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Autore: Darkness_Angel    20/04/2014    4 recensioni
Sono passati quasi vent'anni da quando Gea è stata sconfitto e Percy ed Annabeth sono ritornati a casa.
Aibileen è la più piccola di casa Jackson e la sua vita non è affatto facile, anche se non per gli stessi motivi dei suoi fratelli, Lilia e Lucas.
La loro vita si complicherà quando sii ritroveranno catapultati in un impresa che metterà a dura prova loro e il loro rapporto. Tra vecchi e nuovi nemici ed amici, riusciranno i fratelli Jackson a concludere l'impresa e a salvare la loro famiglia?
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Nella storia non ci sono spoiler sulla conclusione della saga, potrebbero essercene qua e là solo per chi non ha ancora iniziato a leggere la saga degli Eroi dell'Olimpo.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Nuova generazione di Semidei, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Generazioni '
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Buona Pasqua a tutti! Ho deciso di farvi un regalino Pasquale e pubblicare oggi il secondo capitolo :) Vi avverto subito è un capitolo un po' lungo, forse un po' di passaggio, e vi chiedo scusa per questo, ma dovevo far succedere due cosine e non sono riuscita a dividerlo in due capitoli più piccoli. Non uccidetemi, giuro che i prossimi capitoli saranno più corti!
Detto ciò vi lascio alla lettura del capitolo, ci sentiamo in fondo, Buona lettura :)

Capitolo Due
 Partecipiamo ad una rievocazione Storica
 
Il viaggio durò circa due ore, i miei fratelli che parlavano animatamente tra di loro o con i miei genitori sui loro campi passati.
Io avevo preso il mio Ipod, quello dismesso da Lucas, e mi ero concentrata sulla musica, odiavo quella parte del viaggio quasi più di quelle tre ore di permanenza al campo per far sistemate i gemelli, Lucas nella casa di Atena e Lilia in quella di Poseidone.
Arrivammo al bosco che circondava il campo dopo circa due ore, scendemmo dall’auto, io con una calma glaciale mentre i miei fratelli quasi si scavalcarono per scendere e prendere i borsoni
- State buoni! E fate i bravi! - gridò mia madre rimettendoli in riga.
I gemelli si fermarono e ci aspettarono mentre chiudevamo la macchina e poi salivamo la collina sino all’albero di Talia.
Credo di essere l’unica mortale ad essere mai stata ammessa al campo mezzosangue.
Essendo la figlia di Percy Jackson ed Annabeth Chase, mi avevano dato il permesso di superare la barriera, infondo, anche se sono una mortale, riesco a vedere chiaramente i mostri e oltre la foschia, così a tre anni, mi ero ritrovata catapultata in un mondo che non mi apparteneva ma che il resto della mia famiglia adorava.
Arrivammo in cima alla collina e incominciammo ad intravedere il campo -  Ma guarda chi è venuto a trovarci anche quest’anno -
-  Zio Grover! - i gemelli mollarono le borse e saltarono letteralmente addosso al satiro, non servì a nulla che mia madre li riprendesse.
Il satiro abbracciò i miei fratelli  e poi scompigliò i capelli ad entrambi -  E tu non mi vieni a salutare? - mi chiese facendo finta di essere offeso
Io gli andai vicino e lo strinsi, lui mi accarezzò la testa -  Perché intanto non andate?  - ci chiese.
Lilia e Lucas non se lo fecero ripetere due volte, raccattarono i loro borsoni e corsero giù per la collina mentre mia madre sospirava esasperata scuotendo la testa, io, invece, tornai vicino a loro
- Lasciali fare Annabeth - le disse Grover
I miei genitori salutarono il satiro, mia madre lo abbracciò e con mio padre si scambiarono delle pacche amichevoli sulle spalle - Allora, come vanno le cose a casa? - ci chiese mentre iniziavamo a scendere la collina -  Bene, tutto normale - gli rispose mio padre
-  E tu Aibi, come va? - mi chiese sorridendomi, io gli sorrisi a mia volta
- Bene, ho finito la prima media - ma che stupidaggine stavo dicendo? Era logico che avessi finito la prima media!
Grover rise e mi fece una carezza sulla testa -  Brava bambina -.
I miei genitori continuarono a parlare con Grover ed io fui estraniata dalla discussione.
Quando arrivammo davanti alla Casa Grande, trovammo i miei fratelli che stavano già parlando e discutendo con gli altri mezzosangue di quello che gli era successo quell’anno.
Come al solito, quando mia madre si avvicinò ai miei fratelli per riprenderli e dirgli di portare le loro cose nelle case, gli altri ragazzi mezzosangue si zittirono, non so’ perché, ma mia madre incute un certo timore
- Aibi! - qualcuno mi stava chiamando, e quel qualcuno era mia sorella, le andai vicino e mi fece cenno di prendere una maniglia del suo borsone e io la aiutai.
L’accompagnai sino alla casa di Poseidone e poi l’aiutai a sistemare le sue cose nella casa
-  Grazie - mi disse mentre l’aiutavo
- Come mai mi hai chiesto di aiutarti? Di solito ti limiti ad ignorarmi… - decisi di non usare giri di parole
- Aibi… è una cosa complicata…  - iniziò
- Ho capito, lascia stare - la rassicurai.
Quando finimmo di mettere a posto le nostre cose tornammo dai nostri genitori che stavano parlando con Chirone, nostro fratello aspettava di fianco a zio Grover e al gruppetto si erano aggiunti anche Talia, strano pensavo non fosse al campo di solito era con Artemide e le Cacciatrici, e il Signor D -  Ecco le altre due Jackson - commentò Chirone sorridendoci mentre ci avvicinavamo.
Lilia corse di fianco al gemello, mentre io invece mi mettevo vicino alla mamma e le prendevo la mano -  Allora cosa ne pensate? - chiese il Signor D, non tenendo conto del nostro arrivo
- Si, mi sembra un idea carina - commentò mia madre
Cosa era un idea carina, cosa mi ero persa?
-  Non saranno più di un paio di giorni, ma penso che si possa fare - commentò Chirone
-  Che cosa non durerà più di un paio di giorni? - chiese mia sorella contenta
-  Al Signor D è venuto in mente di fare una specie di rimpatriata di vecchi membri del campo - spiegò mio padre.
No.
-  E quindi ci fermeremo per qualche altro giorno qui al campo - concluse mia madre
No! Gridai nella mia mente, poi mi guardai intorno, tutti mi guardavano sgomenti.
Santi Dei, non l’avevo gridato nella mia mente!
Mi prese il panico, fissai i miei genitori che mi guadavano sgomenti e increduli, non riflettei, prima che qualcuno mi potesse dire qualcosa, scappai via di corsa.
- Aibileen! - mi gridò mia madre, non era arrabbiata, ma non ce la facevo ad affrontarla ora
-  Lasciale un attimo  - le disse mio padre prendendola per le spalle e fermandola.
 
Corsi finché non sentì di essere abbastanza lontana, scesi giù dalla collina e arrivai su un piccolo rialzo che dava sul mare, mi ci sedetti sopra poi mi levai le scarpe e immersi i piedi nell’acqua.
Nel frattempo mia madre aveva iniziato a preoccuparsi, lo faceva sempre quando scappavamo per qualcosa che non fosse una litigata tra noi e lei
-  Dobbiamo andarla a cercare Percy -
-  Vado io, ma ora mi prometti di calmarti? - le chiese prendendole il viso tra le mani e sorridendole.
Annabeth gli sorrise poi lo abbracciò e si baciarono -  La potete smettere? Vi guardano tutti - commentò caustico Lucas, Annabeth e Percy risero e si allontanarono
- Vado a recuperare Aibi, voi intanto sistematevi - le disse
Si scambiarono ancora un bacio veloce e poi Percy andò a cercare la figlia; la trovò circa mezz’ora dopo, la vide seduta per terra che muoveva i piedi nell’acqua.
