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Autore: D a k o t a    20/04/2014    17 recensioni
Incentrata su nessuna ship, solo sull'amore di un padre per sua figlia, molto fluff, dunque. Ovviamente sto parlando di Klaus, e.. chi ha letto "Who is the woman in the picture?", ha una vaga idea del temperamento di Rachel, la bambina, che nella fanfiction ha già otto anni, e che identifico come la figlia di Klaus.
[Fluff!Come in tutto ciò che scrivo]
"In quei momenti lo assaliva la consapevolezza di non meritare quella bambina, e lo uccideva il dubbio che potesse pensare di non essere degna del suo amore.
Perché Klaus sapeva che non era Rachel a non essere degna di lui , ma era lui a non meritarla.
Guardò Cappuccetto Rosso, La Bella e La Bestia, La Sirenetta.
Lui non avrebbe mai potuto essere nient’altro che l’antagonista che animava e seminava discordia nelle sue fiabe. Il cattivo.
Il mostro.
In fondo, c’erano cose che Elijah non sapeva, ma c’erano cose che nemmeno Klaus sapeva.
Elijah non gli aveva mai raccontato quanto Rachel desiderasse un lieto fine e una seconda possibilità, anche per il lupo cattivo."
[Vincitore del "Premio Fluff" al contest "I miei gusti e le vostre storie" di Fefy_07]
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Klaus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2

“RACHEL!”

Un urlo risuonò per tutta la casa mentre Klaus si affrettò verso la camera di Rachel. Era furioso. Elijah era forse impazzito? Non si spiegava il perché di quella partenza improvvisa, nonostante fosse ben esplicito in quella lettera di poche righe che stringeva furiosamente fra le mani. Tutto ciò che si ritrovò davanti però quando aprì la porta fu una bambina ancora sdraiata che lo fissava, con i riccioli spettinati e grandi occhioni assonnati.

“In genere zio Elijah mi aspetta sotto per la lettura, e mi fa leggere libri più colorati. ”

Klaus cercò di capire di cosa stesse parlando, poi guardò la lettera  e pensò al fatto che sua figlia pensasse che fosse lì per fargli chissà quale lezione di lettura e fargliela leggere. Un sorriso balenò sulle sue labbra. Nello stesso momento in cui i suoi occhi avevano incontrato quelli color acquamarina di sua figlia la rabbia era scemata, lasciando spazio alla tenerezza.

“Bene, stamattina Elijah non verrà. Hai idea di cosa possa essere questa?”

Si avvicinò cautamente alla bambina, quasi avesse paura di toccarla e di rovinare quella visione celestiale che gli si poneva davanti, e che sapeva incantarlo semplicemente con un sorriso. La bimba si alzò in ginocchio sul letto per afferrare quel pezzo di carta che tanto aveva innervosito suo papà. Si fermò però, quando lesse l’incipit della lettera.

“E’ per te”

Klaus scosse la testa, innervosito. Pensava forse che non lo sapesse? Certo che no.

Sua figlia poteva essere ingenua, credere in un mondo di fate e principesse come era giusto che fosse, ma sicuramente non era stupida.

“Zio Elijah non vorrebbe che io la leggessi  se è per te.”

“Dov’è Elijah, adesso?”

Un sorriso maligno balenò sulle labbra di Klaus, un sorriso di cui si maledisse appena vide gli occhi di Rachel inondarsi di lacrime e nascondersi  sotto il cuscino.

La conferma del dubbio che ormai non era più un dubbio era proprio sotto i suoi occhi, nel pianto di Rachel.

Lui riusciva solo a ferire le persone, anche quelle a cui credeva di voler bene.

Quella era l’unica costante.

L’unico vero sempre e per sempre.

 

***

Le sentiva dritte nel cuore le lacrime di Rachel, come spine affilate,  proprio lui che aveva sfiorato e goduto di ogni sfumatura del dolore, di  ogni sua possibile evanescenza.

Klaus, alle undici e venti, quindici minuti esatti da quando era entrato nella stanza non sapeva affatto come comportarsi. Non aveva mai consolato nessuno prima d’allora, figuriamoci una bambina.

“Smettila di piangere”

Era un ordine gentile, nonostante tradisse un briciolo di nervosismo,  ma pur sempre un ordine.

