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Autore: Serpeverde_    22/04/2014    3 recensioni
Una semidea, figlia della dea della verginità. Ha infranto un' antico giuramento.
La luna scomparirà.
Un'antica vendetta si ripercuoterà su entrambe.
Un impresa per salvare la madre,
una profezia,
un sacrificio,
chi porterà a termine l'incarico?
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Artemide, Leo Valdez, Nuovo personaggio, Percy Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Apachtheís ~ Rapita

(3)

Ma dove sono finita?

 
 

'Sei arrivata' sussurrò la voce, ma stavolta era come se si stesse allontanando e affievolendo pian piano. Non capivo perchè ma quel timbro mi aveva salvato la vita, perchè cercare in tutti modi di aiutarmi se nemmeno riuscivo ad arrivare alla fonte di quella voce? Era come una piuma, volteggiava nell'aria ma ogni volta che riuscivo ad avvicinarmi arrivava una folata di vento che rendeva inutili i miei tentativi di afferrarla.
'Stai attenta alle tue spalle' dichiarò prima di scomparire. Ormai l'avevo persa, e non potevo nemmeno ringraziarla.
Poi il sogno- se era un sogno- cambiò. 
Il sipario si aprì lasciandomi scorgere un'enorme stanza buia illuminata solamente da delle lampade ad olio, leggermente sporche per via della loro antichità. La fiamma era tremolante, e non era sufficiente a riscaldare l'interno. Di conseguenza la temperatura era molto bassa- sotto zero sicuramente- e qua e là gocciolava dell'acqua dal soffitto, frutto di un congelamento.
I colori erano altrettanto cupi, blu e nero padroneggiavano lasciando spazio solo ad una piccola sfumatura di bianco su alcuni sofà. 
Degli arazzi raffiguranti battaglie di guerra greca incorniciavano le pareti, e un arredamento povero riempiva per metà l'intera camera. Al centro sorgeva un tavolino d'oro sul quale erano posti alcuni archi e alcune faretre. Un uomo fece capitolino nella stanza, seguito a ruota da un cane. 
La faccia incurvata in un ghigno, le mani chiuse a pugno come se non vedesse l'ora di scatenare la sua ira tempestosa. I capelli neri come la pece, gli occhi marroni come due grosse pozzanghere e un corpo muscolo e atletico furono al centro dell'attenzione. Il cane che lo seguiva sprigionava lo stesso odio dagli occhi come il padrone, e questo non prometteva niente di buono.
-Rilassati, presto avrai la tua vendetta – affermò la chioma scura- Presto avremo la nostra vendetta – concluse. I suoi occhi scintillavano di una luce pazza.
Una risata spaventosa invase tutta la stanza, e tutto scomparve dalla mia vista.

 



 

 

