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Autore: Bijouttina    22/04/2014    9 recensioni
«Sei tu che devi decidere cosa fare della tua vita. Io sono sicura di amarti, e tu?».
Non dice niente. Ho voluto metterlo alla prova, sinceramente non speravo in una sua risposta.
«Ci tieni almeno a me?», chiedo cercando il suo sguardo.
«Tantissimo.», finalmente mi risponde.
«Ti va di fare un patto?», domando mettendogli una mano tra i capelli.
Annuisce.
«Corteggiami come avevi promesso di fare. Dimostrami che tieni davvero a noi due insieme. Non verrò a letto con te finché non riuscirai a dirmelo.», gli propongo.
«Dirti cosa?», chiede confuso.
«Che mi ami.», affermo con decisione.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo Due
 
Oggi mi metto d'impegno e vado in cerca di un lavoro. Non posso continuare a starmene qui senza fare niente. La mia fortuna è che l'appartamento in cui vivo è di proprietà della mia famiglia, è tutto molto più semplice se non ho un affitto da pagare. Le bollette, però, arrivano lo stesso, e non ho più molti soldi messi da parte. Devo rimboccarmi le maniche. Ho fatto un po' di tutto da quando ho finito gli studi una vita fa. Non sono schizzinosa, va bene qualsiasi cosa, basta portare a casa uno stipendio. Questo paese non è grandissimo, però ha molti negozi di ogni tipo. Provarci non mi costa niente. È una bella giornata di luglio e fa già parecchio caldo per essere le otto di mattina. Indosso un vestito senza maniche di un rosa brillante, lego i capelli in una coda di cavallo e metto un paio di scarpe basse. Devo muovermi a piedi e voglio essere comoda. Un filo di trucco e sono pronta per andare a caccia di lavoro. Mi sento motivata.
Apro la porta di casa e proprio in quel momento squilla il telefono. Tempismo perfetto.
«Pronto?».
«Ciao tesoro.», saluta la mia genitrice.
Mia madre trova sempre il momento perfetto per chiamare.
«Ciao mamma. Avrei un po' di fretta.», brontolo.
«Oh, ti tengo solo pochi minuti.», mi rassicura.
Che nella sua lingua saranno più o meno venti. Appoggio la borsa sul tavolino dell'ingresso e vado a mettermi sul divano, tanto vale stare comodi, visto che non posso scappare.
«Dimmi tutto mamma.», sospiro.
«Quando vieni a trovarci? Papà vuole farti vedere il nuovo gazebo.», comincia la solita solfa.
Alzo gli occhi al cielo.
«Non lo so mamma. Pensavo di venire la settimana prossima.», le dico.
Non ho per niente voglia di farmi duecento chilometri in treno, ma non posso nemmeno dire sempre di no. Mi pento spesso di non aver mai preso la patente, ma poi dico che si può vivere anche senza macchina. Una volta su quel treno, la mia opinione cambia nel giro di pochi istanti. Questo succede tutte le volte.
«Abbiamo così tanta voglia di vederti. La nostra unica bambina e così lontana!», piagnucola.
Che palle!
«Marco abita a due metri da casa vostra.», sbotto infastidita.
Mio fratello ha due anni più di me e abita nell'altra porzione di bifamiliare, ha già due bellissime bambine. I miei hanno sempre un bel da fare e non si annoiano di certo.
«Sì, lo so, ma tu sei la nostra bambina.», pigola.
Oh signore santissimo.
«Ci vediamo la settimana prossima mamma. Devo andare ora.», sbuffo.
«Va bene tesoro. Un bacio grande grande.».
«Anche a te. Ciao mamma.».
Chiudo la telefonata e sprofondo nel divano. Le telefonate di mia mamma sono praticamente sempre uguali. Non lo so, forse se fossi madre anch'io la vedrei in un'altra ottica. Non saprei proprio. Metto giù il cordless ed esco finalmente di casa.