 
Sentì un fruscio e poi vidi mio padre che si sedeva di fianco a me fissando la distesa d’acqua e sospirò - Sono in punizione? – chiesi senza guardarlo
- No, Aibi, non sei in punizione, ma è stato scortese  - mi ricordò in tono serio
-  Mi avete levato l’unico momento in cui mi senta veramente felice, tu come avresti reagito? - gli chiesi fissandomi i piedi
- Non dire sciocchezze Aibi! Passeremo solo un paio di giorni qui al campo e saremo comunque assieme - le ricordò guardandola
- Certo! Mamma con Lucas nella casa di Atena, tu e Lilia in quella di Poseidone e a me dove mi metterete? Dormirò in macchina con le valigie? - gli chiesi arrabbiata
- Non dire sciocchezze! Sono sicuro che a tua nonna o tuo nonno non dispiacerà farti stare in una delle loro case - mi rassicurò
-  E mentre voi fate gli eroi, io cosa dovrei fare? - gli chiesi ancora
-  Quello che vuoi - mi ricordò con un sorriso
- Quello che voglio è stare con te e la mamma! Come una famiglia normale! - gli gridai, senza accorgermene incominciai a piangere -  Hai mai avuto la sensazione di stare in un posto che non ti appartiene? Che non è la tua casa? - gli chiesi guardandolo
-  Si Aibi, ma poi ho trovato questo posto e… -
- Io non ho “questo posto” papà! Io non ho un posto dove mi sento a casa, l’unico posto in cui sto bene è quando sto con voi a Montauk, mi sento speciale, per una volta mi sento unica e non una tra tanti, questo lo riesci a capire?! - gli gridai singhiozzando e tornando a guardare l’acqua stringendomi le ginocchia al petto.
Mio padre sospirò, poi mi prese in braccio e mi strinse facendomi appoggiare la testa sul suo petto e accarezzandomi i capelli mentre continuavo a piangere -  So’ cosa vuol dire Aibi, ma sappi che avrai quel momento, solo posticipato di un po’ - mi sussurrò stringendomi posando la testa sulla mia -  Te lo giuro, staremo insieme e sarai felice - mi strinse forte io feci lo stesso poggiando la testa nell’incavo del suo collo - Sai che io e la mamma ti vogliamo bene? - mi chiese scostandomi leggermente per guardami in viso - Certo che lo so’ - lo rassicurai, almeno su questo ero certa, mi sarebbe piaciuto avere un po’ più di attenzioni, ma sapevo che mi amavano.
Lui mi sorrise rassicurato, poi mi asciugò le guance con una mano e mi diede un bacio sulla fronte
-  Ce la farai a resistere due giorni? - mi chiese
-  Si se voi non vi faceste vedere così entusiasti - commentai caustica
- Aibi… - mi ammonì
- Promettimi che avrete lo stesso entusiasmo anche quando starete con me - gli chiesi guardandolo seria -  Non c’è bisogno che te lo giuri, sai che  sarà così - poi mi diede un altro bacio sulla fronte facendomi sedere sulle sue gambe -  Hai i piedi gelati - mi disse prendendomeli e scuotendo leggermente il capo -  Come mai li hai messi in acqua? - mi chiese
- Mi fa calmare - gli spiegai guardandolo
Mio padre sorrise, poi mi tirò su e mi mise in piedi sull’erba -  Ora torniamo, o tua madre mette a perdere tutto il campo, pensando che mi sono perso anche io - mi disse sospirando
Mi infilai le scarpe ridendo, poi gli presi la mano, lui la lasciò e mi cinse le spalle mentre tornavamo indietro.
Quando ritornammo mia madre mi corse incontro e mi prese in braccio stringendomi senza sapere se mi doveva sgridare oppure chiedermi scusa, alla fine ne uscì fuori un discorso abbastanza sensato che era una via di mezzo tra i due discorsi.
- Ora rimane solo un piccolo problema - mi disse mia madre però guardando mio padre -  In che casa dormirà? -
-  Suppongo che ad Atena o a mio padre non dispiacerà ospitarla - le rispose lui con un alzata di spalle
- Se fossi in voi però gli chiederei comunque il permesso prima di fare qualunque cosa - ricordò Chirone guardando i miei genitori uno alla volta
-  Si, andiamo subito così almeno possiamo finire di sistemarci - concluse mia madre prendendomi per mano.
I miei fratelli erano già spariti, probabilmente erano ad arrampicarsi sulla parete di roccia o a duellare con altri mezzosangue nell’arena.
Noi invece stavamo andando nella casa di Poseidone, grazie alla fontana avremo potuto contattare i nonni. Ci avvicinammo alla fontana e mio padre prese una dracma da dentro l’acqua
- Chi per primo? - chiese girandosi e guardando mia madre
- Prima tuo padre - gli rispose con un sorriso, mio padre annuì poi lanciò la moneta nell’arcobaleno che si era venuto a formare nella condensa -  Oh, Iride, Dea dell’arcobaleno, mostrami Poseidone - la nebbiolina tremolò per un secondo e poi apparve l’immagine di mio nonno, come al solito nel suo completo bermuda e camicia Hawaiana.
- Papà… - lo chiamò mio padre
Poseidone si girò verso il messaggio Iride e gli sorride -  Percy, che sorpresa… e vedo che ci sono anche Annabeth ed Aibileen - mia madre lo salutò con un sorriso, io lo salutai con una mano e lui mi rivolse un sorriso dolce - Allora, come mai questa telefonata? - gli chiese rivolgendosi direttamente a lui -  Vedi, dovremmo fermarci qualche giorno al campo e volevo chiederti il permesso di far rimanere Aibileen a dormire nella tua casa, se vorrà, faremo la stessa cosa con Atena dopo, la piccola deve ancora decidere - gli spiegò
Mio nonno sorrise e poi mi guardò - Ma certo che può, non era nemmeno da chiedere, dopo tutte le volte  che hai fatto venire Annabeth, adesso mi chiedi il permesso per mia nipote? - gli rispose, vidi mio padre rilassarsi e sorridere mentre mia madre arrossiva leggermente e distoglieva lo sguardo  
-  D’accordo allora… ci sentiamo presto papà - lo salutò
-  A presto e salutatemi gli altri miei nipoti - poi passò una mano sulla nebbia e la comunicazione finì.
- Bene, ed ora Atena - disse mio padre prendendo un’altra dracma.
Mia madre sospirò mi lasciò la mano e prese la moneta dalla sua mano -  Faccio io - gli disse
- Dici che è meglio? - le chiese titubante
- Si - mio padre mi venne vicino e mi fece una carezza sulla testa.
Bisogna premettere che mia nonna nutriva ancora qualche remora verso mio padre, ci era voluta tutta la buona volontà di mia madre per farla decidere a lasciarli sposare, era da quando mio padre aveva quattordici anni che mia nonna non lo vedeva di buon occhio, prima non voleva nemmeno che fossero amici, poi aveva lasciato correre quando lo erano diventati ma quando poi avevano deciso di sposarsi… beh, non auguro a nessuno di vedere mia nonna infuriata che litiga con mia madre più infuriata di lei.
Quando poi i gemelli erano stati “annunciati” era successo un altro mezzo finimondo, ma mia madre le aveva fatto capire che era logico che lei e mio padre avrebbero fatto l’amore e che prima o poi avrebbero avuto dei bambini.
Le cose erano nettamente migliorate quando erano nati, mia madre mi aveva raccontato che la nonna era andata da mio padre e gli aveva detto -  Sia chiaro Percy, tu non mi piaci, ma hai acquistato qualche punto adesso che ho conosciuto i miei nipoti - se ci penso mi viene da ridere.
Anche quando nacqui io mio padre acquistò un punto in più, ma in ogni caso i rapporti tra lui e la nonna, sono ancora molto tirati, ed è meglio che ci parli la mamma se sono cose importanti.
Mia madre lanciò la dracma nella nebbiolina e recitò la formula di rito, poco dopo apparve mia nonna, aveva un aria corrucciata - Mamma… posso disturbarti? - le chiese mia madre.
La Dea alzò lo sguardo e le sorrise -  Annabeth, dimmi pure - le disse
-  Vorrei chiederti il permesso di far entrare Aibi nella tua casa qui al campo - le disse, mia nonna mi guardò io le sorrisi e la salutai con la mano come avevo fatto con il nonno, lei mi sorrise ma poi si rivolse a mia madre con uno sguardo serio -  Non ho problemi a darle il permesso, ma sarebbe meglio se stesse nella casa di Poseidone - concluse
Rimanemmo tutti e tre un po’ sorpresi, se non aveva problemi che abitassi in casa sua, perché voleva che andassi in quella del nonno?
