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Autore: thecitysmith    24/04/2014    2 recensioni
"In un mondo dove le città sono personficate, la Città di Parigi non si vede da secoli, allontanata dagli orrori della guerra e da tutto il peggio che l'umanità le ha sempre offerto di sé.
Enjolras sogna di incontrare Parigi, e di condurre la Città verso un domani migliore.
Quello che non sa é che adesso Parigi é un cinico ubriacone che si fa chiamare Grantaire."

| traduzione dell'omonima storia su ao3 di barricadeuse e piuma_rosaEbianca |
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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(da qualche altra parte, il bicchiere di Lione si infranse sul pavimento.


"Oh," disse a bassa voce.)


Grantaire cadde in ginocchio, graffiandosi una spalla contro la barricata nel cadere. Era circondato dal caos, ma le sue orecchie sembravano non funzionare. Gli uomini che gli combattevano intorno erano sfocati, non emettevano alcun rumore.


La morte di Bahorel non aveva portato dolore, né vero dispiacere. Aveva portato silenzio. Una parte di Parigi era ammutolita. Lo spazio che la voce rauca di Bahorel aveva riempito era ora una voragine desolata.


Grantaire adesso era solo parzialmente consapevole di ciò che stava succedendo. I soldati avevano coperto due terzi della barricata, Courfeyrac, che in precedenza aveva guidato l'attacco al grido di "Seguitemi!" adesso giaceva su un fianco, stringendosi il petto. Sangue schiumoso scorreva sotto le sue dita. Il fiato corto di Grantaire imitava il suo: ah, era per quello che non riusciva a respirare.


Sopra di lui, Gavroche stava puntando il fucile di Javert, che non riuscì a sparare. Un soldato si chinò sopra di lui, ridendo, prima che Marius lo abbattesse con uno sparo. Grantaire ancora non riusciva a respirare, a stare in piedi. Poteva solo inginocchiarsi mentre una certa dolcezza gli riempiva di nuovo la bocca, Marius sulla barricata che combatteva, il suo zucchero mischiato al sale.


"Non sparate a caso," stava gridando Enjolras, ma gli uomini erano nel panico. I soldati sarebbero stati su di loro di lì a poco, e anche su Grantaire. Quale sarebbe stata la loro reazione nel trovare una Città fra i caduti?


"Allontanatevi!" una voce furiosa giunse. "O faccio saltare in aria la barricata!"


Marius era in piedi sulla cima della barricata. Il ragazzo con la faccia a luna piena che li aveva fatti divertire era diventato un uomo nella sua rabbia. Nessuno ci avrebbe creduto se non l'avessero visto con i loro stessi occhi. Stava tenendo una torcia vicino a un barile di polvere da sparo, le mani ferme, senza paura.


"La barricata e te insieme!" Il capitano ribatté. Marius gli lanciò uno sguardo di una calma terrificante nell'avvicinare la torcia alla polvere.


"E me insieme," concordò. Stava dicendo la verità, Grantaire lo sapeva. Il sale, il sapore del mare del dolore, aveva quasi sopraffatto la sua dolcezza. E lì, nell'intreccio dei suoi pensieri: un padre, un nonno, e soprattutto, un'allodola perduta. Ah. Era venuto a morire. Una promessa che Grantaire poteva già vedere compiersi.


(e ovunque, in chiunque altro, nella testa di ogni ragazzo da entrambe le parti, c'era un solo pensiero.


Non voglio morire.


gli occhi di Grantaire si riempirono di lacrime).


I soldati si ritirarono, e la barricata fu libera.


Avrebbero continuato a vivere.


Per il momento.


Grantaire ricominciò lentamente a sentire. Gli uomini stavano esultando. Combeferre, Bossuet e Gavroche circondavano Marius, chiamandolo ad alta voce, invasi da quella folle euforia che lascia capire che sapevano quanto vicini erano al disastro. Marius teneva Courfeyrac su una spalla e lo trasportava verso il café mentre lui sosteneva di star bene.


"Grantaire!" Enjolras era al suo fianco, lo scuoteva. "Sei ferito?"


"Non... fisicamente," riuscì a dire, alzandosi in piedi. Enjolras gli passò una mano sulla spalla e rimase sorpreso nel vederla diventare rossa. Non era una brutta ferita, almeno non per un umano.


"Non stai guarendo," disse Enjolras, piano.