Quando passo davanti al supermercato, mi trovo a spiare dentro. Non vedo nessuno. Non so cosa sperassi di trovare, o meglio, non so chi sperassi di trovare. In effetti lo so, e la delusione mi si stampa in viso. Continuo a camminare guardando indietro e vado a sbattere contro qualcosa. Picchio la fronte su una serie di scatoloni pieni di non so cosa. Un dolore lancinante.
«Sta bene?», chiede la fonte della mia distrazione.
Nicholas viene subito in mio soccorso. Mi prende il viso tra le mani e controlla la fronte.
«Sto bene.», mugugno.
«Meglio metterci del ghiaccio.», dice deciso.
Mi prende per mano e mi trascina in una specie di ufficio. In un angolo c'è la cassetta del pronto soccorso.
«Non mi serve il ghiaccio.», cerco di dire, ma non mi ascolta nemmeno. Sbuffo.
Trova una confezione di ghiaccio secco nell'armadietto e me lo mette sulla fronte.
«Andava bene anche un pacco di surgelati», gli faccio notare.
«Si sarebbe scongelato nel giro di pochi minuti, e poi avrei dovuto pulire. Come ieri.», mi guarda dritto negli occhi e sorride. È troppo vicino per i miei gusti. Riesco a sentire il calore del suo corpo. Oltre a un sedere da favola, ha anche dei muscoli niente male. Che cosa sta facendo? Lo becco a guardare dentro la scollatura del vestito.
«Le dona molto il rosa.», dice dopo un attimo.
Oh mio Dio, mi sudano le mani e ho la tachicardia. Non va bene, non va affatto bene.
«Devo andare.», mento.
Allontano la mano con la quale teneva fermo il ghiaccio e vado verso la porta.
«Grazie Nicholas.».
Lui ha ancora il braccio a mezz'aria e mi guarda confuso.
Scappo di corsa prima che si possa riprendere. Devo andare a cercare un lavoro e ora sono qui tutta sudata. Ci mancava solo lui a farmi andare fuori di testa. Credo che tornerò a casa a darmi una rinfrescata, non posso andare in giro in questo stato.
«Dove stai andando?», chiede alle mie spalle.
Ma perché continua a seguirmi? Se facessi finta di non averlo sentito? Cerco le chiavi nella borsa. Lui nel frattempo è dietro di me.
«Perché sei scappata in quel modo?», domanda con il fiato corto.
Siamo passati a darci del tu ora?
«Dovevo darmi una rinfrescata. Non posso trovare lavoro in queste condizioni. E poi a lei che interessa?», domando irritata.
Mi giro per guardarlo negli occhi.
«Non faresti una bella impressione con quel livido sulla fronte.».
Mi sposta la frangia per osservarlo meglio. In effetti mi fa parecchio male.
«Tutta colpa sua.», gli faccio notare incrociando le braccia al petto.
«E perché?», domanda lui guardandomi di traverso.
«Se non lasciava tutta quella roba in mezzo alla strada, io non ci sarei andata a sbattere.», rispondo decisa.
Lui ride di gusto. Lo guardo malissimo.
«Se tu guardassi avanti mentre cammini, non andresti a sbattere.», ribatte giustamente.
In effetti non ha torto, ma di sicuro non gliela darò vinta.
«Non deve tornare a lavorare?», chiedo stizzita.
Mi sta facendo innervosire e mi sta venendo ancora più caldo.
«In effetti dovrei, ma non mi va.», scrolla le spalle.
Mi sfiora la mano con la sua, non so se l'abbia fatto apposta o meno. Sinceramente non mi interessa.
«Beato lei che può fare quello che vuole.», borbotto arricciando il naso.
Mi giro di nuovo verso la porta e cerco di infilare le chiavi.
«Ti va di uscire a cena con me stasera?», chiede a bruciapelo.
«Non mi conosce nemmeno e vuole invitarmi a cena?», inarco un sopracciglio per lo stupore.
Annuisce.
«Non mi sembra il caso.», dico voltandogli ancora una volta le spalle.
«Come vuoi Emma. Ci vediamo più tardi.».
