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Autore: Eos BiancaLuna    23/04/2014    1 recensioni
[Shakespeare, Opere teatrali]
[Shakespeare, Opere teatrali][Shakespeare, Opere teatrali] Romeo e Giulietta decidono di sposarsi ma il giorno del matrimonio lei conosce Mercuzio e improvvisamente si rende conto di non volersi più sposare. Scritta a 4 mani da me e una mia amica che adoro, basta sul gdr che ci ha fatto conoscere.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: OOC | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Capitolo Settimo

Giulietta suonava l’arpa al centro del salone di casa Capuleti e le note che ne uscivano inebriavano lo spazio intorno con la dolcezza di quella melodia, quando la balia corse ad annunciarle “Figliola…”, si fermò a riprendere fiato, “Il maestro d’armi è qui! Come volevi tu”.

La fanciulla sorrise e allontanò le dita dalle corde dello strumento musicale, si alzò e corse ad abbracciarla “Finalmente! Grazie!”. La donna con la cuffia rossa la strinse “Sei proprio sicura che sia una buona idea?”, la ragazza la guardò eccitata “Dov’è? E’ qui fuori?”. La balia sospirò “In giardino”. Giulietta la ringraziò ancora e corse via mentre la donna le gridava “Sta attenta mi raccomando!”.

Il maestro d’armi che l’attendeva all’ingresso non appena la vide la studiò da capo a piedi meravigliato “Dunque, siete voi la figlia del conte Enrico?” le chiese gentilmente. Lei lo trascinò sul retro del giardino “Si, Giulietta per servirvi”rispose frettolosamente.

L’uomo alto e magro dagli scuri capelli corti le prese la mano e s’inchinò “Maestro d’armi Aramis…E, vostro padre dov’è? Vorrei salutarlo prima di cominciare”. La fanciulla cambiò espressione “Veramente lui…non è in casa adesso, ma tornerà presto!”.

Aramis la guardò meglio da vicino; l’abito rosa pallido, il viso da bambina con qualche lentiggine qua e la e la carnagione bianchissima la facevano sembrare fragile e delicata fisicamente e nell’animo.

“D’accordo” pronunciò e le porse l’arma che le aveva portato “Prendete, questo è un fioretto”, Giulietta lo impugnò senza problemi e scalfì l’aria un paio di volte per provarlo mentre lui le diceva “Per adesso è bene che cominciate con qualcosa di leggero, una vera spada peserebbe troppo per i vostri polsi fini” e sfoderava la sua.

Lei gli puntò l’arma contro e lui alzò la sua “Tanto per cominciare non ridete, e ricordate di studiare ogni movimento del nemico, dovete avere i riflessi sempre all’erta…” sferrò un colpo che lei parò prontamente e poi un altro in basso.

Giulietta sembrava davvero felice, anche troppo per i gusti del maestro, in un attimo la disarmò e lei cambiò espressione. “Ho detto che non dovete ridere, non c’è niente da ridere quando si combatte” pronunciò lui in un tono che non ammetteva repliche. “Su, raccogliete l’arma, subito” continuò neutro. Giulietta ubbidì e cercò di concentrarsi seriamente ,“In guardia!” ordinò Aramis. 

Qualche giorno dopo la fanciulla ricevette una lettera che le aveva consegnato un paggio durante il pranzo, quando aveva riconosciuto il destinatario si era messa a ridere sotto gli occhi interrogativi dei genitori.

Suo padre la guardò da sopra il bordo del calice, “Chi la manda?” chiese sarcastico, Lady Capuleti smise di mangiare e attese curiosa una risposta. Giulietta prontamente la nascose sotto l’abito e disse “La mia amica Arianna…non la conoscete, è una parente del Principe…ma la leggerò dopo, adesso ho troppa fame”.

I genitori si convinsero e cambiarono discorso. “Cara Giulietta” disse il conte, “Adesso che Romeo non c’è più, ho pensato bene che sarebbe opportuno aspettare almeno altre due estati prima che tu prenda marito…”. La figlia lanciò un’occhiata alla madre e alla balia in piedi dietro di lei “Padre, per questa volta siamo d’accordo!” rispose con un sorriso.

Enrico continuò “A meno che io non ti trovi un pretendente degno di te come era l’ultimo, ma sappiamo tutti che fine ha fatto!” e scoppiò a ridere e tossire insieme. La moglie esclamò “Troppo vino! Nutrice porta via la brocca!”, ma i servi furono più rapidi perché il conte rovesciò involontariamente il calice sulla tovaglia bianca che si macchiò ampiamente di rosso.

Giulietta approfittò di quella confusione per sgattaiolare in camera sua. Chiuse la porta, si sedette alla toletta e cercò di non guardare il suo riflesso, poi tirò fuori la lettera e la aprì impaziente.

Sospirò felice quando riconobbe la sua scrittura “Oggi pomeriggio mi vedo con Benvolio e dovrai esserci anche tu. Vengo a prenderti io prima delle tre, ci vediamo più tardi. Tuo Mercuzio”. La ripiegò e la nascose nel portagioie, il suo cuore sembrava impazzito all’improvviso.

La balia aprì la porta ed entrò senza permesso “Giulietta mia, che guaio tuo padre e il vino!” brontolò. La ragazza non l’ascoltò “Balia per favore fammi la treccia, tra poco esco”. La donna richiuse la porta e le si avvicinò “E dove vai, di grazia?”, afferrò la spazzola e cominciò a pettinarla.

Giulietta non rispose ma le sorrise dal riflesso dello specchio. “Eh no, qui c’è qualcosa che non mi convince…Non ti sarai mica innamorata?” la stuzzicò la donna. La fanciulla abbandonò il sorriso “Oh no! Questo no! Hai visto come è andata a finire con Romeo? Io credevo di amarlo, e invece no!”. La balia pensò che se nominava il suo nome senza problemi allora era vero, credeva di amarlo ma non era cosi.

“Quindi non c’è nessun altro?” chiese ancora. Giulietta sbuffò “Chi altro ci dovrebbe essere? Adesso sbrigati che ho poco tempo!”. La balia rise e quando finì la treccia la ragazza si alzò e la ringraziò, “Vuoi cambiarti?” le chiese la donna. Sul balcone atterrò un sasso che colpì la finestra.

“No, non è necessario!” esclamò Giulietta “Adesso vai! E se mi cercano di loro che sono da Arianna e torno presto”. La donna guardò prima lei poi la finestra “Ma…” pronunciò, la ragazza le prese le mani “Ti prego! Non fare domande! Vai e basta” la spinse fuori la stanza e richiuse la porta. Poi si precipitò alla finestra.

Mercuzio l’attendeva pazientemente, sorrise non appena la vide “Sei pronta?”. Lei annuì “Scendo subito!” e corse in corridoio più veloce che poté. Per poco non cadde sull’ultimo gradino delle scale ma si resse alla ringhiera e una volta fuori casa si precipitò sotto la sua finestra.

Lo vide e rallentò il passo. Lui le si avvicinò. “Perché diavolo non ti calmi?” disse Giulietta a se stessa mentre lui la stringeva in un abbraccio. “Come stai?” le chiese preoccupato, “E’ finita la punizione?”.

Lei gli prese la mano e lo condusse verso il cancello “Si finalmente! Mio padre ha deciso che mi lascerà libera altre due estati dall’incubo del matrimonio, e fino ad allora io vivrò in pace! Quando arriverò il momento escogiterò qualcosa per sfuggire al pretendente che lui mi troverà”. Mercuzio scoppiò a ridere “Puoi sempre chiedermi aiuto”. Giulietta lo guardò capendo quello che intendeva prima di farsi aiutare a salire a cavallo.

Arrivarono in piazza e il caldo iniziò a farsi sentire. Scesero da cavallo e Mercuzio gli accarezzò il  muso, Giulietta osservò il candore dell’animale e la sua criniera “E’ davvero bellissimo” disse accarezzandolo a sua volta. “Si” le rispose il giovane, “Lo amo tantissimo”.