"No, infatti." Non riusciva a sopportare altre domande, non quando lui stesso non sapeva le risposte.


Enjolras ordinò ad alcuni uomini di fare la guardia e andarono insieme nel café dove erano stati disposti i morti e i feriti. Bahorel e papà Mabeuf erano stati messi da una parte. La maggior parte degli altri, feriti da macerie o lame, si aiutavano l'un l'altro a medicarsi le ferite.


A Courfeyrac andò il tavolo. Disteso sulla schiena, smorfie di dolore sul volto mentre Joly gli scavava dentro, cercando di tirare fuori il proiettile.


"Quanto è grave?" chiese Enjolras a Bossuet, non osando interrompere lo studente di medicina.


"Credo abbia sfiorato un polmone," il più imbranato dei loro amici si teneva ben lontano dal tavolo, tenendo le mani dietro la schiena per sicurezza. Aveva sempre avuto il timore di passare la sua sfortuna ai suoi amici.


"Non lo ucciderà ancora," ansimò Joly.


"Questo mi è di grande aiuto," disse Courfeyrac con voce assonnata, gli era stato dato più alcool di quanto perfino Grantaire poteva sopportare. Un occhio iniettato di sangue di posò improvvisamente sul suo capo. "Non curatevi di me. Dov'è Jehan?"


Grantaire si irrigidì. Enjolras attraversò tutto il café, contando i feriti, e poi, con dispiacere, i morti. Jehan non era fra loro. Guardò Grantaire, il blu dei suoi occhi a metà fra un'implorazione e un ordine.


E come poteva rifiutarsi? Grantaire chiuse gli occhi e sentì le strade sotto i suoi piedi, allargarsi nella sua mente immerse nel dolore e nel sangue dei ribelli e dei soldati e infine...un intrepido poeta, preso e tenuto prigioniero dai soldati.


"Lo hanno loro, vivo," disse sottovoce. Enjolras chiamò Combeferre all'istante.


"Dobbiamo proporre uno scambio," disse la guida. "La loro spia per Jehan. Posso andare-"


"E' qui fuori," rantolò Grantaire. Senza fare domande, entrambi lo seguirono all'esterno, su per la barricata per vedere dove Jehan era stato messo sulla strada di fronte a loro. Una fila di soldati era allineata dietro di lui, i fucili carichi.


"Jehan!" gridò Enjolras, "Stiamo arrivando!"


(e Grantaire conosceva il suo amico, e sentiva quello che lui sentiva. Sentì la stretta delle corde, la pressione della benda sugli occhi- no non quando non posso vedere il cielo non fatemi morire senza vedere il cielo- sapeva che Jehan stava freneticamente ripetendo ogni poesia che riusciva a ricordare, ogni ricordo di colore e luce perché nonostante fosse su una strada fangosa, bendato e spaventato, voleva che i suoi ultimi pensieri fossero belli.


E lo furono. Perché disperatamente, così pieno d'amore com'era, Jehan non poté non pensare ai suoi amici. Enjolras, Combeferre, Bossuet, Joly, Courfeyrac… oh, Courfeyrac… così tanti ricordi, così tanta luce, sembrava esplodere intorno a lui)


"Vive la France! Lunga vita alla Francia! Lunga vita al popolo!"


(Jehan era stato il cuore e l'anima del gruppo. Era il loro poeta, ad ogni incontro, in ogni riunione. Sempre circondato da amici, pensò Grantaire. Non si lascia che una persona del genere muoia da sola.)


Uno sparo risuonò.


Cadde il silenzio.


"Lo hanno ucciso..." sussurrò Combeferre.


Enjolras si voltò, gli occhi scuri e pericolosi. La sua furia era improvvisamente così improvvisa e pura che Grantaire ne fu quasi accecato. Barcollò e poi dovette corrergli dietro mentre Enjolras si precipitava verso il café e strattonava Javert per il colletto.


"I tuoi amici ti hanno appena sparato," ringhiò.


"Enjolras fermati!" Grantaire tentò di afferrarlo. Enjolras tirò fuori la pistola e la puntò alla testa di Javert. Le sue mani stavano tremando troppo perché potesse prendere la mira, il suo bel volto era distorto da qualcosa di irriconoscibile. Qualcosa di brutto.


