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Autore: Nadie    22/04/2014    2 recensioni
'E tu? Hai già fatto tutto quello che volevi fare prima di morire?'
'Assolutamente no'

[Ben e Prudence]
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Temporale '
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XIII


Gomiti, gomiti.
Gomiti sulla schiena, tra le costole, sui fianchi.
Dovrei levarmi dai piedi, la gente deve prendere la metro, ma c’è qualcosa che mi tiene incollata qui dove sono.
Forse sono gli occhi bui del ragazzo con gli occhi bui, mi guardano, li guardo, e la memoria vortica nella mia testa.
Devo avere la memoria difettosa, ci sono punti di luce sparsi nella mente, sono i ricordi che si vedono ancora, e poi macchie scure, ciò che non ricordo più.
Vedo l’inizio, ho visto tutto l’inizio di questa storia, e dopo l’inizio ci sono macchie scure, pochi ricordi rimasti a galla, mi avvicino alla fine, la fine è piena di luce, splende, ma c’è ancora qualche ricordo prima, qualche punto di luce.
Chiudo gli occhi e un altro punto di luce si espande nella testa.
 
 
 
 
Sabbia tra le dita e sotto la testa.
Sabbia nelle scarpe e sotto i vestiti.
Sulla spiaggia di Portrane pioveva a dirotto, tenevo gli occhi ben chiusi e sentivo l’acqua cadermi addosso, sentivo le dita di Ben intrecciate alla mie e una vecchia canzone degli Oasis in un orecchio.
Cantava anche Ben, rubava le parole di Liam e Noel Gallagher e ci metteva dentro la sua voce, diceva: ‘ci sono molte cose che mi piacerebbe dirti, ma non so come farlo, perché forse tu sarai la persona che mi salverà, e dopo tutto, sei la mia ancora di salvezza’ e io pensavo, ecco, questo è un momento perfetto.
La chitarra smise di suonare e la canzone si spense a poco a poco, tolsi l’auricolare dall’orecchio e riaprii gli occhi, il cielo era piuttosto scuro.
«Siamo fradici.» disse Ben mettendosi a sedere e scrollandosi la sabbia dai capelli.
«Siamo pieni.» risposi, poggiando il capo sulla sua spalla.
Ben era rimasto a Dublino mentre i mesi passavano, non era mai ritornato sul discorso ‘andare via’  e aveva sempre smorzato ogni mio tentativo di discuterne, una volta lo sentii litigare con qualcuno al telefono, gli chiesi spiegazioni ma si arrabbiò anche con me, poi prese una birra e passò la notte a bere guardando i tetti di Dublino fuori dalla sua finestra.
Ero sicura ci fosse qualcosa che non mi diceva, ma non avevo più fatto pressioni anche perché nemmeno io gli avevo mai detto che avevo rivisto mio padre o che la situazione a casa era peggiorata.
La pioggia cominciò a cadere con più violenza, ma noi restavamo seduti sulla sabbia bagnata.
«Ben, secondo te cos’è la verità?»
«Chiedi ad un attore cosa sia la verità?»
«Tu rispondimi e basta.»
«L’acqua.» alzai gli occhi e lo guardai perplessa, ma lui annuì convinto.
«L’acqua. Guarda l’acqua, è trasparente, riesci a vedere cosa c’è dentro di lei, cosa c’è sotto di lei, l’acqua dice sempre la verità, non si nasconde. La verità è l’acqua, e l’acqua è la verità.»
«E tu con me sei sempre come l’acqua?»
«Certo.» rispose, con tono un po’ irritato.
«Allora perché non mi hai detto che hai passato il provino?» deglutì e poi si strofinò la fronte bagnata con aria stanca.
La prima volta che c’eravamo incontrati, in metro, Ben sembrava parecchio turbato e mi aveva detto che stava così perché, per fare un provino per un grosso film, aveva mollato la sua compagnia teatrale anche se era certo che quel provino non lo avrebbe mai passato.
«Tu come lo sai, eh?»
«Tua madre.»
«Ovviamente.» disse sardonico.
«Quindi? Perché non me l’hai detto, Ben?»
«Perché non è assolutamente importante, tanto non ci andrò.» sbuffò, poi prese una sigaretta ed un accendino dalla tasca dei jeans e cominciò a fumare.
«Non ci andrai.»
«No, esatto.» gli tolsi di mano la sigaretta e la schiacciai contro la sabbia, spegnendola.
