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Autore: Beatrix82    17/07/2008    5 recensioni
Mentre qualcuno attende impaziente i fiori d'arancio e l'arrivo di un nuovo, piccolo mezzosangue, qualcun altro riemerge dal profondo precipizio in cui era caduto, ritrovando la serenità sulle verdi e spensierate colline dei Paoz... 3° volume della saga "Dragonball NG", dopo "Il signore della Terra" e "Moonlight".
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bra, Goten, Pan, Trunks
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo

Prologo 

 

 

NOTA DELL’AUTRICE:

Al fine di poter apprezzare appieno questa fanfiction, consiglio vivamente a tutti i lettori di aver già letto i due precedenti volumi della saga "Dragonball NG": "Il signore della Terra", scritto da me, e "Moonlight", scritta da Likol. 

Come i loro nomi suggeriscono, sono soprattutto "Moonlight" e "Sunshine" ad essere strettamente collegate: in primo luogo, perchè sono nate inizialmente come spin-off della saga principale, poi inglobate ufficialmente in essa, non solo perchè seguivano il nascere delle due coppie principali, ma anche perchè trattavano episodi e situazioni indispensabili per la comprensione futura; inoltre, l’inizio della seconda si colloca temporalmente verso la fine della prima, i cui ultimi episodi si incastrano e si completano con quelli iniziali di “Sunshine”. Questa prosegue poi oltre la fine di "Moonlight".

Nella speranza che seguiate il mio consiglio, vi auguro Buona Lettura.

Beatrix

 

--------------

 

 

 

Mi chiamo Trunks Vegeta Brief e ho trentaquattro anni.

Sono il presidente della Capsule Corporation, una delle società più famose e all’avanguardia del pianeta.

Ah, e sono sajan per metà, dettaglio difficilmente dimenticabile.

Ma scommetto che voi già sapete tutto questo, e credo anche molto di più. Sono sicuro che conoscete alla perfezione la mia storia, e forse ancora meglio quella dei miei genitori. Sapete tutto di Goku, delle sfere del drago, dei guerrieri dorati, di svariati nemici che hanno minacciato la Terra e che i sajan si sono trovati inevitabilmente ad affrontare. Avete seguito le nostre vicende per anni, fino a saperne quasi più di noi stessi, e a volte interpretando persino meglio di noi le nostre emozioni.

Alcuni di voi sapranno anche che quasi un anno fa ha avuto luogo l’ultimo torneo di arti marziali, in cui l’ennesimo nemico giunto dallo spazio ha reclamato il dominio del pianeta. Goku non era più con noi ormai, sparito insieme al drago già cinque anni prima. Ce la siamo vista brutta, senza di lui. Eppure, quando finalmente arrivò mio padre, il solo che aveva anche solo minimamente sfiorato il livello del suo antico rivale, seppur mai eguagliandolo davvero, sentii che sarebbe stato lui, quella volta, a salvare l’umanità.

E così fu, infatti. Ma a prezzo della vita.

Da allora, tutto ha cominciato a cadere a precipizio, come un’auto che esce dal ciglio e comincia lentamente a rotolare giù per un dirupo, sempre più veloce, verso l’oceano.

Mia madre è impazzita, attribuendo a me la colpa della morte di mio padre durante i suoi dolorosi deliri. Mia sorella se ne è andata da casa, incapace di assistere al declino fisico e mentale di chi le aveva dato la vita, trasferendosi nel piccolo appartamento di colui che ho sempre considerato il mio miglior amico, lasciandomi solo e impotente in quella casa troppo grande.

Poco dopo mia madre è morta, raggiungendo in qualche modo il sajan che aveva amato per più di trent’anni, e mia sorella ha scoperto di aspettare un figlio da Goten. Io invece ero ancora solo, spossato, pieno di sensi di colpa. Tutto era diventato estremamente faticoso, anche aprire gli occhi la mattina e sapere di dover vivere un altro intero giorno. Quasi non mi accorgevo che la Capsule Corporation stava cadendo a picco insieme a me, e che io non facevo niente per tirarla su.

C’era solo l’alcol, allora. Il mio unico appiglio. Mi aggrappavo ad esso e lui inevitabilmente mi tirava ancora più giù, come qualcosa di pesante che credi possa salvarti e che invece ti fa andare più a fondo.

Ero ormai parecchi metri sott’acqua, devo dire, e continuavo a sprofondare. Eppure, sentivo di non avere nemmeno la forza di muovere le gambe per spingermi su, e desideravo solo che quella poca aria ancora a disposizione finalmente si esaurisse. Ma poi, quando ormai ero quasi arrivato nelle profondità della fossa, dove non c’è più un barlume di luce, quando credevo di aver toccato il fondo, con gli spettri dei cadaveri in decomposizione dei miei che si scolavano le mie scorte di alcolici e mi invitavano macabramente a seguirli, ho lasciato la presa di quel peso.

Non è stata semplice, la risalita. Non riuscivo ancora a darmi una vera spinta, continuavo a rimanere quasi immobile, eppure ero attirato da alcune voci fuori dall’acqua, molti, molti metri più su. Erano le voci di mia sorella, di Goten, e di tutto il resto della famiglia Son.