"Non diventare come loro," disse Grantaire con delicatezza. "Non sei un assassino. Jehan non avrebbe voluto che tu ti abbassassi a tanto per causa sua."


Enjolras abbassò l'arma.


Si allontanò a grandi passi, con Grantaire che lo guardava. Accanto a loro, un pallido e bendato Courfeyrac riuscì solo a sussurrare "...Jehan?"


"Mi dispiace, amico."


Courfeyrac cominciò a piangere.


Era insostenibile. Grantaire poteva sentire i soldati che scaricavano il corpo di Jehan da una parte, lasciando che i suoi lunghi capelli si infangassero nelle pozzanghere. Grantaire ritirò i suoi sensi e li richiuse più strettamente possibile, ripiegandoli nella parte più remota della sua mente.


Enjolras era da tutt'altra parte, lontano dalla barricata, e parlava con alcuni uomini. Per una volta, Grantaire non lo seguì, sapendo che aveva bisogno di tempo. Così, invece, l'ubriacone rimase lì per un po', facendo scorrere lentamente lo sguardo dalla fine della strada, sui negozi chiusi e le misere soglie delle case, alla barricata. Una strada così piccola, poco importante. Una barricata così piccola. E poi, Grantaire lo seppe. Con la serenità di un profeta, pensò:


Morirò qui.


Les Amis si erano infiltrati fra le crepe della sua anima. Toglierli lo avrebbe mandato in pezzi- adesso lo sapeva. Intere parole, poesie, canzoni, erano tutte sparite da dentro di lui quando Jehan era morto. Si sentiva inferiore per questo.


Non era nuovo per una Città essere influenzata più da un gruppo di persone che un altro. Bastava guardare ai nobili, a come avessero sempre tenuto le Capitali per le orecchie. (beh, Grantaire sorrise nonostante tutto, non sempre). Ma quando l'amore era versato nella miscela le cose si facevano pericolose; quando un umano superava quella connessione, poteva consumarla, e lui e la Città insieme. L'amante di Pompei era morto, e così lei aveva deciso che dovevano morire tutti gli altri.


Ma Parigi non sarebbe stato così crudele. Nonostante avesse fucili puntati alla schiena e una bottiglia in mano e cicatrici sulla sua pelle... amava ancora i suoi figli. Non credeva in loro. Ma li amava. E così avrebbe seguito il suo amore nella tomba, come aveva fatto la dolce Versailles quando la sua Marie era morta. Una nuova Parigi sarebbe arrivata, alla fine. Lasciate che sia lui a sfregiarsi. Lasciate che Grantaire dorma.


Le Città erano sempre influenzate, c'era solo da chiedersi quale umano lo avrebbe fatto. Se aveva la possibilità di scegliere con chi morire, i Les Amis non sarebbero stati così male. No. Non sarebbe stato male per niente.


(ovviamente c'erano storie di Città che erano riuscita liberarsi completamente degli umani. Ma erano solo quello: storie. Storie dell'orrore. Storie di fantasmi.

Storie di Atlantide)


Grantaire bevve. Sapeva di sale. Così Les Amis avevano Parigi- proprio come volevano. Ma forse Parigi non aveva la sua gente. Quasi rise. Ad ogni modo, era troppo tardi per loro, o per lui. Aveva fatto la sua scelta.


(la scelta di chi? Sua? O di Grantaire?)


Bevve di nuovo, e poi andò alla barricata e si offrì volontario per fare la guardia, sorprendendo quelli che stavano lì seduti. Così, fu il primo a sentire uno strano grido. Come quello di un ragazzo sperduto. Si girò in tempo per vedere il volto di Marius contrarsi in una smorfia di dolore.


C'era una traccia di sangue dalla barricata alla soglia di una casa.


Grantaire chiuse gli occhi lentamente. Non sapeva quanto ancora poteva sopportare. Respingendo ancora Parigi più forte che poteva, si costrinse a guardare (perché un umano- un amico- lo avrebbe fatto). Su quella soglia, Marius stava stringendo a sé un corpo. A prova di quanto Grantaire avesse represso i suoi istinti, gli ci volle un po' per rendersi conto che fosse una ragazza travestita. Marius era distrutto. La ragazza stava peggio.


"Éponine. Cosa ci fai qui?" stava chiedendo Marius.


Lei sorrise. "Sto morendo."


"Cosa? Non dire così."


