Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Jane Ale    22/04/2014    5 recensioni
[Prima storia della serie "Il ciclo di Caterina", ma può essere letta indipendentemente dalle altre storie.]
Caterina e Alessandro sono migliori amici, eppure non riescono ad andare d'accordo per più di qualche minuto. Ma poi Caterina capisce di essere innamorata di Alessandro e tutto si complica. Perché lui è stronzo, ma non ne è consapevole; lei, invece, è isterica, ma non sa come smettere.
Il solito vecchio cliché? Probabilmente (no).
Dalla storia:
-L'avevo capito. Di piacerti, intendo.-
Annuii. -Era piuttosto evidente.-
Si passò le mani sul viso, poi mi fissò di nuovo. -Cate, io mi sento molto attratto da te, non posso negarlo..-
A quelle parole avvampai, ma cercai di restare distaccata. -Ma?- gli chiesi.
-Ma al tempo stesso non riesco a provare quei sentimenti che vorrei. Ti voglio un mondo di bene, ma..-
Ma non sei innamorato di me, conlusi per lui nella mia mente.
Raccolsi tutto il coraggio che avevo e sorrisi. -Non preoccuparti, Ale, non importa. Non è successo niente.-
-Cate, ascoltami.-
-No, va bene così, nessuno si è fatto male.- Sorrisi ancora.
-Tu sì.- disse con semplicità. Ed era vero, io mi ero fatta molto male, più di quello che credevo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<  
- Questa storia fa parte della serie 'Il ciclo di Caterina'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 20
La svolta – The End







Image and video hosting by TinyPic








Ero pronta.
Mi trovavo, da sola, al centro della sala che mia madre aveva affittato per la mia festa aspettando che gli invitati arrivassero. Avevo indossato un vestito bianco, corto, con una morbida scollatura e un paio di scarpe con il tacco nere. Non ricordavo neppure quando avevo scelto l’abito per la serata, ma speravo di essere presentabile. Mia madre, prima di andarsene, mi aveva ripetuto con gli occhi lucidi quanto fossi bella e quanto fosse orgogliosa di me, ma quella sera non riuscivo proprio a capire cosa la rendesse così orgogliosa di avere per figlia una come me. Uno schifo, ecco cos’ero.
Sentii la porta in fondo alla sala aprirsi, così respirai, mi preparai a sorridere con convinzione e mi recai ad accogliere i miei ospiti.

Sentivo la musica rimbombarmi nelle orecchie. Giravo per la sala salutando tutti gli invitati, scambiando due parole con chi capitava e scartando i regali che mi erano stati consegnati. Mi recai verso il tavolo dei regali e ve li appoggiai sopra, poi respirai profondamente pronta a ripartire.
-Come va la serata, festeggiata?-
Mi voltai ed incontrai il volto sorridente di Giovanni.
-Ehilà! Tutto bene, tu? Ti diverti?- gli domandai.
-Sì, ma preferirei che la festeggiata potesse passare più tempo con il suo migliore amico.- mi rispose sfoderando uno sguardo tenero.
-Adesso sono libera.- gli dissi.
Stavamo per andare a ballare, quando Emanuele e Roberta mi si pararono davanti.
-Ehm Cate, Ema vorrebbe dirti una cosa.- mi disse lei titubante.
-Okay, parla.- risposi rivolgendomi a lui. Giovanni, al mio fianco, si irrigidì, ma non disse niente.
-Volevo dirti che mi dispiace per come mi sono comportato. Non sapevo quali fossero i sentimenti di Alessandro nei tuoi confronti, ho sempre immaginato che ci dovesse essere più di una semplice amicizia tra voi, ma ho sottovalutato la situazione e mi sono intromesso nel vostro rapporto. Non avrei dovuto, erano fatti vostri e non dovevo spingerlo a partire. Quindi scusami.- mi disse lui tutto d’un fiato. Per un attimo, riconoscendo Roberta dietro le sue parole, mi venne da ridere, poi, però sorrisi e gli risposi.
-Accetto le tue scuse, ormai è andata.-
-Non credo che sia andata, se non è una completa testa di cazzo verrà.-
-Ema, non cercare di consolarmi. Sono consapevole di aver buttato tutto all’aria, so che sta uscendo con un’altra e sono sicura che stasera non verrà. Ma va bene così.- dissi senza cercare di far trapelare la mia tristezza.
-Non dire così, Cate. Lui verrà.- mi rassicurò Roberta.
-Di quella non gliene frega niente.- mi disse Emanuele.
Li guardai sorridendo, consapevole del fatto che le loro parole non sarebbero servite a lenire il dolore. Li abbracciai entrambi e li guardai allontanarsi mano nella mano. In fin dei conti ero felice che stessero insieme, erano miei amici e desideravo il meglio per loro.
-Balliamo?- mi chiese cupo Giovanni.
-Certo.- risposi ancora un po’ scossa.
Cominciammo a muoverci sul posto, ma ben presto mi trovai immobile a fissare il vuoto di fronte a me.
-Vieni qui.- Giovanni mi tirò a sé e mi abbracciò. –Va tutto bene, Cate. Questa è la tua festa, è un giorno importante per te, devi essere felice. Sai che io ci sarò sempre per te, ti voglio troppo bene.-
Annuii e alzai lo sguardo per incrociare il suo, ma fu un errore: il suo viso era molto più vicino al mio di quanto mi aspettassi, decisamente troppo vicino.
Limite. Ecco ciò di cui avevo bisogno in quel momento. Ma per quanto cercassi di tirare fuori le parole, la mia bocca si ostinava a rimanere serrata. Così vidi i suoi occhi farsi più vicini ai miei e sentii le nostre bocche scontrarsi dolcemente. Chiusi gli occhi e lo lasciai fare, ma quando sentii la sua lingua entrare in contatto con la mia, qualcosa dentro di me esplose e mi allontanai repentinamente.
-Scusami. Cazzo, perché rovino sempre tutto?- imprecai più nei miei confronti che nei suoi.
-No, Cate, è stata colpa mia. Non avrei dovuto, scusami.- disse lui con aria colpevole.
-Giovanni, che colpa credi di avere? Il tuo sbaglio è stato quello di esserti invaghito di me, ma io avrei dovuto mettere le cose in chiaro tempo fa. Lo vedi quanto sono egoista?-
Ricacciai indietro le lacrime che minacciavano di uscire e mi allontanai.
-Cate, aspetta!- mi richiamò Giovanni.
-Adesso ho bisogno di stare da sola. Scusami, ci vediamo più tardi.-
Lui annuì e io fuggii fuori da quella sala che, improvvisamente, era diventata troppo piccola per contenere il caos che avevo dentro.

