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Autore: khyhan    19/04/2014    2 recensioni
– Ci ritroveremo. – urlò. – E ti amerò di nuovo, te lo prometto. Nella prossima vita. In cento prossime vite. Ogni volta mi innamorerò di nuovo di te. Tu sei mia e il mio cuore è tuo.
Settantotto sono le carte dei Tarocchi, settantotto sono le persone che in tempi antichi hanno ricevuto dono di una magia che è insieme una benedizione e una maledizione, perché con il potere cresce anche il seme della follia.
Nel momento in cui Verity abbandona Roma per seguire un misterioso biglietto trovato accanto a cadavere del suo ragazzo non sapeva che ad attenderla ci sarebbe stato il suo destino. Michael è un ladro che non crede in nessuno a parte se stesso ed è perseguitato dal ricordo del suo amore che ha perduto mille volte. Christian è un medico che ha trovato il senso della vita tra i bassifondi di Calcutta ed è costretto ad abbandonare i suoi principi per salvare centinaia di vite.
La follia e il destino hanno voluto che si incontrassero e finissero ciò che era cominciato più di duemila anni prima. Vendetta e potere scorrono nelle loro vene.
La tragedia e l'amore si intrecciano tra passato e futuro.
E il cerchio sta per chiudersi.
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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1.5 Il Mago - Alleanze

I – Il Mago

Il Gioco delle Alleanze

 

Quartiere Latino, Parigi. 16 luglio 2011

 

Michael guardò allibito il suo appartamento ricoperto di polvere bianca, la porta scardinata rovesciata sul letto e le finestre ridotte in frantumi. Il padrone di casa gli avrebbe presentato un conto astronomico per quel disastro. Per non parlare della vecchietta due piani più sotto che non si faceva mai gli affari suoi e che sarebbe comparsa per lamentarsi del rumore. Il danno che avevano appena fatto alla sua immagine era disastroso. Aveva passato anni a fingere con i vicini di essere un tranquillo studente disponibile ad aiutare le vecchiette a portare la spesa su per le scale e ora la copertura era saltata.

– Scusate il disturbo. – disse un ragazzo entrando in casa, togliendosi la polvere dalla maglietta nera. Michael lo squadrò da capo a piedi, imprimendosi in mente la sua fisionomia. Alto, capelli mori e lisci, e l’aria di chi si trovava a proprio agio nel caos. Subito dietro di lui, entrò un gigante con la testa rasata, le spalle larghe avvolte in un completo nero e occhiali da sole. E l’aria di chi portava guai.

– Se ti dispiace per il disturbo, – disse Michael nascondendo Verity dietro con il suo corpo. – esistono il campanello e il citofono. Ti avrei detto che stai disturbando.

Lo sconosciuto lanciò un’occhiata a Verity, per poi tornare su di lui. – Lasciala andare via, Dubois. – lo guardava dall’alto dando ordini secchi. Michael lo prese in antipatia. Era a casa sua e si permetteva di trattarlo con superficialità. Chiuse gli occhi, ricordando com’era tranquillo il suo rifugio prima che Verity e il pazzo entrassero nella sua vita. – Visto che mi hai appena distrutto casa, potresti almeno presentarti, così so a chi mandare il conto.

Lui si batté i pantaloni togliendosi altra polvere e intonaco. – Christian Courteney. Ora che abbiamo finito le formalità, posso passare alla parte in cui ti uccido? Ci sono delle persone che mi attendono e tu devi essere morto.

Dietro di lui, Verity sbuffò. – Uomini, sono tutti così teatrali.

Michael sorrise dentro di sé. Anche in situazioni di pericolo, Verity riusciva a essere acida e sarcastica. Probabilmente faceva anche a pugni come un uomo. Poco femminile per i suoi gusti, ma la sua presenza era utile per tagliare la corda in quel momento.

La afferrò per il braccio e la tirò davanti a sé, mettendole alla gola il coltello che teneva in tasca. Non voleva ferirla, ma aveva bisogno che distraesse i due uomini un po’. Lui era una carta che giocava con la mente delle persone. Distrarre da una parte e agire dall’altra, questo era il suo motto. – Mettiamo le cose in chiaro, – vide una goccia di sangue scorrerle lungo il collo e allentò un po’ la pressione. – ora me ne vado e se non vuoi coinvolgere un’innocente ti consiglio di restare là. – camminava rasente il muro per non dare le spalle all’energumeno che accompagnava Christian e strattonò Verity per costringerla a seguirlo. – Fa attenzione a non inciampare. – sussurrò alla ragazza. – Potresti tagliarti il collo.