"Zitto. Non lasciare che mio fratello mi veda, lo renderebbe solo triste, monsieur. Lascia che continui a cantare." Sospirò. "E' una cosa strana. Sono venuta qui per morire con te. Invece ti ho salvato."


"Mi hai salvato? Eponine..." la voce di Marius si ruppe. "La tua mano... sanguina. E' dove-?"


"Sì, è stata bucata quando ho preso il proiettile che ti avrebbe colpito."


"EEponine come posso- ma- ma c'è così tanto sangue..." si stava espandendo, scuriva i vestiti di entrambi. C'era del sangue a un angolo della sua bocca. "Posso chiamare Joly."


"No, è solo la mano. Diciamo che è solo la mano." Non era mai stata così felice in tutta la sua vita, lì, fra le braccia di Marius. Era caldo dove lei era fredda, ma era sempre stato così, non è vero? Non voleva che se ne andasse. "Ha senso. Questa è la mano che avrebbe dovuto consegnarti qualcosa."


Infilò la mano sana in una delle sue tasche e gli passò una lettera.


"Eponine..."


"Faresti qualcosa per me? Puoi promettermelo?"


"Sì, qualsiasi cosa."


"Dammi una bacio sulla fronte dopo che sarò morta."


Marius, che in verità non aveva mai amato nessuno prima né dopo Cosette, era senza parole, e si vergognava. Non poteva darle quello che lei voleva davvero. Ma poteva darle questo, forse.


"Lo farò."


"Sai, monsieur Marius, credo che fossi un po' innamorata di te." Provò a sorridere, e morì. Marius la strinse a sé, chiamandola prima di realizzare che era morta. C'erano lacrime sulle sue guance e lui le asciugò prima di baciarla sulla fronte.


Eponine era un'anima infelice. Grantaire sarebbe dovuto essere contento del fatto che adesso era in pace, ma quando era morta, aveva portato con sé l'ultima parte della dolcezza di Marius. Non avrebbe più sorriso nello stesso modo.


Gli occhi gli si colmarono di lacrime, e Grantaire le lasciò cadere.


Iniziò a piovere.


X


La pioggia si rovesciava sulle strade di Parigi, riempiendo i canali di scolo e facendo ingrossare la Senna. Gocciolava anche nelle catacombe, ma quelle rimanevano vuote e buie come sempre. Marius aveva portato il corpo di Eponine dentro già da un po', e adesso era in piedi fuori dal café, i capelli resi lucidi dalla pioggia, e proteggeva la lettera in una mano.


Grantaire concentrò la sua attenzione altrove. Alcune cose dovevano rimanere private. Avrebbe tagliato fuori le morti se avesse potuto, ma le Città non possono, non quando una parte della loro anima stava gridando.


L'immagine di quella triste lettera accartocciata nella mano di Eponine non voleva lasciarlo. E con lei, veniva un bisogno che lo consumava.


Aveva delle lettere da scrivere.


Forse era a causa dei secoli di abitudini di cui cercava di liberarsi. O la sua morte che si avvicinava; che gli diceva di adempiere all'ultimo dovere di Parigi. O forse era la sottil solitudine dello stare lì da solo, all'ombra della barricata. Tenendo i sensi abbastanza all'erta per percepire l'arrivo dei soldati, Grantaire prese la borsa che Jehan aveva lasciato indietro. (il suo corpo giaceva abbandonato dall'altro lato, fra fango e pioggia.) Così, con le ultime pagine del poeta, Grantaire cominciò a scrivere.


Aveva perso il gusto per le parole già da molto. Le sue lettere erano tutte corte. Abbastanza corte da permettergli di strappare le pagine per essere sicuro che gli bastassero. Ne aveva così tante da scrivere. Ognuna richiese tempi diversi. Le più veloci gli vennero prima.


Richieste a Londra e Varsavia. Scuse per Vienna, Budapest e Madrid. Consigli a Lisbona e Berlino (e se davvero amate quelle stupide Città inglesi, o chiunque altro, amate con passione. E proteggete il vostro amore meglio di come ho fatto io.). A Roma, un umile addio. E ad Atene:


Avevi ragione. Ed avevi torto, così tanto.


Le lettere ai suoi fratelli non furono meno corte, ma gli presero molto, molto più tempo. Le strinse a sé, chino sulle ultime pagine in fare protettivo mentre l'acqua cadeva sull'inchiostro. Se era pioggia o qualcos'altro, nessuno poteva saperlo tranne Parigi.