«Invece di fumare e usare quel tono con me, spiegami perché stai rinunciando ad una cosa simile e prova ad essere convincente!» mi guardò incredulo e scosse la testa.
«Perché dovrei andare in Nuova Zelanda, dall’altra fottuta metà del mondo, Prudence, e dovrei restare lì per mesi!»
«E qual è il problema?» lui non rispose ma mi guardò intensamente.
«Sono io il problema, giusto?» mi passò le braccia dietro la schiena e mi tirò vicino a lui.
«Prudence, non c’è nessun problema, ho semplicemente fatto una scelta.»
«Stai facendo la scelta sbagliata.»
«Di scelte sbagliate ne ho fatte un sacco e questa mi sembra la scelta sbagliata più giusta della mia vita.» mi spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e sorrise.
«E poi sai una cosa? In Nuova Zelanda c’è pieno di farfalle.» risi e gli diedi un bacio, poi un tuono mi fece sobbalzare.
«Sarà meglio andare.» dissi, lui annuì, poi raccolse da terra l’iPod, se lo rimise in tasca e si alzò.
Era completamente bagnato e la sabbia si era attaccata ai suoi vestiti e alla sua pelle, si guardò e fece una smorfia.
«Fortuna che piaci all’autista o credo non ci farebbe salire sul suo autobus conciati così.» disse mentre mi aiutava ad alzarmi.
«Conviene che ci sbrighiamo.» per strada, a quella tarda ora, non c’era nessuno, camminammo a passo svelto ed arrivammo alla fermata giusto in tempo, l’autobus stava già per partire.
L’autista ci squadrò, io abbozzai un sorriso e lui ci lasciò salire con uno sguardo rassegnato.
Mi misi seduta vicino al finestrino e poggiai la testa bagnata sul vetro, per tutta la durata del viaggio Ben non parlò, ma poggiò il capo sulla mia spalla e guardò fuori dal finestrino insieme a me.
Quando l’autobus si fermò a destinazione, salutai l’autista e lo ringraziai.
«Vieni da me?» chiese Ben.
«No, credo sia meglio se torno a casa, c’è Jude.» annuì.
«Ci vediamo domani allora?»
«A domani.» lo salutai con un bacio, poi andai alla metro e tornai a casa.
Tirai fuori la chiavi dalla tasca e le infilai nel portone, imprecando contro la serratura vecchia che non funzionava più correttamente.
«Ciao, Prudence.» sobbalzai al suono di quella voce, alzai lo sguardo e vidi Finbar sorridermi cordiale.
«Era da un po’ che non tornavo da queste parti.» asserì, guardandosi attorno.
«Che vuoi?»
«Ho pensato a quello che mi hai detto e voglio Jude.» sgranai gli occhi.
«Cosa?»
«Voglio l’affidamento di mio figlio.»
«Tu ci hai mollati quando Jude non era ancora nato, te ne sei fregato, ed ora vieni qui a rivendicare i tuoi diritti su di lui? Vuoi l’affidamento? Ti azzardi anche a chiamarlo ‘figlio’?» lui annuì.
«Sei tu che sei venuta da me. Sai, ho riflettuto e questa mi sembra la soluzione più giusta per tutti, Sadie non è in grado di badare a nessuno di voi e tu, per quanto possa sforzarti, non riuscirai a fare nulla di buono per lui. Se verrà con me starà molto meglio, pensaci, rifletti, Prudence, sei una ragazza intelligente.»
«No. Jude non verrà con te.»
«Molto bene, questo sarai più che disponibile a dirlo anche al giudice, allora. Per quanto mi riguarda, posso tornarmene anche a casa, adesso. Oh e Prudence, tu ti sarai anche fatta una brutta idea su di me, ma se le cose sono andate come sono andate, la colpa è solo di Sadie e lo sai anche a tu, tesoro.»
«Vattene.» aprì il suo ombrello e si allontanò.
Io ricordo che non feci nulla, tranne sedermi a terra, con la testa tra le ginocchia e restai così finché non arrivò il giorno.




Nonostante i chili di dolci ingurgitati a Pasqua, sono stata parecchio crudele(specialmente con Prue).
Allora, informo che alla fine manca pochissimo e che... no, niente, non dico più nulla.
Ringrazio come sempre Joy e Clairy per il loro costante appoggio, e un grazie anche a Lu! :)
A 'sto giro non metto nulla, dai.
besos,
C.


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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