– Toglimi il coltello dalla gola così non c’è alcun rischio. – ringhiò a denti stretti.

Le sfiorò la tempia con le labbra. – Mi dispiace, ma non posso farlo. E mi dispiace averti messo in questo casino. – guardò Christian che rimaneva immobile al suo posto. Gli lesse l’indecisione negli occhi, stava sul serio prendendo in considerazione di coinvolgere anche Verity e rischiare che si facesse del male per arrivare a lui?

Christian strinse i pugni lungo i fianchi con gli occhi ridotti a due fessure. – Non hai idea di quello che stai facendo. Non puoi scapparmi. Ti troverò e ti staccherò la testa dal collo. – fece un cenno all’uomo, che si mise accanto a lui in attesa di ordini.

– Verity, devo andare via. – si avvicinò alla finestra, sentendo l’aria fresca e la promessa della libertà.

– Spero che tu faccia un buon viaggio all’altro mondo. – gli rispose con freddezza. – Ti odio.

Lanciò un’occhiata rapida alla finestra con i vetri distrutti e il suo cervello progettò un piano di fuga. – Non è il momento per dirtelo, ma ho frugato in casa tua. – parlò portandosi verso la finestra. Un tuffo dal settimo piano era troppo anche per lui, ma poteva uscirne vivo se se la giocava bene. L’unico problema era la ragazza, non gli piaceva l’idea di usarla per distrarre Christian. – E per quello che ho preso nella tua borsetta. Ti cercherò, te lo prometto e parleremo di nuovo. Cerca di rimanere in vita.

Cosa? – gridò. La spinse verso Christian e lanciò il coltello contro l’energumeno prima di saltare fuori dalla finestra.

Mentre cadeva sul terrazzo due piani più sotto, sentì le maledizioni del ragazzo e le imprecazioni del suo scimmione, ma non si fermò ad ascoltarle. Scavalcò il parapetto e si incamminò rasente muro sul cornicione pensando a dove metteva i piedi e a Verity sola ad affrontare quei due, sette metri più in su. La Regina di Spade. Di tutte le carte che potevano venire a Parigi proprio lei doveva incrociare la sua strada. Sperava Christian si fosse levato dai piedi senza scoprire la vera natura di Verity.

Girato l’angolo, scavalcò un terrazzo. Più avanti c’era un appartamento libero dove poteva entrare e lasciare che le acque si calmassero, poi sarebbe andato sul tetto per prendere ciò che aveva lasciato in caso di emergenza e si sarebbe dileguato.

– Signor Dubois. – la voce della signora Monreau lo fece fermare. Quella vecchia sapeva essere più silenziosa di lui e lo aveva preso alle spalle sulle scale più di una volta. Anche se aveva fatto delle ricerche su di lei e aveva chiesto a dei suoi amici, non era saltato fuori nulla, nemmeno un multa per divieto di sosta e non gli piaceva. Una fedina troppo pulita era una fedina piena di segreti. La signora Monreau si sporse dalla finestra con i bigodini in testa. – Cosa fa sul mio terrazzo? E quei rumori in casa sua! Mi ha fatto prendere un colpo. Il mio povero cuore! – parlava in modo petulante e affrettato e Michael si chiese quando avrebbe tirato fuori il suo amato marito defunto. – Non ho più vent’anni, – proseguì lei con la sua ramanzina – dovrebbe avere rispetto per le persone anziane. Cosa sta succedendo in casa sua? E poi, perché è a petto nudo? Vuole prendersi un accidenti? Se vuole le presto una delle canottiere del mio amato Tobias, a lui non dispiacerebbe. – Appunto, pensò Michael, eccolo. Ora comincia con: tanto caro il mio amato Tobias... e chi la ferma più. – Tanto caro il mio Tobias, sempre disposto ad aiutare gli altri. A me e a Niege manca da morire. – ovviamente, doveva parlare anche del suo gatto che aveva l’abitudine di rifarsi le unghie sui suoi pantaloni di Armani. – E a Niege mancano anche quei bocconcini che lei compra in macelleria, li adora. Dovrebbe venirmi a trovare più spesso, sa signor Dubois? Racconta delle belle storie. E se dopo passa, potrebbe portarmi giù la spazzatura? E controllare il filo dell’antenna? La televisione non funziona molto bene, i canali saltano sempre.