Respirai a pieni polmoni l’aria fresca, ma mi pentii subito di essere uscita senza afferrare almeno una maglia. Era pur sempre novembre. Cominciai a camminare per riscaldarmi, ma una voce alle mie spalle mi fece bloccare all’istante.
-Che fai, scappi di nuovo?-
No. Non adesso. Non lui.
-Io non scappo.- risposi senza voltarmi.
-E dove stai andando allora?-
-Aria, ho bisogno d’aria.-
-E io che pensavo che non tu avessi le palle di affrontare i casini che ti sei costruita da sola.-
Colpita e affondata. A quel punto mi voltai a fronteggiarlo.
-Cioè te? In fondo il mio più grande casino sei sempre stato tu.-
-Non solo, ma anche.- sorrise. Bello come sempre se ne stava lì, davanti a me, in giacca e cravatta. Il mio inferno personale vestito di tutto punto per il mio funerale, ecco cos’era.
Risi. –Io non ho mai avuto paura di affrontarti, sono sempre stata la più sincera tra i due.-
-Sì, finché non sei scomparsa. Ho sempre sottovalutato la tua attitudine al dramma, non scherzavi quando dicevi di amare le tragedie.-
-Te l’ho detto, sono sempre stata sincera.-
-Ma non hai avuto il coraggio di affrontarmi quando hai deciso di partire.-
-Sarebbe stato più semplice per entrambi.- ammisi.
-No, Caterina, non per entrambi. Per te. Per te e basta. Perché per me non è stato semplice partire, non è stato semplice mollare il mio migliore amico per rientrare due giorni in anticipo, non è stato semplice scoprire che eri andata chissà dove per chissà quanto tempo. E, cazzo, non è stato semplice mandarti centinaia di messaggi a cui non hai mai risposto. Ma il mondo è strano. Sai, poi, qual è stata la cosa più difficile da fare? Aprire la tua fottutissima risposta, l’unico messaggio che ti sei degnata di mandarmi in cui mi dicevi di andare avanti! Te ne rendi conto? Volevi che andassi avanti!- urlò furioso.
-Però ti è risultato semplice farlo.- sputai tra i denti.
Stupore, rabbia, confusione, dolore e, infine, odio. Ecco cosa vidi nei suoi occhi prima di sentire la sua risposta.
-Sì, è stato molto facile andare avanti, e sai perché, Caterina?-
Sussultai sentendo pronunciare il mio nome con rabbia e scossi la testa, pur trattandosi di una domanda retorica.
-Perché non c’è nessuno complicato come te, sei il più grande casino che abbia mai conosciuto. E senza di te le cose scorrono come acqua, lisce e senza intralcio. E sì, è stata davvero la cosa più semplice abituarsi a stare senza di te, semplice come respirare.-
Mi stava distruggendo, ne ero consapevole. Avevo sempre saputo che il giorno in cui si sarebbe vendicato sarebbe stato il giorno della mia caduta, ma non immaginavo che avrebbe fatto così male. Perché il dolore che pensiamo di dover provare è sempre inferiore a quello reale? Perché non siamo mai preparati a soffrire?
Mi sentivo come un pesce fuor d’acqua che boccheggia per cercare di sopravvivere. Vidi che stava per aggiungere dell’altro, ma non potevo sopportare un altro discorso del genere, dovevo fare qualcosa per difendermi.
-Adesso basta, vattene!- gli gridai.
-No, devo finire!-
-Non mi interessa, non voglio ascoltarti!-
-E invece sì, dopo tutto quello che mi hai fatto passare, devi sentire quello che ti voglio dire. Me lo devi.-
Feci per andarmene, ma lui mi afferrò per un polso e mi tirò a sé. Andai a sbattere contro il suo petto e mi ritrovai a pochi centimetri dalla sua faccia, ma mi allontanai subito, ero troppo spaventata da lui in quel momento. Senza lasciarmi andare, però, riprese a parlare.
