Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Road_sama    21/04/2014    4 recensioni
DAL 9' CAPITOLO:
-Domani faremo il culo agli sbirri.- disse Eren con una strana luce negli occhi.
-Già.- Stettero in silenzio per lunghi secondi a guardare la città pronta alla vita notturna.
-Eren non provare a morire domani.-
-Non lo farò. Mi riempiresti di botte.- disse sorridendo appena il castano.
-Già.-
-Non provarci nemmeno tu.- aggiunse rivolto all’altro.
-Non lo farò. Devo pestarti prima.- Quello era lo scambio di battute che facevano prima di ogni furto. Nessuno dei due l’avrebbe mai ammesso, ma l’uno era quello che rimaneva di più caro all’altro e dopo aver perso tante persone importanti avevano bisogno di un appiglio. Avevano bisogno di sapere che non sarebbero rimasti soli.
//Riren-Ereri/Criminal!Levi e Eren//
Genere: Azione, Drammatico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Rivaille, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Hello gente! Eccomi tornata con il secondo capitolo più lungo del primo come avevo promesso yayy! Avviso che aggiorno così presto per via delle vacanze e perché ho scoperto che questa storia potrebbe essere più complicata (per quanto riguarda la trama) di quello che pensavo eheh. In ogni caso ringrazio chi ha recensito/messo tra i preferiti/messe tra i seguiti e spero che continueranno a seguire la storia.
Coomunque, ho desciso di interporre ad ogni capitolo della storia "Levi e Eren criminali" il loro passato, quindi questo è un capitolo-flashback (eh lo so che voi volevate sapere cosa succedeva la sera per "festeggiare" muahaha ma dovrete aspettare il terzo capitolo xD)
Mi pare di avervi detto tutto, per ora...quindi che una buona pasqua sia con voi e buona lettura! :3

 

Capitolo 2



-Eren! Hai di nuovo fatto a pugni?!- chiese furibonda Carla, una donna sulla trentina dai capelli color mogano e occhi quasi ambrati. Si ripulì le mani sul grembiule bianco ricamato raggiungendo il figlio che presentava grossi tagli e lividi sul viso.
-Ma’, quelli mi prendevano per il culo!- urlò il ragazzo dai capelli castani cercando di indietreggiare visto che la madre non sembrava avere buone intenzioni.
-Quante volte ti ho detto che le mani non sono la risposta a tutto?- Eren, ormai si trovò con le spalle appiccicate alla parete della cucina. Era una stanzetta piccola, effettivamente, ma non aveva mai notato quanto fosse ristretta fino a quel momento.
-Quale sarebbe la soluzione, allora?- chiese il ragazzo puntando gli occhi verdissimi in quelli della madre.
-Parlare, ad esempio.- rispose la donna, accorciando ulteriormente le distanze. Ora incombeva su Eren come un lupo sulla sua preda, era quasi sicuro adesso lo avrebbe picchiato.
-A-Allora perché ora non parliamo?- Carla sbuffò piano e sorrise al figlio. Gli appoggiò una mano in testa e gli arruffò i capelli.
-Come sono andati gli esami?-
-E-Ehm…ecco, era appunto per quello che mi prendevano in giro..- balbettò il ragazzo distogliendo lo sguardo e grattandosi goffamente la testa. La madre sospirò portandosi entrambe le mani alla vita con fare autoritario.
-Rispondi, Eren.- disse seria.
-Non li ho passati…devo rifarmi la quinta l’anno prossimo.- Carla sbatté le palpebre per qualche secondo come se si fosse appena svegliata da un sogno. Inspirò l’aria, riempiendo completamente i polmoni , poi espirò a fondo un paio di volte. Quello non era assolutamente un buon segno.
-Dimmi…- disse con voce vibrante di rabbia –che devo fare per farti studiare.- sussurrò per non alzare troppo il tono di voce.
Eren si allontanò di qualche passo da lei in modo da avere una facile via d’uscita.
-Nulla.- rispose semplicemente guardando fuori dalla finestra il ragazzo. Era un bellissimo giorno d’estate, gli uccellini volavano allegri da un arbusto all’altro, i frutti ormai maturi e succosi pendevano pericolosamente dai rami degli alberi , l’erbetta verde si muoveva continuamente lasciandosi cullare dalla calda brezza proveniente da sud. Sarebbe stato molto bello andare a  fare un giro fuori al posto di subirsi il quarto grado dalla madre.
-Non mi interessa lo studio…è una cosa inutile. I-Io voglio viaggiare, per tutte le terre di questo mondo. Voglio andarmene da questa città. Voglio lasciare tutto.-
-Come puoi pensare questo?- chiese la donna stringendo le mani intorno alla stoffa verde del vestito.–Come puoi pensare di lasciare qui tua madre e tua sorella? Non abbiamo molti soldi, lo sai. Se proprio non vuoi studiare due braccia in più per lavorare sono sempre utili. Porteresti a casa una paga in modo da farci sopravvivere…tutti quanti , insieme.- disse  con tono quasi affranto, non poteva credere che suo figlio potesse mostrare tanto disinteresse per la sua famiglia. Per le persone con cui era cresciuto. Voleva fare esattamente come suo padre: preparare  i bagagli e sparire non sapendo bene per dove e non dicendo nemmeno se sarebbe tornato. Così Grisha se ne era andato lasciandola da sola a crescere due figli.
Lo sguardo di Eren si fece duro.
-Io non sto dicendo che voglio abbandonarvi come ha fatto Grisha. Vi sono grato per avermi reso quello che sono, però so anche che voi riuscireste benissimo a sopravvivere come abbiamo fatto in questi anni. Io voglio andarmene da qui perché questo paese sta diventando una prigione per me. Non mi sono mai mosso da qui e vedere sempre le solite case, le solite strade, le solite persone mi ha stufato. Voglio vedere cosa c’è fuori..- disse infine il castano non smettendo un secondo di fissare la madre.
Carla sapeva che quando suo figlio si metteva in testa qualcosa niente l’avrebbe distolto dal suo obiettivo, nemmeno la sua famiglia. Riusciva a capire quello che provava il ragazzo, ma non riusciva a lasciarlo andare, non riusciva ad ammettere che Eren ormai fosse cresciuto e potesse benissimo cavarsela da solo anche con qualche rissa qua e la. Lo aveva cresciuto bene, il resto doveva farlo da solo.
-Che stai aspettando allora?- domandò rassegnata.
-L’occasione giusta.-
 
