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Autore: MyShadow19    24/04/2014    2 recensioni
Verba è un racconto dalle lievi tonalità fantasy di grande atmosfera. Narra di Kadas Luthfelt, protagonista tenebroso che avrebbe molte, troppe cose da raccontare... se solo la sua filosofia non glielo impedisse; ogni parola è l'evocazione di un concetto, il più grande veicolo delle idee, la struttura su cui si forma il pensiero e quindi la base del modus ponens degli esseri viventi. La filosofia di Kadas è così forte che quando lui pronuncia una parola tutto questo cessa di essere una convinzione e diventa una verità: la realtà attorno a lui cambia. Per questo pesa attentamente quello che dice. Una parola vale più di mille immagini.
Ogni capitolo è molto breve perché lo stile di scrittura è pesante; spero che apprezzerete. Buona lettura!
Genere: Dark, Malinconico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come un cinghiale affamato si getta in carica per atterrare la preda con la cui carne sfamarsi, Marcus caricò Kadas tenendosi il pugno e proiettando in avanti il gomito. Pieno controllo di ogni muscolo aveva Kadas mentre traendo un lento respiro raccoglieva la concentrazione: come se null’altro che se stesso ed il suo avversario fosse rimasto in quel luogo. Lento e preciso l’assassino si abbassò ondeggiando; sinuoso e dinamico molleggiò sugli arti inferiori; agile e cinetico evitò il gomito passandovi sotto. Un’ampia semicirconferenza fece il pugnale ondulato impugnato al contrario prima di tagliare la schiena del leone appena schivato. Un getto di sangue, doloroso ma non letale, impregnò l’aria dell’odore del ferro, nebulizzandola. Il leone ruggì e si voltò. L’assassino espirò e si fermò. L’angelo tremò e chiuse gli occhi. Sul marmo resistente il leone batté i piedi raccogliendo la propria forza. Nel marmo resistente affondò il suo pugno spaccandolo con gran fragore. Un urlo scomposto accompagnava il rumore del pavimento che si spaccava. L’assassino fu colto da paura: agile e preciso era lui, ma più forte, più veloce, migliore era il suo avversario. Conscio del suo destino si allontanò, preparandosi ad usare la sua arma più potente, l’arma del suo spirito: la parola. Due spicchi di marmo appuntiti divennero la spada e lo scudo del leone: resosi conto di aver sottovalutato il proprio avversario sfidò il limiti del proprio corpo maschile perfetto. Il leone divenne così velocissimo, fortissimo, mortale. I quadricipiti delle gambe, dotati di grande reattività e di grande spinta, propellevano il pesante corpo abbastanza velocemente per cui i bicipiti delle braccia, dotati di grande resistenza e di grande impatto, si trasformavano in una macchina d’assedio mentre impugnavano il marmo spezzato del terreno. In un baleno il leone fu abbastanza vicino all’assassino, in un baleno l’assassino si trovò in una situazione tale che nessun agile movimento gli avrebbe permesso di uscire dalla portata del leone. Schiarì la voce e con veemenza pronunciò:
 
  • Debolezza.
 
Ma nessun effetto sortì la sua parola. Appena pronunciata si congelò nell’indifferenza e si infranse. Travolto dal peso del marmo grigio, che aveva reso la sua parola inefficace e aveva travolto il suo corpo gracile, fu gettato per terra a coprire il suo stesso sangue.
 
  • E’ stata la forza dell’abitudine a renderti vittima Kadas? In questo luogo non c’è comunicazione, non ci sono esseri viventi, non c’è interesse. Qui le parole non hanno alcun effetto. Qui il tuo potere è inutile. Come pensi di aver potuto parlare con somma serenità sin’ora?
 
Troppo ferito, nello spirito e nel corpo, per poter parlare di nuovo, Kadas gemette nella speranza di espiare il suo dolore attraverso quel suono.
 
  • E’ la prova di quanto ti dicevo, Kadas. Tu hai solo il tuo spirito: in questo luogo lo spirito non conta, quindi tu non esisti. Nel momento in cui le tue parole distruttrici ti hanno abbandonato, il tuo corpo non ha saputo sorreggerti. Nell’Ara Verborum, il tempio del corpo perfetto, sono io il vincitore. E l’avevo pianificato.
 
La serietà nel volto di Marcus divenne soddisfazione. La soddisfazione nel volto di Marcus divenne godimento. Il godimento nel volto di Marcus divenne appagamento. Non fu difficile per Aurora doversi ribellare: il suo stesso istinto anziché il suo senso del dovere, per la prima volta, le suggerivano di farlo.
Come aveva egli stesso annunciato, tuttavia, nulla avrebbe fermato il leone affamato dinnanzi alla sua preda. E nulla lo fermò. Al limite tra senso di colpa ed incoscienza Kadas osservava inerme colui che un tempo era suo amico entrare nella purezza di Angelus Verborum, protendendo il braccio nell’estremo tentativo di impedire ciò che stava accadendo. Ben presto Kadas si trovò a lottare per la sua stessa vita, messa duramente alla prova nello stesso istante in cui la sua parola d’onore veniva violata. Non più immortale e gravemente ferito il tramonto dell’assassino era sempre più vicino. Aveva appena finito di nutrirsi quando Marcus iniziò a massaggiare i propri muscoli, saggiando la sua nuova immortalità corporea, accarezzando il proprio ventre stentoreo ancora pervaso dal piacere, leccandosi le sue labbra lussuriose ancora intrise di sapore. Compiacente di sé ridacchiava e faceva esercizi fisici mentre usciva dall’Ara Verborum come un conquistatore dopo aver piazzato la propria bandiera.
Tra le ombre del crepuscolo, quando ormai neppure il fiato gli rimaneva per esprimere le sue ultime volontà, gorgogliando nel sangue, Kadas riuscì a sussurrare:
 
  • Mi dispiace…
 
Con determinazione a quelle parole Aurora si alzò, si ripulì, e fece di nuovo uso della sua rara voce per gratificare i meriti di un raro spirito.
 
  • Nutrirti di me una sola volta non ti basterà per affrontare l’eternità, Marcus. Dovrai nutrirti di me, a tua scelta del mio corpo o del mio spirito, fino a quando non sarò avvizzita in un caso o morta nell’altro. Per questo io voglio venire con te.
 
La parola “voglio” fu pronunciata con una voce diversa: una voce sonora, massiccia, coraggiosa. Una voce non mistica, non solenne, non pura, non elevata… una voce innamorata. Kadas colse l’amore nella parola “voglio” e moribondo elaborò le conclusioni della sua vita. Le conclusioni erano che lo spirito è nobile, sì, ma è inconcludente; il mondo è fatto di oggetti materiali ed il corpo, incarnazione materiale che si muove in un mondo materiale, è destinato ad ottenere più risultati dello spirito, un’entità astratta senza manifestazioni che non esiste, in fin dei conti, che dentro di lui.
Appresa questa lezione, decise di abbandonarsi alle braccia di sorella morte.
  
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