Maledetta impicciona amante dei gatti bianchi, pensò. – Signora Monreau. – disse con un sorriso smagliante interrompendo quel torrente di parole. – Mi fa piacere incontrarla qui. – lanciò un’occhiata significativa al terrazzo con le piante che si stavano seccando al sole. – Ci sono delle motivazioni molto valide per tutto. In casa mia stanno facendo dei lavori di restauro e ci sarà un po’ di rumore. E sono qui perché… – si guardò intorno, cercando una scusa convincente. – Perché anche la mia televisione ha qualche problema e volevo controllare i cavi. Li ho seguiti fino a qui e ho visto che anche i suoi rovinati. – creò un illusione e indicò i fili fittizi che correvano lungo il muro. In alcuni punti erano spelacchiati e la guaina crepata. – Ora salgo sul tetto e controllo l’antenna, poi torno e vedo cosa posso fare anche per quelli.

La vecchia annuì, vinta dal suo incantesimo. – Oh, come è caro! Aspetti le porto qualcosa per i suoi sforzi. Lo dicevo sempre a Tobias: il signor Dubois è un ragazzo a modo, scommetto che le ragazze fanno la fila per uscire con lui! Sì, sì, questo dicevo al mio amato Tobias.

Avrebbe dovuto sparire nel momento esatto in cui la signora si era allontana, ma non poteva spezzarle in cuore abbandonandola a metà di un discorso. Nemmeno se lui era in pericolo di vita. Mantenere una buona presenza e mostrarsi al meglio, suo padre glielo ripeteva sempre. La donna aprì la portafinestra del terrazzo con in mano un piatto di biscotti che Michael non poté fare a meno di accettare con un sorriso. In gatto le passò in mezzo alle gambe, finendo per strusciarsi su di lui facendo le fusa, prima di usarlo come tiragraffi. Malefico gatto, li avevo messi puliti ieri notte dopo che ho dovuto buttare il Westwood.

Allontanò il gatto con un piede, mantenendo sempre il sorriso. – Cosa diceva? – domandò alla signora Monreau.

– Delle ragazze! Scommetto che fanno la fila!

– Non sono poi tante. Giusto un paio. – rispose quasi spezzandosi un dente sul biscotto.

– Dovrebbe sistemarsi, signor Dubois. Alla sua età io e il mio Tobias eravamo già sposati. Deve passare a vedere le foto del matrimonio…

Michael alzò gli occhi al cielo. Le aveva già viste ventisette volte. Abbandonò il biscotto sul davanzale, impietosito per il povero uccello che avrebbe provato a beccarlo. I dolci della signora Monreau erano più duri dei sassi. – Mi dispiace interromperla, ma devo andare sul tetto a controllare l’antenna. Posso passare per casa sua? – senza aspettare una risposta la mise da parte e attraversò la cucina che odorava di aglio.

– Sicuro che non vuole una maglia del mio Tobias? – urlò la vecchietta mentre lui si chiudeva alle spalle la porta d’ingresso. Controllando che Christian e il suo energumeno non fossero da quella parte del palazzo, si mosse verso gli ascensori e poi fino al tetto. Si sedette sulle tegole di ardesia a riprendere fiato, ora che era lassù era in vantaggio. Avrebbe preso ciò che gli serviva e poi sarebbe sparito dal radar di Christian. Facendo attenzione a non scivolare, raggiunse uno dei comignoli e tirò fuori dalla cerata lo zaino per le emergenze con su scritto il numero quattro. Ne aveva sparso diversi in giro per la città, ognuno con del contenuto diverso in base alle sue esigenze e con dei documenti falsi. Si mise la ricetrasmittente all’orecchio, e tirò fuori un’anonima maglia blu e dei jeans scuri. Stringendo la cintura, ascoltò le conversazioni che avvenivano in casa sua.

– E ora come si sente, signorina? – chiese una voce burbera che Michael identificò come il gigante che accompagnava Christian.

– Se potessi sbattere la testa di Michael contro un muro, meglio. – Michael deglutì, ma non per la minaccia nella voce furiosa di Verity, ma perché era ancora con quei due. Sperava che lo avessero inseguito lasciando lei indietro.

– Signorino, non crede che…

– Mikelich, va a controllare i corridoi e la strada. – ordinò secco Christian, nemmeno quando aveva minacciato lui era stato così freddo e perentorio. – Perquisisci la sua macchina e chiedi ai vicini informazioni su di lui Dubois. Cosa fa nel tempo libero, chi sono i suoi amici. Voglio sapere tutto, Chiaro? Devo trovarlo.