A Lione- "Mi dispiace."


Tolosa- "Prenditi cura di loro. E' il tuo turno adesso."


Versailles- "Non dare ascolto ai fantasmi."


Marsiglia- "Non smettere mai di cantare."


Alla fine, a Rouen- "La piango ancora. Una volta non riuscivo a capire la tua paura degli umani. Adesso, forse, ci riesco. E ti perdono."


E finalmente, a Bordeaux- "Cuore mio. Dolcezza. Perdonami, non sono venuto via con te. Ma sappilo, ti prego, se fossi stato un uomo migliore, avrei potuto amarti."


Aveva finito. Aveva compiuto il suo dovere. La Città si morse il pollice fino a farlo sanguinare, e poi lo posò delicatamente come un sigillo accanto agli indirizzi di ogni lettera. Gavroche aveva appena preso una lettera di Marius, e stava superando la barricata quando Grantaire lo chiamò, porgendogli le lettere.


"Puoi consegnarle?"


"Sicuro, monsieur, se sapessi come."


"Portale per strada, il vento saprà cosa fare." Era un vecchio modo. L'ultimo frammento di magia in questo mondo pesante, metallico. Una volta fuori dalla vista dell’autore , le lettere sarebbero scomparse fra mattoni e pietra e cielo- arrivando sulla soglia delle altre Città entro un giorno- mancanti solo la macchia di sangue. Antiche magie richiedevano antichi sacrifici, dopotutto.


Gavroche sbatté gli occhi. "State sanguinando, Monsieur."


La spalla di Grantaire non era ancora guarita.


"Sto bene, vai adesso."


"Tornerò prima della battaglia," promise il ragazzino. Grantaire lo guardò allontanarsi, e sperò vivamente che il destino non fosse così crudele.


"Proteggetelo," sussurrò alle strade. "Nascondetelo, tenetelo al sicuro. E se potete, tenetelo lontano." Era l'unica cosa che poteva fare. Era ancora una Città.


(e allora perché stava ancora sanguinando?)


La pioggia si fermò lentamente, e Grantaire finse che non fosse perché la paura aveva affondato i suoi artigli nel suo petto. Non aveva risposte per questo, e ogni lettera per Roma o Atene sarebbe arrivata troppo tardi.


Gli uomini, almeno, sembravano di buon umore. Con la polvere da sparo dei soldati bagnata dalla pioggia, ne approfittarono per ingrandire la barricata. In un breve momento di riposo, Feuilly incise qualcosa nel muro di fronte al café. Grantaire avrebbe letto quelle parole molto, molto più tardi.


"Grantaire," Enjolras era con lui, il blu dei suoi occhi nuovamente dolce. "Vado a controllare come stanno le cose per gli altri."


"C'è una casa disabitata qui sulla destra, vai lì e aggira le strade. La maggior parte dei soldati sono bagnati ed irritati, non ti vedranno," disse Grantaire all'istante. Enjolras sembrò vagamente divertito.


"Stavo per dire torno subito." Scosse la testa e baciò Grantaire su una guancia, con un lieve sorriso. Molto lieve. Sembrava stanco. Prima che Grantaire potesse dire altro, Enjolras si allontanò e sparì nella casa che Grantaire gli aveva indicato.


Erano rimasti trentasette uomini. L'attacco sarebbe arrivato all'alba. Senza cibo ma con molto da bere, non c'era altro da fare che aspettare. E ancora, gli uomini erano allegri. Credevano tutti che entro un giorno, la rivoluzione sarebbe scoppiata. Così gli uomini si radunarono e fecero brindisi: ai caduti, alla rivoluzione. Si avvicinarono ai loro amici e cantarono canzoni che volarono al di sopra della barricata, facendo distogliere lo sguardo ai soldati, incerti su cosa provavano. Quella notte, le loro voci riecheggiarono per le strade di Parigi.


(si dice che se vai in una certa strada di Parigi, a notte fonda, quanto ti senti solo, puoi ancora sentirli cantare)


Poi Enjolras tornò.