Non sarò mai abbastanza grato per tutto ciò che hanno fatto per me. Che tuttora stanno facendo per me. Le nostre famiglie non sono legate solo dallo stesso sangue, questo ha ripetuto Gohan, quando mi ha accolto nella sua casa, qualche settimana fa, dove avrei potuto ritrovare la salute e la pace interiore e ricominciare daccapo. Solo così, salvando prima di tutto me stesso, avrei potuto di conseguenza pensare a salvare l’azienda di mia madre.

Ed è così che mi ritrovo qui, sui Paoz, tra queste verdi colline dove pare che il tempo si sia fermato. Qui non ci sono telefoni che suonano in contemporanea, non ci sono avvoltoi che ti pedinano per sanare i loro debiti, non ci sono paparazzi pronti a coglierti in un momento di debolezza. Qui sono tranquillo, circondato da persone meravigliose, che mi fanno sentire in famiglia, mi fanno sentire come se ancora avessi una famiglia. Qui sono me stesso, come difficilmente riesco ad essere a casa.

Ogni pensiero se ne va, ogni preoccupazione svanisce. In un tale contesto, cominci a vedere tutto sotto un’altra luce, e la scala di valori assume un nuovo ordine. Verrebbe voglia di estraniarsi completamente dalla realtà, di dimenticarsi quello che eri, ma non me lo posso permettere, non fino in fondo.

Proprio adesso, sono seduto alla scrivania di quella che era stata la camera di Goten, davanti al mio portatile di ultima generazione, a controllare i resoconti di bilancio dell’ultimo mese, che la mia diligente segretaria mi ha inviato per email. Sono ancora in negativo, certo, ma di poco, e in lenta ma evidente ascesa, esattamente come me, che sto muovendo i piedi per risalire su, verso la superficie, verso la luce. Per la prima volta dopo molto tempo sento crescere dentro un rinnovato ottimismo. Mi sento fiducioso, so che l’azienda può ancora riprendersi.

Bevo un sorso di spremuta d’arancia, piacevolmente dolce, che Chichi mi ha portato qui insieme a biscotti e tartine. Anche il lavoro mentale fa consumare energie, non solo quello fisico! Mi dice sempre lei, maternamente, mentre mi accarezza la guancia e controlla il mio colorito. I suoi occhi emanano calore sincero, e l’affetto e le attenzioni che mi dimostra sono quelle di una madre, una madre forse meno cittadina e più vecchia maniera di quella che mi ha dato la vita, ma ugualmente capace di donare ai propri figli un amore immenso.

Chiudo il grafico del bilancio e rispondo all’email di Irina, allegandole le ultime istruzioni. Lei è l’unica, alla Capsule Corporation, a sapere tutto su di me, e l’unica a sapere dove mi trovo in questo momento, quando anche i media mi danno per disperso. Fortunatamente, la notizia della mia dipendenza dall’alcol non è trapelata, e la maggior parte della gente pensa che mi sia semplicemente ritirato dagli affari, dopo la morte di mia madre e la conseguente crisi dell’azienda.

Tante malevolenze sono state scritte su di me, tante cattiverie, come quelle che mi definivano un burattino nelle mani di mia madre, incapace di gestire da solo una tale impresa. Ma ho deciso di ignorarle, evitando di leggere i giornali, o guardando la tv con distacco.

Io non ho la minima intenzione di abbandonare la Capsule Corporation. Grazie ad Irina, anche da qui posso seguire in tempo reale ciò che succede in azienda, tenendomi costantemente aggiornato. Quella donna è un portento. Riesce a tenere testa ai fornitori, ai clienti e persino ai giornalisti, assicurando a tutti che il Presidente tornerà presto, che la sua assenza è solo temporanea e che la Capsule Corporation non è assolutamente in fallimento. Non so come avrei fatto senza di lei.

Mi stiro leggermente, i muscoli appena intorpiditi dalla posizione. Decido di alzarmi e fare due passi nella stanza, prima di rimettermi al lavoro e dare un’occhiata ai tagli del personale.

La vecchia camera di Goten è piccola, un po’ disordinata, forse, ma estremamente accogliente. E’ come se in essa avesse lasciato un po’ della sua aura, calda e amichevole, che mi dà in qualche modo ancora la sensazione della sua presenza. Su uno scaffale, insieme a varie cianfrusaglie, un’economica ma coloratissima cornice racchiude una nostra vecchia foto insieme. Deve risalire a poco dopo la sconfitta di Majin Bu. Ci sono due gran sorrisi stampati sulle nostre facce fanciullesche, e l’espressione di chi è convinto che sarà così per sempre. Quanto tempo da allora…e quante cose sono cambiate, a partire da noi stessi, cambiati da come eravamo in quella foto, cambiati l’uno rispetto all’altro…forse troppo…ma forse mai completamente.

Fa ancora uno strano effetto pensare che adesso mia sorella aspetta un figlio da lui, che mio nipote sarà figlio del mio migliore amico d’infanzia. Non riesco ancora a crederci.