-  Perché mamma? - le chiese mia madre
-  Perché, nonostante preferirei che mia nipote stesse con sua madre  - e lanciò un occhiata a mio padre che chinò il capo -  Nella mia casa ci sono molti più ragazzi, e se conosco bene mia nipote, so’ che non le piace stare nella confusione o insieme a degli sconosciuti - le spiegò
-  La nonna ha ragione - la sostenni
- Allora quindi starai qui con me e con Lilia? - mi chiese mio padre, io annuì
Mia madre sospirò -  Comunque grazie mamma - le disse, non riuscivo a capire bene, ma mi sembrava un po’ scocciata, a mia madre non piaceva molto che la nonna interferisse con la sua famiglia -  Non fare quella faccia Annabeth - la ammonì - Ed ora scusatemi ma devo andare, salutatemi Lilia e Lucas - poi passò una mano sulla nebbia e il messaggio scomparve.
Mia madre si girò verso di noi e sospirò -  Scusate - disse
-  No, la nonna ha ragione, alla fine avrei scelto anche io così mamma, ma non perché non voglia stare con te - mi affrettai a spiegare
- Lo so’, stai tranquilla - mi disse abbracciandomi -  Quindi adesso vai a prendere la tua roba, noi ci vediamo dopo - ci disse
- D’accordo, ci vediamo davanti alla casa grande - le disse mio padre sorridendole e afferrandola dolcemente per i fianchi
- D’accordo Testa d’alghe ma non fare tardi - gli raccomandò
Riuscì a distogliere lo sguardo prima che i miei genitori si baciassero molto appassionatamente poi mia madre mi lasciò un bacio sulla fronte ed uscì.
- Bene - sospirò mio padre poggiandosi le mani sui fianchi - Andiamo a prendere le tue cose Aibi, non mi ricordo che la casa di Poseidone sia mai stata così affollata - mi disse mentre mi accompagnava a prendere la borsa.
 
Mi sistemai nel letto sotto quello dove dormiva Lilia, mio padre, invece, avrebbe dormito in un letto di fronte a noi. Sistemai il pupazzo sotto le coperte in modo che Lilia non lo vedesse, era abbastanza gelosa di quel regalo da parte della nonna.
Sistemai il borsone sotto al letto, presi uno dei miei libri e mi infilai nel piccolo rifugio che si era venuto a formare dopo che avevo sistemato un lenzuolo tutto attorno al materasso di sopra, accesi la mia lucina portatile e mi misi a leggere.
Non ho idea di quanto rimasi nascosta lì sotto, so’ solo che quando mio padre mi venne a chiamare per la cena, io non mi ero ancora mossa.
Era stato un pomeriggio abbastanza proficuo, ero riuscita a leggere senza che la mia dislessia prendesse il sopravvento, non stavo leggendo un libro di scienze, come al solito, ma Il Signore degli Anelli, quindi direi che quasi tre ore di lettura erano state un ottimo standard.
- Toc, toc - era la voce di mio padre che faceva finta di bussare sul lenzuolo -  Posso entrare? - mi chiese spostandole un angolo del lenzuolo e facendo entrare la luce della casa
- Vieni  - gli dissi con un sorriso e toccando il letto di fianco a me.
Lui entrò nel mio rifugio e diede un occhiata veloce al libro che stavo leggendo, poi guardò me
- è  l’ora di cena - mi disse facendomi una carezza sulla testa, mi accigliai - Non posso cenare qui, vero? - gli chiesi speranzosa
- No piccolina, sono le regole del campo - mi ricordò con un sorriso comprensivo
Sapevo che la scusa, “ ma io non sono una mezzosangue” non avrebbe funzionato, quindi mi limitai a sospirare e chiudere il libro, lo diedi un attimo a mio padre e poi tirai un colpo secco al lenzuolo che si staccò completamente e tutto in una volta, mio padre rimase un attimo meravigliato, eppure è da quando sono piccola che mi costruisco rifugi in angoli angusti o posti impensabili, forse per me quei rifugi sono il mio “campo mezzosangue”
-  Bene, ora che abbiamo capito che assomigli a tua madre più di quanto pensassi, che ne dici di andare a riempirci la pancia? - mi chiese uscendo dal letto e sorridendomi dopo aver posato il libro sul letto e porgendomi la mano per alzarmi.
Io risi poi accettai la sua mano e uscì fuori da sotto il letto -  La mamma non può mangiare con noi?- gli chiesi mentre uscivamo dalla casa
- No, è un’altra regola quella di dover mangiare con i ragazzi della propria casa - mi spiegò mentre mi accompagnava verso la mensa, rimasi in silenzio, che altro potevo fare?
Arrivammo al padiglione dove tutti gli altri ragazzi si erano riuniti per la cena, mia madre ci aspettava, e quando ci vide ci fece segno con la mano.
- Eccovi, allora Aibi, come stai? - mi chiese accarezzandomi una guancia
- Ho letto  - le risposi caustica.
Notai che mia madre lanciava uno sguardo preoccupato a mio padre, ma lui scuoteva il capo lentamente per rassicurarla, decisi di mettere fine a quel silenzio -  Lilia e Lucas? - le chiesi non vedendo i gemelli, il volto di mia madre si illuminò - Sono già dentro, adesso andiamo, se no’ il Signor D si arrabbia  - mi disse.
Ho dei seri dubbi che il Signor D possa ancora “sgridare” i miei genitori, ma in ogni caso seguì i miei sino al nostro tavolo.
Il tavolo di Atena non era molto lontano da quello di Poseidone, Lucas scherzava già con i suoi amici, mia madre mi lasciò ancora un bacio sulla testa e si andò a sedere di fianco ai suoi fratellastri, intendo ai mezzosangue della sua età, non con gli amici di mio fratello.
Al tavolo di Poseidone c’erano Lilia e Grover, che parlavano tra di loro, quando il satiro ci vide si sbracciò e noi ci avvicinammo e ci sedemmo al tavolo -  Eccovi qui, allora Aibi, come ti trovi al campo? - mi chiese sorridendomi
- Per ora bene - gli risposi con un sorriso mesto
- E tu che ti preoccupavi Percy! - esclamò rivolgendosi a mio padre - Sono sicuro che in questi giorni farai un sacco di amicizie - continuò emozionato
-  Non ci conterei - sussurrai a bassa voce
Non so’ se Grover non mi sentì o decise di ignorare quello che avevo detto, ma in ogni caso cambiò discorso -  Allora, siete pronti tu e Annabeth per domani? - chiese Grover parlando con mio padre
- Pronti per…? - gli chiese dubbioso
- Per la riunione, ci sarà una partita a caccia alla bandiera tra vecchi mezzosangue  - gli spiegò
- Oh bene, non so’ se sarò ancora capace di ricorrere mezzosangue per il bosco, ma non mi dispiace l’idea - gli rispose
Stavano per continuare a parlare quando Chirone richiamò l’attenzione dei presenti:
-  Prima di cenare volevo ricordare che domani ci sarà la partita di caccia alla bandiera tra i vecchi membri del campo, le due squadre saranno capitanate da Annabeth e Clarisse - dai ragazzi si alzarono delle grida di approvazione, Chirone riportò il silenzio -  E nel pomeriggio avremo la corsa delle bighe, dove ogni casa potrà chiedere aiuto al suo membro anziano per prepararsi - di nuovo dai ragazzi si alzarono mormorii di assenso e impazienza -  Bene, ed ora possiamo cenare - concluse, prese il bicchiere e lo levò verso l’alto - Agli Dei! - brindò, e noi lo imitammo subito dopo di lui, dopo di che la cena ci apparve davanti.
Pizza, ecco la prima e unica cosa positiva del campo, il cibo è buono. Sapevo che prima di mangiare bisognava offrire una parte di cibo al proprio genitore divino, o nel caso dei gemelli da quello che avevano preso le caratteristiche, ma io a chi dovevo offrirlo?
Ci mettemmo in coda, come al solito ero stata estraniata dalle discussioni tra mio padre, mia sorella e Grover, però ora avevo un problema da risolvere, tirai la maglia a mio padre e lui si girò
-  Dimmi piccola - mi disse sorridendomi
-  Papà… ho… ho un problema - gli dissi a capo chino, lui si accigliò
-  E quale sarebbe? - mi chiese preoccupato
-  A chi dovrei offrire il mio cibo? Ad Atena o a Poseidone? - gli chiesi tutto d’un fiato, lui mi guardò e mi sorrise -  A chi vuoi tesoro, tu non hai nessun vincolo -  mi ricordò.
Passai il resto del tempo in coda pensando a quale Dio avrei dovuto offrire la mia cena, ma non mi veniva in mente nulla. Arrivò il turno di mio padre, gettò un po’ di cibo nel braciere lo sentì mormorare il nome del nonno e poi toccò a me.