-Si sta svegliando – affermò frenetica una voce. La mia vista era appannata come se qualcuno mi avesse messo un lenzuolo bianco davanti agli occhi. Poi, per fortuna, cominciai a mettere a fuoco un paio di occhi enormi di fronte alla mia faccia. Dei riccioli neri mi facevano solletico al contatto con la pelle, e un odore di biscotti mi travolse il naso.
La figura sventolò una mano davanti ai miei occhi – Ehilà bella addormentata – urlò. Se avessi potuto avere la forza di reagire, gli avrei già lasciando una bella chiazza rossa sulla guancia. Poi mi concentrai sui suoi riccioli e notai delle piccole sporgenze quasi come se fossero.. corna?
-Piantala Grover – sbraitò una seconda voce, sta volta più delicata. Io riuscii a mugugnare un 'dove sono' strozzato prima di riuscire a sedermi eretta sul letto. 
Provavo un dolore lanciante dietro la testa probabilmente a causa della mia caduta. Mi accarezzai il collo per poi rivolgere uno sguardo assassino vero il ragazzo che mi aveva fatto esplodere i timpani.
Alzò le mani in segno di resa – Insomma era un giorno che dormivi, dovevo pur svegliarti prima o poi!- farneticò.
La ragazza dai riccioli biondi lo liquido con la mano – Vai a cercare Percy, digli che  si è svegliata -
-Sissignora- rispose in tono teatrale, e a passetti corti scomparve dietro una tenda. 
L'atmosfera era pesante, e così cominciai a sudare pur essendo il 20 gennaio. Non riuscivo a scavare nella mia mente, i ricordi erano sfocati: un mendicante e un drago. Scacciai subito quel pensiero dalla testa, non esistono né i draghi né i pazzi mendicanti che fermano il taxi e ti costringono a salirci dentro. 
Rivolsi uno sguardo perso alla ragazza dai capelli biondi e lei sembrò subito notare la mia confusione, come se l'avesse provata anche lei in prima persona.
-Lo so come ti senti, credimi – sussurrò complice, poi prese un panno bagnato e me lo posò in testa – Tutti noi lo siamo stati – continuò - Confusi intendo -
Tutti chi? 
Sorrideva rassicurante ma i miei occhi continuavano ad essere pieni di rabbia, rabbia perchè non riuscivo a capire.
-Che scortese che sono – si alzò rimproverandosi – Io mi chiamo Annabeth – finì porgendomi la mano che a stento riuscii ad aggrappare.
Aveva dei lunghi capelli biondi che sembravano essere fatti di paglia e gli occhi grigi che incutevano timore, ma quel giorno sembravano particolarmente dolci.
- Deborah – risposi sotto voce.
Sorrise nuovamente prima di spostare gli occhi sul mio coltello, appoggiato delicatamente su un mezzo-tavolino accanto alla brandina.
- Bell'arma – si complimentò – Ti servirà molto qui al Campo - 
La parola 'campo' mi aprì un varco nella mente, ricordai cosa stavo cercando quella notte: il Campo mezzo-sangue.
Poi mi sentii osservata, come se mille occhi fossero puntati su di me. Se non avessi sconfitto un 'cane nato male' e non fossi stata attaccata da un drago, beh allora non ci avrei mai creduto ma fermo sul ciglio della baracca mi stavano veramente fissando mille occhi messi assieme. 
- Lui è Argo, il guardiano del campo – continuò disinvolta Annabeth, intanto che il signore multi-occhi mi fece un occhiolino, o meglio un po' più di uno.
Non avevo nemmeno più fiato per urlare, fortunatamente.
Rise scostandosi i boccoli – Ti ci abituerai, è un tipo molto sensibile sai? - 
-Non oso immaginare quante inondazioni vi ha causato – riuscii a controbattere.
Annabeth sorrise compiaciuta, forse era contenta che fossi riuscita a formulare una frase di senso compiuto. Raccattò una bevanda azzurra e a forza mi infilò la cannuccia in bocca – Ti farà bene, vedrai che tra un po sarai più nuova di prima- 
Chiusi gli occhi facendomi pervadere da una sensazione di benessere totale, mentre un sapore misto biscotti si impossessò del mio palato. 
Senza rendermene conto, sorseggiai un quantitativo leggermente esagerato.