E’ un peccato che Goten si sia trasferito in città, adesso che sto qui. Sarebbe stata l’occasione, dopo tanti anni, per condividere un po’ di tempo insieme. In ogni modo, nonostante da sempre sia legato a lui da un rapporto speciale, anche Gohan è un buon amico e un saggio fratello maggiore. Ed è proprio questo di cui ho bisogno in questo momento, di un fratello maggiore a cui poter chiedere consiglio e appoggio. Gohan è un lido sicuro e conosciuto, a cui sempre puoi attraccare con la consapevolezza di essere protetto e al riparo.

Gli impegni all’università lo portano spesso fuori casa per gran parte del giorno, ma Videl è sempre qui per qualsiasi cosa, a compensare la mancanza del marito così come la compagna di Great Saiyaman, un tempo, affiancava il suo bizzarro eroe. Certo, forse non può darmi consigli di marketing o qualche idea su nuovi brevetti da produrre, ma quanto a consigli di vita non la batte nessuno. Le chiacchierate con lei sono più rare ma di gran lunga più lunghe rispetto a quelle con Gohan, forse perché la figlia di Mr Satan è sempre stata più esplicita, diretta e molto meno inibita ad affrontare temi personali. E’ un piacere parlare con lei, poterle raccontare le sensazioni passate negli ultimi mesi, perché lei sa sempre trovare le parole giuste con cui risponderti.

Potrei bussare alla dependance dei coniugi Son in qualsiasi momento, anche a notte fonda, loro mi inviterebbero sempre ad entrare.

Mi fermo davanti alla finestra, le mani nelle tasche dei pantaloni. La giornata è luminosa, il sole alto nel cielo ad illuminare la verde collina. Apro il vetro e mi appoggio al davanzale, godendo del piacevole venticello caldo che aleggia nell’aria. Le temperature sono decisamente in aumento, come dimostra la figura di Pan distesa comodamente nell’erba poco lontano da qui, gli occhi chiusi, i capelli neri sparsi intorno alla testa, la pelle dolcemente ambrata accarezzata dal sole. Indossa una maglietta e degli shorts di un giallo acceso, che da lontano quasi la fanno sembrare un canarino e spiccano con forza contro il verde intenso del prato.

Come posso dimenticarmi di Pan, di quanto la sua presenza sia stata importante per la mia ripresa. Solo guardarla sonnecchiare piacevolmente sotto il sole mi mette di buonumore, mi toglie dalla testa ogni altro singolo pensiero.

Parte della sua giornata la passa nella palestra di arti marziali ereditata da suo nonno Satan, ma è a me che dedica gran parte del suo tempo libero. Non facciamo niente di speciale, in realtà. A volte lei mi racconta qualche episodio divertente successo in palestra, a volte giochiamo a carte o guardiamo la tv insieme, commentando i programmi o discutendo su quello che ci piacerebbe vedere, a volte scherziamo insieme su qualcosa o ci punzecchiamo come ai vecchi tempi. A volte, stiamo semplicemente seduti accanto in silenzio, alla flebile luce del crepuscolo, ad aspettare il tramonto e ad assaporare il piacevole profumo che esce dalla cucina di Chichi, mentre prepara la cena. A volte le chiedo se non abbia mai niente di meglio da fare, che perdere il suo tempo con un povero convalescente, ma lei replica che quello che le va di fare lo sa perfettamente da sola. Allora io scherzo sul fatto che magari sono io quello a non volerla sempre intorno, e lei minaccia di mandarmi dritto addosso una scarica di energia.

Era dai tempi del viaggio nello spazio che non provavo quanto può essere vitalizzante la convivenza con Pan, come riesce a caricarti, nel bene o nel male. Può portarti ad esplodere in una scenata esasperata, come succedeva spesso a quel tempo, così come in una risata liberatoria, ma in pochi altri modi riesci a sentirti così vivo. Ti senti dentro una forza che non avevi mai creduto, ti senti libero ed in grado di abbattere ogni sorta di barriere, quelle che tu stesso hai creato. Senti che non sono più gli eventi a trasportarti passivamente, ma di essere l’unico artefice del tuo destino.

E’ così che mi sento, adesso.

Starei a guardarla per ore, sonnecchiare piacevolmente sotto il sole. E’ cambiata molto rispetto a com’era allora. Anche se riconosco ancora la sua spontaneità, la sua grinta e la sua intraprendenza, è più matura, meno intrattabile. O forse sono semplicemente io che ho imparato come prenderla.

Adesso sbadiglia, ancora ad occhi chiusi, stirando poi i muscoli e allungando lentamente le gambe. Se non altro, è cambiata fisicamente. Accidenti se è cambiata.

Richiudo la finestra, tornando a sedermi alla scrivania ed aprendo l’ennesimo file intestato con il logo della Capsule Corporation. Ancora un’oretta di lavoro e me ne vado fuori anch’io.

Chissà, magari potrei prenderla in giro riguardo a quel suo completo da canarino.

 

Continua…

 

  
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