Mi avvicinai al braciere e sospirai, mentre gettavo il cibo sussurrai la prima cosa che mi venne in mente -  Atena e Poseidone, grazie per aver messo al mondo mamma e papà - poi mi allontanai e tornai a sedermi vicino a papà che mi sorrise  -  Hai risolto il tuo piccolo problema? - mi chiese dolcemente -  Credo di si - gli risposi con un sorriso e poi incominciammo a mangiare.
Finita la cena ci riunimmo con la mamma, mentre i miei fratelli se ne stavano con gli altri mezzosangue, mia madre mi propose di raggiungere gli altri ragazzi, ma io le risposi che preferivo rimanere lì con loro.
Così, mentre i ragazzi parlavano e scherzavano tra di loro, io ero rimasta con il gruppetto degli adulti. C’erano i miei genitori, Grover e Juniper, Chirone, Nico che era arrivato dopo la cena e naturalmente Talia, stavano parlando tra di loro quando sentimmo avvicinarsi delle persone
-  Ehi, fate una riunione e non ci avvertite? - chiese Clarisse avvicinandosi con suo marito Chris. Mia madre si alzò e le andò incontro abbracciandola per salutarla, da piccole erano nemiche, ma adesso che erano adulte erano diventate molto amiche -  Erano solo due chiacchiere tra amici - la informò Talia mentre anche loro si aggiungevano al gruppo -  Vedo che c’è anche la piccola Jackson, come mai non sei con i tuoi fratelli? - mi chiese la figlia di Ares.
Chinai il capo e borbottai - Non ne avevo voglia -
Clarisse si accigliò e guardò mia madre -  Deve ancora abituarsi - le sussurrò mentre mi stringeva con un braccio.
La serata fu abbastanza lunga, sarebbe stata anche divertente se non avessi già sentito milioni e milioni di volte le storie delle loro avventure, e così alla fine mi accasciai sulla spalla di mia madre e mi addormentai.
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Annabeth prese in braccio la figlia e la sistemò in modo che continuasse a dormire appoggiata sul suo petto, le scostò i capelli dalla fronte e le accarezzò una guancia -  Pensi che possiamo parlare? - le chiese Chirone guardando la bambina addormentata
- Si, tranquillo, ha preso da suo padre non la svegli nemmeno con le cannonate - lo rassicurò facendo ridere tutti i presenti a parte Percy che fece finta di imbronciarsi.
Chirone sorrise e poi prese a parlare -  Come vi ho già detto, le giornate che abbiamo organizzato per i vecchi membri del campo erano solo un modo per farvi riunire tutti qui - spiegò - Di recente molti mezzosangue sono stati attaccati, Talia ci ha riferito che alcuni mostri sono rinati e che le Cacciatrici insieme ad Artemide si stanno dando da fare per farli sparire di nuovo, ma tutti voi rimanete in pericolo - ricordò
-  E cosa proponi per restare in salvo? - chiese Nico guardandolo
-  Dovreste rimanere qui al campo - concluse Chirone -  Qui sarete tutti molto più al sicuro -
-  Però non siamo ancora tutti qui - constatò Talia
Il centauro annuì -  Gli altri arriveranno tra qualche giorno, ma adesso dovete dirmi voi - ricordò guardando i presenti.
Nico e Talia accettarono, Annabeth guardò il marito e lui fece la stessa cosa con lei, poi guardò la figlia. Quando aveva lasciato Aibileen da sola, quel pomeriggio, aveva riferito tutta la loro chiacchierata alla moglie, e anche lei era d’accordo sull’andare via il prima possibile - Noi non possiamo rimanere - disse infine Percy, tutti i presenti si girarono verso di loro con sguardi increduli
- Cosa vi costa rimanere ancora? Starete con i vostri figli, cosa vi cambia farlo qui o in città? - gli chiese Clarisse
Annabeth sospirò e con un gesto involontario strinse la figlia -  Aibileen sta male qui, l’argomento “mezzosangue” e tutto ciò che ne consegue è all’ordine del giorno in casa nostra, ha bisogno di un po’ di tempo da figlia… diciamo normale - spiegò
- Ma è normale che nella vostra famiglia l’argomento principale siano i mezzosangue! Siete mezzosangue! - le ricordò gesticolando per enfatizzare il discorso
Annabeth le sorrise tristemente -  Lei no  - le ricordò
Clarisse non replicò -  E allora cosa pensate di fare? - chiese Grover
-  Continueremo con il nostro programma, andremo a Montauk, che comunque non è molto lontano da qui, in caso di pericolo potremo tornare - lo rassicurò Percy
- D’accordo, ma mi raccomando, state attenti - gli rammentò Juniper preoccupata
- Ma certo! È da quando abbiamo dodici anni che affrontiamo mostri, ci siamo abituati - la rassicurò ancora.
La riunione si concluse poco dopo con le ultime direttive in caso di un attacco da parte di un mostro, poi si separarono per tornare ognuno nella propria casa, prima che andassero via, Clarisse fermò Annabeth che aveva ancora la figlia che le dormiva in braccio, accasciata su una sua spalla
- Scusami per prima, non ci ho pensato - le disse
Annabeth le sorrise -  Tranquilla Clarisse, può succedere - la rassicurò
-  è che quando l’ho vista qui, ho pensato che finalmente si fossero rivelate le sue capacità da mezzosangue, infondo quello sciroccato di suo padre aveva dodici anni quando le ha scoperte - le spiegò indicando Percy che stava parlando con Nico, Annabeth scoppiò a ridere e si sistemò meglio la figlia tra le braccia, poi sospirò e guardò la sua bambina -  Non ci speriamo più Clarisse, sono passati cinque anni e non da’ alcun segno di cambiamento, i mostri non la fiutano e nemmeno i satiri - le spiegò tornando a guardare la figlia di Ares -  è una mortale, ma non ci trovo nulla di male, lei è la mia piccola mortale - le disse concludendo la frase e dando un bacio sulla testa alla bambina, Clarisse le sorrise capendo cosa intendesse l’amica poi le fece una carezza anche lei
- Dorme ancora? - chiese Percy avvicinandosi alla moglie e lasciandole un bacio
- Si, e credo che lo farà sino a domattina - lo rassicurò
- Avete proprio una bella famigliola, prima ho visto i gemelli, stavano cerando di battere dei miei ragazzi a braccio di ferro - raccontò
Annabeth sospirò esasperata mentre Percy scoppiò a ridere -  E tu invece Clarisse, quando pensi di allargare la tua famiglia? - le chiese
La donna prima diventò rossa per la sorpresa e un po’ di vergogna, ma poi cambiò subito espressione e prese il suo solito cipiglio infuriato -  Domani te la faccio pagare pivello! Guardati le spalle mentre sei nel bosco - lo minacciò puntandogli un dito al petto
Percy alzò le braccia in segno di difesa -  Ehi, stavo scherzando! - la rassicurò -  Comunque, dove avete lasciato Charlie? - le chiese sorridendole.
La ragazza lo fulminò ancora una volta con lo sguardo poi però lo addolcì -  Se ti riferisci al nanetto è dalla nonna, Chris lo va a riprendere dopo domani -  gli spiegò sorridendo
-  Peccato che non lo vedremo, dev’essere cresciuto tantissimo - le disse Annabeth
-  Be’ ormai ha un anno e mezzo - le disse inorgogliendosi, tutte le volte che Clarisse parlava del figlio si riempiva di orgoglio e il viso le si illuminava con un sorriso dolce che le era quasi estraneo.
Rimasero a parlare ancora un po’, mentre le due madri raccontavano i progressi dei figli a vicenda e Percy rimaneva ad osservarle.
Quando li raggiunse Chris si salutarono e andarono ognuno nella propria casa. Percy strinse Annabeth per i fianchi  con un braccio avvicinandola a se’ - Vuoi che la porti un po’ io? - le chiese facendo una carezza sulla testa della figlia
- No, non pesa tanto - lo rassicurò mentre tornavano nelle loro case
- Sembra ieri che facevamo la stessa strada con i gemelli, invece sono passati nove anni - le ricordò, lei annuì, il primo anno al campo dei gemelli era stato un po’ duro per tutti.
I gemelli si erano trovati bene al campo, ma spesso Lilia li aveva chiamati con un messaggio Iride perché gli mancavano e si sentiva un po’ sola, per loro era stata dura lasciare i loro bambini per tutta l’estate, ma in compenso si erano potuti dedicare di più alla piccola di casa.