La ragazza li osservò mentre lui lo accompagnava ad abbeverarsi alla fontana “So quello che intendi, gli animali sono così..speciali” mormorò avvicinandosi. Mercuzio la guardò con un sorriso dolcissimo e lei distolse lo sguardo arrossendo visibilmente.

“Vieni” le disse lui, “Benvolio ci aspetta alla locanda”.

Entrarono e Giulietta si fermò ad osservare i vecchi ubriachi che invadevano i tavoli lerci e puzzolenti d’alcool. “Lo so, è un postaccio ma sai com’è lui. Non mi ascolta mai” si giustificò Mercuzio notando che la ragazza non era per niente intimidita.

“Non mi sembra che sia arrivato” disse lei avanzando, Mercuzio la seguì un po’ nervoso “Aspetta, è meglio se mi stai vicino”. Giulietta rise “Di cosa hai paura?”.

Una giovane donna non molto più grande di lei con i vestiti strappati avvinghiò il ragazzo all’improvviso “Mercuzio! Sei tornato finalmente da me!”, lui prontamente la scansò “Che cosa? Ti sbagli! Non sono qui per te!”. Ma lei non lo ascoltava e prese a toccarlo ovunque, lui cercava di togliersela di dosso in tutti i modi, ma senza successo.

Giulietta li guardò inorridita e indietreggiò. “Elena smettila!” ordinò tenendole le mani ferme. La ragazza rise di gusto “E dai non fare il timido! Lo sanno tutti che qui io sono la tua preferita! E’ troppo tempo che non vieni a trovarmi, perché non saliamo in camera mia a ricordare quella cosa che ti piace tanto…” e agilmente alzò il ginocchio fino ad appoggiarlo al suo fianco muovendo il bacino.

Giulietta lanciò un’occhiata carica di rabbia a Mercuzio che le ripeteva “Non è come credi” mentre la gente si ammazzava dalle risate, poi si appoggiò al bancone “Oste! Un boccale di vino!”. L’anziano le rispose “Subito mia signora!, la ragazza si sforzò di non voltarsi “Anzi no, facciamo birra!”. Lui prontamente l’accontentò.

Benvolio giunse alla locanda e vide l’amico in difficoltà, gli si avvicinò poi notò Giulietta intenta a bere. Si accorse di lui e lo salutò con un cenno. “Che sta succedendo qui?” chiese all’amico che lo guardò a metà tra il divertimento e la preoccupazione. Gli indicò la ragazza palesemente offesa.

Benvolio sfilò di mano il boccale ancora pieno a Giulietta “Questa non è per te!” , lei protestò “Ma non ho fatto niente di male! Lui piuttosto!” e indicò Mercuzio che stava trattenendo la donna che gli chiedeva carezze e baci.

Benvolio le si avvicinò brusco “Noi dovremo andare!” disse ma lei lo ignorò, si liberò dalla presa del biondo e maliziosamente cercò di alzargli la camicia.

Giulietta le piantò le unghie nella spalla e la fece voltare. “E tu chi sei? Che vuoi?” sibilò quella scostandosi, e tornò a guardare il ragazzo “Lui è solo mio” rise e gli fece scorrere un dito sulla camicia. “Ti ho già detto di non toccarmi!” la rimproverò lui ma lei insistette.

Giulietta la strattonò  per l’abito e si trovarono faccia a faccia, istintivamente la prese per il collo “Allora non capisci! Non lo devi più toccare” urlò minacciosamente. Tutti si zittirono tranne Elena “Non mi fai paura” sussurrò e Giulietta le strinse la gola anche con l’altra mano.

A Mercuzio scappò una risata. In un attimo le sbatté la testa sul tavolo “Possiamo risolvere la cosa con le buone o con le cattive!” continuò Giulietta. Elena con la testa cosi piegata iniziò a piagnucolare “Aiuto mi vuole uccidere! E’ pazza!”. L’oste uscì da dietro al bancone “Vi prego signorina lasciatela, è solo una stupida che non sa quello che dice!” ma Giulietta strinse più forte.

La moglie dell’oste apparve dalle cucine seguita da un paio di prostitute. “Elena!” gridò. Mercuzio trattenne Giulietta per le spalle “Dai lasciala”. Benvolio preoccupato guardò la signora, che era anche la padrona delle ragazze li dentro. Giulietta mollò lentamente la presa ed Elena scivolò a terra piagnucolando.

La vecchia si avvicinò alla ragazza nobile “Avete un gran coraggio a mettere le mani addosso alla mia mercanzia! E cercare di rovinarmela!” urlò ancora. Aiutò Elena a rialzarsi e quest’ultima tossendo e toccandosi il collo guardò Giulietta con disprezzo “Lui è mio! Solo mio!” sibilò.

Mercuzio le urlò contro di smetterla di dire idiozie e lei sdegnata si rivolse di nuovo alla fanciulla “Tu! Ma ti sei vista? Sei ridicola!” e scoppiò a ridere nervosamente. “Io non sono una squallida puttana come te!” le urlò in faccia Giulietta con la voglia di rimetterle le mani addosso.

Mercuzio la trattenne per la vita, “Tu lasciami!” protestò lei, ma lui la bloccò tra le sue braccia possenti. “Non l’ascoltare”, cercò di calmarla. La vecchia s’intromise “Elena vai a fare il tuo lavoro al piano di sopra” e l’accarezzò come si fa con una figlia.

Benvolio gridò “Noi ce ne andiamo da qui!”, la vecchia guardò Giulietta e rispose “E’ un vero peccato che due dei miei migliori clienti se ne stiano andando…”, sorrise maligna. La ragazza si liberò dalla presa di Mercuzio e la mandò all’inferno poi uscì.

I due amici la seguirono, “Stai bene?” le chiese Benvolio dispiaciuto. “Io…”balbettò lei “Io non so che mi è preso, ho perso il controllo mi dispiace!”.  Il ragazzo l’abbracciò “Sta tranquilla, non lo vedrai mai più quel postaccio, adesso andiamo a casa mia”.

La fanciulla si staccò e gli sorrise, si portò la treccia di lato e una folata di vento improvvisa le scostò i capelli davanti che le si erano sciolti.

Benvolio le guardò il collo “Che cos’hai qui?” la toccò sotto il mento. Mercuzio gli tolse la mano “Fa vedere”. Giulietta si scansò ma lui l’afferrò e la costrinse a stare ferma. “Sembra un livido” osservò l’amico “Che sta scomparendo”. Mercuzio si ricordò della festa di fidanzamento dell’amico, quello che era successo in biblioteca…

“Non è un livido” ammise, “E’ un mio morso!” annunciò divertito. Giulietta gli disse di non toccarla e si coprì il collo con la mano. Benvolio guardò entrambi confuso, stava per riaprire bocca quando le campane della chiesa suonarono a morte.

“Di chi sarà il funerale?” chiese invece, Giulietta fece spallucce. Mercuzio propose di andare a vedere ironizzando che erano stati prima dalle prostitute ed ora in un luogo sacro, i ragazzi lo seguirono senza esitare. Una volta dentro notarono quanta gente ci fosse. “Non sembra un funerale” disse Giulietta a bassa voce, “Infatti” osservò Benvolio “E’una messa in onore di qualcuno”.

Mercuzio passò un braccio sulle spalle della giovane “E’ qui che ci siamo conosciuti ricordi…” sussurrò come faceva quando voleva sedurla. “Risparmia il fiato” disse lei brusca e si tolse il suo braccio dalle spalle. Lui rise piano e le toccò la spalla nuda.