E i suoi occhi erano come le oscure porte delle catacombe. Grantaire lo vide per primo, il suo corpo si fece freddo e pesante- un cadavere che galleggia nell'acqua- e il silenzio si diffuse come una malattia. Le canzoni e le risate si spensero mentre tutti si voltavano verso il loro capo, in piedi, tremante e pallido. La sua voce era forte come sempre, però.


"Entro un ora, un terzo dell'esercito di Parigi ci sarà addosso, insieme alla Guardia Nazionale. Il popolo... non si è sollevato."


Le strade di Parigi erano vuote.


Grantaire si prese la testa fra le mani.


Una certa calma si diffuse fra gli uomini. Non era una pausa dall'azione, piuttosto un profondo respiro dopo un eccesso, Eccoli al punto di svolta dei loro destini; avrebbero potuto scappare ed essere cacciati come insetti, o avrebbero potuto combattere e morire. Potevano farsi ricordare nella vergogna o nella lotta. La rivoluzione si reggeva sul filo di un coltello.


Una voce gridò. "E così sia! Facciamo una protesta di cadaveri!"


A quelle parole, gli uomini tornarono in vita ruggendo, gridando tutti la loro sfida alle strade disattente.


"Moriamo affrontandoli!"


"Facciamogliela pagare per ogni uomo!"


"Se il popolo ha abbandonato la repubblica, dimostriamogli che l'ideale della repubblica non ha abbandonato il popolo!"


"Un giorno sorgeranno altri a prendere il nostro posto!"


(nessuno seppe mai chi fu a parlare per primo. Rimase un eroe non celebrato, sconosciuto fino alla fine. Non c’era da sorprendersi. La voce di Parigi era diversa da quella di Grantaire, dopotutto.)


"Rimaniamo tutti qui!" il grido fu seguito da altri ragazzi, così volenterosi di morire. Enjolras alzò una mano per richiedere silenzio.


"Perché sacrificarci tutti e quaranta?"


"Perché non ce ne andremo! Come potremmo mai?" Chiese un altro ribelle.


"Abbiamo quattro uniformi da guardie. Quattro di voi possono scappare."


Cadde un silenzio imbarazzato. Nessuno si fece avanti. Da una parte, Marius parlò a Courfeyrac sottovoce, spingendolo a farsi avanti, la sua ferita al petto era già abbastanza come sacrificio. Ma il suo amico scosse la testa. Il suo cuore era già morto e giaceva con Jehan dall'altro lato della barricata.


Combeffere si alzò, parlando a tutti. "Vi prego, quelli di voi con mogli e bambini, con madri che li aspettano a casa. Vi prego di pensare a loro. Non è la vostra vita e il vostro futuro che state sacrificando, è il loro. Se hanno bisogno di voi, se vi amano, non lasciateli."


(in tutta la sua saggezza, Combeferre aveva dimenticato una cosa: sua madre, una candela accesa sulla soglia, mentre sperava di vedere suo figlio tornare a casa.) Diversi uomini stavano guardando Marius, l'eroe della barricata. Per la prima volta, era in completo accordo con i Les Amis.


"Uomini sposati e con famiglie a carico, fatevi avanti," disse.


"Ve lo ordino!" disse Enjolras.


"Vi supplico."


Qualcosa va detto sulla testarda nobiltà di questi giovani, nessuno si fece avanti. Indicarono i loro amici, invece, i loro compagni, e li denunciarono con terribile gentilezza.


"Tu hai un figlio."


"Tu hai tre fratelli da sostenere."


"Vai, amico, devi andare."


"E quando vai, dì a mia madre che le voglio bene."


Alla fine, cinque uomini furono scelti. Ma c'erano solo quattro uniformi. Un'altra discussione sembrava sul punto di esplodere, poiché ogni uomo voleva restare, quando una quinta uniforme cadde dal cielo.


Jean Valjean era arrivato.


"Chi sei?" chiese Bossuet, stringendo il fucile con forza.


"E' un uomo che salva gli altri," disse Combeferre.


"Io lo conosco," disse Marius. Era abbastanza per soddisfare il sospetto di tutti di fronte a questo improvviso colpo di fortuna. Enjolras si voltò verso Jean Valjean.


"Benvenuto, cittadino. Sappi che stai per morire."


Jean Valjean annuì, e poi aiutò il quinto uomo ad indossare la sua uniforme. Nel frattempo, Enjolras andò a cercare Grantaire. Si era allontanato quando gli uomini avevano deciso di morire. Forse era stato sopraffatto.