Mi volto e lui è già sparito. Perché mai dovrei vederlo più tardi? Lasciamo perdere. Proprio non lo capisco questo tizio.
Entro in casa e mi fiondo in bagno. Davanti allo specchio mi viene quasi un colpo. Come diavolo ho fatto a farmi quel livido enorme? Ha ragione, non posso farmi vedere in giro così. Mi sa che la caccia al lavoro è andata a monte. E se ci mettessi un po' di fondotinta? Potrebbe essere un'idea. Prendo la spugnetta e me la passo sul livido. Trattengo a stento un urlo di dolore. Okay, non è stata una brillante idea. Ci rinuncio. Ci mancava solo questo! E ora che cosa faccio? Avevo programmato la giornata in modo perfetto e ora non so come far passare il tempo. Sul tavolino in salotto c'è un libro che ho cominciato a leggere prima che Mattia se ne andasse. Non ho più avuto il coraggio di prenderlo in mano, non so spiegarne il motivo. Forse è arrivato il momento di farlo. Mi immergo nella lettura e non mi rendo conto del passare delle ore. Mi accade spesso quando mi estraneo dal mondo che mi circonda, adoro entrare in contatto con i personaggi, la storia, l'ambientazione. Questo libro è così triste, e non riesco a trattenere le lacrime. Torno alla realtà con un sobbalzo, quando qualcuno suona il campanello. Controllo l'ora e sono le sette di sera. Cavolo, mi sono pure dimenticata di mangiare a pranzo! Mi alzo a fatica. Ho il sedere indolenzito. Prendo la cornetta del citofono.
«Sì?».
«Sono Nicholas, sei pronta per la cena?», dice la voce dall'altra parte.
Sono piuttosto confusa. Sbaglio o gli avevo detto che non ero interessata?
«Non mi sembrava di aver accettato l'invito.», rispondo piccata.
«Ti aspetto qui sotto.».
Com'è cocciuto!
«E se non volessi scendere?», appoggio la testa sul muro e do un piccolo colpo.
«Aspetterò finché non lo farai.».
Non molla questo qui!
«Potrebbe stare lì tutta notte.».
«Per fortuna siamo a luglio e non fa freddo.».
Sbatto la testa contro il muro ancora una volta per la frustrazione. Perché ce l'ha con me? Non potrebbe rompere le scatole a qualcun altro?
Vado a spiare dalla finestra, e lui è appoggiato al corrimano. Mani nelle tasche. Quella maglietta attillata mette in risalto tutti i suoi muscoli. Si accorge che lo sto guardando e mi sorride. Divento paonazza. Per fortuna stavolta non lo può notare.
Non mi va di uscire con lui. Perché mai dovrei farlo? Non me l'ha prescritto il medico. Certo però che è davvero un bell'uomo. No, non ci esco! Nessuno può farmi cambiare idea!
Mezzora dopo esco dalla porta di casa. La mia risolutezza è durata davvero poco. Ho messo il vestito che avevo stamattina. Sia chiaro, non l'ho fatto perché ha detto che il rosa mi dona molto, è solo che sarebbe stato uno spreco indossarlo solo un'ora. Lascio i capelli sciolti questa volta.
«Sei scesa alla fine.», dice con il sorriso sulle labbra.
«Non mi andava di farle passare la notte fuori.», borbotto acida.
«Ti prego, smettila di darmi del lei.».
Fissa di nuovo la scollatura. Il mio seno abbondante non è mai passato inosservato, mi sono sempre sentita a disagio.
«Tu smettila di fissarmi la scollatura.», lo intimo a braccia conserte.
Per la prima volta lo vedo arrossire.
«Scusami.», farfuglia.
Si concentra allora sulla mia fronte. Come aveva fatto stamattina, mi sposta la frangia per controllare il livido.
«Ti fa male?», chiede con una tale dolcezza che le gambe mi sono diventate molli all'improvviso.
«Abbastanza.», balbetto.
Come al solito sembro un'idiota quando sono vicina a lui.