“La pianti?” si lamentò lei. Il biondo si stava divertendo nel vederla arrabbiata, “Sennò che fai? Prendi per il collo anche me?” ironizzò. Giulietta lo guardò con rabbia “Sarebbe uno spreco” pensò ma rispose “L’idea mi alletta, non sai quanto!” e tornò ad ascoltare il Frate. “Se non ti conoscessi, direi che sei gelosa” insistette lui e si guardarono di nuovo. Benvolio trattenne uno starnuto “E’ una messa in ricordo di Paride” annunciò.

Mercuzio guardò l’altare e divenne per un attimo triste, non era mai stato sulla tomba dell’uomo che aveva ucciso e adesso gli era venuto in mente quando li in quella chiesa lui lo aveva sfidato a duello. Qualcuno si girò verso l’ingresso a guardarli.

“Vieni, è meglio che non ti fai vedere qui” disse Giulietta e tutti e 3 uscirono. Benvolio chiese se potevano andare finalmente a casa sua, Mercuzio prontamente gli rispose “Certo, adesso andiamo” e guardò Giulietta. Lei guardò il loro amico salire a cavallo e gli andò incontro “Posso venire con te?”.

Benvolio scoppiò a ridere “Non sapevo aveste litigato voi due! Anzi, ultimamente mi è sembrato il contrario”, e le fece posto. Quando anche il biondo fu montato in sella la guardò “Eppure ti preoccupi per me” le ricordò. Giulietta diede un calcetto alla pancia del cavallo di Benvolio e partirono ma Mercuzio li superò al galoppo.

Quando arrivarono a casa Montecchi e lasciarono i cavalli alle scuderie Giulietta chiese a Benvolio “Sei sicuro che non è un problema la mia presenza?”, lui le sorrise e le disse di non preoccuparsi. Giunsero nel salone dei ricevimenti e Arianna intenta a leggere un libro lo chiuse e corse a salutarli.

Benvolio l’abbracciò e le sussurrò “Non mi scappi più adesso”, si baciarono con passione molto a lungo, troppo a lungo… Mercuzio lanciò uno sguardo a Giulietta e lei sbuffò girandosi dalla parte opposta. Ma i due innamorati non ne volevano sapere di staccarsi. Il giovane dei biondi boccoli un po’ intimidito guardò per aria e fischiettò a braccia conserte. Giulietta distolse gli occhi dalla coppia e si guardò intorno finché lo sguardo non le cadde sulle spalle di lui. Restò un po’ a contemplare il riflesso del sole che entrava dalla finestra su quei capelli d’oro. Ad un tratto lui smise di fischiettare e si girò verso di lei, sorridendole.

La ragazza guardò ancora Benvolio e Arianna “Scusate” disse a voce alta. I due finalmente si staccarono ridendo e la fanciulla fidanzata corse ad abbracciare Giulietta “Come stai?” le chiese dolcemente. “Bella domanda…” fu la risposta, Arianna la guardò senza capire e Giulietta le fece cenno di non preoccuparsi.

Mercuzio si avvicinò e le prese la mano ma le sue labbra non la sfiorarono neanche. Non le aveva fatto il baciamano come di solito lo faceva a Giulietta, che in quel momento provò una strana soddisfazione.

“Ragazzi che bello avervi di nuovo tutti qui!” disse Arianna felice e si affrettò a chiamare un servo per far portare un dolce e del thè. “Accomodatevi!”disse ancora la ragazza indicando il divano, Mercuzio fu il primo a sedersi seguito da Benvolio che prese in braccio la sua amata. “Gli onori di casa li fai tu?” chiese Giulietta curiosa mentre prendeva posto tra i due ragazzi. “Si” rispose Arianna e accarezzò i capelli a Benvolio.

“Vivono insieme a momenti!” disse Mercuzio e lei annuì “E’ anche casa tua però!” gli rispose ed entrambi risero. Benvolio baciò Arianna poi guardò l’altra ragazza e il suo migliore amico “Ma è la mia impressione, o avete fatto pace voi due?”. Giulietta cercava il più possibile di dare le spalle a Mercuzio che dopo aver sentito quella domanda la abbracciò ridendo “Noi? Certo! Guarda quanto ci vogliamo bene”.

Lei sbuffò e alzò gli occhi “Ti avevo detto di non toccarmi!”, si alzò perché il servo aveva portato ciò che Arianna gli aveva chiesto, posò il vassoio sul tavolo e chiese se serviva qualcos’altro. “Puoi andare” gli disse Arianna, lui fece un inchino e sparì.

I 4 ragazzi si accomodarono a tavola e Arianna parlò per prima “Permettetevi di dirlo, voi due sareste una bellissima coppia”, guardò Mercuzio che sorrise e prese una fetta di dolce. “Cosa? Di cosa stai…parlando?”chiese distrattamente Giulietta e bevve un lungo sorso dalla tazza. I suoi occhi incontrarono poi quelli di Benvolio che aggiunse “Hai ragione mia adorata, lo penso anche io! Ti dirò, secondo me c’è qualcosa fra loro ma lei sembra non volerlo ammettere”, lui e Arianna scoppiarono in una risata e si guardarono, il ragazzo dagli occhi blu portò una fetta di dolce alla bocca della fidanzata che la morse.

Giulietta si sentì gli occhi addosso di Mercuzio che era imbarazzato più di lei ma non lo dava a vedere. “Avete notizie di Romeo?” chiese Arianna ai due giovani, poi s’interruppe guardò Giulietta allarmata “Oh, scusami!”. Lei le sorrise “Non c’è nulla di cui scusarsi”. Benvolio guardò Mercuzio poi Giulietta “Sicura?”, lei posò la tazza “Sicurissima, perché non dovrei esserlo?” rispose col tono più sincero.

Mercuzio parlò in suo favore “Potete fidarvi, non è una che mente, non ne è capace”. La ragazza sostenne lo sguardo dei tre poi Benvolio si decise a parlare “A quest’ora sarà già a Mantova, ho ricevuto una sua lettera due giorni fa in cui diceva…”.

Un rumore forte di passi lo distrasse, la voce di Lady Montecchi invase la stanza “Ragazzi miei! Arianna, Mercuzio ci siete anche voi! Che gioia vedervi tutti insieme…” i suoi occhi si posarono sulla fanciulla seduta vicino al biondo.

Il sorriso le sparì dalle labbra “Nipote mio che ci fa lei qui?”. Benvolio si alzò “Zia…”, la donna lo interruppe “No ma dico sei impazzito? Tuo cugino è in esilio per causa sua! E lei osa mettere piedi qui in casa Montecchi! In casa mia!”.

Giulietta si alzò seguita da Mercuzio, “Zia, calmatevi! Giulietta è mia amica, è nostra amica!”. “Tu!” gridò lei in faccia al nipote “Tu non sai quello che dici!”, guardò la fanciulla che tanto odiava “Maledetta!” gridò “Guardie!”.

Subito sei uomini armati irruppero nella stanza armati, Mercuzio sguainò la spada e si parò dinanzi a Giulietta. I due furono contornati. Arianna pregò Lady Montecchi di mandarli via e chiarire la situazione ma la donna non la ascoltò. Le guardie puntarono le spade contro i due ragazzi ma Giulietta non ebbe paura.

“Signora vi prego, risparmiate questo scandalo” disse Mercuzio guardandoli uno ad uno, lei rispose acida “Perché mai ci tieni tanto a lei? Che ha portato solo sventure fino adesso?”. La rabbia perché qualcuno stava offendendo Giulietta s’impadronì di lui e si scagliò contro l’uomo che aveva davanti facendolo indietreggiare.

La ragazza dietro di lui approfittò della distrazione di una delle guardie affianco a lei, gli bloccò la mano in cui teneva la spada e con una gomitata in pieno viso riuscì ad appropriarsene. Mercuzio mise fuori combattimento l’altra guardia e si girò a guardarla, gli altri uomini armati furono in procinto di attaccarli mentre la madre di Romeo gridava ancora insulti alla ragazza e Benvolio li intimava a gettare le armi.