– Ma, signorino…

– Niente ma! Fa’ questa cosa! Non sono un bambino, me la posso cavare da solo. Tu vai, intanto io penso alla ragazza. – sentì dei passi pesanti in sottofondo e lui strinse ancora di più la ricetrasmittente. Il gigante se n’era andato lasciando Christian e Verity da soli. Sarebbe stata l’occasione buona per tornare al suo appartamento e affrontare Courteney.

– So cosa sei. – la voce del giovane lo immobilizzò. Stava parlando con Verity? Sapeva chi era?

– Una stupida che è riuscita a farsi rapire e derubare. – attraverso la ricetrasmittente la voce di Verity gli arrivava stanca e arrabbiata. – Ma appena lo prendo gli faccio ingoiare il coltello.

– Riprenderemo ciò che ti ha preso, tranquilla – Christian rise. – Tu stai bene? Ti ha fatto del male?

– A parte sequestrarmi a casa mia? Una meraviglia!

Si morse la lingua trattenendo un’imprecazione. C’erano fin troppe cose che stavano andando storte, ad esempio: quei due insieme. – Aspetta! Non puoi uscire così. Sei in mutande e la gente si farà delle domande. Non hai qualcosa da metterti?

– Li avevo, ma chissà dove li ha gettati quello là. Potrebbe anche averli bruciati per quel che ne so.

Susseguì l’aprirsi e il richiudersi dei cassetti e qualche sonora imprecazione in italiano da parte di Verity mentre rovistava in casa sua.

– Sono tuoi? Li ho trovati nella cabina armadio. – domandò Courteney. Forse aveva trovato i vestiti che lui aveva preso la notte prima.

– Non avevo jeans, ma un abito nero e oro.

– Questi sono da donna. Mettili, sembrano della tua taglia.

– Non mi metto vestiti di un’altra donna! Tra l’altro di una che è andata a letto con quello. – a Michael scappò una risata, Verity non aveva capito che lui non portava donne a casa. Lei era la prima e sarebbe stata l’ultima visto i guai che gli aveva procurato.

– Veramente, sono nuovi. – proseguì Christian. – Vedi l’etichetta? Aspetta! Dobbiamo metterci d’accordo.

– Passami i pantaloni.

– Prima ascoltami. Non so come mai tu fossi qui, ma non pensavo di incontrare un altro Arcano oltre a Michael. Non voglio farti del male, ma ho bisogno di sapere da che parte stai.

– Dalla mia. – rispose acida. Altre porte sbatterono e ci fu il silenzio per qualche secondo. – Quel maledetto stronzo! – la voce di Verity lo fece sobbalzare. Era così arrabbiata che sembrava che gli stesse urlando nelle orecchie. – Quel bastardo! Come ha potuto? Come ha osato! Ti tutte le cose che... – si scostò l’auricolare dall’orecchio quando qualcosa si frantumò contro il muro e non sentì il resto delle imprecazioni.

– Quello che hai lanciato era un vaso? Credo che fosse dipinto a mano.

Per un attimo la tempia gli si imperlò di sudore. Se era il vaso che immaginava lui, qualcuno non l’avrebbe presa bene. Aveva rubato il vaso per fare un dispetto e tenuto con cura e ora era in briciole.

– Avrei preferito che fosse la testa di Michael! Mi ha frugato nella borsa quel maledetto!

– Cosa ha preso? – Christian parlava in modo basso, dolce e gentile come se avesse a che fare con una tigre affamata. Michael ebbe l’impulso di scendere e prenderlo a pugni. Si mise una mano in tasca, sentendo il freddo cerchietto d’oro. Non doveva valere poi molto, era piccolo e la pietra quasi invisibile, al massimo un paio di centinaia di euro. – Mi ha preso l’anello di fidanzamento. L’unica cosa che mi era rimasta di Ale.

 Gli si fermò il cuore per la tristezza che percepiva nella sua voce. Quella cosa insignificante che aveva in tasca era l’anello che le aveva regalato il suo ragazzo morto. Quanto tirchio era stato per regalarle un oggetto così insulso? Lui non aveva mai regalato anelli, e mai lo avrebbe fatto, ma per la proposta avrebbe dato alla donna che gli avrebbe incantato il cuore qualcosa che costringesse alla gente a girarsi e guardarla a bocca aperta. L’anello che aveva preso poteva comprarlo chiunque.

