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Autore: T_D_VLm    23/04/2014    1 recensioni
La storia e un proseguo di Twilight.
Cosa succede dopo Breaking dawn?
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Nessie non è pronta per essere adulta, e ha paura dei nuovi sentimenti che prova per Jacob.
Intanto il tempo passa, e la storia gira intorno alla piccola e inesperto Valium.
Bella come una dea e più furba di una volpe.
L'unica persona che riesce a tenerla con i piedi per terra si chiama Charlie Cullen. Ultimo arrivato della famiglia. Bello quando Edward - se non di più- e enigmatico quando basta per far uscire pazzi l'intera famiglia.
Ma il legame che gli tiene uniti e troppo forte.
Riusciranno a stare insieme? E Ness e Jacob?
La sete di pericolo di Valium farà cadere i Cullen nell'ennesima lotta contro i Volturi?
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TRATTO DAL RACCONTO
La vita e dura, ma e solo una. E se è eterna e ancora più difficile.
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ATTENZIONE: il raccontò si divide in due tempi, alternati fra loro, che raccontano la storia di Nessie e quella di Valium.
Vi auguro una buona lettura.
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Clan Cullen, Jacob Black, Nuovo personaggio, Renesmee Cullen | Coppie: Bella/Edward, Jacob/Renesmee
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga, Più libri/film
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The moon prohibited'
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POV Valium
Stavamo entrando in un hotel a cinque stelle. Cercai di non discutere sul fatto che era costoso, e che non dovevamo farci notare.
Eravamo alla reception, quando un bambino mi venne addosso. Cadde a terra, ma si rialzò in fretta, e parlò in italiano per, forse, chiedere scusa.
«Rihito! Rihito!» urlò un ragazzo. Avrà avuto si e no sedici anni. >BR> Venne verso di me, e disse parole incomprensibili.
«Parli inglese?» chiesi io.
«Sei inglese?» chiese lui in una perfetta lingua.
«Americana» precisai.
«Fortunata» mormorò lui.
«Non direi proprio» risposi sorridento.
Mi sorrise. «Scusa mio fratello. Mia madre e occupata alla reception, e mi ha lasciato a fare il babysitter a lui e al suo amichetto» disse dispiaciuto il ragazzo.
«No, può capitare. Lascia perdere» dissi.
Okay, partiamo dal fatto che era carino -occhi neri, capelli neri, muscolatura molto ben sviluppata, e viso da angelo- ma nel suo sguardo c'era qualcosa di strano. Misterioso.
«Comunque, piacere, Malcom» disse porgendomi la mano.
«Valium» risposi stringendola.
«Valium?» chiese scettico lui.
«Si» risposi sorridente.
«Che nome strano!» disse insospettito. Ma a lui cosa interessava del mio nome?
«La mia vita e strana, Malcom» risposi ridendo.
«Non quando la mia» rispose tristemente.
«Sicuro?» chiesi sinceramente.
«Si!» dichiarò.
Ad un tratto, tre persone lo affiancarono. Due donne bellissime, e un uomo stupendo.
La prima donna sembrava la più grande: aveva occhi e capelli castani, di fisico era maggiorata, ma non grassa, aveva la carnagione rosea. Sembrava sud-americana.Un uomo la scrutava preoccupato dall'altra parte della sala. Aveva gli occhi e i capelli neri, ma era bellissimo: alto, muscoloso.
Bellissimo. Ma non come quello che mi stava davanti e scrutava mi divertito: Capelli neri e occhi di ghiaccio. Sembrava sicuro di se. Il suo viso aveva tratti dritti, e il suo fisico era muscoloso abbastanza da sembrare un atleta. E pur essendo così bello, qualcosa mi disse che era pericoloso.
L'ultima donna era alta e molto femminile: aveva lunghi capelli color oro pallido, occhi di un blu intenso, tipo lapislazzuli, il viso era a forma di cuore.
Esprimeva una calma e una tranquillità assoluta. Sembrava un angelo. «Tua madre a detto di salire» comunicò calma quest'ultima.