I due ragazzi dopo uno sguardo salirono sul tavolo e spalla a spalla si batterono con il resto delle guardie. “Questo è troppo!” gridò Lady Montecchi “Marito, venite qui subito!”. Benvolio sostenne Arianna che sembrava sul punto di svenire.

Mercuzio sferrò un calcio ad una guardia che cadde all’indietro e lacerò parte della divisa ad un’ altra che non era salita, Giulietta parava i colpi che un altro le sferrava sulla lama senza pietà. Si piegò per schivare un suo pugno ma riuscì a ferirgli un braccio. L’uomo urlò di dolore e gettò la spada a terra, con uno spintone della ragazza cadde anche lui. Gli altri che erano rimasti in piedi li guardavano increduli e gli puntavano ancora le armi contro.

Il conte giunse in quell’istante “Basta adesso!” tuonò “Deponete le armi”. I suoi servitori ubbidirono all’istante ma i due ragazzi in piedi sulla grande tavolata no. “Permettetemi di portarla via da qui e nessun’altro si farà male” disse Mercuzio al conte che gli si avvicinò lentamente. Lady Montecchi iniziò a piangere silenziosamente mentre il nipote e Arianna cercavano di tranquillizzarla.

Il conte parlò in tono piatto “Mercuzio vi prego, scendete, evitiamo certi scandali”. Il ragazzo saltò giù con un balzo “I scandali siete voi a crearli” sibilò, tese la mano a Giulietta e lei la prese prima di saltare giu.

L’uomo dinanzi a loro li guardò e mise le mani dietro la schiena “Perché dite questo? Non sono in collera con nessuno io, se non con mio figlio”. Il ragazzo non lasciò la mano di Giulietta “Che volete dire?” chiese dubbioso. Il conte parlò ancora “Sta pagando per un errore che ha voluto commettere, un errore che avrebbe potuto evitare, e la colpa non è certo vostra” guardò la fanciulla con la spada di una delle sue guardie.

“Giulietta, dico bene?” le si rivolse in maniera gentile. Lei lo guardò seria poi annuì. “Si che è colpa sua!” strillò la moglie dell’uomo per poi scoppiare in un pianto a dirotto. Giulietta la guardò rattristata, il conte se ne accorse e le parlò ancora “Sareste cosi gentile da restituire la spada all’uomo a cui l’avete sottratta? Non mi piace vedere le donne che impugnano le armi”.

Lei dopo un attimo lasciò la mano al ragazzo e si avvicinò alla guardia , adagiò lama ed elsa sulle proprie mani e fece un mezzo inchino. L’uomo le si avventò quasi contro, lei rapida puntò la lama a terra fermandola col piede di mono che l’elsa fosse rivolta verso l’alto.

“Perché la sua vita vi sta tanto a cuore?” chiese il conte a Mercuzio, lui lo guardò dritto negli occhi ma non rispose. “Si dice che voi l’abbiate portata via a mio figlio” continuò il conte. La guardia provò ad afferrare la spada che Giulietta agilmente gli sottrasse e gli puntò il bordo al collo trattenendo l’elsa all’altezza del suo orecchio, avrebbe potuto tagliargli la gola in un attimo nonostante lui fosse più alto.

“Nessuno mi ha mai portata via da nessuno, tanto meno da Romeo” pronunciò. L’uomo che aveva davanti la guardò con un filo di terrore. “Come osi nominarlo!” singhiozzò ancora Lady Montecchi.La ragazza abbassò l’arma e la depose di nuovo sulle proprie mani. “Coraggio prendetela adesso” disse trionfante.

Il conte l’aveva studiata per tutto il tempo. Mercuzio invece la guardava temendo che potesse farsi male. La guardia tremante afferrò l’elsa, lei notò il sangue uscirgli dal naso e si allontanò senza dargli le spalle. Tornò dinanzi al conte e Mercuzio le riprese la mano intrecciando le dita alle sue.

“Giulietta mi meraviglio di voi!” disse il conte sincero “Come mai una signorina della tua età è capace a combattere?”. Lei era stanca, aveva voglia di andarsene ma trovò la forza di rispondergli “Velocità, riflessi sempre all’erta, e non dare mai le spalle al nemico. Forse le giovani fanciulle in attesa che qualcuno le salvi dovrebbero imparare tutto ciò”. Il conte sorrise “Strabiliante” mormorò. Lei gli sorrise.

“Non c’è da stupirsi allora se questo ragazzo tiene tanto a voi, forse il motivo è perché siete speciale” disse il padre di Romeo. Mercuzio lo guardò e pensò a quanto fosse diventata assurda quella situazione. Un Montecchi che stimava una Capuleti? E un pomeriggio tra amici andato a finire in sangue. Già, il sangue. Giulietta si guardò intorno: il vassoio del dolce era caduto a terra, le tazze rovesciate avevano tinto la tovaglia del colore del thè. I sudditi del conte erano in piedi e guardavano un punto fisso. Due di loro perdevano sangue ed erano riversi in terra, anche la guardia a cui lei aveva sottratto la spada stava sanguinando dal naso. Ancora di più di prima, sempre di più.

“Devo andare adesso” disse Giulietta, la testa le girò improvvisamente. Benvolio chiese a Mercuzio se l’avrebbe accompagnata lui, Arianna corse ad abbracciarla e la signora Montecchi seduta in un angolo la guardava con odio. “Felice di avervi conosciuta Giulietta” disse il conte, lei lasciò la mano a Mercuzio e gli sorrise brevemente.

Si avviò all’uscita mentre il padre di Romeo chiedeva “Vi faccio accompagnare alla porta?”. “Non ce ne è bisogno” rispose Mercuzio “Conosciamo la strada”.

Il paesaggio intorno a lei aveva preso a girare all’improvviso , chiuse gli occhi e si toccò la fronte. Poi appoggiandosi al muro s’incammino lungo il prato all’esterno della dimora. Mercuzio la raggiunse “Che hai? Ti senti male?”.

Lei si sforzò di tenere gli occhi aperti ma un senso di nausea e tutto intorno a lei che non la smetteva di girare le impedirono di rispondere. Si appoggiò a lui e crollò. Il ragazzo la trattenne e la prese in braccio. “Giulietta! Giulietta!” la chiamò senza ottenere risposta. La portò vicino al pozzo e la distese delicatamente sul prato. Dopo aver raccolto un po’ d’acqua con la borraccia le bagnò i polsi ed il viso.

“Ti prego svegliati, guardami” sussurrò e le adagiò la testa sulle proprie ginocchia. Accarezzò le sue guancie e gli scese una lacrima. Subito l’asciugò con rabbia. La sentì respirare piano ma profondamente e si soffermò a guardarle le labbra rosee. Quella bocca cosi piccola, come le sue mani ed i suoi polsi.

Si sdraiò accanto a lei cercando di scacciare quel pensiero. Ma non fu facile. Le sue dita le sfiorarono di nuovo il mento e la bocca. “Io ti amo” pensò “Ma non so se dirtelo”. Si tirò su a sedere e rimase appoggiato su di un gomito, le accarezzò piano il collo dove c’era quello che restava del morso che le aveva dato giorni addietro.

Il cuore gli batté forte “Perché non riprendi conoscenza?”. Appoggiò la sua fronte a quella di lei sentendosi incapace di fare nulla. Le guardò gli occhi chiusi e le lentiggini che al sole erano più evidenti, le accarezzò la punta del naso poi appoggiò la mano sull’erba e le labbra sul suo viso. Baciò l’angolo della bocca e la guardò ancora, poi lentamente le schiuse le labbra e le sfiorò con le proprie.

Giulietta aprì gli occhi e sobbalzò. Lui ritrasse il viso e lei si tirò su di scatto gridandogli “Che stai facendo?”. Mercuzio l’aiutò a rialzarsi “Finalmente ti sei ripresa!” esultò, “Va meglio?” le chiese togliendole alcune foglie dai capelli. Lei avrebbe voluto abbracciarlo ma si trattenne “Sto bene…Portami a casa adesso” ordinò e si avviò verso il cavallo bianco.