Lo aveva scelto per me, – continuò Verity con voce rotta. – Sapendo che l’acquamarina era la mia pietra preferita. Non mi è rimasto altro di Ale.

E lui l’aveva preso senza rimorso, voleva giocare con lei, dimostrarle che poteva avere qualunque cosa volesse e poi torturarla e vedere le sue reazioni, non aveva immaginato cosa ci fosse dietro quell’anello. – Impara a non mettere al sicuro le cose a cui tiene. – mormorò gelido. Si chiese quando si sarebbe accorta delle carte che le aveva portato via. Quelle avevano valore, lasciavano Verity scoperta e alla mercé di un qualsiasi aggressore. Se Courteney l’avesse attaccata, avrebbe potuto contare solo sulle forze e non se sarebbe uscita viva. Forse doveva tornare giù e...

Si lasciò sfuggire un gemito. – Non è possibile! – esclamò. Dal giorno in cui l’aveva conosciuta i suoi pensieri deviavano nella sua direzione, quasi non ne avesse più il controllo. E lui aveva sempre il controllo su tutto, anche sui suoi bisogni di base.

– Voglio proporti un affare. – continuò Christian cercando l’attenzione di Verity. – Tu mi dai una mano a prendere Dubois e io ti restituisco l’anello. – la proposta di Courteney fu una doccia fredda. Aveva commesso un errore nel rubare l’anello e ora lei aveva un motivo per dargli la caccia. Verity avrebbe accettato l’offerta e Michael avrebbe incrociato di nuovo la strada della Regina di Spade. Solo che sarebbe stato contro di lui. Se Courteney se la fosse giocata bene, e Michael al suo posto lo avrebbe fatto, avrebbe riempito la testa di Verity di bugie sul suo conto, dipingendolo peggiore di quanto in realtà non fosse. – Ma la cosa non ha importanza, – disse a se stesso. – è una ragazza come le altre. Posso gestirla.

– E perché dovrei farlo? – replicò Verity guardinga.

– Perché sono l’unico che può aiutarti. Sono due mesi che do la caccia a quel ladro: tra false identità, prestanome e rifugi sicuri ha talmente tante vie di fuga che non ti basterebbero tre vite a ritrovarlo.

– E tu invece sì?

– Ho imparato a riconoscere il suo modo di agire e di muoversi. Con le conoscenze di Mikelich e le mie risorse economiche possiamo ritrovarlo.

– Se sei tanto bravo perché non te lo cerchi da solo? – udì la stoffa strapparsi e la rabbia che provava per Courteney aumentò. – Ma che fai? Lasciami! – urlò Verity.

Michael sperò che quella strappata fosse la canottiera e che il resto si trovasse ancora al suo posto. Anche se giocava con le donne, non gli piaceva che venisse usata la violenza su di loro.

– Perché io non sono la Regina di Spade. – mormorò Courteney – E la Luna non mi ha appena risparmiato la vita quando poteva usare i miei poteri sul vento per fuggire. È interessato a te e io ti voglio dalla mia parte.

Dì di no, Verity, non accettare, ti si rivolterà contro alla prima occasione, la implorò lui sperando che i pensieri le arrivassero. Se la storia era vera, quei due avevano un legame che superava il tempo, doveva esserci di più di un rapporto fisico e la sofferenza che li marchiava entrambi. Lei doveva sentirlo.

– Vuoi usarmi come esca?

– Sì.

– Pensi che sia così stupido da cascarci?

– No, visto che ci sta ascoltando. Sono sicuro che sappia già tutto. E anche se non avesse piazzato delle microspie in casa, ci sarebbe arrivato da solo vedendoci, ma ci sono legami che non si possono spezzare e io conto su questo. Ehi, Dubois, mi senti? – urlò Courteney nell’appartamento. – I giochi sono cambiati. Io avrò dalla mia la Regina di Spade, volente o no. Cosa farai quando te la ritroverai contro, Luna?

Maledetto bastardo, pensò Michael con un sorriso sardonico, vuoi giocare con me? Giochiamo!

– Ultima domanda: – Verity reclamò l’attenzione su di sé. – perché dovrei fidarmi di te?