Lo trovò che si nascondeva nell'ombra fra due case. Piegato contro un muro come se stesse cercando di non vomitare. La sua spalla continuava a sanguinare.


"Grantaire, dobbiamo tornare indietro. La barricata ha bisogno di essere difesa, e gli uomini vanno tenuti su di morale. Senti le persone che-"


"Basta! Smettila!" Grantaire si voltò e schizzò in avanti così velocemente che Enjolras fece un passo indietro. Ma l'altro di limitò a prendergli il volto fra le mani. "Basta. Posso farti uscire di qui."


"Cosa?" Enjolras fu preso in contropiede.


"Posso farti uscire di qui," Grantaire stava balbettando. "Posso portarti via- posso formare nuove strade e possiamo fuggire- saranno troppo sconvolti per fermarci- raderò al suolo l'intera Parigi se devo-"


"E poi?" Enjolras chiese a voce bassa. "Pensi davvero che si fermerebbero? Saremmo ricercati come topi, i nostri amici e le nostre famiglie distrutte nella nostra ricerca. Il nostro messaggio andrebbe perso e, peggio, tu saresti scoperto."


"Quindi devo lasciarti morire?"


"Ho fatto un sogno sul futuro," disse Enjolras, serio. "Con tutte le nazioni sorelle e le persone che credevano nell'uguaglianza. Siamo già così avanti, in un mondo in cui le Città si scrivono lettere senza odio o giudizi, credo che potremmo seguire l'esempio. Stiamo avanzando verso la verità, verso l'unione delle persone. E credo che l'Europa sarà al centro di tutto questo, e la Francia la guiderà. Volevo aiutarti. V-volevo salvarti."


"Io voglio salvare te!" Esplose Grantaire. "Volevo presentare Combeferre ad Atene. Volevo vedere Bahorel ed Edimburgo bere insieme, e Feuilly conoscere finalmente Varsavia. Volevo viaggiare con te in America e in Asia. Volevo mostrarti tutto, darti tutto, vederti vincere discussioni con ogni altra Città, incontrare Madrid e Lisbona e Londra- va bene- magari non Londra- ma-" rise.


"Non ti rendi conto che è già abbastanza che tu sia qui?" disse Enjolras.


"Non capisco. Dovrebbe essere abbastanza. Parigi dalla tua parte. Parigi che vi ha scelto, questo piccolo gruppo di persone, che si è lasciato influenzare. Siete gli unici in decenni ad aver fatto una cosa del genere, e allora perché la gente non si sta ribellando?" Grantaire era disperato. "Sono io? E' la punizione per gli anni in cui non ho fatto il mio dovere? Ho represso Parigi così tanto che non riescono più a sentirmi? Non sono più Parigi?"


"Puoi perdere la Cittadinanza in questo modo?" Anche Enjolras sembava perso. Grantaire rise di nuovo, un suono orribile, vuoto.


"Se potessi, non credi che l'avrei già fatto da molto? No. Sono solo io."


"Parigi."


"Malato."


"Parigi."


"Un fallimento."


"Grantaire!" Grantaire si voltò con sguardo interrogativo, Enjolras lo stava fissando. "Credo di aver capito qual è il problema."


"Quale?"


"Non hai risposto al tuo nome. Rispondi solo a Grantaire. Perché Grantaire non è Parigi. E' per questo che puoi reprimere Parigi ma allo stesso tempo sentire le strade. E' per questo che non stai guarendo, mentre rispondi a quel nome. Perché sei Parigi, ma Grantaire è separato da lui." Poteva vedere Enjolras inseguire la sua teoria, inarrestabile, come sempre. Non sarebbe stata una cosa buona chiedergli di fermarsi. "Ed è...è per questo che la gente non si è sollevata. Perché non sono io ad influenzare Parigi, ma Grantaire."


Enjolras fu costretto a guardare la sanità di Grantaire venire distrutta davanti a sé.


"Allora..." la voce di Grantaire tremò. "Allora è colpa mia. Ho distrutto tutto quello per cui hai lavorato. Io e il mio bere, io e il mio cinismo." Si prese la testa disperatamente. "No, non può finire così. Dai, credi! Credi!" Si gridò contro, graffiandosi la testa con le unghie.


"Grantaire! Grantaire!" Enjolras gli afferrò le mani prima che potesse fare altri danni. "Fermati!"