-Eren, hai chiuso a chiave la porta?- disse Mikasa al ragazzo.
-Si, si tranquilla sister.- annuì il castano non distogliendo lo sguardo dal suo libro. La ragazza dai capelli neri sospirò, sedendosi, poi accanto al fratello, sul divano.
-Che leggi?- domandò intuendo già cosa fosse quella rivista.
-E’ un corso di approfondimento di inglese, se voglio andarmene devo saperlo bene!- ridacchiò il ragazzo azzannando un sandwich.
-Perché mangi quella roba di sera? Non dormirai più sta notte.- protestò la ragazza tentando di togliergli il panino dalle mani. Sapeva che Eren voleva andarsene via, ma lei sapeva che lui non sarebbe durato nemmeno un’ora da solo. Era così stupido, irresponsabile e impulsivo che si sarebbe sicuramente cacciato in qualche guaio. Non poteva lasciarlo da solo…lei sarebbe andata con lui anche se non avrebbe approvato.
-Lascia stare, sta sera sto sveglio fino a tardi. Devo assolutamente finire questo libro.-
-Eren io verrò con te.- azzardò Mikasa fissando la stoffa verde scuro del divanetto in cui erano seduti.
-No.- disse il castano senza nemmeno degnare la sorella si uno sguardo.
-Io ti seguirò…ovunque andrai.- il ragazzo chiuse piano la rivista e si mise a sedere in modo da riuscire a guardare la ragazza senza dover alzare la testa. Contrasse la mascella quasi arrabbiato. Odiava quando la moretta faceva quelle scenate. Non riusciva a farsi una vita propria. Lei viveva nella sua ombra e gli stava costantemente addosso. Sembrava una seconda madre. A salvarlo dalle risse c’era lei, a suggerirgli durante le verifiche c’era lei e ad assecondare le sue iniziative c’era lei. Lui voleva lasciarsi tutto indietro. Chiedeva troppo? Voleva cominciare una vita nuova lontano da tutte quelle maledette abitudini e usualità.
-Perché mi segui sempre?-
-Perché sei mio fratello e da solo non dureresti nemmeno un minuto.- disse fredda lei. Mikasa ammirava quella volontà di ferro di Eren che gli faceva affrontare qualsiasi sfida. Era convinta, però, che non bastasse solo la volontà per risolvere i problemi. Per questo non credeva che  ce l’avrebbe mai fatta da solo.
-Non mi hai mai lasciato fare…come puoi dire che non durerei?-
-Lo so perché ti conosco…-
-Lasciami provare. Per una volta lascia fare a modo mio.-
-I-Io non…- il castano le accarezzò la testa sorridendole impercettibilmente.
-Cerca di capirmi. Stai qui con la mamma e lasciami andare per la mia strada.- sussurrò il ragazzo non capendo nemmeno lui perché fosse così dolce e smielato mentre supplicava la sorella a lasciarlo andare.
-Non posso.- disse Mikasa ritraendosi dalla mano del fratello ed alzandosi per andare a dormire.
-Buona Notte.- disse infine, lasciando Eren da solo nel piccolo salottino. Odiava sul serio quando lei faceva così. Separarsi dagli altri era così difficile.
 