-Sei un casino, Caterina, non smetterò mai di ripeterlo. Ed è vero, senza di te la mia vita scorreva senza problemi. Ma non è così che volevo che andasse, capisci? Ad un certo punto mi sono chiesto se ero disposto ad accettare la facilità delle cose, se mi sarebbe bastato avere ciò che mi capitava senza lottare. Semplice, naturale, il contrario del caos, l’anti-te, insomma. Che senso aveva, però, fare le cose senza incontrare il muro di acidità e contrarietà che mi ponevi davanti tutte le volte? Lo capisci?-
Non sapevo se voleva che rispondessi, ma lo feci. –No, Alessandro. Non capisco niente di quello che stai dicendo, sei pazzo!-
-Esatto!- mi disse sorridendo. –Io sono pazzo, altrimenti non sarei qui. Credi davvero che una persona normale, dopo tutto quello che è successo, sarebbe ancora qui?-
-Non ci sto capendo niente, ma se sei qui per rinfacciarmi di nuovo quanto io ti abbia ferito, allora puoi andare, ho afferrato.- gli dissi acida.
Lui scosse la testa. –No, sto dicendo che dopo tutto quello che è successo tra noi, dal primo giorno in cui ci siamo conosciuti a questo momento, solo un pazzo sarebbe ancora qui. Io e te non siamo normali, non saremmo qui a parlarne altrimenti.-
-Va bene, siamo un caso clinico. E quindi?- chiesi continuando a non capire.
-E quindi questo fa tutta la differenza! Perché se io non tenessi a te in maniera spropositata, stasera sarei da un’altra parte, lo sai anche tu.- mi disse con semplicità.
-Saresti con la tua ragazza.-
-Probabilmente sì.-
-E non credi che sia scorretto nei suoi confronti, allora?- domandai sentendo le mani prudere dalla rabbia.
-Sì, se avessi una ragazza.-
Non ero confusa, perché confusa era un termine riduttivo. Io ero completamente persa.
-Ma cosa stai dicendo? Ti giuro che sto iniziando a dubitare della tua sanità mentale. Tu stai uscendo con una ragazza, me l’hanno detto!-
-Uscivo. Ci sono uscito solo qualche volta, in realtà.- disse con fare ovvio.
-A volte penso che mi prendiate tutti per il culo.- ammisi.
Ridacchiò. –Un po’ te lo meriti.-
Lo ignorai. –Continuo a non capire.-
-Immaginavo. Provo a spiegartela così: io sono un pazzo, stasera sono qui, alla tua festa, perché non mi importa niente dei sei mesi in cui sei stata chissà dove per evitarmi, perché non mi importa niente che tu abbia baciato Giovanni dieci minuti fa e, soprattutto, perché non mi importa niente di avere la semplicità. Io voglio la lotta, la contraddizione, la difficoltà e la confusione. Mettila come vuoi, ma io voglio te.-
Avrei dovuto metabolizzare le sue parole, elaborare una risposta razionale, avrei dovuto fare tante cose che il copione richiedeva, ma lui si avvicinò a me e io gli saltai al collo e lo baciai. Al diavolo tutto il resto!
Dovevamo sistemare tante di quelle cose, affrontare mille discorsi e risolvere questioni rimaste irrisolte da tempo, ma non in quel momento. Ci avrei pensato il giorno dopo, quello dopo ancora, e quello ancora dopo. Era ancora tutto così incerto, non sapevo cosa ne sarebbe stato di noi, se avremmo avuto un inizio o una fine, ma l’unica cosa da fare era aspettare.
Probabilmente non avremmo avuto un futuro, forse non era destino, ma ero stanca di cercare di prevedere l’andamento delle cose prima che accadessero, volevo viverle.
Così, quando lui mi sollevò da terra per approfondire il bacio, io sorrisi e, per la prima volta in vita mia, misi il cervello in standby.
In quel momento non avevo bisogno di pensare.
Andava tutto bene.