Corse in camera sua e si buttò sul letto, iniziò a piangere prima silenziosamente poi a singhiozzi “Dio, ma che mi sta succedendo?” gridò a se stessa. Si alzò e di fronte allo specchio e si sciolse nervosamente la treccia poi chiuse la finestra sbattendola “Non voglio vederti più” pensò “Non posso andare avanti cosi, guarda cosa è successo oggi. Guarda cosa ho scoperto di te oggi!”.

Mercuzio stava tornando a casa quando rallentò il cavallo “Io quasi quasi tornerei indietro…tu che dici Ares? Torniamo da lei?”. L’animale sbuffò e il suo padrone rise “Sono d’accordo”, invertì la marcia e riprese a correre.

Una volta arrivato lasciò Ares al solito posto, scavalcò il muro e senza farsi vedere da nessuno corse al balcone. Si arrampicò e con un’amara nota vide la finestra chiusa, si appoggiò al vetro finché lei che era seduta al centro del letto con le braccia intorno alle ginocchia piegate alzò lo sguardo verso di lui.

Il ragazzo ebbe una stretta al cuore: il suo bellissimo viso da bambina era rosso e gonfio di lacrime. Giulietta si alzò dal letto e scomparve dalla sua vista. Lui bussò al vetro “Aprimi” disse “Per favore, ti prego apri”.

La ragazza si era appoggiata contro l’armadio con le braccia conserte “L’avevo detto io che non ti volevo vedere” disse e si asciugò le ultime lacrime. Mercuzio si sedette a terra “Starò qui anche in eterno se necessario”, lei sospirò “Prima o poi dovrai aprire la finestra!” disse ancora lui. La ragazza provò ad ignorarlo con tutte le sue forze.

Mercuzio era seduto e incollato al vetro,  per tre volte la vide uscire ed entrare nella stanza senza guardarlo. Ad un certo punto si alzò e bussò di nuovo “Perché non me lo dici in faccia perché ce l’hai tanto con me? Guarda che quelle della locanda non significano niente per me”.

Giulietta lentamente comparve nel suo campo visivo. “Non crederai alle parole di Elena! Fa cosi con tutti! E poi l’avrò vista solo un paio di volte…” continuò il ragazzo guardandola negli occhi. Lei si avvicinò ancora e lui appoggiò il palmo destro della mano al vetro. “Giulietta ti prego, devi credermi! Io non voglio perderti”.

La giovane poteva capire quello che lui le stava dicendo perché nella stanza c’era un'altra finestra aperta, forse se avrebbe chiuso anche quella, la voce di lui non avrebbe più potuto raggiungerla…

Invece appoggiò il palmo sinistro della sua mano al vetro. Il ragazzo si ammutolì e la desiderò ancor di più. Lei non lo stava guardando, era intenta a posizionare le dita perfettamente sopra le sue dall’altra parte della finestra.

Ci fu un istante di silenzio poi Giulietta alzò lo sguardo. Mercuzio appoggiò anche la fronte “Ti amo” pensò ancora e temette che la ragazza riuscì a sentirlo perché gli occhi le si velarono di lacrime e si voltò di scatto.

Sbatté i pugni sul vetro meno delicatamente di prima “Una volta mi hai detto che sono  importante per te, se ci tieni ancora a me allora apri!”. Giulietta trasse un respiro profondo e aprì la finestra “Cos’altro vuoi?” ringhiò. Lui appoggiò i gomiti ai bordi del muro “Che tu sia sincera con me! Dimmi quello che hai dentro, fa qualcosa, sfogati!”.

La ragazza lo guardò seria negli occhi e gli si avvicinò al viso “Sto male, ed è tutta colpa tua”. Mercuzio sorrise beffardo “Non sapevo di essere la ragione dei tuoi mali, almeno fino ad oggi...”, non finì la frase perché lei gli afferrò i capelli e gli guardò il collo, poi la bocca. Passò qualche secondo e Giulietta un po’ incerta se baciarlo o meno gli lasciò i capelli e si voltò.

Lui la trattenne per i fianchi “Hai persino paura di non lasciare le cose a metà?”. La stava provocando e lei ne era consapevole. “Stavo solo cercando di farti tacere” gli rispose divincolandosi inutilmente. “Ah davvero? Strano, perché se io voglio che qualcuno stia zitto faccio questo” e le tappò la bocca.

Giulietta riuscì a liberarsi dalla sua presa esclamando “Lasciami!” e si allontanò di qualche passo. Il giovane scoppiò a ridere “Tu mi vuoi” disse avvicinandosi, Giulietta divenne paonazza. “Io ti piaccio non è cosi?” continuò lui.

“Sei completamente folle lo sai?”replicò lei e si voltò di scatto per guardarlo in faccia, invece se lo ritrovò ad un passo dal viso. Il suo sorriso era capace di farla sragionare. “Certo che lo so, che mondo sarebbe senza follia? E poi, se non fossi cosi folle, non ti piacerei cosi tanto” disse orgoglioso abbracciandola.

Lei lo guardò con rimprovero. “Prova a dire il contrario, se hai coraggio” disse lui prendendole il viso tra le mani. Giulietta arrossì palesemente intimidita, abbassò lo sguardo e gli scansò le mani “Qual’era la domanda?” chiese innocentemente facendolo ridere di nuovo.

Poi Il biondo si toccò la camicia “Ahi…” mormorò, Giulietta quasi urlò “Oddio che ti succede?”. Lui si piegò e indietreggiò “Credo… mi si siano riaperti i punti”. La balia bussò alla porta e la chiamò “Giulietta?”, la ragazza guardò Mercuzio e la porta.

Corse a risponderle trattenendo la maniglia “Si…cioè no, non adesso”, la donna replicò “Tesoro ti senti bene?”, Giulietta sostenne la porta temendo che la balia l’avesse aperta da un momento all’altro. “Ma si sto benissimo, vai e torna dopo, per favore!” insistette, la donna in corridoio si convinse a tornare più tardi e la fanciulla quando fu certa che la sua nutrice si fu allontanato si voltò a guardare il ragazzo, che non era più in piedi piegato in due dai dolori, bensì sdraiato sgraziatamente sul suo letto.

La guardò come se niente fosse. Le gambe accavallate e le braccia piegate dietro la testa. Giulietta si arrabbiò “Ma tu stai benissimo!”, lui si sistemò meglio il cuscino dietro la schiena senza staccarle gli occhi di dosso.

“Dovresti vedere la tua espressione in questo momento Giulietta” ridacchiò. La ragazza afferrò l’altro cuscino e glielo tirò addosso, lui parò il colpo e abbracciò il cuscino. “Sai che ti dico?” tuonò lei con le mani sui fianchi “Vorrei tanto che ti si riaprissero per davvero i punti!”. Il ragazzo annusò il profumo del cuscino e la guardò di nuovo “Oh, questo si che mi fa male” mormorò alzandosi dal letto.

Lei distolse lo sguardo e si concentrò sul letto ormai mezzo disfatto. Mercuzio le si avvicinò dicendole “Tu sai farmi più male delle ferite di guerra…”, la ragazza sbuffò e indietreggiò, lui cercò di prenderla e lei scappò dall’altra parte della stanza.

“Ti ho già detto di non toccarmi” gli disse in tono minaccioso facendolo ridere di nuovo. Lui la raggiunse e lei provò a sfuggirgli di nuovo ma senza successo. “Non avevi sviluppato i riflessi pronti?” le chiese accarezzandole i capelli lentamente e stringendola. 

Giulietta evitò il suo sguardo e cercò di liberarsi ma lui la prese per i polsi e se li appoggiò alle spalle. Gli occhi di lei ammirarono la camicia semiaperta e quello che c’era dietro. “Se vuoi ti faccio vedere” disse lui, e dopo averle lasciato libero un braccio si alzò lentamente la camicia. “Dai non essere timida” aggiunse ridendo perché la ragazza si stava agitando, “Non sei contenta di sapere che sto guarendo? O hai paura di…”.