Arrivarono davanti alla casa di Atena e Percy si fermò -  Dammela, tu sei arrivata - le disse allungando le mani per prendere la figlia - No, la metto a letto io - gli disse e riprese a camminare verso la casa di Poseidone.
Quando entrarono trovarono Lilia che dormiva già nel suo letto, Percy le rimboccò le coperte mentre Annabeth metteva a letto Aibi.
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Mi sentì posare su qualcosa, ero ancora mezza assopita ma sapevo riconoscere le mani di mia madre che, con la solita destrezza nonostante stesse maneggiando una specie di cadavere, mi metteva il pigiama e poi mi metteva a letto.
Aprì gli occhi e la vidi sistemarmi le coperte -  Mamma cosa fai nella casa di Poseidone? - le chiesi ancora mezza assonnata, lei mi sorrise e mi diede un bacio sulla fronte -  Dovevo dare la buona notte alla mia bambina - mi rispose.
Prese la civetta di peluche e me la mise nell’incavo del collo in modo che fosse vicino al mio viso, io lo presi e mi ci accoccolai contro chiudendo gli occhi -  Ora dormi - mi disse, mi lasciò un altro bacio e si allontanò, poco dopo sentì la porta chiudersi e qualche secondo dopo fu mio padre a venirmi a dare un bacio sulla fronte -  Dormi bene piccola mia - mi sussurrò e poi mi addormentai.
Quando aprì gli occhi ero in un posto buio e freddo, sentivo dell’acqua che cadeva ritmicamente in una pozza. Non avevo idea di dove ero, e sentivo di non essere veramente lì, possibile che stessi sognando?
Incominciai ad avanzare cercando di orientarmi nel luogo buio, ma intorno a me sentivo solo rocce umide e fredde, poi incominciai a sentire un rumore, mi avvicinai sempre di più  e finalmente capì cos’era, erano due voci.
Una era una voce maschile, profonda metteva i brividi, l’altra invece era la voce melliflua di una donna, stavano parlando di qualcosa ma quando arrivai erano a metà del discorso
- Quindi dovrei tenerli qui? - chiese la donna
- Esatto, poi io mi occuperò dell’altra questione - rispose l’uomo
- E io cosa ci guadagno? - chiese la voce di donna con una sfumatura maligna
-  La tua vendetta mia cara - le rispose la voce maschile
- D’accordo, portameli e io li terrò qui al sicuro sono sicura che… - la voce di donna smise di parlare  all’improvviso
- Cosa c’è? - chiese l’uomo irritato
- Qualcuno ci spia… - disse la donna.
Anche se non li vedevo sapevo per certo che mi avevano vista, sentì dei passi avvicinarsi seguito da un ticchettio, probabilmente la donna portava i tacchi. Iniziai a correre nell’oscurità inciampando nelle rocce e cadendo, sbucciandomi le ginocchia e facendomi male, ma i passi erano sempre più vicini. Iniziai a correre, ma ad un certo punto il mio piede trovò il vuoto, mi sbilanciai in avanti e caddi nell’oscurità senza fine.
Mi tirai su dal letto di scatto e sbattei la testa contro le doghe del letto di sopra - Ahia… - dissi mentre mi massaggiavo la fronte. Mi guardai intorno, ero nella casa di Poseidone, l’acqua usciva fuori dalla fontana lentamente, gorgogliando, un braccio di Lilia pendeva dal letto di sopra, mio padre russava piano nel letto di fianco al nostro.
Provai a rimettermi giù e a riaddormentarmi, ma appena chiudevo gli occhi l’incubo tornava vivo nella mia mente e il terrore mi stringeva lo stomaco in una morsa.
Mi alzai dal letto e camminai silenziosamente sino a quello di mio padre - Papà… - sussurrai, nessuna risposta - Papà… svegliati… - gli sussurrai scuotendolo leggermente. Lui sussultò e poi si girò verso di me cercando di mettermi a fuoco - Aibi… - mi disse con la voce impastata dal sonno
-  Posso dormire qui con te? Ho fatto un incubo - gli dissi guardandolo e sfoderando i miei occhi da cucciolo, non che servissero con lui -  D’accordo vieni - si scostò e io mi infilai sotto le coperte stringendo il peluche, lui mi strinse  e mi diede un bacio sulla testa -  Ora dormi piccolina, ci sono io a proteggerti - mi disse.
Mi accoccolai contro di lui, e anche se pochi secondi dopo stava di nuovo dormendo della grossa, mi sentì protetta stretta nel suo abbraccio e riuscì ad addormentarmi.
 
Il mattino dopo mio padre mi svegliò dandomi un bacio sulla testa io gli sorrisi e lo abbracciai
- Passata la paura? - mi chiese stringendomi e dandomi ancora un bacio sulla testa
-  Si, grazie - gli dissi, lui mi sorrise poi guardò verso il letto di mia sorella e si accigliò
-  Tua sorella è già in piedi… - commentò
- La prima e unica volta che la vedrò alzarsi prima di te in vacanza - gli dissi scherzando, lui mi guardò e fece finta di imbronciarsi  -  Ma cosa dici! Io mi alzo sempre presto - le ricordò
- Certo, papà, raccontamene un’altra - lo presi in giro
-  Ma che impertinente! - poi mi prese e mi iniziò a fare il solletico, io cominciai a dimenarmi e a ridere come una pazza, se c’è qualcosa che non sopporto è il solletico.
Quando finalmente mi lasciò andare, ci alzammo e ci iniziammo a preparare, fu un incubo. Andai ai bagni e appena entrai tutte le mezzosangue presero a fissarmi e a parlarmi dietro, ci ero abituata a scuola ero l’argomento preferito dalle mie compagne di classe, ma almeno a scuola potevo scappare, lì no.
Feci tutto di fretta, e poi tornai alla casa di corsa, la colazione non fu diversa dalla cena, ringraziai di nuovo sia Atena che Poseidone e poi tornai ancora una volta ai bagni per lavarmi i denti, passai quei dieci minuti con le figlie di Afrodite che mi parlavano dietro raccolte in un gruppetto alle mie spalle, cercai di ignorarle e ci ero quasi riuscita, stavo per andarmene quando le sentii
-  è qui solo perché i suoi genitori sono dei vecchi membri, è una mortale - lo disse con la voce carica di disprezzo -  è vero, non dovrebbe stare qui, dovrebbe starsene con i suoi simili -
Non so’ perché quello che dissero mi ferì così tanto, sapevo di non essere una di loro, ma in ogni caso speravo che da delle persone diverse che vivevano una vita abbastanza complicata potessero capire cosa provavo.
Tornai alla casa di Poseidone, mio padre non c’era, rimontai il mio nascondiglio e mi sdraiai sotto le coperte, strinsi la civetta e piansi.
Non ho idea di quanto rimasi nascosta lì sotto a piangere, so’ solo che ad un certo punto sentì qualcuno che mi si sedeva accanto e poi mi accarezzava la testa da sopra le coperte - Aibi… - mi sentì chiamare, la voce attutita dalle coperte, ma capì lo stesso che non era la voce di mio padre.
Uscì piano fuori dal mio nascondiglio e incontrai gli occhi gemelli ai miei, ma non era mia madre
- Lilia cosa fai qui? - le chiesi asciugandomi gli occhi con il dorso della mano
- Perché piangi? - mi chiese sistemandomi i capelli dietro le orecchie
- Non è niente, papà ti ha mandato a chiamarmi? - le chiesi
- No, ero venuta a prendere una cosa ma… mi vuoi dire perché piangi? - mi richiese prendendomi le mani. La guardai un po’ stupita, sul serio mia sorella stava cercando di intrattenere una discussione con me? Anzi, cercava di aiutarmi?
Alzai le spalle e scossi la testa -  Delle figlie di Afrodite mi prendevano in giro, tutto qui - le rispose decidendo di darle retta.
Lilia mi guardò e scoppiò a ridere - Non dar retta a quelle oche, parlano, parlano ma non sanno quello che dicono - mi rassicurò
Io le sorrise e l’abbracciai lei mi strinse -  volete far nevicare in piena estate? - chiese nostro padre vedendoci, noi scoppiammo a ridere -  No,  va tutto bene, ora io devo andare e la mamma ti aspetta all’arena per le squadre di caccia alla bandiera - disse alzandosi dal letto e avvicinandosi a papà
-  Va bene, ora arrivo - le diede un bacio sulla fronte e poi Lilia corse via.