Epilogo


Sono Caterina e questa era una parte della mia storia.
Quella parte in cui Alessandro ha rappresentato il mio tutto, in cui ho capito cos’è l’amore e perché tutti parlano di farfalle nello stomaco (anche se io sostengo la tesi dei calabroni!).
Quella parte in cui ho capito che i legami, a volte, non sono indissolubili come sembra e che l’amicizia è il più alto, ma anche il più complicato valore che la vita ci regala.
Quella parte in cui ho apprezzato le parole, ma di più i gesti. Senza dimenticare che senza parole, però, non siamo niente.
Ho voluto raccontarvi questa storia a tinte nere, bianche e grigie per farvi sapere che nessuno di noi è solo e che, anche se non ci conosciamo, siamo tutti molto più simili di quanto possa sembrare. Perché che il vostro nome sia Caterina, Alessandro, Roberta, Giovanni, Emanuele o Marica, siamo tutti protagonisti di quel grande show ironico allestito dall’universo: la vita.

Non voglio dirvi com’è finita tra me e Alessandro, cosa è successo dopo, perché non è importante. Voglio che immaginiate per noi il futuro che più vi piace: potete pensare che stiamo ancora insieme, se volete, altrimenti potete immaginare che Giovanni sia entrato a far parte della mia vita come più di un amico; se mi avete odiata, invece, potete anche pensare che sia rimasta una “zitella acida” fino ad oggi.
Non ha importanza com’è finita, ma è più che importante sapere che l’amore c’è stato e che, da qualche parte, esiste sempre, forse nascosto, forse sotto altre forme, ma c’è.

Imparate dagli altri e, al tempo stesso, insegnate. Non dubitate mai di voi stessi, le vostre potenzialità sono infinite, dipende tutto da voi. Vogliatevi bene perché siete la cosa più grande e potente che avete, la prima persona su cui potete contare. Vogliatevi bene, perché se non lo fate voi, non lo faranno nemmeno gli altri.

Sono Caterina e questa storia si conclude qui.







Note dell’autrice:

Salve a tutti! :)

Ebbene, eccoci all’ultimo capitolo di “Frammenti”.
Non credo che sia il finale che immaginavate, non si tratta di un happy ending da favola, né del finale perfetto di una commedia romantica.
Avevo previsto di pubblicare l’epilogo successivamente, ma poi ho deciso di integrarlo all’ultimo capitolo per concludere il tutto e spiegare il perché della mia scelta sul finale. Nonostante la storia possa risultare incompleta, il mio intento era quello di raccontare gli eventi e lasciare il finale aperto all’interpretazione che più vi aggrada; non avrebbe senso dirvi se adesso Caterina e Alessandro non si parlano o se sono innamorati pazzi l’uno dell’altra, perché sì, la loro storia, in un modo o nell’altro, ha avuto un esito, ma non sarebbe giusto narrarlo.
Spero che capiate la mia scelta e non la giudichiate troppo “cattiva”. :)

Ringrazio tutti coloro che hanno seguito, ricordato o preferito la storia, coloro che ci sono stati fin dall’inizio e mi hanno sostenuta, anche solo con la presenza silenziosa; ringrazio di cuore coloro che hanno recensito. Siete stati tutti importantissimi e mi avete regalato una forza incredibile, ma, soprattutto, una fiducia in me e negli altri che non credevo possibile: mi avete fatto credere in me stessa e avete fatto in modo che mi sentissi meno sola. Questo è un grande potere e il fatto che lo abbiate condiviso con me mi ha resa felicissima.
GRAZIE, perché siete importanti.
Sarebbero da ringraziare anche i personaggi reali di “Frammenti”, ma in fin dei conti è solo un racconto e io non sono J.K.Rowling (anche se mi piacerebbe). :D Ci tengo, però, a dire grazie ad Afeffa ancora una volta, perché lei ha spronato Caterina a scrivere tutto ciò; probabilmente, senza di lei, la storia sarebbe rimasta incompiuta.

Bene, adesso che ho terminato questo papiro, posso eclissarmi. Spero che continuerete a seguire le mie storie. :)
A presto!

Un bacione,
Jane




  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Jane Ale