Premetto che il capitolo non è molto lungo, ho voluto solo inquadrare un po' la psicologia della protagonista in modo che possiate averla più chiara, grazie in anticipo a chi leggerà e a chi mi ha già inserito fra gli autori davvero, questa è una passione e voi siete in grado di alimentarla. concludo dicendo che scrivere aiuta a vivere. un abbraccio, la vostra scrittrice.



Io e lui non ci siamo mai presi molto sul serio, abbiamo sempre sorvolato su quelli che potessero essere i nostri sentimenti, in fin dei conti alla nostra età o ci si pensa troppo o non ci si pensa, e noi volevamo stare lontani da quelle paranoie adolescenziali, o forse semplicemente credevamo fosse meglio così. Eravamo troppo indaffarati a quel tempo, preferivamo vivere così ciò che eravamo senza troppi compromessi, senza troppi castelli in aria. Eravamo ciò che eravamo, già... ma cosa eravamo? Oh qualcosa di troppo complesso da descrivere, un intricato gomitolo di guai, un cumulo di detriti che si plasmava a vicenda dando vita forse a qualcosa di buono, ma il tempo passa...
Riaffiorano i ricordi come cadaveri in un mare, tanto da togliere il fiato, tanto che tutto ammazza il tempo, come se in ogni angolo fosse racchiuso il male che uccide. Quel male che ti blocca la gola, e ti pianta un pugno nello stomaco. Come se non ci fosse nulla in grado di sovrastare il male, come se non ci fosse un antidoto valido a far guarire questo dolore. Perché ci sono momenti dove solo il silenzio serve a guarire, solo quello. Solo stare soli e isolarsi dal mondo, in modo che le voci attorno non influenzino la tua vita. Il sapore amaro delle lacrime corrode l’anima, ma anche il corpo. Bruciano sulla pelle, come l’alcool sulle ferite. Come vodka liscia bevuta tutta d’un fiato. Tutto spiazza, inesorabilmente, infesta le notti, incubi continui e struggenti.