Mio padre si rivolse a me, si era messo un paio di bermuda e la maglia arancione del campo
- Allora, andiamo? - mi chiese porgendomi la mano
Io gliela presi, non so’ se decise di ignorare i miei occhi rossi per il pianto o non li vide, però mi piacque che non mi fece domande.
 
Arrivammo all’Arena che la maggior parte dei mezzosangue si era già riunita.
Mia madre ci vide arrivare e si sbracciò per farsi vedere, sempre che quella fosse mia madre, e più ci avvicinavamo più non riuscivo a riconoscerla.
Di solito, anche se era a casa oppure in vacanza, si vestiva sempre sportiva, a parte quando andava al lavoro che allora si vestiva in modo più elegante. Ma adesso non la riconoscevo.
Aveva anche lei, come tutti gli altri mezzosangue, la maglia del campo, poi si era messa un paio di pantaloncini di Jeans corti che facevano invidia a quelli che si metteva Lilia e che suscitavano sempre delle sgridate da parte di mio padre, e un paio di converse.
Nella tasca dietro dei pantaloni aveva infilato in berretto degli New York Yankees che le aveva regalato la nonna quando la mamma era piccola, al collo portava la collana con le perle delle sue estati al campo, la porta sempre, però la tiene nascosta sotto la maglia e infine si era legata i capelli in una coda di cavallo.
No, quella non era assolutamente mia madre.
-  Eccovi, ma dove eravate finiti? - ci chiese raggiungendoci
- Ho fatto tardi io… - le dissi fissandola.
Lei guardò me e poi mio padre, dovevamo avere la stessa faccia sorpresa e sgomenta, lei sospirò e scosse la testa -  Vieni Percy, dobbiamo prepararci -  gli disse prendendolo per mano e portandolo dagli altri compagni.
Io cercai di capire cosa fare ma fu inutile, allora optai per andare a sedermi in prima fila e osservare la scena.
Mi sembrava di assistere ad una rievocazione storica dei vecchi tempi del campo, tipo quelle della battaglia di Gettysburg o della guerra di indipendenza.
Mia madre che sistemava l’armatura greca a mio padre come faceva con noi quando ci sistemava i vestiti, Nico, che era in squadra con loro, che si guardava intorno sbuffando leggermente abbastanza scocciato da quella situazione e zio Grover masticava qualcosa, probabilmente una lattina.
Dall’altra parte Clarisse stava già discutendo con Talia sulla strategia da seguire mentre invece Chris aspettava che le due donne finissero di confabulare.
Chirone con di fianco il Signor D che aspettavano che gli altri si finissero di preparare, quando finalmente furono tutti pronti in armatura greca, Chirone iniziò a parlare ricordandogli le regole, come se non le sapessero dopo metà vita passata a fare quel gioco -  La squadra di Clarisse avrà il lato ad Est del fiume, mentre quella di Annabeth avrà il lato Ovest, ora andate -
I miei genitori si girarono verso le gradinate e ci salutarono una volta con la mano, poi mia madre prese la sua bandiera, grigia con sopra una civetta e lei e la sua squadra andarono a posizionare la bandiera nel bosco.
Sospirai, perfetto, ora finché non finiva la partita non avevo niente da fare, così presi il libro dalla mia borsa e mi misi a leggere sugli spalti dell’arena che andavano piano piano svuotandosi, tanto valeva aspettare lì i miei genitori, a partita finita sarebbero tornati qui.
Mi concentrai sul libro, volevo approfittarne prima che, come al solito, la mia dislessia prendesse possesso dei miei occhi.
-  Una mezzosangue che legge invece di allenarsi, questa è nuova - mi girai verso la voce e vidi un ragazzo con una zazzera di capelli rossi che mi osservava coprendomi la luce del sole
-  Non sono una mezzosangue infatti - gli risposi tornando a concentrarmi di nuovo sul mio libro
-  Se sei una mortale allora cosa ci fai qui? - mi chiese sedendosi di fianco a me senza aver avuto il permesso.
Me lo chiedo anch’io -  Ho avuto il permesso dai miei genitori  - gli risposi di nuovo senza dargli veramente ascolto, neanche so’ perché gli stia rispondendo, non sapevo neanche chi fosse!
-  E chi sono i tuoi genitori? - mi chiese guardandomi e sfidandomi con lo sguardo
-  Percy Jackson e Annabeth Chase - gli risposi scocciata e fissandolo, lui mi guardò incredulo
- Scherzi? - mi chiese
Magari! - No, piacere Aibileen Jackson, mortale - mi presentai porgendogli la mano, lui la accettò e la strinse, poi io mi rimisi a leggere
-  Io invece sono Nathaniel Jordan  - si presentò sorridendomi
-  Tu sei Nathaniel Jordan? - gli chiesi sgomenta e fissandolo sorpresa e emozionata
-  Ti hanno parlato di me? - mi chiese sorpreso ma comunque emozionato
- No  - gli risposi ridendo e prendendolo in giro, poi tornai a leggere scuotendo leggermente il capo. Il ragazzo si imbronciò e mi fissò -  Cercavo di essere cortese - mi disse un po’ scocciato
-  E io di leggere - gli risposi a tono
-  Sto cercando di fare conversazione Aibileen Jackson  - mi disse con tono impertinente.
Mi girai verso di lui e chiusi il libro -  Davvero, cosa vuoi? - gli chiesi definitivamente scocciata, lui alzò le braccia in segno di difesa -  Solo fare conoscenza, lo giuro - disse poggiandosi una mano sul cuore, sospirai e mi poggiai con le ginocchia sui gomiti e lo osservai
-  Vuoi sapere un po’ di cose su di me, così andrai a spifferarle agli altri mezzosangue e farete in modo da non farmi più tornare qui? - gli chiesi senza tanti giri di parole
- No, voglio davvero solo fare amicizia… sono qui da questo inverno ma non ho fatto molte amicizie - mi spiegò
-  E allora vuoi farti amica me, una mortale che tornerà solo una volta l’anno per accompagnare i suoi fratelli qui? - aggiunsi guardandolo dubbiosa e alzando un sopracciglio
- Dovrò pur incominciare da qualcuno, no? - mi ricordò sorridendomi.
Sospirai e gli sorrisi -  D’accordo Nathaniel Jordan, ti posso concedere un po’ del mio tempo - scherzai, lui scoppiò a ridere e poi si appoggiò con la schiena allo spalto dietro di noi.
- Quanti anni hai? - mi chiese
- Dodici, tu? - gli chiesi a mia volta
- Tredici, anche se compiuti da poco - mi rispose
-  Sai chi sono i miei genitori, e i tuoi? - gli chiesi, non avevo intenzione di lasciare l’interrogatorio solo a lui
-  Indeterminato, per ora sto nella casa di Ermes - mi raccontò, stavo per replicare ma lui continuò con le domande, com’era possibile che fosse indeterminato? - Tu invece dove stai? -
- Casa di Poseidone, il nonno mi ha dato il permesso di rimanerci - spiegai a mia volta
Lui si fece pensieroso -  Com’è essere figlia di due eroi? - mi chiese, ci pensai per qualche secondo, non c’era una vera risposta -  Penso come essere una figlia normale, solo che un giorno si e l’altro pure i tuoi fratelli tornano a casa con qualche ammaccatura nuova per colpa di qualche mostro - spiegai, detta in questi termini la mia vita non sembrava nemmeno tanto male
-  E invece com’è vivere normalmente? - gli chiesi a mia volta
-  Non saprei dirtelo… sono venuto qui solo questo inverno ma fino ad allora sono cresciuto in un orfanotrofio e poi in un college, non so’ neanche se sono figlio di una Dea o di un Dio - mi disse con un alzata di spalle
Lo guadai e gli sorrisi -  Vedrai che ti riconosceranno - lo rassicurai
- Oh, non mi importa poi gran che, non si sta poi così male nella casa di Ermes - mi rispose con un alzata di spalle, poi si sporse in avanti e mi prese il libro dalle mani
-  Mi sarebbe piaciuto leggerlo, ma con la dislessia è una tortura, non sai quanto sei fortunata -
- Oh, ma io sono dislessica, solo che ci sono momenti in cui mi lascia in pace  - gli spiegai
Il ragazzo mi guardò stupito, poi riprese a farmi domande, mi chiese se vessi mai combattuto, o se un mostro mi avesse mai attaccato.
Parlammo per un po’, poi mi disse che dopo poco avrebbe avuto lezione di tiro con l’arco, e mi chiese di accompagnarlo -  Tanto non ho niente da fare - gli risposi alzando le spalle e seguendolo.