«Devi stare attenta quando cammini.», mi ammonisce sommessamente.
Mi sento strana. È così vicino che riesco a sentire il battito del suo cuore.
Devo riprendermi, togliermi da questa situazione imbarazzante.
«Ho una fame pazzesca. Non ho pranzato oggi.».
«Certo, scusami. Ti porto subito in un bel posticino.», dice lui.
Lascia cadere la mano e nel farlo mi sfiora la spalla nuda. Ho sentito un brivido lungo la schiena. Sarà stato un colpo di vento. Mi guardo in giro, ma non si muove nemmeno una foglia. Mah, magari era solo la mia immaginazione.
«Ti va di andare a piedi? È qui dietro l'angolo.».
«Nessun problema, sono abituata a spostarmi a piedi.», gli dico scrollando le spalle.
«Non sei motorizzata?», chiede incredulo.
Scuoto la testa.
«Non ho mai sentito il bisogno di prendere la patente.», gli confesso.
«Credo tu sia l'unica persona che io conosca a non avere la macchina.», commenta divertito.
«E nemmeno il motorino.», aggiunto, tanto per essere pignola fino in fondo.
«E nemmeno il motorino.», scoppia in una fragorosa risata.
Mi sfiora di nuovo la mano. Ancora quel brivido lungo la schiena, nemmeno ora un filo d'aria.
Ci fermiamo davanti a una pizzeria, non ci sono mai entrata da quando vivo qui.
«Il proprietario è un mio amico.», mi dice aprendo la porta e lasciandomi entrare per prima.
«Nicholas! Che piacere vederti!».
A parlare è un uomo sulla sessantina. Molto basso e molto magro, ma dall'aria simpaticissima.
«Ciao Salvatore!».
Gli dà una pacca sulla spalla.
«Chi è questa bella signora?», chiede Salvatore scrutandomi dall'alto al basso.
«Sono Emma.», rispondo con un sorriso.
«Incantato.», mi bacia la mano.
A quanto pare è un'usanza frequente da queste parti.
Dà una gomitata a Nicholas e gli dice a bassa voce mentre do un'occhiata alla vetrina con i dolci: «Un'altra delle tue conquiste? Ci stai dando dentro eh!».
Non so cosa gli abbia risposto lui e nemmeno voglio saperlo. Io non sarò un'altra delle sue conquiste, questo è poco, ma sicuro.
Ci sediamo in un angolo tranquillo. Mi sento un po' sulle difensive in questo momento, quel commento di Salvatore non mi è piaciuto neanche un po'. Credo di dover mettere una cosa in chiaro ancora prima di cominciare a mangiare.
«Non verrò a letto con te.», sbotto.
Lui alza gli occhi dalla lista e mi fissa a bocca aperta.
«Non voglio essere un'altra delle tue conquiste.», gli scocco un'occhiataccia.
«Hai sentito.», mormora.
«Ho sentito purtroppo.».
Appoggia la lista sul tavolo e sospira.
«Senti Emma, purtroppo la mia fama di farfallone mi precede.», mi confessa con una smorfia.
«L'avevo intuito.», dico acida.
«Non nascondo che avrei voluto portarti a letto dalla prima volta che ti ho vista.».
I suoi occhi fissi sui miei mi mettono a disagio.
«Io non sono quel genere di donna.», farfuglio.
Le mie mani stanno torturando la lista delle pizze. Non riesco a stare ferma, sono nervosa.
«Mi piaci davvero molto Emma.».
Che calore al viso! Non dipende dal caldo afoso di luglio o dal forno del pizzaiolo. Non oso immaginare di che colore sia la mia faccia.
Devo cambiare argomento.
«Da quanto lavori al supermercato?», chiedo.
Evito il suo sguardo. Sembra essersi rassegnato al fatto che non può avere da me quello che vuole. Credo abbia detto qualcosa del tipo Mi farai diventare pazzo, ma non ne sono sicura. L'ha detto talmente piano che non so nemmeno se ho capito giusto.