«Shira si arrabbierà molto, sai?» disse il ragazzo ridendo. Sembrava volesse mangiarmi con gli occhi.
Cacciarmi i miei vestiti - T-shirt con la stampa di un incendio e le parole "bad girl" a cui avevo tagliato le maniche, uno paio di jeans tagliati al ginocchio, le mie calze colorate e le scarpe da ginnastica- e nutrirsi di me.
«E solo una ragazza! Si chiama Valium!» disse lui sulla difensiva. Poi si rivolse a me «loro sono...».
La ragazza da i capelli scuri l'interruppe. «Non perdiamoci in parole inutili! Tua madre ha detto di muoversi!» disse in un strano accento portoghese ormai scomparso.
«Dov'è tuo fratello e Bob?» chiese la bionda.
I due bambini -nemmeno fossero stati chiamati- corserò verso i quattro.
«Bene, credo che possiamo andare!» disse la bionda.
«Aspetta un attimo» disse l'uomo. «Piccola, perché dopo non ci vieni a tro...» si blocco di colpo, e guardò un punto dietro di me.
Mi voltai, e vidi il Succhiasangue che era appena un passo dietro di me. Ricambiava lo sguardo del l'uomo.
«Andiamo?» chiese senza distogliere lo sguardo.
«Certo» risposi. Non volevo contrabbattere o rispondere. «Ciao Malcom» dissi, e mi voltai.
Sentì il Succhiasangue seguirmi a ruota. Fu strano il modo in cui camminò. Sembrava nervoso. Ne ebbi la certezza quando mi mise una mano sulla schiena, come per spingermi.
Non mi lasciò finché non entrammo nella camera.
«Non devi più parlare con quei tizi, capito?» ordinò con fare severo.
Il sangue mi ribollì nelle vene. Volevo ucciderlo con le mie stesse mani! Chi si credeva di essere?! Mio padre?! Era solo un assassino! A cui non devo nulla!
«Stai giocando col fuoco, Succhiasangue» mormorai calma. Ero sempre stata una brava attrice. È l'unica persona a cui non riuscivo a darla a bere era nelle mani sporche di sangue dei Volturi.
Il Succhiasangue imprecò silenziosamente. «Valium, dammi ascolto! Una buona volta, dammi ascolto! Quel tizio con i capelli neri e molto pericoloso! Dammi ascolto!» mormorò fra i denti arrabbiato, sputando le ultime parole.
«Chi? Quello con gli occhi di ghiaccio? Quello bello come un dio? Ho deciso di accettare il suo invito! Magari ho trovato l'uomo della mia vita!» urlai. Non avrei mai accettato il suo invito. Quell'essere, anche se perfetto, mi metteva paura.
«Quale invito?» chiese mio padre dietro di me.
«Cazzo» mormorai sottovoce. «Nessuno. Scherzavo» risposi a voce alta.
«Me l'ho auguro» mi liquidò il Succhiasangue. Si allontanò da me, e andò verso Bella.
«Tesoro, vuoi qualcosa da mangiare?» mi chiese mia madre.
«No» sussurrai.
«Non mangi dall'altro ieri» mi fece notare.
«Si, ma non ho fame» risposi. Stavo per perdere la pazienza. «Okay, vado sotto a fare colazione» comunicai.
Scesi al Bar del hotel. Mi sedette su uno sgabello, ad aspettare il basista.
Mi salutò in italiano. «Sà parlare l'inglese?» chiesi io preoccupata. «Che mi consiglia. L'unico cibo italiano che conosco, e la pizza. Mi affido a lei!» risposi ridendo.
Il cameriere rise. «Le consiglio un ottimo caffè italiano, e un bel cornetto al cioccolato» disse quando finì di parlare.
«Vada per questo» risposi.
Il cameriere si allontanò per servirmi.
Il telefono mi squillo in tasca. Lo presi, e lessi il nome della persona che mi stava chiamando.
«Le chiamate fuori stato costano, sai?» la presi in giro.
«Valium! Basta! Dove siete?» urlò Lhea dall'altra parte della cornetta.