La giovane lo guardò negli occhi “Io non ho paura di niente! Non l’hai visto oggi?” con la mano libera gli toccò la pelle nuda che era incredibilmente calda. Lanciò un’occhiata sul taglio che si stava rimarginando visibilmente. “In effetto oggi mi hai davvero stupito” disse il ragazzo.

Le dita di lei gli accarezzarono l’addome per un istante di silenzio “Ti fa ancora male?” gli chiese con un filo di voce. “E’ solo un graffietto, tu sei molto più velenosa” rispose lui, ma dolcemente. Giulietta lo guardò per scusarsi ma non riuscì a parlare, era certa che lui l’avrebbe compresa anche senza l’aiuto delle parole.

La porta si aprì di colpo ma la balia non riuscì a dire quello che voleva dire. La vista della sua amata figlioccia vicinissima a quel mascalzone che le avvinghiava un polso e si teneva la camicia tirata su mostrando le sue fattezze, e la mano di lei sulla sua pelle? No, non può essere, disse a se stessa. Ma come si guardarono quei due, non le piacque affatto.

“Voi?” urlò “Che cosa le state facendo?”. Mercuzio si ricompose all’istante e Giulietta si liberò dalla sua presa. “Balia calmati! Non è successo niente” rassicurò la ragazza ma la donna non l’ascoltò, guardò il ragazzo con disprezzo “Lei non è come quelle che voi conoscete! Mio fiore purissimo che ancora non sa quanto l’uomo possa inquinarla” abbracciò Giulietta come a proteggerla.

Mercuzio le rise in faccia “Mi ricordo anche io di voi, bella gentildonna”. La balia replicò “Siete un vile! Un furfante, vi meritereste…”, la ragazza s’intromise “Ma balia non è affatto come dite! Voi non lo conoscete”. La donna la guardò con devozione “Figliola sei ancora molto giovane e inesperta sugli uomini, non sai quello che fanno con le prostitute, non sai quanto possano essere loschi i loro scopi!”.

Giulietta la guardò senza capire poi delle voci di alcune serve annunciarono che era pronto il bagno, si rivolse a Mercuzio “Vai adesso!”. Lui svelto si dileguò dietro alle tende. La balia spalancò la porta e due serve trascinarono in camera la vasca da bagno mentre altre la riempivano con secchi d’acqua calda fumante, acqua di colonia e Sali da bagno.

“Va bene, grazie” disse Giulietta e si affrettò ad accostare la finestra “Tutte fuori, subito!”. Le serve, tra cui Esmeralda ubbidirono e chiusero la porta. La balia cominciò a slacciare il corpetto dell’abito della ragazza e l’aiutò a spogliarsi. Quando rimase in sottoveste la pregò di uscire.

“Ma Giulietta!” replicò lei, “Quel farabutto potrebbe tornare dalla finestra e...”. la ragazza la zittì bruscamente “Adesso finiscila e ascoltami! Lui non è come tu lo descrivi, non lo conosci come lo conosco io e adesso per favore, voglio fare il bagno da sola. Vai, te lo ordino!”. La donna si scusò ed uscì dalla stanza a testa bassa.

Giulietta si chiuse a chiave e sospirò, cominciò a sentirsi stanca. Mercuzio da dietro la lunga tenda rossa la osservava cercando di respirare piano per non farsi sentire. Quando la vide avvicinarsi alla vasca fumante e abbassarsi la spallina della sottoveste girò la testa dall’altra parte imbarazzatissimo e strinse i pugni.

La tentazione di guardare fu forte ma con un grande sforzo resistette. Dal rumore dell’acqua capì che aveva immerso il suo corpo. Scostò la tenda e osservò la sua schiena candida.

Si stava spostando i capelli di lato e dopo averli pettinati si era appoggiata al bordo e aveva socchiuso gli occhi. Incrociò le braccia e vi appoggiò la testa. Per un momento svuotò la mente e si rilassò ma durò poco perché un colpo di tosse la fece sobbalzare.

Riaprì gli occhi e si girò di scatto “Perché sei ancora qui?” gridò. Mercuzio ad un passo dalla vasca scoppiò a ridere “Stai tranquilla, voglio solo farti compagnia” e con un rapido gesto si sfilò la camicia.

Giulietta indignata si gettò i capelli davanti al petto. “No vattene!” replicò ancora lei. Lui le lanciò un’occhiata divertita prima di slacciarsi la cinta. “Guarda che mi metto a urlare e ti faccio cacciare!” si allarmò Giulietta. “Fai pure” disse lui mentre si toglieva le scarpe “Tanto siamo chiusi a chiave” e rise prima di passare ai pantaloni.

La ragazza si girò di scatto dalla parte opposta. “Comincio a pensare che la mia balia abbia ragione…” disse arrabbiata “La forca ti meriteresti! E comunque voglio che tu te ne vada adesso”, si rannicchiò infastidita e si coprì con i capelli il più possibile.

“Quante storie per un bagno!” rispose lui mentre metteva piede in acqua, Giulietta chiuse gli occhi e li riaprì quando avvertì che si era accomodato.

“E’ un vero peccato tenerti quest’acqua meravigliosa solo per te, non essere avida” la stuzzicò Mercuzio innervosendola ancora di più “Ah io sarei avida perché vorrei fare il bagno da sola!”, lo guardò e ne rimase incantata. Il suo viso cosi angelico le sorrise poi si immerse del tutto e dopo qualche secondo tornò a galla. I capelli bagnati si appiattirono e lui se li tirò all’indietro.

Le gocce d’acqua che gli scivolarono giù dal viso e dalle braccia piegate fino alle spalle nude incollarono l’attenzione della ragazza che aveva perso le parole. Lui riaprì gli occhi e appoggiò il mento oltre la superficie dell’acqua. “Forse dovrei chiederti scusa” disse Giulietta.

Il ragazzo le toccò i capelli e l’attirò a se lentamente “Sto per vendicarmi” sussurrò “Trattieni il fiato…”. Lei lo guardò senza capire poi si ritrovò con la testa sott’acqua e un istante dopo respirava di nuovo l’aria “Ma come osi!” replicò e schizzò un po’ d’acqua contro di lui. “Di cosa ti lamenti? Sono stato delicato!” e iniziarono una battaglia di schizzi finché il pavimento non si allagò.

Giulietta si fermò e si appoggiò al bordo per vedere “Abbiamo combinato un guaio” pensò ma non le interessava. Mercuzio si spostò dietro la sua schiena e si ritrovarono opposti a come erano prima. “Tranquilla” le disse “C’è ancora acqua in abbondanza… per coprirti”. Lei fece finta di ridere “Il tuo senso dell’umorismo è notevole”.

Lui si girò e le diede le spalle divertito “Piuttosto, fammi spazio” e le fu addosso. Giulietta istintivamente dischiuse le braccia e lui si accomodò con la schiena contro di lei. “Ti sembra normale quello che stai facendo?” gli chiese facendolo ridere,“Non mi sembra che ti dispiaccia” replicò lui.

La ragazza prese il pettine che aveva appoggiato sul tavolo accanto e iniziò a passarglielo fra i capelli dorati. Sbuffò “Sei patetico, te l’hanno mai detto?”. Lui socchiuse gli occhi “Mi hanno chiamato in modi peggiori, ma io preferisco folle” si rilassò e appoggiò la testa sotto al mento di Giulietta che lasciò il pettine dove era prima e in silenzio gli passò le mani sulle spalle e poi sul petto.

“Non ti addormentare” gli disse accarezzandogli ancora i capelli, lui girò un po’ la testa “E come potrei, sto in paradiso”. Giulietta sospirò soffocando una risata poi spostò la gamba che le si stava addormentando, e l’adagiò sul bordo della vasca. Mercuzio l’accarezzò salendo dalla caviglia al ginocchio e poggiò la mano sulla coscia.