Mentre andavamo verso il campo di tiro con l’arco, vedemmo i ragazzi raccogliersi tutti in un unico punto -  Devono essere tornati - mi disse Nathaniel affrettando il passo.
Raggiungemmo gli altri ragazzi e vedemmo tornare le due squadre, mio padre e Nico portavano mia madre sulle spalle dividendosela, e lei sventolava in aria la bandiera rossa con sopra la testa di un cinghiale della casa di Ares, Grover invece li anticipava.
Dietro veniva la seconda squadra, Clarisse era visibilmente scocciata e soprattutto era fradicia, qualcosa mi diceva che si era scontrata con mio padre, ma comunque tratteneva a stento un sorriso.
Guardai i miei genitori, mia madre aveva ancora in testa l’elmo col pennacchio blu, mentre mio padre lo teneva nell’altra mano, in quel momento riuscì ad immaginarmeli dodicenni.
-  Ha vinto la squadra di Atena - mi disse Nathaniel, come se non l’avessi capito.
Quando capirono che non sarebbero mai arrivati all’arena, Chirone si fece largo tra la folla di mezzosangue esultanti e si avvicinò alle due squadre -  Proclamo vincitrice la squadra di Annabeth - mio padre e Nico avvicinarono mia madre a Chirone, lei si levò l’elmo e il centauro le poggiò sulla testa una corona d’alloro d’orata e tutti i ragazzi scoppiarono di nuovo in grida di esultanza.
Dopo poco i ragazzi si dileguarono tornando alle loro attività, mia madre fu rimessa a terra e lasciò un bacio sulla guancia sporca di mio padre, mi avvicinai e mia madre mi sorrise prendendomi per le spalle -  Avete vinto - le dissi sorridendole
-  Perché dubitavi di noi? - mi chiese mio padre
Vidi arrivare Clarisse, era ancora arrabbiata, ma si vedeva che si tratteneva dal ridere -  Jackson, tieni gli occhi aperti, giuro che te la faccio pagare doppia - lo minacciò
Mio padre la prese per le spalle e la strinse -  Ma se ti ha fatto piacere Clarisse, lo sapevo che avevi caldo - le disse ridendo
-  Certo Jackson, ma tu tieni gli occhi aperti - aveva tutta l’aria di una minaccia ma mentre lo diceva sorrideva -  Vedrai oggi pomeriggio  - gli disse.
Ci separammo, mi guardai intorno ma Nathaniel era sparito, non che mi importasse più di tanto.
Mia madre mi prese per le spalle e  ci incamminammo insieme a mio padre verso le case -  Lilia e Lucas non sono venuti  - notai guardandomi attorno
- Saranno da qualche parte ad allenarsi, non ci fare caso  - mi rassicurò mia madre sorridendomi, la guardai e rimasi un secondo ad osservarla -  Mamma hai un taglio sulla fronte… -  le dissi, mia madre si passò una mano su di essa e si guardò le dita sporche, mio padre si sporse e glielo guardò
-  Non è niente di grave, se ci metti un cerotto si chiude - la rassicurò
Accompagnai mia madre ai bagni, mi aveva detto che le serviva una mano per portare tutto quello che le serviva per farsi la doccia, ma in realtà sapevo che non voleva lasciarmi di nuovo da sola a isolarmi, lei e papà dovevano aver parlato.
Mentre aspettavo che si finisse di vestire, presi in mano la corona d’alloro e mi misi ad osservarla
- Quante ne hai vinte mamma? - le chiesi
- Non moltissime, anzi, poche a dire il vero - mi raccontò mentre si asciugava i capelli con un asciugamano -  Davvero? Dopo tutto quello che avete fatto? - le chiesi osservandola, mia madre mi sorrise e mi diede un bacio sulla fronte -  Non tutte le imprese ti lasciano una corona come ricordo  - mi ricordò mentre si legava di nuovo i capelli
-  Già, alcune ti lasciano delle cicatrici - risposi io ridandole la corona d’alloro
-  Alcune, e altre invece mi hanno dato te - e mi diede un altro bacio sulla testa -  E i tuoi fratelli - mi disse, io risi poi lei mi porse la mano che le presi e ritornammo da mio padre.
A pranzo mangiammo di nuovo divisi, Lilia che era esaltata per la corsa delle bighe del pomeriggio e stava discutendo con mio padre su come sistemare la biga per poter vincere e battere la mamma.
Dopo pranzo tornai nella casa di Poseidone e mi concessi un riposino, anche se non avevo fatto molto ero ancora stanca dall’anno scolastico, e allora ne approfittai, mi sdraiai nel letto e mi addormentai. 
 
Risognai di nuovo quel posto buio e umido, ma sta volta non vi era nessuno che parlava, una pallida luce filtrava nel buio di quella che capì essere una grotta.
Continuai a camminare verso la luce, stando attenta a dove mettevo i piedi, non avevo voglia di ripetere l’esperienza della notte prima, ad un certo punto la feritoia si allargò e iniziai a sentire un profumo dolce, come di fiori e di salmastro.
Accelerai il passo, volevo uscire da quel luogo il prima possibile, ma prima che riuscissi ad uscire iniziai ad essere avvolta da qualcosa di appiccicoso e colloso che mi rallentava. Cercai di levarmelo di dosso ma più ne toglievo più si appiccicava sulle mani, sulla faccia alla fine caddi e mi ci ritrovai avvolta, fui presa dal panico e iniziai a dimenarmi ma peggiorai solo la situazione, quella sostanza vischiosa mi finì sugli occhi, in bocca e poi nella gola soffocandomi.
Mi svegliai di scatto, e come l’altra sera sbattei la testa contro le doghe del materasso di sopra
 - Ahia! - gridai massaggiandomi la testa
-  Aibi che combini? - mi chiese mia madre guardandomi interrogativa
La guardai, cosa ci faceva lì?
Poi vidi arrivare mio padre e si mise a guardarmi anche lui sorridendo -  Ti sei svegliata  - constatò
-  Si, ma ha appena battuto la testa - mia madre si avvicinò e si sedette sul letto mettendosi di fronte a me, corrucciò la fronte e mi controllò la testa -  Non è niente mamma… - la rassicurai scostandole le mani dalla mia testa
-  Fai la brava Aibi - mi ammonì, io sospirai e la lasciai fare, quando però mi passò una mano sul punto in cui avevo preso il colpo gemetti -  Ti fa male - constatò guardandomi
-  Mi verrà un bernoccolo, ma non morirò - la rassicurai ridendo, lei mi guardò dubbiosa ma poi sospirò -  Su Annabeth, ha ragione - le ricordò mio padre
Mia madre si girò e lo fulminò con lo sguardo, io trattenni una risata mentre lui cercava di non incrociare il suo sguardo -  D’accordo, ora però vieni che tra poco inizia la corsa - mi disse prendendomi per mano.
Uscì dal letto e mi stiracchiai poi mi diedi una sistemata veloce ai capelli e seguì i miei genitori sino alla pista, tutto il campo si era già riunito -  Vai sugli spalti con i tuoi fratelli - mi disse mia madre, poi mi diede un bacio sulla fronte, mio padre mi accarezzò la testa e poi cercai di districarmi tra la folla per raggiungere i miei fratelli, ma non era un impresa facile.
Lucas era riunito con i ragazzi della casa di Atena, e io non avevo per niente voglia di stare con loro, e Lilia era con mio padre che stavano sistemando la biga, quindi io non potevo stare con i miei fratelli, possibile che la mamma non si ricordasse che gareggiavano anche loro?
-  Ehi mortale! - mi girai e mi trovai davanti il volto sorridente di Nathaniel
- Ciao - lo salutai sorridendogli -  Tu non gareggi? - gli chiesi
- No, non ci tengo tanto, e tu? - mi chiese
- L’hai detto tu, sono una mortale, ti sembra possibile che possa gareggiare? - gli ricordai accigliandomi, lui scoppiò a ridere, poi ci andammo a sedere sugli spalti mentre le bighe iniziavano a posizionarsi sulla linea di partenza - Per chi tifi? - mi chiese
-  Non ne ho idea, penso che tiferò per entrambi - gli risposi con un alzata di spalle
-  Quindi sia Atena che Poseidone? - annuì, poi mi si avvicinò e si guardò intorno per essere sicuro che nessuno ci stesse ascoltando, come se a qualcuno potesse importare quello che si dicevano due ragazzi -  Tu non dirlo a nessuno - mi sussurrò in un orecchio -  Ma io patteggio per la casa di Efesto  - mi confessò io lo guardai con finto sgomento
-  Oh miei dei! Ma questo è tradimento! - gli dissi portandomi una mano alla bocca e facendo una faccia meravigliata, lui scoppiò a ridere e io lo seguì poco dopo, poi la gara incominciò e ci contrammo su quella.