– Non ricordi delle tue vite precedenti, vero? Guarisci lentamente, non sai chi è la Luna. Hai ereditato il tuo potere solo da pochi mesi. – arrivò alla stessa conclusione a cui era arrivato lui: Verity era ancora debole e confusa. Una preda facile da uccidere.

– Non mi hai risposto. – incalzò lei. – Perché dovrei fidarmi di te?

Christian rise. – Non ti devi fidare di nessuno. Nemmeno dei ricordi delle tue vite passate. Le persone cambiano, non commettere l’errore di giudicarle da ciò che ricorderai di loro.

– Quindi, non mi devo fidare di te?

– No.

Michael trattenne il fiato aspettando una risposta di Verity. Non poteva prendere in considerazione un’alleanza del genere, non dopo che Christian l’aveva minacciata apertamente. Una volta aveva fatto un errore del genere e stava ancora pagando le conseguenze.

– Metti conto che io accetti, cosa ti impedisce di tagliarmi la gola alla prima occasione?

– Nulla, ma lo stesso vale per te. Anche tu potresti farlo mentre dormo.

Verity sospirò. – Torniamo al discorso della fiducia.

– Non hai molta scelta: o vieni con me o morirai qui. – Michael pensò anche ad una terza opzione, ma non avrebbe rischiato la propria vita per nessuno, nemmeno per lei, poco gli importava che c’era una parte di lui che scalpitasse per tornare giù e sfidare Christian.

– Signorino… – La voce di Mikelich riempì la stanza e Michael iniziò a sudare freddo. Quando era tornato il gigante? E come mai non lo aveva sentito? Non gli importava, c’erano altre priorità. Quei due non avevano ancora un accordo e Christian doveva giocarsi il tutto per tutto. Michael aveva capito che Courteney non si fidava del suo uomo, l’aveva percepito negli ordini secchi che gli aveva dato.

– Mikelich. Prendi in consegna Verity, la portiamo con noi. È nostra alleata e ospite.

– Signorino, non dovrebbe sistemare la faccenda con la ragazza prima di tornare a caccia del ladro?

– No, lei mi serve. – nemmeno Courteney credeva nella scusa che stava imbastendo e si stava arrampicando sugli specchi, se fosse andata avanti così, Verity sarebbe morta prima del tramonto. Se vuoi mentire, pensò Michael tornando agli insegnamenti di suo padre, devi essere il primo a crederci. E Christian non stava credendo alle proprie parole.

Courteney sbuffò. – E se lei verrà a sapere di Verity, – lo minacciò. – sarai il volontario per provare il prossimo antitumorale che la Courteney Corp. sta sviluppando. Sono stato chiaro?

Questo è già meglio la paura funziona meglio della lealtà, Michael sorrise. Sì, avrebbe potuto essere un avversario alla sua altezza se si fosse impegnato.

– Hai scoperto nulla su Dubois? – proseguì il ragazzo.

– Sì, ma glielo dico dopo. – i rumori aumentarono e Michael lanciò via l’auricolare quando un fischio e una scarica elettrica lo avvertirono che la microspia era stata trovata e distrutta.

Prese dallo zaino il cellulare che teneva da parte e fece il numero di quella strega dai capelli castani. – Ciao. – iniziò senza preamboli. – Abbiamo un problema. Ci sono almeno altri tre Arcani in città. E uno è la Regina di Spade.

La risata allegra della donna al telefono lo costrinse ad asciugarsi la fronte per l’aumento improvviso della temperatura. – Non è un gioco. – proseguì Michael freddo. – Come mai non mi hai parlato di lei?

La ragazza rideva senza fermarsi e la luce del sole divenne più intensa mentre i piccioni tubavano in un angolo del tetto. – Non volevo rovinarti la sorpresa. – rispose cercando di trattenersi con scarso successo. – Cosa si prova a rivederla dopo tanto tempo?

Io non l’ho mai vista prima e lo sai. – rispose sempre più gelido. Lanciò un sassolino ai piccioni, in modo che andassero da un’altra parte. Si voltarono a guardarlo male, come se lui li stesse disturbando.

– Tu no, non l’hai mai vista, ma la tua anima sì. O adesso vuoi dirmi che non hai un’anima, fratellino?

Lui scrollò le spalle frugando nello zaino con una mano. – Smettila con questa storia del fratellino. Mi dà i nervi. La situazione è precipitata e devo andare via da Parigi per un po’. – prese il passaporto falso controllando la data di scadenza e l’identità. – Posso contare su di te per tenere d’occhio mia sorella?