No, non era un buon inizio, e se ne accorse quando la bambina rimase con la testa sotto il cuscino, senza nessuna intenzione di riemergere.

Sospirò, avvicinandosi a lei e scostandolo delicatamente. Incominciò a parlare solo quando incontrò i due lapislazzuli blu di sua figlia e le sue labbra imbronciate.

“Vedi cosa succede?”

Rachel ricominciò a piagnucolare mentre l’amara convinzione del giorno prima rifaceva capolino. La paura che Elijah se ne fosse andato a causa sua. La paura che perfino suo papà la volesse tenere lontano, come quella zia di cui Elijah spesso parlava, promettendole che un giorno l’avrebbe conosciuta ma che per un motivo o per l’altro non veniva mai o invece quella mamma di cui non parlava mai e che rendeva gli occhi color inchiostro dello zio  solo più scuri.

“Non credevo che si arrabbiasse così tanto. Lui è paziente, non si stanca di me di solito.”

Klaus sussultò. Non voleva che sua figlia avesse le sue stesse paure e che si ponesse le sue stesse domande e non era  quello a cui  si riferiva.

“No. Mi riferisco a cosa succede quando ti sto vicino.”

Quella frase di Klaus uscì come un sospiro triste, mesta e rassegnata. Rachel ancora non capiva a cosa si riferisse, troppo presa ad addossarsi le responsabilità di qualcosa di troppo complesso per quella bambina così sveglia e sensibile, ma pur sempre bambina.

“Guardami, Rachel. Sono qui da mezz’ora e sono riuscito a ferirti e farti piangere ugualmente. Non voglio che succeda di nuovo. Elijah non si è affatto stancato di te. Nessuno si stancherebbe mai di te.”

Un piccolo sorriso illuminò le labbra della bambina, che si era seduta sul letto e aveva smesso di piangere, davanti a quella –ruvida - dichiarazione d’amore ma una delle migliori che Klaus avesse mai fatto.

“Io ti voglio bene, papà. E non sono arrabbiata.”

Klaus sussultò. Sapeva che non sarebbe riuscito a dire “Anch’io”. Non gliel’aveva mai detto, come se in qualche modo si vergognasse di mettere in gioco una parte di lui.

Per paura.

Non solo paura di ferire Rachel, anche paura di dare a quella strana bambina la possibilità di ferirlo. Di tradirlo, di abbandonarlo, di fare come avevano fatto gli altri. Elijah aveva ragione quando diceva che i tradimenti nel corso dei secoli l’avevano reso ancora più infido e schivo. Non riusciva ad abbattere quella corazza nemmeno con sua figlia. E c’era un altro motivo per cui temeva quella bambina.

Lei non vedeva in lui un assassino o un mostro. Una bestia.

Lei lo vedeva umano.

E di conseguenza vulnerabile.

“Bene. Sai dirmi quando tornerà Elijah?”

Rachel si alzò in piedi, cercando di ricordare.

“Fra una settimana. Papà?”

Rachel gettò uno sguardo ansioso verso Klaus, abbozzando un sorrisino nervoso e Klaus si domandò cosa c’era che non andava, quella volta. Cosa avesse detto di sbagliato. Gli fece cenno di parlare.

“Ho una fame da lupi

Un sorriso affettuoso balenò sulle labbra di Klaus. Pensò che le avrebbe preparato la colazione e pensò al fatto che stava diventando pazzo solo per aver pensato una cosa del genere.

Il grande Klaus Mikaelson che torturava, seviziava i suoi nemici, rendeva l’esistenza di chi fuggiva da lui un inferno, che puniva, complottava, non perdonava, stava pensando a cosa preparare per colazione a una bambina.

Guardò l’orologio però e fu costretto a ricredersi.

L’ora della colazione era passata da un bel pezzo.

“Rachel, lavati, vestiti e scendi giù di sotto. Ti aspetto per il pranzo.”

Rachel nonostante il tono dispotico, utilizzato dall’Ibrido obbedì, partendo come una scheggia verso il bagno.

Le mancava Elijah, le mancava terribilmente e avrebbe voluto raccontare tutto a lui.

Ma le attenzioni che suo papà le stava riservando, rendevano tutto meno orribile.