Alla fine nessuna delle case per cui tifavamo noi vinse, la casa di Atena arrivò seconda, quella di Poseidone terza e quella di Efesto quarta, al primo posto arrivò la casa di Ares, e Clarisse andò subito a rinfacciarlo a mio padre che l’aveva battuto e aveva stravinto.
Il resto del pomeriggio la passammo in famiglia, i nostri genitori ci portarono a tirare con l’arco, Lucas e Lilia non se la cavavano male, e anche la mamma era piuttosto brava, anche se sapevo che se la cavava molto meglio con la spada, o meglio, con il suo pugnale.
Mio padre era una frana, fecero provare anche a me ma io non mi posso definire una sportiva, riuscì comunque a scoccare qualche freccia e, almeno, a centrare il paglione.
Prima di cena ci ritirammo ognuno nella propria casa, dandoci appuntamento per la cena.
Mentre  Lilia e mio Padre si cambiavano io mi rimisi a leggere, mia sorella mi aveva accompagnata ai bagni quando le altre ragazze non c’erano, così ci eravamo fatte la doccia entrambe senza dovermi sentire gli occhi di tutte le ragazze addosso.
Uscimmo dalla casa e incontrammo mio fratello e la mamma che uscivano dalla loro, ci riunimmo e i nostri genitori ne approfittarono per darci una notizia -  Domani partiamo per Montauk - spiegò mia madre guardandoci.
Si! esultai dentro di me, ero al settimo cielo, finalmente incominciavano le mie vere vacanze, però mi trattenni e lasciai che dal mio viso trasparisse solo un sorriso.
-  Di già? Nico e Talia rimangono di più, e poi non sono ancora arrivati ne Rachel, ne Leo, ne Piper- si lamentò mia sorella guardando entrambi i miei genitori
-  Si, ma noi dobbiamo portare Aibi al mare - le ricordò mia madre guardandola con uno sguardo carico di sottintesi, mi accigliai, cosa c’era nascosto dietro quella frase che io non dovevo sapere?
- Ma, solo per un altro giorno, non le… - continuò mia sorella
-  Lascia stare Lili, lasciali andare a Montauk - gli rispose caustico mio fratello interrompendola e fissandola anche lui, mia sorella lo fissò con odio e poi lo insultò pesantemente in greco antico
-  Lilia! - le gridarono i miei genitori all’unisono sgridandola
-  è lui che ha cominciato! - si lamentò indicando il gemello
-  Sei tu che parli troppo! - le gridò a sua volta Lucas, si guardarono entrambi con odio e rabbia crescente, mentre si trattenevano a stento, conoscevo quelli sguardi, di solito a casa si fissavano così e poi si saltavano addosso iniziando a picchiarsi.
Mio padre intercettò la lite e si frappose fra loro due prima che Lilia saltasse al collo di Lucas
-  Ora smettetela - disse in tono duro e serio.
I gemelli si ricomposero un po’ intimoriti, se mio padre si arrabbia, vuol dire che l’hai fatta grossa, finché è la mamma ad incavolarsi puoi stare ancora tranquillo, lei si scalda subito, ma mio padre no, lui sta sempre dalla tua parte quando la mamma ti sgrida ma se è lui il primo a sgridarti… beh, bisogna fare attenzione a non farlo arrabbiare ancora di più.
- Ora fate pace e chiudete questa litigata - continuò spostandosi, i miei fratelli si guardarono, dai  loro sguardi si capiva che non era finita lì e che l’avrebbero risolta dopo, ma adesso misero su la faccia dolce e si abbracciarono - Scusa - si dissero a vicenda.
Mio padre sorrise soddisfatto - Molto bene, ora andiamo a cenare -
Raggiungemmo gli altri mezzosangue e ci dovemmo dividere, quella sera Grover non cenò con noi, così cenammo solo io, papà e Lilia, non fui totalmente estraniata dalla discussione e poi ero felice, finalmente il mattino dopo saremo partiti per Montauk.
Io andai a letto prima degli altri, non mi interessava rimanere al falò con gli altri mezzosangue, e i miei genitori non mi dissero niente, si limitarono a darmi un bacio sulla testa per uno e poi mi incamminai per andare alla casa di Poseidone.
Quando arrivai davanti alla casa, vidi che sui gradini vi era seduta una bambina che si guardava le mani, come se stesse aspettando qualcuno.
Era piccola, doveva avere all’incirca otto anni,  quindi non è Artemide, si ricordò di avvertirmi il mio cervello.
Mi avvicinai e le sorrisi -  Ciao - la salutai, lei alzò lo sguardo e mi sorrise portandosi una ciocca di capelli castani chiari dietro l’orecchio -  Ciao - mi rispose sorridendomi a sua volta
-  Posso aiutarti? - le chiesi guardandomi in giro e sperando di vedere qualcun altro nei paraggi che magari la conosceva - Non lo so’, tu sei Lilia? - mi chiese
Sospirai, possibile che incontrassi tutte le fan di mia sorella?
-  No, lei è al falò con gli altri mezzosangue, io sono Aibileen - le spiegai continuando a sorriderle. La bambina non sembrò per nulla sorpresa, anzi il suo sguardo si accese di una luce nuova, si scostò un po’ dal gradino e mi sorrise -  Ti va di farmi un po’ di compagnia? - mi chiese
Esitai, ma infondo è solo una bambina e io ho la capacità di attirare tutti i bambini piccoli, quindi non è una stranezza - Si - le dissi e poi mi sedetti di fianco a lei sui gradini.
La bambina continuava a sorridermi, e a guardarmi, io non sapevo cosa fare, tutte le volte che incontro dei bambini più piccoli di me mi si appiccicano addosso e vogliono giocare e stare con me e io non so’ mai cosa fare -  Allora, sei una mezzosangue anche tu? - le chiesi per rompere il silenzio, anche se era una domanda veramente stupida, ero io l’unica non-mezzosangue di tutto il campo, lei rise, perfetto facevo ridere una bambina
-  Scusa è una domanda un po’ sciocca - le dissi con un alzata di spalle
-  Non esistono domande sciocche, ma solo risposte scontate -
Ok, quella frase mi sarei aspettata di sentirla da mia madre o da un qualunque altro figlio di Atena, ma non da una bambina di otto anni.
-  Ti piace la tua famiglia? - mi chiese all’improvviso
- Certo  - le disse sorridendole, ero sincera, nonostante tutto quello che mi facevano passare non avrei mai voluto avere una famiglia diversa dalla mia
-  Sono felice di sentirtelo dire  - mi disse guardando di fronte a se’ -  Io credo che la famiglia sia una cosa veramente importante -
-  Si, è bello avere un posto dove tornare e sapere che ci sarà qualcuno ad aspettarti e che non ti deluderà mai - le risposi sospirando e sorridendole, lei mi sorrise e poi si alzò in piedi
-  Devi ricordartelo sempre Aibileen Jackson, mi prometti che lo farai? - io la guardai, ma sul serio quella era una bambina di otto anni?
-  Si… certo… -
Lei mi sorrise, -  Va bene, ora devo andare, a presto Aibileen - mi salutò con la mano e poi corse verso il falò, la guardai che correva via, che strana bambina, mi sembrò quasi che mentre si avvicinava al fuoco questo divenisse più grande e lei vi sparì dentro, ma probabilmente era solo un effetto ottico. Mi alzai dai gradini sospirando e andai a coricarmi, ero felice, finalmente domani saremo andati a Montauk.

Ed eccolo qui :)
Chiedo ancora scusa perchè è un capitolo lungo, spero di non avervi annoiato troppo.
Allora ringrazio tutti quelli che hanno letto, accidenti siete già più di 140 0.0 !
Ringrazio quelle buon anime che hanno recensito, e invito gli altri a farlo, fatemi sapere le vostri opinioni sono importanti per me :) Infine ringrazio chi ha messo la storia nelle preferite o nelle seguite.
Vi auguro di nuovo Buona Pasqua e Buona Pasquetta, spero che il capitolo non vi abbia deluso :)
Un bacio e un abbraccio,
Darkness_Angel
  
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