«In hotel. Sono le dieci di mattina e è il santo patrono del paese. Le strade sono colme di gente! Non possiamo uscire fino a sta sera» risposi.
«Cha cavolo di sfortuna!» urlò lei.
«Non sono sorda! Ma se continui così, lo diventerò» risposi io. «E poi lo so che è una cazzo di sfortuna» continuai.
«Valium?» nel suo tono di voce c'era molta preoccupazione. «Ci riuscirete?» chiese tristemente.
«Certo» risposi. «Ora devo andare. Ti saluto! E sappi che mi manchi!». Gli staccai il telefono in faccia.
Se ci avrei parlato ancora, avrei pianto di certo!
Lhea a sempre voluto bene a Charlie, tanto quando ne voleva a me. Era l'unica del branco, con Seth, a sapere della sua esistenza.
Quand'ero piccola, non si annoiavano mai a giocare con noi. Anzi si divertiva.
«Valium!» la voce di Malcom mi svegliò dai miei sogni ad occhi aperti. Era con la donna sud-americana e una ragazzina dai capelli rossi e gli occhi blu. «Come va?» chiese Malcom sedendosi vicino a me.
«Bene, a parte che mi costringono a mangiare» risposi.
«Oh, non si preoccupi, signorina. Una volta che assaggia la cucina italiana, non ne può fare più a meno» s'intromise il barista. Malcom e il barista scoppiarono a ridere.
«Chi ti costringe?» chiese Malcom.
«I miei» risposi.
«Quello che prima ti ha chiamato e tuo padre?» chiese lui.
«No. È mio zio» risposi.
Fu un attimo. Notai i due uomini di prima -quello con gli occhi neri e l'altro dagli occhi di ghiaccio- che osservavano la sala.
«Sei venuta a festeggiare san Marco?» chiese divertito. Non mi accorsi che aveva ordinato anche lui.
«È un caso che ci troviamo qui proprio oggi. Tu?» non mi andava di inventare una scusa.
«Mia madre è una cantante. E venuta a cantare per la festa» rispose.
«La conosco?» chiesi sorridente.
«No. Ma forse fra qualche mese si» rispose ricambiando il sorriso.
«Come si chiama?» chiesi dando un morso al cornetto. Era ottimo.
«Chichi Miyagi» rispose.
«Non siete di qui» non era una domanda.
«Si, mia madre è mezza americana, mio padre e stato adottato, ma entrambi sono cresciuti in Giappone» rispose.
«Adoro il Giappone» sbottai. «Io e mio fratello ogni sabato ci vediamo un anime, e lui colleziona e disegna manga!» continuai.
«Bene. Ne sono contento!» rispose ridendo della mia pazzia.
«Malcom! Non fare l'idiota con le ragazze, se no lo dico a Shira!» minacciò la rossa.
«Shira e la tua ragazza?» chiesi.
«Si! Stiamo insieme da un anno» rispose. Era veramente entusiasta quando parlò di lei. Era innamorato. Lo invidiai tantissimo per questo.
«E tu? Niente fidanzati?» chiese ridendo.
«Ho un paio di persone che mi fanno il filo, ma non m'interessano». Una si! È troppo! Cambiai discorso. «Loro chi sono?» chiesi indicando le ragazze dietro di lui.
«Amiche di mia madre» rispose. Non sapeva mentire. Si vedeva a vista d'occhio che mi mentiva. Ma avevo troppi problemi per pensare a lui.
«Che ne dici se sta sera andiamo alla festa? Ho sentito che ci saranno le giostre. Ci divertiremo» chiese.
«È un appuntamento? Non sei fidanzato?». Non mi sarei arrabbiata, ma non avrei accettato.
«No! E solo un uscita! Niente di più! Non so in America, ma in Italia, uscire tra amici e normale» rispose.
«Che ci fa un giapponese mezzo americano in Italia?» chiesi.
«A mia madre piace l'Italia! Siamo in vacanza» rispose sorridente.
Stavo per chiedergli dove stava, ma il Succhiasangue scese, e dietro di lui c'era Jacob. Perfetto.
«Hai finito?» chiese mio padre avvicinandosi a me.