– Non puoi usare i cagnolini di Duchessa per tenerla al sicuro?

Metà del suo cervello prestava attenzione alla conversazione, l’altra metà al passaporto. L’idea di chiamarsi Neal Keller, storico, era adatta a lui. Le sue false identità avevano sempre dei lavori autoritari e rispettati. – Non hanno i tuoi occhi. – disse passando il telefono all’altro orecchio. – Mi serve tutto l’aiuto necessario, anche se questo vuol dire chiederti un favore.

– Okay, – rispose la ragazza. – ma prima rispondimi, cosa hai provato rivedendola? È carina come la sua precedente incarnazione? Sua madre era molto bella a vent’anni.

– Non è un mio problema. – non aveva voglia di parlare di Verity, quella ragazza l’aveva confuso e doveva prendersi del tempo per riordinare le idee.

– A me sembra che stia diventando un tuo problema, come ho risposto hai iniziato a parlarmi di lei.

– Dovevi avvertirmi. – accusò. – Non sono riuscito a ucciderla.

– Tu non uccidi. Non era questa la tua politica?

I piccioni di prima si posarono di nuovo sul comignolo, iniziando a tubare più forte che mai. – Non quando si tratta di Arcani. È un guerra ricordi? Mia sorella potrebbe essere in pericolo se scoprissero il nostro legame, ecco perché devo ucciderli per primo. Verity compresa.

– Continui a non rispondermi. – cantilenò lei.

– Non ho provato nulla per lei, chiaro? Nulla! – fissò il comignolo fino a mandarlo fuori fuoco. Non l’aveva uccisa perché era la sua politica, tutto qui. Un gesto di galanteria. Non l’avevano fermato le sue vite passate e la prossima volta che si sarebbero rivisti avrebbe fatto la cosa giusta. – Io non sono Owen. – disse più a se stesso che a lei.

– L’anima alla fine è la stessa. Vogliamo parlare di quando le hai detto che saresti andato a cercarla?

Per poco non lanciò il telefono per la rabbia. Quella donna era sempre due passi avanti a lui. – Da quanto lo sapevi? – sputò a denti stretti.

– Da ieri, mi hai chiesto del diamante. Ho dato una sbirciata al tuo futuro e voilà! Ho visto la Regina di Spade legata a doppio filo con te. A proposito le hai scelto un bel paio di mutandine. Le regali anche a me? E mi devi un vaso nuovo. Puoi iniziare a dipingerlo quando vuoi, tanto te lo spaccherò sulla testa.

Michael ignorò il suo ultimo commento. – Perché ti sopporto? Concentrati su quello che è appena accaduto! Siamo entrambi in pericolo! – inspirò due volte profondamente, ritrovando l’autocontrollo. – Lascia perdere. Dovrei andarmene dall’altra parte del mondo e lasciare che Courteney si occupi di te e della Regina di Spade.

– Non lo farai. Ti conosco. Non la lascerai indietro. – rispose lei seria. – Ci sono molte pedine sulla scacchiera e Verity è un pezzo importante e non puoi fare a meno di me, siamo alleati. Lo sai.

Michael scattò. Erano alleati, ma lei lo teneva quasi sempre all’oscuro finché non tornava utile che lui sapesse. – Non dovevi mentirmi! – urlò stringendo la mano intorno al passaporto rovinandolo.

– Non ti ho mentito, ho omesso un particolare. Verity è un pezzo importante. Tu lo sai, io lo so, fine del discorso.

Espose. Da quella strega non avrebbe mai ottenuto una risposta chiara. – Non mi importa il suo valore per i tuoi piani! Agisce sempre di testa sua!

– Era così anche Emily.

– Lei non è Emily! E io non sono Owen! Smettila di parlare sempre di loro! – tirò un pugno a una tegola e i piccioni lo guardarono male di nuovo. – Non mi importa quanto tempo tu abbia perso a predisporre i pezzi. Quali macchinazioni ci siano dietro. Non ti permetto di usare il mio cuore per arrivare al tuo scopo.

– Ti ha fatto un certo effetto, eh? – anche attraverso il telefono poteva immaginare il suo sorriso sornione. – Non ti ho mai sentito così alterato. In genere sei sempre composto. Mi sono sempre chiesta se oltre l’indifferenza fossi in grado di provare altro. Ecco la prova che Dubois ha un cuore: minacciare la sua preziosa Regina. – il sudore gli scorse lungo la schiena quando la risata della ragazza fece salire la temperatura della città di almeno cinque gradi.