Capisco perché le donne cadono ai suoi piedi. La sua bocca è così invitante. Deve essersi accorto che la sto fissando e si curva in un sorriso. Distolgo immediatamente lo sguardo e torno a giocare con la lista.
«Lavoro lì già da un po'.», mi risponde alla fine.
«Non ti avevo mai visto.», ammetto.
Gli do un'occhiata di sfuggita.
«Nemmeno io ti avevo vista prima di ieri. Da quanto vivi qui?», domanda curioso.
Le sue braccia sono molto vicine alle mie, le nostre ginocchia si sfiorano sotto al tavolo. Da dove diavolo arriva quel brivido?
«Un paio di mesi. Non conosco ancora nessuno.», arriccio il naso.
Sono una persona riservata e non faccio amicizia facilmente. Sembra una cosa triste, lo so, ma in fin dei conti sto bene lo stesso.
«Ora conosci me.», ammicca nella mia direzione.
Sorrido. È uscito da solo, lo giuro.
«Finalmente sono riuscito a farti sorridere.».
Gli brillano gli occhi.
«Adesso devi riuscire a farmi ridere però.», dico prendendolo in giro.
«Vale lo stesso se ti racconto una barzelletta?», domanda fingendosi pensieroso.
«No!», mi viene da ridere, ma mi trattengo. Non posso rendergliela così facile.
«Stavi per ridere!», mi indica con il dito con aria minacciosa.
«Non penserai mica di cavartela così facilmente?».
Incrocio le braccia al petto, gli occhi ridotti a due fessure.
Lui mi guarda negli occhi, ed io mantengo il contatto visivo. Due minuti dopo arriva Salvatore con le nostre pizze.
«Cosa state combinando voi due?», domanda corrugando la fronte.
Lo guardiamo entrambi in modo strano, torniamo a guardarci un attimo dopo e scoppiamo tutti e due a ridere come degli scemi.
«Sei ancora più bella quando ridi.».
Sicuramente il mio viso è paonazzo in questo momento.
Mangiamo la nostra pizza in silenzio. Ogni tanto ci lanciamo degli sguardi, e lui mi sorride spesso. La pizza è davvero ottima, dovevo venire a provarla prima.
«Posso farti una domanda personale?», chiede guardandomi negli occhi.
Le nostre mani sul tavolo si sfiorano appena.
Annuisco.
«Come mai non hai un ragazzo?».
Eccoci alla domanda d'obbligo.
«Chi ti dice che io non ce l'abbia?», domando guardandolo di traverso.
«Non credo saresti uscita con me se ci fosse stato.», risponde con una scrollata di spalle.
Okay, un punto a suo favore. Non ho voglia di parlarne, però penso sia giusto farlo. Sospiro.
«Ho convissuto per un anno con un uomo, e poi lui se ne è andato sbattendo la porta. È successo sei mesi fa.», dico mogiamente.
«Mi dispiace Emma.».
«Ormai mi è passata, anche se non capisco cosa sia successo.», ammetto con una smorfia.
Mi guarda confuso.
«Non mi ha dato nessuna spiegazione. Ha detto solo che non ne poteva più di me.», aggiungo sconsolata.
Sento gli occhi riempirsi di lacrime, ma le ricaccio indietro, non ho intenzione di piangere davanti a lui.
«È una cosa orribile, che bastardo!», sbotta posando la mano sulla mia. Sembra davvero dispiaciuto.
«Tu invece?».
Voglio allontanare l'attenzione da me. Okay, più che altro sono curiosa di sapere della sua vita privata.
«Non ho mai avuto storie lunghe. Al massimo sono resistito pochi mesi e solo con una persona.», risponde guardando un punto indefinito del tavolo.
«Come mai?», chiedo aggrottando la fronte.
«Credo di non aver mai trovato la persona giusta.», risponde, il suo sguardo fisso sulle nostre mani ancora unite sopra al tavolo.
«Ti va di andare a prendere una boccata d'aria? Non riesco più a stare qua dentro.».
Sembra molto a disagio a parlare di queste cose.