 

***

“Com’è?”

Rachel dopo essersi messa il tovagliolo sulle ginocchia per non sporcarsi diede un’occhiata fugace all’ roastbeef che le si poneva davanti. Storse il naso, abbozzando un sorriso poco convinto, prima di tagliare un pezzo di carne e portarlo dentro la bocca. Klaus la guardava, studiando divertito la sua espressione disgustata mentre masticava.

“E’… buono”

Scoppiò a ridere, incapace di trattenersi, davanti al sorriso e all’aria da sopravvissuta della bambina. Era perfettamente consapevole del fatto che Elijah potesse essere un cuoco migliore, ma non sapeva di essere così fuori esercizio.

E si sorprese del modo in cui si era ritrovato a ridere. Aveva quasi dimenticato come si facesse, ma sua figlia lo stava aiutando a ricordarselo.

Come aveva fatto qualcuno, molto tempo prima.

Distolse subito il pensiero.

“Sei una pessima bugiarda, tesoro”

Mentre lo diceva le si avvicinò per pulire con un tovagliolo una macchiolina di sugo accanto alla bocca della bambina.

Rachel si beò della tenerezza che trasudava quel gesto chiudendo appena gli occhi.

“Secondo lo zio, si può sempre migliorare. E poi tu sei bravo a fare tante cose, come per esempio dipingere. Mi piacerebbe diventare brava come te.”

Klaus sorrise. Sapeva che qualche volta quella dolce bambina si era intrufolata nel suo studio, per vedere i dipinti. Proprio come lui faceva con lei.

La sua passione per il disegno era stato da bambino, uno dei tanti motivi della rabbia di suo padre nei suoi confronti.

Un pretesto in più per batterlo, sempre ammesso che ci fosse sempre il bisogno di un pretesto quando decideva di farlo.

“Tu sei molto brava “

Aveva visto il lupo la sera prima e anche la carrozza di Cenerentola, e gli altri personaggi delle fiabe che Rachel amava raffigurare. E non poteva non sorridere e amarla ancora di più, per quella sua passione. Nel frattempo Rachel sorrise prima che una nuova domanda si affacciasse sulla sua mente.

“Come lo sai?”

Se Klaus in quel momento fosse potuto sbiancare l’avrebbe fatto. Perché quella ragazzina non ringraziava per il complimento e stava zitta? Non sapeva come risponderle.

Non le avrebbe mai raccontato delle sue visite notturne.

Era troppo orgoglioso per farlo.

“Deve avermelo detto Elijah.”

Rachel alzò un sopracciglio, sospettosa. Pensò che se i suoi disegni piacevano ad Elijah non era detto che dovessero piacere anche  al suo papà. Ma lasciò passare e Klaus glie ne fu grato. Si concentrò sul piatto e lanciò un’occhiata implorante a Klaus. Quella roba era difficilmente commestibile e sicuramente bruciata.

“Va bene. Domani chiamerò qualcuno a preparare la cena.”
Klaus si alzò, portando il piatto in cucina e sorridendo fra sé e sé.  Aveva sentito spesso gli umani lamentarsi della noia della quotidianità. Se era quella la quotidianità di cui si lamentavano, a lui piaceva. Forse gli piaceva proprio perché per lui non si trattava di routine, ma gli piaceva.

Il sorriso di Rachel lo appagava.

Gli dava un senso di potenza.

Era un senso di potenza diverso da quello che provava quando sottometteva i suoi nemici. Più puro, più pulito, più trasparente.

“Papà!”

La sentì gridare dall’altra stanza e vi si precipitò, quasi spaventato dall’idea che qualcuno potesse portargliela via, strappargliela. Corrucciò la fronte quando la vide comodamente seduta sul divano e rilassata, sicuramente non sofferente.

“Che facciamo questa sera?”

 

***

“Ti prego, ti prego, ti prego.”

Rachel lo guardava, congiungendo le manine a mo’ di supplica. Klaus era stato via tutto il pomeriggio, perché una città da governare richiedeva tempo, come diceva lui, ma quando era tornato, dopo aver mangiato insieme- o almeno tentato di farlo- aveva cominciato a chiedergli di guardare un cartone in DVD  con lei di cui proprio in quel momento stringeva la custodia.