Annabeth urlò allarmata – Per gli dei, vuoi suicidarti cara? - 
Continuai a guardarla confusa mentre lei porgeva quel che rimaneva della bevanda al tipo 'tutto-occhi' che con un cenno di approvazione uscì dalla baracca.
-Ambrosia, mai sentito parlare?- scossi la testa – Il nettare degli dei, berne un po' ti rimette in sesto, berne troppo ti incenerisce all'instante- 
La fissai allibita, mi sembrava di essere in un covo di matti. Insomma gli dei? Tipi con mille occhi? Dove diamine ero finita?
- Farai l'abitudine pure a questo- finì rassicurante. Ma quello che vedevo era tutt'altro che rassicurante.
Raddrizzai la schiena e mi sedetti eretta sulla brandina mentre con gli occhi scorrevo ogni angolo della stanza. Il muro era di un colore grigio pallido, e appiccicatevi sorgevano varie armature – greche forse? - e delle spade incrociate. Qualche altra brandina si ergeva accanto alla mia, e su degli scaffali di legno erano appoggiate delle erbe, probabilmente curative. 
- Ti porto da una persona, ti spiegherà tutto lui- incalzò riempiendo il silenzio formatosi. Tanto non potevo fare nient'altro che seguirla come un cagnolina. Mi alzai a stento reggendomi al braccio di Annabeth, e per un secondo rimpiansi quella scomoda brandina. La guardavo ammaliata, aveva un aria possente e fiera di sé come io non ero mai stata, aveva qualche piccolo graffio sulle guance ma non le rovinavano la pelle. Quella ragazza possedeva tutto quello che le altre potessero invidiare: sicurezza, bellezza, intelligenza.
Con una mano scostò il velo marrone che mi impediva di guardare oltre e rimasi pietrificata.
Se ci fosse stato 'il telefono azzurro' avrebbe già perquisito e sequestrato tutto. C'erano ragazzini – anche di dodici anni – con un'armatura che pesava più di loro. Maneggiavano con destrezza dei lunghi pezzi di acciaio – spade, lance, coltelli e tutt'altra roba comune insomma – e combattevano tra di loro con un po' troppo entusiasmo. Si sentiva il suono delle spade che si scontravano e si sentiva il risuonare delle frecce che colpivano il bersaglio. 
Ovviamente avevo esaurito le smorfie, e l'unica che mi comparì sulla faccia fu una come 'oh ci risiamo'. Ne avevo abbastanza, di tutto e di tutti.
Girai la testa e riuscii a scorgere il pino dove poche sere prima ero accidentalmente caduta durante una mia battaglia eroica contro un drago. Quella mattina non incuteva paura come invece faceva durante la notte.
Spostai lo sguardo verso un padiglione senza tetto, contornato da candide colonne greche con una dozzina di tavoli da pic-nic di pietra, era vuota ma qualcosa nella mia mente mi diceva che si sarebbe riempita verso l'ora di cena. 
Scrutavo il mondo come se non lo avessi mai visto prima, e dopo essermi chiesta per almeno un centinaio di volte che cosa fosse quel posto, riuscii a farneticare un – Fico- strozzato.
Annabeth mi rivolse un sorriso accompagnato da un – Si, hai ragione – per poi prendermi per mano e trascinarmi in mezzo a quel via vai di ragazzini e ragazzine.
Tutti mi guardavano incuriositi mentre altri parlottavano sottovoce, riuscii a sentire un 'bene, nuovo fagotto per la casa di Ermes, perfetto' seguito da un tonfo, come una gomitata in piena pancia.
Ermes? Quel nome mi suonava famigliare, come se l'avessi già sentito ad una delle noiosissime lezione della signora Bucket, la professoressa di storia.
Sentii un altro commento arrivare dalla parte dove si trovavano delle ragazze vestite alla moda, piene di trucco e che a differenza degli altri non portavano l'armatura. 
-Guarda come è vestita- urlò una. Abbassai lo sguardo verso i miei abiti, e dovetti proprio darle ragione.
Avevo la maglietta strappata che, per fortuna, lasciava in mostra solo la mia pancia. I jeans, che normalmente sarebbero dovuti essere attillati, erano sgualciti e sporchi di fango. Detto tra noi, ero
proprio un disastro.