“Credo sia ora che usciamo, l’acqua sta diventando fredda” disse la ragazza vergognandosi. “Meglio” rispose lui “Io ho molto caldo in questo momento” si spostò fino a toccarle la coscia con le labbra, baciò la pelle castamente poi la mordicchiò. La balia bussò forte alla porta e provò ad aprirla “Giulietta!” gridò.

I due ragazzi sbuffarono e si guardarono “Hai ragione, è ora di uscire” disse Mercuzio che agilmente balzò fuori mentre lei si era già coperta gli occhi e afferrò un telo avvolgendoselo in vita. “Adesso arrivo!” rispose Giulietta, poi si rivolse a lui “Girati”.

Il ragazzo poco convinto le diede le spalle lentamente, “E chiudi gli occhi!” aggiunse lei alzandosi. “Ti devi fidare” sussurrò lui. La ragazza si avvolse per bene il telo addossò e si strizzò i capelli facendo ricadere l’acqua nella vasca.

“Giulietta apri!” gridò ancora la balia. Mercuzio si passò un altro telo intorno al collo. “Sbrigati!” gli intimò Giulietta ma sentendo che la balia non la smetteva di calmarsi prese i vestiti del ragazzo e lo trascinò fino all’armadio, lo aprì, prese un vestito a caso e lo costrinse ad entrarci.

“Giulietta che sta succedendo?” insistette la balia “Perché ti sei chiusa a chiave? Giulietta!”. Mercuzio rise mentre si faceva spazio nell’armadio. Lei lo guardò intimandogli di tacere e chiuse l’anta in mondo che gli passasse un filo d’aria. Aprì la porta e la balia entrò di cosa e si guardò intorno.

“Ecco, ho fatto!” si giustificò Giulietta”. La donna non trovò nulla di sospetto, chiamò le serve che portarono la vasca nella stanza accanto per svuotarla e ripulirono per terra. Una volta uscite la balia aiutò la fanciulla a rivestirsi e a spicciarsi i capelli, “Non essere arrabbiata con me!” le disse Giulietta , la donna l’abbracciò “Lo sai che mi preoccupo per te, non voglio che qualcuno ti faccia del male”.

La ragazza le sorrise e la convinse che si sarebbe finita di asciugare i capelli fuori al sole cosi la balia si congedò per andare nelle cucine. Appena fu fuori dalla camera Mercuzio uscì dall’armadio mezzo spogliato e con i capelli umidi,”Se sapesse che abbiamo dormito insieme e fatto anche il bagno, ti farebbe rinchiudere in convento” sghignazzò senza ottenere risposta.

S’infilò la camicia e Giulietta l’aiutò a riabbottonarla poi sistemò l’armadio e gli portò le scarpe. “Come sei premurosa” osservò lui allegro, lei sorrise “Dai vieni, usciamo cosi ci asciugheremo meglio i capelli”, quando il ragazzo fu pronto sgattaiolarono in corridoio e arrivarono furtivi all’uscita che dava sul retro della dimora.

Una volta fuori Giulietta annunciò “Questo è il mio angolo di giardino personale” indicò le molte rose rosse. Lui ne accarezzò una e pensò che le guancie di lei fossero della stessa morbidezza. “Giulietta, dovrei andare adesso” disse a malincuore, “Però prima volevo chiederti una cosa”.

La ragazza gli si avvicinò facendogli cenno di proseguire. “Sei ancora innamorata di Romeo?”, la guardò negli occhi. “Romeo…” gli fece eco lei “Io non lo perdonerò mai per quello che ti ha fatto” indicò la sua ferita “E per quello che mi ha fatto”, sospirò “No che non lo amo, forse credevo di amarlo, ma so con certezza che il mio cuore non gli è mai appartenuto”.

Si guardarono brevemente. “Lascia che ti accompagni” propose Giulietta e lui acconsentì, arrivarono al cancello insieme, due servitori lo aprirono e rimasero in attesa di ordini. “Quando potrò rivederti?” chiese lui, lei fece spallucce poi si abbracciarono e lui la sollevò da terra “Se continui cosi” lo minacciò lei scherzando “Il mio permesso di accettare che tu mi faccia la corte dovrà aspettare”.

Risero e si ritrovarono di nuovo faccia a faccia “Perché fino adesso ti risulta che non te l’abbia fatta?” disse lui facendola arrossire. “Vai!” gli ordinò. Si congedarono dopo altre battute e risate, mentre si allontanava lui le mandò un bacio con la mano.

Giulietta attraversò il viale con l’alta fontana al centro e giunta alla porta di casa trovò la balia e suo padre con gli occhi fissi su di lei. “Va tutto bene?” chiese loro, che annuirono e poi guardarono in lontananza.

Quella notte Giulietta sognò le prostitute della locanda che venivano a casa ad annunciarle di essere tutte quante incinte di Mercuzio. Si svegliò di malumore e a lezione di spada fu più verace che mai. Aramis le insegnò ad usare anche i pugnali visto che lei ne aveva 2 con cui dormiva sotto al cuscino. La balia le ripeteva che se si era presa una sbandata per il giovane dai capelli d’oro era il caso che se la faceva passare il più in fretta possibile.

Giulietta sentiva che c’era qualcosa che non andava in lei, qualcosa di strano. Si diresse nello studio del padre e aprì un cassetto dove non poteva mancare l’occorrente per scrivere. Si sedette dietro lo scrittoio e trasse un lungo respiro profondo.

“Dove sei stato?” chiese Escalus in tono rigido al proprio nipote incrociandolo per le scale. “Zio” rispose Mercuzio “A contemplare una bellezza unica, un fiore delicato e puro e…”, il Principe lo trattenne per una spalla “Ma cosa stai dicendo? Non ti ho mai sentito parlare in questo modo, non è da te!”.

Il nipote rise “Chissà…”, e fece per andarsene ma lo zio lo fermò “Non dirmi che sei finito ancora una volta ad ubriacarti!”. Mercuzio scosse la testa “E a che mi serve? Non ci penso minimamente”. Il maggiordomo dal fondo delle scale li interruppe “Perdonate vostra grazia, ho qui un messaggio per il signorino”.

Il ragazzo scese le scale a due a due e quasi strappò la lettera di mano all’anziano, la aprì e lesse “Caro Mercuzio, perdonatemi ma non so che mi succede. Credo sia meglio non vederci per un po’, anzi forse è il caso di evitarci del tutto. Siete un buon amico ma non voglio affezionarmi troppo a voi. Scusate per queste parole che so ti faranno male ma è meglio cosi per entrambi. Tua Giulietta”.

La rilesse una seconda volta per accertarsi di aver capito bene. Il Principe chiese sbuffando “Allora Mercuzio? Buone notizie?”, il nipote con gli occhi lucidi rispose “Si…Le migliori”, la ripiegò e corse a chiudersi in camera sua. Il tonfo della porta che sbatté risuonò per tutto il castello.

Giulietta guardò la lettera che aveva appena ricevuto appoggiata sul letto, sapeva chi era ad averla scritta ma non aveva il coraggio di aprirla. Camminò su e giù per la stanza poi si fece coraggio e l’aprì, uscì sul balcone e appoggiandosi al muro lesse “Perché hai deciso di farmi questo? Che cosa ho sbagliato? Non dirmi che la tua cara balia ti ha convinta di chissà quali assurdità. Tu sei forte, ne abbiamo passate tante, ti conosco e quella che mi ha scritto non sei tu. Non sai spiegarti cosa ti sta succedendo? Vuoi evitarmi? Te lo dico io il perché, continui a negare che c’è qualcosa tra noi…”

Giulietta iniziò a piangere poi proseguì “Per quanto potremo andare avanti cosi? Lo sai che io ci tengo a te e non ti perderò per nessun motivo al mondo, non puoi liberarti di me cosi facilmente, ciò che voglio più di qualunque altra cosa è stare al tuo fianco, sempre”.