«No» risposi. Finì il cornetto, e bevvi in un sorso il caffè. Provai a non sputarlo visto che era senza zucchero, e pure amaro.
Malcom, al mio fianco, si mise a ridere della mia espressione. Senza pensarci mi avventai sull'acqua.
«Finito» dichiarai.
Il Succhiasangue stava pagando il conto, e io salutavo Malcom quando incrociai lo sguardo di quel uomo.
Lui mi lanciò un sorriso, e un brivido freddo mi salì per la schiena. Ogni cosa di quel uomo mi urlava "pericolo". Dalle sua bellezza sconvolgente, ai capelli neri e gli occhi di ghiaccio.
Ma anche se mi spaventava, una parte di me provava una strana sensazione nei suoi confronti. Attrazione.
Non saprei descrivere che genere di attrazione era. Ma potrei assicurare che non si trattava della mia sete di pericolo. No. Non lo era.
Mio padre mi afferrò da un braccio, e mi trascinò su per le scale, con il Succhiasangue dietro di noi.
Mi spinse in camera. In quell'istante mi accorsi che era nervoso.
«Che c'è?» chiesi dispiaciuta. «Ti ho fatto arrabbiare?».
«No, tranquilla. Vai a dormire!» ordinò nervoso.
«Cosa?» chiesi intimorita.
«Vai!» urlò. Obbedì senza pensarci.
Mi buttai sul letto, e provai a dormire.
Mi svegliai con la luce del tramonto entrava dalla finestra. Era il crepuscolo, e a terra la gente festeggiava il suo patrono.
Mi alzai, e mi affacciai alla finestra. Le strade erano piene di bancarelle, di urla e di gente vestita di rosso e grigio.
I bambini avevano palloncini, e ridevano felici con i loro genitori.
Perché non potevo essere come loro? Ah, già: perché il mio caro nonnino a avuto la brillante idea di innamorarsi di una umana, che si è sposata e lasciato incinta, per poi trasformarla in un essere immortale dopo la nascita di mia madre, con cui mio padre ha avuto l'imprintigh nemmeno mezz'ora dopo la sua nascita! Okay, sono una sfigata!
Il mio modo di vedere le cose e diverso da quello dei Cullen. Loro giudicano le parolacce un grave sintomo di maleducazione, mentre io le giudico un puro atto di sfogo. Okay, non é l'esempio giusto. Per loro l'amore e una cosa che rende ogni giorno più bello, per me l'amore e una cosa inutile! Anche se il mio cuore batte per Charlie, non vuol dire che io lo ami sul serio!
L'amore rende ogni santo giorno più orrendo, brutto,...Triste! Parlo per esperienza personale.
Qualcuno bussò alla porta, e io sussurrai «avanti».
Mia madre entrò in camera, e scrutò la mia espressione.
«Che c'è?» chiese preoccupata.
«Niente» risposi calma.
«Perché piangi?» chiese.
Stupido corpo del cavolo. «Oh, potrei essere allergica a qualcosa» risposi sorridente.
«Ne dubbito» rispose lei «cosa c'è, tesoro?» chiese.
«Sono solo preoccupata per Charlie. Quando andremo a prenderlo?» chiesi tristemente.
«Mio padre dice che dovremmo aspettare la fine della festa» rispose pensierosa.
«Perché?» chiesi.
«Tuo padre si deve trasformare, e in pubblico non può farlo» rispose.
«Io vado» urlò zia Al dall'altra stanza.
«No! E pericoloso!» rispose Bella urlando.
«Rivuoi Charlie a casa? O non t'interessa?» rispose zia Al.
«Alice, andremo insieme» disse Bella.
«Non è possibile aspettare. La sua vita ogni istante e più vicina a un addio» mormorò zia Al.
«Edward, dì qualcosa!» ordinò Bella. Ci furono istanti di silenzio, poi la porta della suite sbatte, e quella di camera da letto si spalancò.
Bella entrò in camera chiudendosi la porta alle spalle.
Si buttò sul letto, Accanto a me e a Nessie.
«Ti è morto il gatto?» chiesi ironica.