“Ti ho già detto di no, non farmelo ripetere un’ altra volta.”

Klaus era irremovibile. Aveva sopportato abbastanza da quella mattina e non voleva che sua figlia si affezionasse troppo a lui, aveva troppa paura di ferirla. Aveva tastato la sua sensibilità quella mattina e si era accorto di quanto fosse semplice farlo. L’aveva vista piangere e aveva pensato che a nessuno avrebbe permesso di ferirla. Nemmeno a sé stesso.

Vista l’assurda ma sicuramente non causale decisione di suo fratello - perché Elijah non faceva nulla al caso - erano però obbligati in quella convivenza.

Rachel dal canto suo non si sarebbe arresa. Avrebbe guardato “Lilo e Stich”, l’ultimo DVD che Elijah le aveva  regalato, quella sera e di certo non lo avrebbe guardato da sola. Sporse il labbro inferiore in avanti, assumendo un’espressione da cucciola abbandonata.

“Perché no? Per favore, papà! Non fare il cattivo!”

Klaus sorrise. Rachel poteva suonare davvero convincente ed era un’ottima manipolatrice se lo voleva. Quel faccino triste non poteva non commuoverlo nemmeno un po’, ma voleva giocare con lei.

“Io sono cattivo, tesoro. E noi cattivi non guardiamo “Lilo e Stich” nel tempo libero di solito!”

Lei ci pensò un secondo. Forse a Klaus non piaceva “Lilo e Stich”, ma avrebbero potuto guardare qualcos’altro. Un altro cartone. Lei ne aveva tanti, anche molto belli. Pensò di chiederglielo.

“E che cartoni animati guardate?”

Klaus sorrise. Aveva perso il conto di quante volte l’aveva fatto in quella giornata, ma sua figlia non smetteva di spiazzarlo.Fece per sedersi sul divano, e si accorse subito del modo in cui gli occhi di Rachel si illuminarono.

“Non ti illudere e smettila di guardarmi così. Io quel cartone animato non lo guardo.”

Ma mentre lo diceva, Rachel si era già fiondata a inserire il DVD nel videoregistratore e lui era già seduto sul divano.

 

 ****

Erano già quasi sul termine del film e Rachel aveva seguito interessatissima e felice le vicende di quello strano piccolo mostriciattolo blu che sembrava cattivo ma cattivo non era. Le ricordava un po’ il suo papà.

Aveva cambiato innumerevoli posizioni sul divano.

Inizialmente era all’estremo opposto rispetto a Klaus, poi si era avvicinata un po’ di più mettendosi a gambe incrociate. Alla fine però era crollata, sdraiandosi e appoggiando la testa sulla ginocchia di quest’ultimo. L’aveva guardato e Klaus aveva letto nei suoi occhi la paura di essere respinta. Aveva sospirato e l’aveva lasciata fare.

“Ohana significa famiglia. Famiglia significa  che nessuno viene abbandonato o  dimenticato”

Era quella la scena che stavano guardando in quel momento e Rachel trattenne un gridolino emozionato. Trovava quella scena dolce, romantica e significativa. Pensò di parlarne con Klaus che guardava lo schermo ma non lo guardava veramente, perso in un vortice di riflessione.

“Non trovi che abbia ragione, papà? Non significa questo essere una famiglia?”

Klaus pensò attentamente a quella frase. Sì, probabilmente doveva significarsi quello essere una famiglia. Ma la realtà poteva essere diversa. Aveva sopportato lo sguardo di disprezzo di suo padre ogni giorno e sua madre era stata capace di assopire una parte di lui - quella sbagliata -, quella che gli ricordava ogni volta che non era nient’altro che il frutto di un errore. Guardò sua figlia in attesa di una risposta.

“Sì, Rachel. In teoria sì.”

Lei arricciò il naso.  C’era qualcosa in quel discorso a non tornare. E non poteva non accorgersi del tono mellifluo utilizzato da Klaus. Come se le volesse rispondere affermativamente solo per non turbarla.

“E in pratica?”

“In pratica anche. Non ci sarà dell’altro, non per te.”