Il castano aprì gli occhi e si ritrovò immerso nel buio. Non si ricordava né di aver spento la luce né di essere andato in camera sua. Si mise a sedere tastando tutto intorno a lui. No, non era a letto era ancora in salotto. Respirò a fondo. Si era addormentato di nuovo e non aveva finito di leggere il libro. Forse era meglio per lui andare a letto. Prese la rivista che era ancora aperta sulle sue cosce e si alzò. Stava per salire le scale quando un rumore proveniente dalla cucina lo bloccò. Sembrava ci fosse qualcuno.
Facendo attenzione a dove metteva i piedi si mosse verso la direzione in cui proveniva il rumore e man mano che si avvicinava si accorse che c’era una fievole luce ad illuminare la stanza. Si affacciò facendo molto attenzione a non farsi vedere e i suoi sospetti vennero confermati. In cucina c’era un ladro. Da quello che riusciva vedere con quella poca luce, l’uomo-ladro era molto magro e abbastanza basso, non aveva niente sulla faccia in modo da poter celare la sua identità quindi riusciva a vedere chiaramente il colore nero dei capelli e un taglio molto antiquato. Come aveva fatto quel bastardo ad entrare?! Si diede dello stupido una decina di volte. Non aveva veramente chiuso la porta a chiave…l’aveva detto a Mikasa solo per rassicurarla.
Merda.
Si avvicinò al caminetto e prese un attizzatore. Avrebbe rimediato ai suoi errori e avrebbe stordito il ladro. Fortunatamente quel tipo era da solo per cui non avrebbero dovuto esserci problemi. Si riavvicinò alla cucina e osservò di nuovo all’interno. Il ladro stava frugando nel mobile sotto al lavandino, chissà che cercava lì. Chi avrebbe mai tenuto sei soldi sotto il lavandino? Eren cominciò ad avvicinarsi all’uomo con l’arnese in mano e non appena gli fu abbastanza vicino alzò l’arma pronto per colpirlo. Si trattenne dall’urlare quindi emise solo un piccolo gemito. Quella scena era epica sul serio. Si sentiva potentissimo. Abbassò di scatto l’arnese pronto a colpirlo, ma qualcosa andò storto. L’uomo si voltò di scatto, prese l’attizzatore con una mano e la tirò verso di sé. Eren non capì bene come, ma si ritrovò trascinato addosso allo sconosciuto,  con l’attizzatore alla gola e le braccia bloccate dietro alla schiena.
-L-Lasciami…- balbettò il castano tentando di liberarsi dalla presa. Era basso e scarno quel tipo, ma era davvero forte.
-No. Non voglio farti del male, sono qui solo per rubare delle cose.- disse con tono tranquillo il moro.
-G-Grazie per avermelo detto…!- cercò di sdrammatizzate il più giovane.
-Prima però mi devi dire dove tenete i guanti di gomma per lavare i piatti.- disse il ladro ignorando il commento sarcastico di Eren.
-Ma che razza di richiesta è?! Hai bisogno dei guanti per rubare? Hai paura di rovinarti le mani oppur- non riuscì a terminare la farse perché quest’ultimo gli aveva assestato una violenta ginocchiata al fianco sinistro.
-S-Sotto il lavandino…!- ansimò dolorante il castano.
-E’ da mezz’ora che li cerco e non ci sono testa di cazzo.- disse acido l’uomo.
-Non sei capace nemmeno a cercare?!- azzardò il più giovane. Questa volta il calcio gli arrivò sull’altro fianco. Per un secondo gli mancò il respiro. Cazzo, ma quello da piccolo aveva mangiato pane e ginocchiate?
-O-Ok…te li prendo io se mi molli…- provò a trattare il ragazzo. Sentì l’altro borbottare acidamente alle sue spalle un “tsk, non sono mica un coglione, eh.”
-Sono sulla destra, entro una scatolina blu metal- non riuscì a finire di dargli indicazioni perché la luce in cucina si accese all’improvviso. Sulla soglia c’era Mikasa in vestaglia che teneva in mano una scopa. Se Eren fosse stato in quel tipo sarebbe scappato di corsa: la sorella arrabbiata equivaleva a morte certa.
-Chi sei?- domandò la ragazza.
-Tsk! Un ladro non è ovvio?-
-Non dovresti sventolare ai quattro venti il fatto che tu sei un ladro!- protestò il castano guadagnandosi una presa sulle sue braccia più forte e dolorosa.
-Lascialo andare e non ti faccio niente.- disse la mora con quel suo tipico sguardo omicida. Il ladro sospirò profondamente.
-Che due rompi coglioni.- allentò di poco la presa sull’attizzatore che bloccava il collo di Eren tanto che quest’ultimo, cominciò a credere che lo stesse finalmente lasciando andare, però il moro prima di lasciarlo cadere a terra gli assestò un’ultima ginocchiata al fianco destro. Il castano cadde a terra tossendo.
-Q-Questo per cos’era?!- protestò quasi senza voce il ragazzo.
-Avevo voglia di picchiarti.- disse il ladro rivolgendogli un’occhiata gelida. Quegli occhi grigi erano così freddi e distaccati! Oltre ad essere forte, pensò il castano, quel tipo era pure figo.
-Se ti prendo ti ammazzo.- cominciò a rincorrerlo furiosa Mikasa, ma il ladro fu velocissimo e com’era arrivato se n’era anche andato. Eren appoggiò la schiena contro la gamba del tavolo e cominciò a massaggiarsi un fianco. Era normale che fosse sconvolto, però nella sua agitazione c’era qualcosa di più. Quell’uomo gli piaceva, non solo fisicamente, ma anche per i suoi modi bruschi e diretti.
-Che cazzo mi fisso con quello…la prossima volta mi spappola la milza.- si rialzò a fatica e in quel momento vide la ragazza tornare con un leggero fiatone. Gli rivolse uno sguardo di ghiaccio poi si ritirò in camera sua. Il ragazzo sospirò ficcandosi una mano in tasca e sbarrò gli occhi. La chiave! La chiave di suo padre era scomparsa.
-Q-Quel bastardo!- disse tra i denti.
 