«Certo.», lo assecondo.
Va a pagare alla cassa, salutiamo Salvatore e ci incamminiamo lungo il viale alberato.
«Ti va un gelato?», mi chiede dopo lunghi minuti di silenzio.
Come si può dire di no a un gelato? Prendiamo due coni nella gelateria vicino a casa e ci sediamo a mangiarlo su una panchina nel parchetto lì accanto.
«La mia famiglia è preoccupata per me.», dice a un certo punto.
«Come mai?», aggrotto la fronte.
Mi fissa la bocca e sorride. Lo guardo confusa. Si avvicina con la mano e mi pulisce l'angolo della bocca con il pollice. Ci mette un po' ad allontanare la mano dal mio viso, e non mi dispiace affatto.
«A quarantadue anni pensavano avrei messo la testa a posto e mi sarei sposato.», risponde arricciando le labbra.
«Non hai mai pensato di farlo?», evito il suo sguardo.
«Con chi avrei dovuto? Finora ho sempre pensato solo a divertirmi.», afferma mestamente.
Sospira.
«Penso di aver sbagliato tutto in questi anni.», aggiunge serio.
«Forse non eri pronto.», provo a rassicurarlo.
«Forse.», commenta.
Mi guarda così intensamente da farmi arrossire anche al buio. Distolgo lo sguardo.
«Si è fatto tardi.», dico dopo un po'.
«Ti accompagno.».
Si alza dalla panchina e mi offre la mano per aiutarmi ad alzarmi. Inciampo su un sasso malefico e finisco direttamente tra le sue braccia. Le nostre bocche quasi si sfiorano, sento il suo respiro.
«Sei un disastro Emma.», sussurra.
Lo dice con una tale dolcezza da farmi tremare le ginocchia. Mi lascia andare a malincuore. Nessuno dei due parla mentre raggiungiamo casa mia. Ci fermiamo davanti ai gradini.
«Grazie per la bella serata, Nicholas.».
«Grazie a te.».
Non smette di guardarmi, e io non riesco a smettere di fissare la sua bocca.
«Non immagini che fatica sto facendo.», dice guardandomi negli occhi.
«A fare cosa?», chiedo ingenuamente.
«Baciarti Emma. Muoio dalla voglia di baciarti.».
Mi sfiora le labbra con le dita.
«Buonanotte.», mormora.
Mi bacia sulla guancia.
«Vorrei uscire di nuovo con te. Domani sera?», domanda.
Annuisco come un'ebete.
«A domani allora. Dormi bene.».
Mi accarezza il viso e mi sorride felice. Lo guardo allontanarsi, porto la mano dove mi ha baciato. Sono rimasta talmente imbambolata, che non l'ho nemmeno salutato. Non mi sento così da.. Cavolo, non mi sono mai sentita così! Mattia non mi aveva mai fatto questo effetto. Che cosa mi sta succedendo?
Entro in casa trascinando le gambe, me le sento talmente deboli. Sarà stata la birra che ho bevuto con la pizza.
 



 
*Spazio autrice*
Ecco a voi il secondo capitolo :) Pubblicherò di martedì d'ora in poi, come sono ormai abituata a fare.
Abbiamo conosciuto un po' meglio Emma e Nicholas in questo capitolo. Lui è un osso duro..ed Emma ha pochissima resistenza..non poteva non uscire con lui LOL :) Nel prossimo capitolo vedremo dove vorrà portarla per il secondo appuntamento.
Volevo ringraziare tutti quelli che hanno messo questa storia tra le preferite e le seguite, mi avete reso davvero felice. Ringrazio calorosamente anche chi mi ha lasciato un commento *abbraccio grande grande* Grazie per la fiducia che state riponendo in questa mia nuova avventura :)

Se volete passare a trovarmi, mi trovate qui
*Bijouttina & i suoi vaneggiamenti*


In attesa del capitolo finale
Veronica & Manuel

La mia sovrannaturale romantica

Le ali della salvezza
   
 
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