Lui non faceva mai promesse che non poteva mantenere ma quella era una certezza. Forse non sarebbe stato il padre più presente di sempre ma non l’avrebbe abbandonata, e nemmeno dimenticata. Era parte di lui, era una luce. La luce che allo stesso tempo lo faceva sentire vivo, la luce che non voleva oscurare.

 “C’è stato dell’altro per te? Zio Elijah e zia Rebekah ti hanno fatto male?”

La bambina pose questa domanda con un po’ di paura della risposta. Le dispiaceva che in qualche modo lui avesse sofferto, nonostante sapesse essere dispotico, amasse prenderla in giro e ogni tanto fosse distante. Le aveva detto che aveva paura di ferirla e lei pensava a come fosse possibile che non si accorgesse di come invece stesse bene con lui e amasse ascoltarlo.

“Ce ne siamo fatti a vicenda.”

Probabilmente, per quanto riguardava Rebekah e Elijah, lui avrebbe avuto il primato. Aveva quasi portato sua sorella ad ucciderlo.

Rebekah.

Rachel la conosceva solo tramite racconti. Mancava da New Orleans da più di otto anni, ma chissà perché, nonostante l’assenza della sorella gli creasse dolore, riusciva a immaginarsela per le vie di Roma, di Parigi o di Tokyo, a fare shopping, con i capelli al vento.

Voleva credere che lontano da lui, avesse trovato ciò che davvero desiderava.

“Papà” mormorò Rachel, fra uno sbadiglio e l’altro “Ti ho mai deluso?”

“No, Rachel. Tu non puoi deludermi.”

Ed era vero. Lei poteva sorprenderlo con la sua ingenuità, poteva farlo ridere a crepapelle come solo Caroline ne era stata capace, poteva portarlo al limite della sopportazione con la sua curiosità, ma non poteva deluderlo.

Rachel continuò, imperterrita. Aveva sonno, le palpebre le si chiudevano e temeva di non riuscire a guardare la fine del film, ma voleva finire il discorso.

“Io faccio parte della tua famiglia?”

Klaus corrucciò la fronte, mentre con una mano accarezzò la fronte della bambina, pensando a dove volesse arrivare.

“Sei mia figlia, tesoro. Certo che sì.”

 Lei annuì, beandosi dell’espressione felice che Klaus aveva fatto dicendo quella frase. Forse aveva sbagliato a pensare che non le volesse bene.

Forse zio Elijah aveva ragione.

“Allora faremo come Lilo e Stich. Non ci abbandoneremo e dimenticheremo mai, promettimelo.”

Klaus la guardò sorpreso nuovamente e poi vide il modo in cui le aveva allungato il mignolo, un po’ indecisa. Lui l’afferrò con delicatezza perché sì, non l’avrebbe mai abbandonata e la voglia di vivere che aveva era di per sé indimenticabile.

E anche perché, voleva che nemmeno lei lo dimenticasse e abbandonasse nonostante lui fosse…lui.

“Lo prometto. Ora però ti porto a letto. Sarai stanca morta, tesoro. “

La prese in braccio, stupendosi di quanto fosse leggera, e sussultando al contatto con quel corpicino debole ma con una carica ed energia fuori dal comune. Si recò al piano di sopra, posò la bambina sul suo lettino e fece per uscire. Rachel d’altra parte avrebbe voluto non staccarsi più di lì. Avrebbe giurato che era la prima volta che lui la prendeva in braccio. Si sentiva una principessa.

“Aspetta, papà. Grazie per il libro.”

Klaus deglutì. Sapeva a quale libro si riferiva. Quello per cui in origine aveva ringraziato Elijah e che lui aveva lasciato sopra il suo comodino. Abbozzò un sorriso.

Forse era un po’ meno arrabbiato con Elijah per essersene andato.



Note dell'autrice.

Ciao!Ecco a voi il secondo capitolo, nonché quintultimo.Posso fare una dedica? Dedico questa OS a Bfan, che mi sta sostenendo in questa avventura, nella speranza che non le faccia venire il diabete. Ringrazio in anticipo chi recensirà, essendo una persona insicura ne ho ababstanza bisogno.

Questo è il mio modo di augurarvi buona Pasqua!

Spero che Lilo e Stich... ops, Klaus e Rachel, vi siano piaciuti *--*

Desy.

   
 
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