«Basta scherzare! Non solo la vita di Charlie è in pericolo, ma anche quella di Alice!» urlò esasperata. «È lo sapete cosa, quando ho chiesto a Edward di appoggiarmi, lui si è messo dalla parte di sua sorella!».
«È pur sempre un Succhiasangue» mormorai sarcastica.
«Valium!» mi richiamò mia madre. Risi.
«Non è giusto! Alice è in pericolo!» sbottò Bella, scattando a sedere sul letto.
«Bella, calma!» sussurrai assolta nei miei pensieri. E se fossi andata pure io? «Forse dovrei and...» stavo sussurrando prima di essere interrotta da mia madre. «Scordatelo!» sbottò.
Cambiai discorso prima di andare a finire in una discussione. «Jacob che aveva prima?» chiesi in un sussurro preoccupato.
«Oh, nulla. Dice che ha sentito odori non umani, e si è alterato» rispose lei indifferente.
«Mi spieghi perché io non gli sento!» sbottai infuriata. Era da quando ero piccola che parlavano di questi odori inumani. Ma io non ne avevo mai sentito.
«Tu e tua madre avete una parte umana, non dimenticarlo» rispose Bella.
«Ma Charlie...» stavo dicendo, ma Bella m'interruppe «Charlie e un caso a parte, e lo sai!» disse con fare severo.
«Lo so» mormorai.
Nessie mi fece alzare, e andammo tutte e tre nell'altra stanza.
Sul tavolo c'era un vassoio, con varie cibarie.
Mio padre russava sul divano, mentre, il Succhiasangue fissava fuori dalla finestra le persone che festeggiavano e urlavano divertite.
Mi avvicinai al vassoio e iniziai a sgranocchiare qualcosa.
«Se non ci fosse Jacob, potremo già andare. Il sole è tramontato» mormorò il Succhiasangue assolto nei suoi pensieri.
Bella scattò in avanti, e sgranó gli occhi. «Edward?» lo chiamò. Il Succhiasangue si voltò, e incrociò lo sguardo di Bella. «L'ultima volta che sono venuta qui, non siamo mica entrati dalla porta principale» disse. Volevo scoprire cosa avesse in mente.
«Dove vuoi arrivare?» chiese il Succhiasangue. Una strana luce di speranza gli si accese negli occhi. A sentire il suo nome, mio padre si svegliò.
«Sei un genio» mormorò il Succhiasangue.
«Cosa?» chiese mio padre.
Gli spiegarono la loro idea.
Mio padre non sembrò molto entusiasta dell'idea, ma dovette accettare.
Quindi uscimmo dalla nostra camera.
«Valium?» mi chiamò dietro di me Malcom.
«Si?» mi voltai. Mio padre mi fissò, e anche il Succhiasangue mi traffisse con lo sguardo. Gli feci un cenno con la mano, e loro iniziarono ad andare.
«Vai alla festa?» chiese.
«No. Io e la mia famiglia andiamo a ritirare una cosa, e poi partiamo. Credo che dovremmo salutarci qui» risposi sinceramente. Gli lanciai un sorriso, che lui contracambiò.
«Sai mia madre deve andare a Seattle fra due mesi, se vuoi posso passare da Forks, e ci vediamo» disse.
Rimasi confusa. «Come...come fai a sapere che abito a Forks?» chiese confusa.
Impalidì. Mi fissò terrorizzato. Stavo per rifargli la domanda, ma mio padre c'interruppe.
«Valium, muoviti!» urlò.
Gli lanciai un ultimo sguardo, e gli voltai le spalle.
Sentì ancora quella sensazione. Avrei rivisto quel ragazzo, ne avevo la certezza!
CAPITOLO REVISIONATO


Spazio all'autrice:
Eccomi, sono ancora passata a tormentarvi!
Questo capitolo e molto enigmatico, per via di questo misterioso personaggio, anzi di questi nuovi personaggi.
Forse qualcuno avrà già percepito qualcosa dalla descrizione di uno di loro, ma non anticipo nulla. Solo che sentirete ancora parlare di questi strani esseri.
Un bacio, V.
   
 
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