-Eren! In questo periodo sei strano!- sbuffò Armin, il miglior amico del castano. Era un ragazzo della sua età, però era molto basso ed era il suo completo opposto a partire dall’idea che aveva del suo futuro.
-Non è vero. Sono normalissimo!- ribatté stancamente il più alto passandosi una mano tra i capelli scuri.
-Davvero? Da quanto tempo non fai una rissa?- chiese il biondo agitando le gambe avanti e indietro e fissando quanta distanza ci fosse tra la parte di muretto in cui erano seduti e la strada.
-U-uhm una settimana?- affermò dopo una lunga meditazione il castano.
-Ecco, appunto. Ti sei risposto da solo.- Eren sbuffò. In effetti da quando aveva avuto quell’incontro con il misterioso ladro, qualcosa in lui era cambiato. Non sapeva nemmeno lui perché provasse certe sensazioni di smarrimento dopo essere quasi stati rapinati. Si sentiva piuttosto stupido a dire la verità.
-Allora, visto che non mi vuoi dire che problemi hai, domani ti porto alla festa di Hanji.- Bene, l’ultima cosa che gli serviva era una festa da quella psicopatica di Zoe.
-No, Armin, sul serio lascia perdere…- protestò debolmente il più alto.
-Non si discute! Altrimenti lo dico a Mikasa!- ora sua sorella era diventata perfino una minaccia. Di male in peggio, come si dice di solito.
-Va bene, ma lascia stare mia sorella.-
-Bene! Allora ti vengo a prendere domani alle cinque!- concluse entusiasta il biondino scendendo dal muretto. Eren fissò per un’ultima volta il cielo limpido sopra le loro teste.
Perché aveva quella fastidiosa sensazione che gli tormentava lo stomaco solo per quella stupida festa?
  
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