Annabeth proseguiva imperterrita trascinandomi da una parte all'altra del campo, non dandomi neanche il tempo di controbattere agli insulti di quelle odiose ragazze.
Sulla mia sinistra si erse all'improvviso un enorme casa bianca, che aveva un'aria possente e mi augurai di non entrarci mai. Accanto ad essa si trovava una specie di stalla, ma molto più grande del normale. 
Vidi un ragazzo – sui sedici anni forse- che era stato appena disarcionato da un cavallo, ma poi mi concentrai su delle 'cose' che sporgevano ai lati del garrese.
Alzai il dito verso il cavallo cercando di attirare l'attenzione di Annabeth – Che cosa diamine è quello? - 
Lei rise rumorosamente come se la risposta fosse una delle più ovvie – Un pegaso, Will è da tre giorni che cerca di montarlo – poi ripartì facendomi cenno di seguirla. Non faceva particolarmente caldo, ma sembrava che il clima fosse controllato. 
Schivai il fendente di un giovane alquanto basso e corsi per raggiungere la bionda che aveva un passo decisamente veloce. Mi portò in prossimità di un'arena dalla quale provenivano i rumori degli scontri
tra.. spade? 

Non riuscivo ad esprimere la mia incredulità, diciamo che mi stavo abituando a tali sorprese. 
Chinai la testa ed assieme entrammo all'interno mentre mi giravo costantemente per trovare la fonte di quelli scontri. 
Sul fondo dell'arena deserta c'era un ragazzo che provava delle tecniche di combattimento con un manichino. Era alto, aveva i capelli corti neri e degli occhi color mare nei quali potevi perdertici dentro. Smise di attaccare il pezzo di legno per asciugarsi la fronte imperlata di sudore con la manica della maglia arancione con su scritto 'campo mezzosangue'. Secondo i miei calcoli avrebbe dovuto avere sedici anni, come me insomma. 
Si accorse di noi solo quando li fummo accanto e solo quando Annabeth gli toccò la spalla. Si girò allarmato alzando la spada e mi chiesi come non sentì i passi pesanti della ragazza sulla sabbia, che potevano essere invidiati da un bisonte.
Annabeth era leggermente più alta di lui, ma per i miei canoni di altezza entrambi erano dei grattaceli. Non mi ritengo bassa, ma di media altezza. Non sono mai stata una spilungona, preferisco rimanere piccoletta ma agile. Insomma, sarò anche bassa ma ho un corpo snello che mi permette di correre e fuggire come una volpe.
Fu sorpreso di vedermi in piedi, da quando potei notare dalla sua espressione sconvolta. 
La chioma bionda alzò un sopracciglio sconcertata – Grover non ti ha avvisato vero?- 
Lui scosse la testa senza mai scollarmi gli occhi di dosso per poi rispondere grave -Pensi che Grover riesca a ricordarsi qualcosa di tutto quello che gli ordini?- Annabeth scrollo la chioma bionda e immagino che stesse pensando tutti gli insulti possibili verso il capo di imputazione. 
Riuscii ad intromettermi nella conversazione, mi sentivo completamente tagliata fuori – Grover? E' per caso il ragazzo che mi ha svegliato? - chiesi anche se sapevo già la risposta.
Lui annuì per poi infilare un tappo alla sua spada che si richiuse prendendo la forma di una penna biro. Se la infilò in tasca con nonchalance per poi rivolgermi un sorriso compiaciuto – Io sono Percy Jackson. Figlio di.. ehm.. lasciamo perdere- 
Annabeth rise alla sua affermazione, ma non capii perchè il ragazzo si fosse contenuto.
Lo scrutai dal basso all'alto e poi contraccambiai la presentazione cercando di sfoderare uno dei miei migliori sorrisi – Deborah Miller – finii.
- Le hai già spiegato come funziona qui?- si rivolse ad Annabeth tagliandomi nuovamente fuori dalla conversazione, come se fossi una bambina idiota che non riusciva a parlare. 
Lei tacque ma nonostante questo Percy sembrò aver capito tutto.
-Come immaginavo, l'arduo compito spetta sempre a me- urlò con tono teatrale facendomi ridere lievemente. 
Contraccambiò la risata pur avendo comunque mantenuto la mente altrove, probabilmente stava cercando un modo per spiegarmi che la mia vita,se faceva già schifo così, poteva diventare addirittura peggio.
- Non voglio mettervi fretta, anzi – cominciai prevenuta – ma se centra con il fatto di quelle voci che sento e che mi fanno andare pazza, con gli incubi e con tutto questo- indicai l'intero campo – beh allora preferirei sapere la verità in fretta, grazie- 
Mi fissavano sconvolti, ma almeno ero finalmente riuscita ad attirare la loro considerazione. Penso che Annabeth mi stesse guardando in quel modo per il semplice fatto che le uniche frasi che avevo pronunciato fino ad all'ora erano composte da un massimo di 5 parole.
- Si..ehm.. so come ti senti – pronunciò e si vedeva lontano un miglio che voleva recuperare tempo – Oh si arrivo Clarisse arrivo! - sbraitò dietro le mie spalle – mi dispiace, il dovere chiama- 
Percy scosse la testa insieme a me, Annabeth non era proprio brava a mentire.
Continuavo a guardarmi intorno, e sinceramente mi era passato per la testa di tutto tranne la motivazione vera e propria.
- Ok sembra proprio che dovrò spiegarti tutto io – affermò perso.
Io annuii incerta, tutta quella sospance mi faceva rivoltare lo stomaco. 
Percy mi fece cenno di sedermi sugli spalti dell'arena, come se volesse accertarsi che io non svenissi... ha fatto bene.
- Ok hai mai sentito parlare degli dei greci? - sospirò cercando le parole giuste.
Annuii nuovamente non capendo dove volesse andare a parare.
- Loro esistono ancora – continuò guardandomi fisso negli occhi – ogni tanto vengono sulla terra ed hanno figli con gli umani, i cosiddetti mezzosangue - 
Non capivo il perchè, ma quelle parole non mi sembravano assolutamente nuove. Non riuscivo a spaventarmi o a rimanere sorpresa, come se in fondo in fondo lo sapessi già. 
-Intendi dire che io..? - 
Lui mi mise una mano sulla coscia probabilmente voleva che io immagazzinassi la faccenda in maniera più tranquilla – Tu hai dei deficit di attenzione giusto? Sei impulsiva e grazie a questo in battaglia ti differenzi dagli altri. Sei dislessica giusto? Le parole volteggiano ogni volta che cerchi di decifrarle
giusto? Questo perchè il tuo cervello è impostato sul greco antico. - concluse comprensivo.

