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Autore: Ombra Oscura    20/04/2014    1 recensioni
Cosa ama Lawrence nella sua vita? La sua chitarra. Chi ama Lawrence nella sua vita? La sua Gibson Les Paul.
E se la sua chitarra venisse in qualche modo danneggiata in un piccolo, piccolissimo scontro casuale?
-Non che sia entusiasta di presentarmi, ma se non lo faccio verrò uccisa dai miei genitori, quindi a meno che tu non abbia un valido motivo per trattenermi..- tentai di spiegare, pregando mollasse lo zaino.
-Se ci andrai sarò io ad uccidere te- replicò con un'espressione che non faceva trasparire alcuna ironia -Ti sembra un valido motivo ?-
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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-Addio esame-


Sbaglio o sono stata appena minacciata? Di sicuro stava scherzando, doveva essere così.
Sarei mancata all'appello di Chimica, inoltre avrei dovuto scegliere se morire per mano dei miei o di uno sconosciuto, che per quel che sapevo poteva benissimo beffarsi allegramente di una povera universitaria indifesa per poi adescarla. Fu così che feci la scelta che in quel momento mi sembrò più comoda: fuggire.

<< Ehm, bello il tuo scherzo, sembra quasi vera la tua minaccia >> sorrisi, sforzando il mio povero zigomo sinistro a divenire leggermente sporgente, affinché rendesse più realistico il mio divertimento a quella che sarebbe dovuta essere una battuta. Calò il silenzio più totale. Per un attimo pensai si fosse fermato il tempo. Mi guardai intorno, nessuna macchina, nessun testimone.
Momento perfetto.
Lo fissai due millesimi di secondi. Nell'istante in cui comprese le mie intenzioni era ormai troppo tardi. Raccolsi le forze e gli strappai lo zaino dalle mani per iniziare la staffetta della mia vita. Mi guardai indietro, ma notai che non si mosse di un millimetro. Quello che non mancava, però, era il suo sguardo fisso su di me. Me lo lasciai alle spalle.

Finalmente l'università non era più un miraggio. Non che il mio viaggio nel deserto prevedesse tra i miei desideri una prigione.
Le strisce pedonali mi separavano dall'entrata principale. Di solito ero molto attenta nel guardare a destra e sinistra, ma quell'interruzione mi portò ad avere una certa fretta, tanta da non badare al colore delle macchine, ad esempio, o a quel fuoristrada nero che stava prendendo una certa velocità.
Sentii uno stridio di gomme, che mi ricordò quello emesso dalle ruote della mia “vecchia” in una curva, mentre tornavo a casa dopo un pomeriggio straziante trascorso in biblioteca. Il muso di una macchina si fermò a pochi millimetri dal mio braccio. Il blocco fu spontaneo e per un momento pensai pure di indietreggiare.
<< Ma sei deficiente? >> fu la prima cosa che mi passò per la mente, mentre con le braccia indicavo le strisce.
<< No, ma dico io, ci vedi? >> il fiato quasi mi mancava, forse lo spavento, forse l'ansia per l'esame che stava per andare a farsi benedire con gli interessi ad attendermi a casa.
Non vedevo la persona contro la quale stavo sbraitando a causa del parabrezza oscurato. Nel momento in cui capii che avevo altre priorità avanzai per attraversare e inavvertitamente graffiai con la parte metallica della tracolla la vernice nera che si trasformò in una striscia grigia metallizzata.
Così impari, stronzo!
Di certo non era un grandissimo torto, anche perché di sicuro chi aveva speso dei soldi in quella auto non era un barbone.
Distolsi lo sguardo compiaciuta della mia piccola vendetta, ma presto fui sorpresa di una giacca blu scura dinanzi al mio naso. Qualcuno si era deciso a farmi delle scuse?
Alzai la testa, evidentemente avevo davanti un bestione di due metri. La coda in cui erano raccolti i suoi biondi capelli faceva intuire la lunghezza. Mi afferrò un braccio.
Ma che diavolo...
Mi sembrava di vivere uno di quei film in cui un'auto in corsa della CIA punta il bersaglio per poi scaraventarlo dentro, senza nemmeno permettere alla vittima di rendersi conto di quello che sta accadendo.
<< Ehi, bella bionda, potresti lasciarmi passare? >> dissi in modo beffeggiante. Non avevo nulla contro gli uomini amanti della lunga chioma, anzi invidiavo la loro dedizione e pazienza, ma quella massa di muscoli voleva vietarmi di presentarmi all'esame o peggio caricarmi per poi violentarmi, uccidermi e buttarmi in qualche fiume, dove per settimane nessuno mi avrebbe trovata.
Troppi telegiornali.
Con mia sorpresa non rispose. Aveva un viso squadrato e due palle nere al posto degli occhi, che gli conferivano ancor più un'aria da criminale.
<< Lasciami il braccio o sarà peggio per te >> provai ad intimorirlo. Ero stupida a pensare che una ragazza di un metro e sessanta potesse spaventare anche solo un minimo un gigante, ma le donne non hanno i testicoli e questo giocava a mio favore.
Le sue labbra emisero qualcosa simile ad un ghigno. A quell'ora del mattino non c'era più gente al di fuori dell'università e mi stupiva che nessun passante si fermasse a curiosare sul perché una ragazza fosse immobile sulle strisce, con un braccio la cui circolazione stava per dirle addio.
Mi caricò di peso. Questo fu uno di quei momenti che avevo immaginato diverse volte. Se qualcuno mi avesse fatto del male, sarei riuscita finalmente ad urlare? Quando giocavamo io, mio fratello e una nostra cugina a “Chi urla di più” perdevo sempre. Non so che gioco fosse o perché lo facessimo, ma non riuscivo ad emettere nessun suono in passato e non fui in grado di farlo nemmeno in quel momento.
Gli tirai calci e pugni con scarsi risultati, se non ritrovarmi con la schiena dolorante su dei sedili che dall'odore parevano in pelle.
<< Ti avevo detto che non saresti andata da nessuna parte >> sentii una voce vicino alla mia testa. Alzai gli occhi intontita.
Non è possibile.

  
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