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Autore: graciousghost    24/04/2014    8 recensioni
[Seconda classificata all' "Uchiha Contest - Love through the Generations." indetto da Flyonclouds sul forum di EFP e giudicato da Mad_Fool_Hatter]
[ObiRin; What if?]
E se...Madara e Obito riuscissero ad attivare lo Tsukuyomi Infinito?
Dal Prologo:
Sarebbe stata davvero la fine del mondo o ne era semplicemente l'inizio?
Un mondo nuovo, un'illusione certo, ma forse per qualcuno la più concreta possibilità di essere, per la prima volta, felice.
Un'altra opportunità per due amanti sfortunati che non avevano mai respirato l'uno attraverso la bocca dell'altra.
Un ultimo e disperato tentativo di un uomo distrutto, disposto a qualunque cosa pur di riavere lei.
Un sogno menzognero che assopiva l'umanità sotto il chiarore di una luna color cremisi.
Una fragile ed effimera realtà che si accontentava di essere pura mimesi, fallace imitazione di una vita che non avevano potuto vivere.
Una semplice e pura Speranza.
Ma può una speranza essere eterna?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kakashi Hatake, Minato Namikaze, Obito Uchiha, Rin | Coppie: Obito/Rin
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Naruto Shippuuden
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Capitolo 6


Risveglio

 

Come nel giorno del loro primo incontro, Obito percepì la terra sotto i piedi e il cielo sopra la testa, ma sapeva di non poter definire quel posto reale.
E, come allora, la vide: era seduta per terra che si guardava intorno, smarrita.
Si sedette accanto a lei, guardingo, aspettando la sua reazione.

Mi son seduto su la panchetta
come una volta ... quanti anni fa?
Ella, come una volta, s'è stretta
su la panchetta.

(La tessitrice, G. Pascoli)

 

Rin non ne fu sorpresa: lo salutò con un timido sorriso e non aggiunse altro.
Obito capì che lei non poteva parlargli, era lì solo per permettere a lui di aver un monologo con se stesso.

E non il suono d'una parola;
solo un sorriso tutto pietà.

 

 «Mi dispiace di essermene andato».

Piango, e le dico: Come ho potuto,
dolce mio bene, partir da te?

 

Si scambiarono le stesse lacrime, uniti dallo stesso dolore.
E in quella muta condivisione Obito la sentì più presente e viva che mai.

 

Piange, e mi dice d'un cenno muto:
Come hai potuto?

 

«Dove siamo Rin?»

E piange, piange — Mio dolce amore,
non t'hanno detto? non lo sai tu?
Io non son viva che nel tuo cuore.

 

«Morta?»

Morta! Sì, morta! Se tesso, tesso
per te soltanto; come, non so:
in questa tela, sotto il cipresso,

accanto alfine ti dormirò. —

 

«Capisco», Obito annuì, smettendo di guardarla per nasconderle il suo disappunto nell'aver appreso quella notizia. «Credo di dover andare adesso, ma tornerò presto da te. Te lo prometto».
Rin gli posò una mano sul volto e lui non sentì la pelle di lei contro la sua. Accorgendosene, la ragazza abbassò lo sguardo, affranta.
«Non importa», la rassicurò lui. «Sei reale per me».
Si portò la mano al cuore, invitando Rin a fare lo stesso. Titubante, lei ripeté il gesto, appoggiando la sua inconsistenza sulla concretezza di lui.
Era lui, stranamente, ad essere il più forte, lui a consolarla e a darle protezione.
Per la prima volta si sentì un uomo.
«Senti? Batte ancora per te». Si unirono nello stesso sorriso, mentre entrambi ripensavano a quel pomeriggio al fiume, quando Rin era rimasta stregata dal ritmo del suo cuore.
La ragazza gli fece cenno di sì, lo sentiva ancora.
Obito ne fu contento: quell'unica certezza era ciò di cui aveva bisogno.
«Me lo farò bastare per l'eternità».

 

*  *  *

Aprì gli occhi, come riscuotendosi dal torpore di un sogno durato una vita.
Perché, in fondo, d'un sogno si era trattato: nulla era accaduto per davvero.
Realizzò i contorni, prima indistinti, poi più nitidi, della figura che gli stava davanti e che sembrava aspettarlo.
Obito fece appello al suo coraggio e si avvicinò a Madara, sfidandolo con lo sguardo, da pari a pari.
Quell'incursione nella finzione non era stata priva di senso: gli aveva fatto ritrovare se stesso.

Io sono Obito Uchiha.