Grantaire, non Parigi, lo guardò con gli occhi pieni di lacrime. "Ti ho ucciso."


"Non minimizzarci così. In tutto il tuo dolore, non compatirci. Lo abbiamo scelto. Cosa avremmo fatto altrimenti? Avremmo seguito i nostri padri? Saremmo diventati vecchi e grassi e corrotti?"


(Enjolras non era nato per avere i capelli grigi.)


"Il peggio non é morire. E’ non vivere. Se la colpa è di qualcuno, qui, è mia, per aver fallito nel convincerti, per non averti trovato in tempo, e delle persone per averti fatto così male. Qualsiasi cosa succeda oggi, sia che veniamo sconfitti o vinciamo, se ti dai qualcosa per cui combattere, se abbiamo fatto si' che tu ci ricordi, allora ci basta. Le rivoluzioni illuminano una Città, e così possono illuminare l'umanità intera. Le rivoluzioni non possono essere soppresse, non a Parigi, non in nessun luogo che le stia aspettando. Arriveranno. Tutto quello che devi fare è vivere.


"Lo fai sembrare così facile."


"Lo sarà." Enjolras gli accarezzò una guancia. "Il diciannovesimo secolo è grande, ma il ventesimo sarà felice. Non ci saranno più cose come la storia dei vecchi, non dovremmo più temere un invasione, un usurpatore o rivalità fra le nazioni,


(o le sirene antiaeree. o la marcia di stivali militari. dimmi parigi, le persone cantano ancora?)


"-o la civiltà dipendente dalla nascita dei re. Non dovremmo più temere carestie, mancanza di lavoro e il patibolo e la spada. Saremo felici. O almeno, tu lo sarai, anche se io non sarò qui per vederti."


"Mi dispiace," sussurrò Grantaire. "Mi dispiace così tanto."


"Non piangerci ancora," Enjolras gli tenne il volto teneramente. "La rivoluzione richiede un pedaggio. Prende vite quando le dovrebbe salvare. Ma è un sacrificio che deve avvenire per assicurare il futuro. Lo sapevamo tutti, e sappiamo che morendo, entriamo in una tomba invasa dalla luce dell'alba."


Grantaire riuscì solo a dire, "Ti amo."


"E io amo te," sorrise Enjolras, e si avvicinò.


Fu l'ultima volta che si baciarono.

 

 

 

 


 

 

Note delle traduttrici

Il motivo per cui abbiamo deciso di portare questa storia su EFP é semplice: Paris Burning é un capolavoro che va al di là della semplice fanfiction, é un worldbuilding spettacolare che tutti dovrebbero leggere, anche al di là del fandom di Les Misérables. Entrambe l'abbiamo letta, ci abbiamo pianto lacrime amare, l'abbiamo adorata, e abbiamo deciso di provare a tradurla. Non eguaglieremo mai lo stile dell'autrice, della nostra R (si firma così davvero e afferma che sia solo una fortunata coincidenza), e anzi, se potete, andate anche a leggere l'originale. Noi qui abbiamo il nostro piccolo tentativo 

Oh, il dolore. Jehan, Courfeyrac, Bahorel, l'imminenza della distruzione. Abbiamo pianto traducendo e betando il capitolo. Ma pianto davvero.

Per questo capitolo, la traduzione è di piuma_rosaEbianca e il betaggio di barricadeuse, a bbiamo deciso di alternarci un po', per dividerci il lavoro. Per qualsiasi domanda, o annotazione, anche tecnica, non esitate a chiederci. E se avete qualcosa che vi incuriosisce sulle Città, sentitevi liberi di lasciare un messaggio privato.

Abbiamo deciso di pubblicare un capitolo a settimana: ci siamo già portate avanti per non avere problemi o ritardi, quindi possiamo dire con sicurezza che d'ora in poi il giovedì sarà il giorno di Paris Burning. E quindi il giorno dei feels. Ci rivediamo il 1 maggio.

Ringraziamo chi ha commentato e messo Paris Burning tra preferiti e seguiti: continuate a crescere e ad avvicinarvi anche all'originale, cosa di cui siamo contentissime (e anche dopo aver letto quel capolavoro riuscite ancora a farci dei complimenti, siete meravigliosi)

The Cities are still burning,
al prossimo capitolo,
b + c.


 

  
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