Stranamente non riuscivo a trattenere le mille domande che mi frullavano in testa quindi iniziai con l'interrogatorio – Tutti qui siamo mezzosangue?- 
- Tutti, tranne alcuni come Grover. Ci sono satiri, ninfe e altra gente 'strana' – sorrise.
Continuai imperterrita – Tu mi stai dicendo che tutti qui sono figli di un dio o di una dea? - 
- Si, si danno da fare eh? - Partì una risata anche se Percy subito guardò il cielo che si era fatto di un nero
intenso. -Prima regola – proseguì – mai insultare gli dei-.

Non volli contestare. 
- Beh l'hai presa bene no? - sorrise.
Probabilmente ero talmente sconvolta che non riuscivo ad esserlo apertamente.
- Questo è l'unico posto dove i mostri non ci possono attaccare vero?- 
- Proprio così, dimmi un po' era una lei un lui? – 
Odiavo parlare di mia madre, ma Percy mi sembrò una persona particolarmente sincera.
- Una lei, non l'ho mai conosciuta –
– Per tutti noi è stato così, nessuno di noi ha conosciuto la propria parte divina, loro non possono farsi
riconoscere dai figli, dopo la nostra nascita se ne devono andare-

- Ma che diavolo di regola è questa? - urlai 
- E' nata grazie a mio padre, purtroppo. Mi dispiace per tutti i semidei che non possono conoscere le loro
madri o i loro padri, mi sento completamente colpevole. - chinò il capo e mi sentii profondamente in colpa per aver toccato un tasto così dolente.

- Aspetta un po' tu hai sedici anni giusto? - 
- Quasi, li compio fra 10 giorni - 
-Non capisco- parlava tra sé e sé – com'è possibile? - lo guardai confusa.
- Tu, dovresti essere già stata riconosciuta, questa cosa non promette niente di buono- finì il discorso che
venne seguito da un tuono il quale invase il cielo.


 



Buonaseraa

Com'è andata da Pasqua? Io sto ancora cercando di digerire tutte le uova di cioccolato. Bene, nonostante sia stata via tutto il giorno sono riuscita a scrivere questo capitolo. è lungo si, lo so.
Spero però che vi piaccia, ovviamente dopo di questo cominceranno ad essere più.. eroici? Ma prima dovevo pur sempre far scoprire a Deborah la verità no?
Ditemi che ne pensate, vi saluto.
Alla prossima.



 



Personaggi


Deborah                     Percy                     Annabeth                     Leo                         Piper        



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