– Non è mia. – sibilò. Non avrebbe permesso che venisse comandato da una donna, nemmeno da una che aveva amato per secoli e che ogni volta che incontrava si abbandonava a lei. Sembrava che il destino lo giocasse. Ogni volta, lei rinasceva in una forma che lo attraeva, completandolo e sorprendendolo ogni volta. I suoi sogni lo avevano sempre messo in guardia, ma lui era più forte e stavolta non avrebbe ceduto.

– Vuoi che ti predica qualcosa? – l’attenzione tornò al telefono. – La Regina del Nord è al centro della scacchiera, tra quattro fronti verranno incrociate le lame. Colui che originariamente ha dato il primo colpo mortale, romperà il cerchio. Degli antichi alleati non ci si deve fidare e di Spade e di Coppe due anime si dovranno piegare. Ehi! Mi piace questa rima, me la segno.

– Ah-ah. – la schernì lui. – Era pessima e non sei d’aiuto. Cos’è questa storia delle Spade, delle Coppe e degli antichi alleati? Non puoi fare una predizioni decente e chiara?

– Hai ragione. – ammise lei e sbuffò al telefono. Un vento torrido gli scompigliò i capelli. – Il mio antenato Apollo era molto più bravo di me con le profezie e le rime, fratellino.

– Smetti di chiamarmi fratellino e impedisci al tuo umore di cambiare il tempo.

Per tutta risposta scoppiò a ridere e il sole splendette più che mai. Michael guardò oltre il tetto. Un paio di turisti che si facevano aria con le loro cartine. – Ehi, ma è la verità! Una volta eravamo fratelli, gemelli per l’esattezza.

– Non siamo parenti te lo posso assicurare.

– I tuoi ricordi non sono ancora completi. Eravamo veramente fratelli. – insistette lei. – Tu eri Artemide, ricordi?

Scosse la testa inorridito all’idea. – No, e non ci tengo a ricordare di essere stato una dea vergine. Trovati qualcun’altro da prendere in giro. Ora, concentrati! La profezia, il futuro. Tutte quelle cianfrusaglie da sciamano che tieni nella stanza ti serviranno a qualcosa, no?

– Non vedo niente. – disse dopo qualche secondo di silenzio.

– Trova il modo di vedere qualcosa. A cosa serve avere il tuo potere se quando servi non vedi nulla?

– Non sto scherzando. Sono oscurata. Non sono ancora state prese delle decisioni vere. Sai come funziona con me.

Michael si mise il passaporto e il portafogli con del contante in tasca. Sì, sapeva come funzionavano i suoi poteri e la cosa lo irritava. Nell’unico momento in cui lei poteva dargli delle indicazioni, era oscurata. Avevano solo una profezia senza senso.

– Non posso vedere nulla finché non inizi a percorrere il tuo destino. Vedo ciò che non può essere cambiato, ma nulla di più.

Michael pensò al libro sulle gemme che aveva letto poche ore prima. – Se decidessi di rubare un grosso zaffiro che aveva preso mio padre, ma che non so dove si trovi al momento, dove mi manderesti?

Attese in silenzio mentre lei scandagliava il futuro ora che era stata presa una decisione. – Uhmm. Ti manderei al Trinity College di Dublino, ti direi di flirtare con una ragazza stramba che inciampa nella biblioteca e vedere come si evolverà la cosa.

– È già qualcosa. – rispose lui, chiudendo lo zaino.

  Non è molto.

Michael sospirò e si sedette sul tetto. – È questo, vero? Quello che mi avevi anticipato quando ci siamo conosciuti. Tutto quello che sta succedendo. Il momento è arrivato?

Ci fu il silenzio, la temperatura scese, gli uccelli intorno a lui smisero di cantare e il sole si oscurò come la vista della persona dall’altra parte del telefono. Erano tutti in attesa della sua risposta. – Sì, – disse infine. – Ha fatto la sua mossa. Uccidendo il ragazzo a Roma ha messo in moto tutto. È iniziata la guerra. 

 

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NdA: seriamente, quanto lenta sono ad aggornare? Non voglio nemmeno controllare. Ho praticamente riscritto questo capitolo e spero che la cosa vi abbia soddisfatto. Questo e il prossimo capitolo chiuderanno la prima parte denominata il Mago che chiude gli avvenimenti di Parigi, poi ci sposteremo.
a presto, Khynan
  
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