Smise di fissare Madara e rivolse un'occhiata a quel ragazzo, steso pochi metri dietro di loro, che respirava a fatica.
La sua compagna di squadra lo teneva saldamente ancorato alla vita, impedendogli di andar via da lei.
In quello sguardo smeraldo, offuscato dalle lacrime, riconobbe la stessa tenacia e, in ugual misura, la stessa fragilità, di un paio d'occhi scuri che conosceva fin troppo bene.
La osservò mentre si incolpava per la sua inettitudine e mentre, disperatamente, amava.
Poi guardò lui che, sebbene sembrasse esanime, provava sollievo, perché erano le mani di lei - non di uno qualsiasi - a tenerlo in vita.
Obito lo sapeva perché lui si sarebbe sentito così, se fosse stata la sua Rin a strapparlo dalla presa letale della morte.
E solo quando si rispecchiò in quella scena, capì dove aveva sbagliato.
Quando aveva indossato la maschera di Tobi, aveva incarnato l'incapacità umana di accettare la morte, il titanismo dei mortali che si illudono di poterla ingannare.
Era diventato Tobi, il debole che si rifugiava nella speranza di poter rivedere le persone care.

Ma io sono Obito Uchiha.

La realtà si apriva per la prima volta davanti ai suoi occhi, vergini di verità.
Profanare la memoria dei morti, strapparli al regno dell'oltretomba a cui naturalmente appartenevano: questo lo rendeva feccia.
Sempre il solito ritardatario Obito; arrivava a quella conclusione molto dopo rispetto a Kakashi. Nessuna sorpresa; tra i due, dopotutto, era l'Hatake quello maturo e giudizioso.
Sorrise tra sé, colmo di gratitudine per l'uomo che era la sua metà perfetta, scusandosi mentalmente con lui per aver trascurato le sue parole.

Ho i miei tempi, amico.

Si soffermò per l'ultima volta su quella chioma, bionda e disordinata, identica a quella del suo amato sensei.
Per troppo tempo aveva naufragato nelle sue chimere: adesso era il momento di credere in qualcosa di più solido.
O meglio, in qualcuno le cui promesse per il futuro erano sincere.

E in te, ripongo ora tutte le mie speranze, Naruto.


 

***
Note Autrice:
Tadaaan, ecco il finale.
Mìmesis in greco vuol dire imitazione, rappresentazione: è la vita parallela di un uomo, frutto del suo amore e della sua fantasia.
Come avrete capito, Mìmesis, prima di essere una storia d'amore, è la storia di un uomo e del suo processo di crescita e maturazione, un uomo che ha dovuto superare varie fasi prima di poter riacquistare la sua essenza, affermando con sicurezza di essere Obito Uchiha.
Tutta la storia si basa su un singolo momento, quello del capitolo 665, in cui Obito si avvicina a Madara, sostenendo con orgoglio il suo io: il mio è stato un tentativo di spiegare i motivi che hanno spinto Obito a compiere quella scelta.
I momenti che ho ritenuto essenziali per la crescita di Obito sono sostanzialmente due: Rin e Tobi. La storia d'amore che ha vissuto con Rin - la quale avviene tutta tra un battito di ciglia e l'altro - gli ha permesso di recuperare il suo essere, di riappropiarsi della sua identità, gli ha ricordato il motivo che lo spinge ad essere Obito.
Il capitolo precedente rappresentava una sorta di faccia a faccia tra il vecchio Tobi e il nuovo: le due realtà che Obito ha vissuto si accavallano l'una con l'altra e lascio a voi, stupendi lettori, l'ingrato compito di decidere se quanto è successo (per la seconda volta) sia stata una conseguenza della fallace realtà che si era creato con Rin o si trattava di una semplice sovrapposizione della storia passata con l'aggiunta della figura di Rin (unica nota differente rispetto alla prima versione).
Io la mia scelta l'ho fatta, ma credo che sia doveroso lasciarvi liberi in questo.
Arrivati a questo punto, vi rivolgo un immenso grazie, per il modo in cui vi siete affezionati a questa storia, per le vostre letture silenziose, per i vostri click nelle seguite/preferite/ricordate, per le vostre recensioni.
Mìmesis è la prima storia che ho scritto nel fandom di Naruto, la prima che pubblico su EFP, la prima che partecipa ad un contest: riconosco con obiettività alcuni errori di leggerezza o incongruenza che potrei aver commesso scrivendola, ma spero che perdonerete la mia innocente ingenuità.
Tornerò molto presto con altre due storie, due minilong come questa, incentrate su coppie e intrecci ben diversi, sempre se questa non vi ha fatto troppo schifo per spingervi a leggerne altre.
Che dire, ancora grazie a tutti, vi saluto con affetto.
Ayumu
 
   
 
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