciafiamme, ma di fronte alla certezza che, se colpito, sarebbe potuto esplodere portandosi dietro Naruto, l’ho dotato di un mitragliatore pesante quanto il suo cane.
Spero anche che apprezziate il nuovo stile di formattazione, ispirato a quello di _ayachan_, di cui ero grande fan in un altro sito da cui era misteriosamente scomparsa. Grazie al vostro aiuto ho potuto ritornare a leggere i suoi capolavori(ho recuperato Sinners in meno di una settimana).
Grazie^^
 
Targul: bella osservazione la tua, molto intelligente e che richiedeva una richiedeva una spiegazione. Spero che ora tu veda con una luce migliore alcuni particolari della fanfiction. Poi, per quanto riguarda la sfida che ti ho lanciato, mi spiace ma non hai indovinato. E’ inutile, non ci riuscirai mai! MWAHAHAHAHAHAH! A parte gli scherzi, non verrebbe in mente a nessuno una cosa del genere, anche perché pochi ne conoscono l’esistenza, e magari perché, effettivamente, ciò che cercano ha origini italiche... ho già detto tutto. Grazie per gli apprezzamenti sull’ultimo capitolo. Alla prossima^^
 
Lale16: ma secondo te io rivelerei mai le vere condizioni di salute di Neji?! MWAHAHAHAHA! Sono troppo crudele per farlo. Soffrirete fino alla fine!
Per Iruka, poi, un pizzico di dispiacere ha colto anche me: non era previsto che lui facesse parte della mia mattanz... volevo dire... opera, sì sì! Comunque ora cambia tutto, le vostre certezze crolleranno, sempre che non ve le abbia demolite in precedenza. Preparati a vederne delle belle!
 
Arwen5786(di cui un giorno scoprirò il vero significato della parte numerica): Neji pestato a sangue? Sei ottim... ehm... pessimista. Su con la vita che... no, fai bene a preoccuparti. La mia mente è, da questo punto di vista, peggio di quella di _ayachan_. Buon cuore, tsk! Per quanto riguarda l’imboscata, penso che a questo punto sia più probabile un vero e proprio assalto: ho già pensato a tutto! Con un po’ di fortuna, Gai e company si salver... no, non posso proprio mentirti. Neji è morto... direbbe Nietzsche, ma io non sono Nietzsiche, quindi puoi sperare. Ehi, l’hai notata u al posto della o, eh? Con quel carattere di scrittura ci stava proprio bene. Sono inoltre felice del fatto che non ci siano errori evidenti nell’ultimo capitolo. E grazie per l’aiuto con gli autori(ma vedo che tu e Roberta e la siete cantata a vicenda)!
 
Bambi88: io NON sono sadico, sono... realista. Più o meno.... Ma a chi la racconto? Non hai idea di quanto sia divertente torturarvi psicologicamente. _ayachan_ docet. Comunque, tu che sei una fan delle Shika-tema comincia a tremare... non so se potranno mai incontrarsi. MWAHAHAHAHAHA! Anche a te un grosso grazie per i consigli sugli autori(però non vale! Tu e Camilla vi siete consigliate l’un l’altra!), ma sappi che per presiedere il purgatorio sto pensando ad un’autrice come _ayachan_, la cui colpa è quella di far penare troppo i suoi lettori. Voi non siete abbastanza cattive... no aspetta... dopo la fine del povero Sai mi sono ricreduto! Ma i miei lettori non posso mica metterli al di sotto del paradiso! Quindi vi assolvo dalle vostre colpe e vi mando in pace, amen.
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: Ulixes