Passò qualche altro giorno, la fanciulla conservava la lettera nel portagioie rileggendola di tanto in tanto. La balia evitava il discorso e Mercuzio non era più venuto a trovarla…Ma lei aveva la sensazione che lui la osservasse quando si affacciava sul balcone, o passeggiava in giardino oppure usciva a cavallo.

Quel primo pomeriggio stranamente nuvoloso Frate Lorenzo giunse a casa dei Capueti per avere un colloquio con Enrico. Il conte lo accolse nel salone sfoderando il suo migliore sorriso “Padre!” esclamò “Venite accomodiamoci!”, il frate lo guardò nervosamente “Non è necessario conte…Vengo solo per un avvertimento”.

Enrico lo guardò perplesso “Che genere di avvertimento?”, si avvicinò al mobile dei liquori e si versò un bicchierino. Il frate sospirò “Questa volta devo infrangere il voto della confessione del giovane Romeo Montecchi…”.

Il conte bevve tutto d’un sorso “Non voglio che quel nome venga nominato in casa mia” sibilò rigido facendo tremare il frate “Ma conte! Il ragazzo ha ammesso di aver colpito Tebaldo ma non di averlo visto morire! E come mai il suo corpo non è ancora stato ritrovato? Non ve lo siete domandato?”.

L’uomo sbatté il bicchiere “Non ditemi che quell’assassino è riuscito ad imbrogliarvi cosi facilmente!” alzò la voce ma il frate non si scompose, “Quello che avevo da dirvi ve l’ho detto” disse “Adesso sta a voi ascoltarmi oppure fare finta di nulla, ma ricordate che vostro nipote può essere ancora vivo!”.

Si congedò e il conte lo fece accompagnare alla porta da un servo, si sedette col bicchiere di nuovo pieno e ripensò alle parole del frate “Tebaldo…” sussurrò.

Un tuono in lontananza fece sobbalzare Giulietta che sdraiata sul letto, si era addormentata vestita. Sgranò gli occhi e si alzò a sedere per guardare fuori dalla finestra; il cielo era nero “Sta per piovere” pensò e si alzò dal letto per socchiudere la finestra. Bevve un sorso d’acqua poi lanciò distrattamente un’occhiata allo specchio. Si sedette a guardare meglio il suo riflesso e all’improvviso capì veramente cosa voleva.

 Corse alla finestra, la aprì e uscì sul balcone. Si sedette sul bordo e lo scavalcò, poi appoggiò un piede alla fitta pianta rampicante e facendosi coraggio vi aggrappò anche una mano, con una spinta si ritrovò aggrappata al muro. Si sforzò di non guardare giù e scese lentamente finché con un balzo si ritrovò a terra.

“Ci sono riuscita” pensò una volta atterrata e guardò ancora il suo balcone, poi stando attenta a non farsi vedere, percorse il retro del giardino e arrivò al cancello, ma c’erano le guardie. Che pretesto avrebbe potuto trovare visto che stava uscendo da sola a piedi e con in arrivo un temporale?

Si guardò intorno poi pensò a come aveva fatto lui tutte le volte che si era introdotto in casa sua di nascosto. C’era una parte del muro di cinta più bassa perché distrutta.

Si avvicinò e dovette arrampicarsi. Impresa ardua visto che indossava un lungo abito bianco, ma alla fine ci riuscì e si ritrovò sul cortile. Corse fuori sul viale alberato appena fuori casa sua e in quel momento una goccia d’acqua le cadde sulla fronte. Mentre sfrecciava tra gli alberi di nuovo quella sensazione. Si fermò ad ascoltare ma non volle guardare indietro.

Ricominciò a correre e giunse in un vicolo che dava sulla piazza. C’erano parecchi ambulanti in giro perché era il giorno del mercato. Lo attraversò a passo svelto attirando l’attenzione di molti passanti.

Mercuzio seduto sui gradini della chiesa sospirava e osservava la piazza gremita di gente. Chi urlava per fare affari, vecchie nobildonne accompagnate dalle proprie dame di compagnia in cerca di chissà quale stoffa per i numerosi banchi, e due donzelle che gli passarono davanti incuriosite. Lui non le guardò nemmeno. Una diede una gomitata all’altra e si fermarono a guardarlo sussurrandosi qualcosa all’orecchio.

Solo quando lui gli lanciò un’occhiata truce decisero che non era il caso e si dileguarono. Il ragazzo guardò distrattamente in lontananza quando un vestito bianco latte e dei capelli lunghissimi e sciolti attirarono la sua attenzione. “Ho le allucinazioni” pensò.

La fanciulla correva fra la gente tenendosi i lembi della veste troppo lunghi e non si preoccupava dell’acqua che stava scendendo. Perché qualche goccia stava venendo giù dal cielo, il ragazzo le sentì sulla mano e perse di vista quella visione...

Giulietta si fermò a pochi passi da lui e il solo guardarlo le riempì il cuore di gioia “Sapevo di trovarti qui” sussurrò fra se e se. Poi lui alzò gli occhi su di lei che sparì di nuovo.

Si alzò frastornato ed iniziò a cercarla fra la gente, sbatté contro un mercante al quale caddero di mano delle collane. “Scusate” gli disse senza guardarlo e proseguì.

La ragazza vestita di bianco gli apparve di nuovo davanti agli occhi e si voltò a sorridergli. Le nuvole in cielo si fecero sempre più nere, un altro tuono in lontananza annunciò l’arrivo imminente dell’acquazzone.

“Mercuzio!” lo chiamò un suo amico quando gli passò vicino “Scusami adesso non posso…”, la ragazza aveva raggiunto un vicolo stretto e stava diventato più veloce. Mercuzio accelerò il passo urtando chiunque ma non gli importò.

La seguì ma lei era cosi dannatamente veloce, e lui come ipnotizzato da quella visione che ancora non riusciva a capire se fosse reale o meno.

L’acqua cominciò a scendere e molta gente si coprì la testa con i cappucci o qualunque altro oggetto avessero in mano. Giulietta si voltò e lo vide seguirla, ma poi lo perse di vista.

Si fermò di scatto a riprendere fiato e si guardò intorno. “Al riparo!” gridò qualcuno e molta gente si avviò verso casa. La fanciulla riprese a correre e giunse dalla parte opposta del piazzale. La pioggia venne giù ancora più fitta.

Lei rallentò e lasciò andare i lembi del vestito, guardò di fronte cercandolo e si fermò al centro della piazza che aveva cominciato a sgombrarsi. Si girò di lato dove c’erano solo ambulanti e dall’altro dove vi era la grande fontana.

Dei bambini le passarono accanto ed un fulmine squarciò il cielo, il suo eco rimbombò forte ed il suo riflesso le illuminò il volto. Sentì dei passi alle sue spalle e si voltò.

Il ragazzo di fronte a lei si avvicinò ancora e si fermò ad un soffio da lei. Si guardarono negli occhi mentre la gente scappava di qua e di là poi anche lei gli si avvicinò. Lui sorrise e le accarezzò la guancia.

Giulietta avrebbe voluto dirgli molte cose ma in quel momento non trovò le parole. La paura di Mercuzio di perderla svanì quando i loro respiri si fusero. Lei lo abbracciò e lui la strinse per la vita.

La pioggia s’infittì pesantemente ma i due non sentirono neanche le gocce sulle palpebre chiuse o il rumore del temporale. La bocca dell’altro era diventata come una droga che creava una dipendenza continua.

Non esisteva più niente, fu come se il mondo stesse per finire, o se fosse già finito e nient’altro avesse più importanza, solo loro due.

L’acqua continuò a scendere invadendo i loro capelli e insinuandosi sotto i loro vestiti mentre nella piazza ormai deserta, diventavano i protagonisti assoluti.

   
 
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